mercoledì 7 novembre 2012


IRAN

Muore in carcere per aver usato Facebook
l'attivista Beheshti difendeva i lavoratori

Il trentacinquenne ha subito una settimana di interrogatori e torture, si batteva per i diritti collettivi. Ad arrestarlo la Cyber polizia del regime, che ha invitato la famiglia a "Procurarsi una bara"

EVIN (IRAN) - Sattar Beheshti è morto in carcere, a 35 anni. Ai familiari è arrivata una telefonata dal penitenziario, con l'invito a "procurarsi una bara e non rilasciare interviste sull'accaduto". Succede in Iran nel 2012: un attivista viene arrestato dalla "Cyber Polizia" iraniana, quella che perlustra la Rete alla ricerca di oppositori del governo. E Sattar Beheshti era attivo, troppo, nella sua difesa elettronica dei diritti dei lavoratori iraniani. La Cyber Polizia l'ha arrestato e portato nel carcere di Evin, dove Beheshti è stato torturato. Fino a morire.

In carcere, Beheshti è rimasto appena una settimana. Fatta di interrogatori e violenze disumane, fino al tragico epilogo. La Cyber polizia esiste dal 2011, le torture in carcere da sempre. E la famiglia conferma che Sattar godeva di ottima salute, "non prendeva neanche un'aspirina", mentre dal penitenziario si dichiara che l'attivista "soffriva di problemi di cuore". Il corpo è risultato pieno di escoriazioni e ferite, dalla testa ai piedi. Arrestato il 30 ottobre, lavorava a Robat Karim, a 15 chilometri da Teheran. 

La sua morte diventerà l'ennesimo simbolo del valore dei diritti umani in Iran. Sattar è morto per aver espresso e condiviso la sua battaglia su un social network, non è stato il primo e non sarà l'ultimo a farlo. La sorella ha denunciato al mondo il comportamento delle autorità iraniane. Rimane il dolore e un problema di sostentamento per la famiglia, per cui Sattar era l'unica fonte di reddito.

 
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