mercoledì 31 dicembre 2008

IL CARNEFICE CHE DIVENTA IL MEDIATORE


Leggete la notizia sotto riportata, diffusa da Aki e giudicate voi l'arroganza con cui il regime terrorista e fondamentalista dei mullah, prima manda i terroristi in India per fare la strage di Mumbai e poi si offre come mediatore tra Pakistan e India. Questa è la vera faccia del Mullah( Khomeini, Khatami, Khamenei,rafsanjani ecc...) Sappiamo per certo che il regime dei mullah è il padrino e il pioniere del fondamentalismo da cui nascono tutte le organizzazioni terroristi dalla A alla Z.
Il regime di Tehern è il più grande finanziere e supporter del terrorismo internazionale. E' stato per certo il mandante del genocidio e della carneficina di Mumbai. Ed oggi, grazie all'indiferenza e alla mancanza di una risposta internazionale ferma e decisa e determinata si offre come mediatore tra i due paesi confinanti, Pakistan e India. E' cosi che i mullah prendono in ostaggio il mondo intero. In assenza di una risposta internazinale, il carnefice diventa mediatore. Strano mondo. Sta per finire anno 2008. Speriamo che quello che verrà fra un paio di ore sia migliore e diventi anno che porrà fine al fondamentalismo islamico iraniano. Naturalmente con le mani del popolo e della resistenza iraniana.
Auguri a tutti
karimi davood

a voi la notizia di Aki:
Iran: Teheran pronta a mediare tra India e Pakistanche

Teheran, 31 dic. - (Aki) - L'Iran è pronto a mediare nella crisi scoppiata tra India e Pakistan in seguito agli attentati che il 26 novembre hanno sconvolto Mumbai e per i quali Nuova Delhi punta il dito contro Islamabad. E' quanto scrivono oggi i media iraniani, mentre il presidente Mahmoud Ahmadinejad rivendica l'amicizia di Teheran con il popolo pakistano. Come riferisce la Press TV, l'Iran si è quindi detto disponibile al dialogo con India e Pakistan per stemperare la tensione tra i due Paesi, entrambi dotati di armi nucleari. (Brt/AKI)

IN IRAN 10. 000 KAMIKAZE PRONTI A COLPIRE ISRAELE

Eccoci la zampa del regime terrorista e fondamentalista dei mullah nella guerra di Hamas:negli ultimi 5 giorni gli organi competenti all'arruolamento del terrorismo iraniano hanno raccolto i nominativi di 10000 volontari da inviare per le operazioni terroristiche-kamikazze contro gli israeliani. Pur condannado il massacro degli innocenti cittadini della striscia di Gazza e dei cittadini israeliani ribadisco che questa guerra è stata voluta e ordinata dal regime iraniano per coprire la costruzione della bomba atomica. E' stata tesa una trappola sulla pelle degli innocenti palestinesi e israeliani. Secondo me la comunità internazionale deve prendere una seria posizione contro i mandanti di questo conflitto e smettere di piangere per i morti palestinesi. Bisogna scendere pacificamente in campo contro le ambasciate iraniane e esprimere lo sdegno e la rabbia popolare contro le ingiustificate interferenze dei mullah nella facenda israelo-palestina. I palestinesi hanno i loro rappresentanti e non hanno bisogno dei padrini diffensori venuti dall'estero. Quei padrini che in Iran quotidianamente torturano,lapidano( due giorni fa tre uomini sono stati lapidati nella città di Mashad),impiccano, amputano gli arti, acciecano con acido, frustano in pubblico, arrestano le donne mal velate, mandano sul patibolo i minorenni ecc...
Ecco perchè dico che bisogna colpire l'albero del male alle radici e non basta la potatura. la potatura rende l'albero ancora più vigorosa e più solida. Il regime di Khomeini sta mandando al macello gli innocenti cittadini di Gazza e li sta sacrificando per le sue diaboliche e ambiziose aspirazioni atomiche, egemoniche ed islamiche. secondo me il Consiglio di Sicurezza dell'ONU deve intervenire e condannare le interferenze iraniane nella politica palestinese. Deve mandare un chiaro segnale di fermezza contro i burattinai-mullah iraniani. Altrimenti ancora una volta è il regime di teheran che esce vittoriosa da questa guerra e rimarra sulla faccia dell'Israele l'etichetta di assassino dei bambini palestinesi. Esattamente come è successo con la guerra di 33 giorni di Libano di due anni fa.
karimi davood, analista politico iraniano


(AGI) - Gerusalemme, 31 dic. - Sono 10.000 gli aspiranti kamikaze iraniani che hanno chiesto al governo di Teheran il permesso andare a immolarsi contro Israele, in risposta all'offensiva nella Striscia di Gaza. E' quanto scrive il sito web dello Yedioth Aharonot sottolineando che almeno per il momento il presidente Mahmoud Ahmadinejad non ha ancora risposto ai volontari. Da lunedi' cinque organizzazioni studentesche conservatrici e un gruppo religioso hanno lanciato l'iniziativa per registrarsi come pronti al martirio. Domenica la Guida Suprema, l'ayatollah Ali Khamenei aveva emesso una fatwa (editto religioso giuridicamente vincolante per i musulmani) in cui aveva stabilito che tutti coloro che moriranno per difendere i palestinesi di Gaza dall'offensiva israeliana saranno considerati "martiri". (AGI) 15.38

martedì 30 dicembre 2008

GAZA: MARTINO, DIETRO ATTACCHI HAMAS C’E’ LA REGIA DELL’IRAN


Nella foto l'ex ministro degli esteri, Antonio Martino
Notizia del giorno e il commento di karimi:
L'IMPRONTA DI D'ALEMA
(AGI) - Roma, 30 dic. - Per l’ex ministro degli Esteri, Antonio Martino, dietro agli attacchi di Hamas contro Israele c’e’ la “regia” dell’Iran. Intervenendo nel corso del dibattito dopo l’audizione del ministro degli Esteri, Franco Frattini, alle Commissioni Esteri di Camera e Senato riunite a Palazzo Madama, Martino ha osservato che “nello statuto di Hamas c’e’ l’uccisione di tutti gli ebrei e, su queste basi, il dialogo e’ impossibile”. “Non si possono mettere gli anti-semiti sullo stesso piano della democrazia”, ha aggiunto. (AGI)
Commento: Condivido pienamente le osservazioni dell'ex ministro degli esteri, Antonio Martino e considero le sue affermazioni molto coraggiosi e trasparenti. La verità è che nella classe politica italiana e in generale europea ci sono ampi conoscienze e consapevolezze sul ruolo del regime dei mullah nella guerra tra gli israeliani e gli uomini di Hamas che sono sulla busta paga del regime di Teheran. Ma non esiste una visione unanime sulla cura cura contro questo tumore. C'è qualcuno, come Ayattolmullah D'Alema e minitsro per la politica estera dell'UE, Solana che sono per la cura " Neville Chamberlain" e ci sono molti altri che sono per una prognosi più profonda ma purtroppo in minoranza. Per esempio finchè ci sono in giro delle personalità politiche tipo D'Alema che scaricano tutta la colpa sulla testa degli israeliani chiudendo l'occhio sulle atrocità del regime iraniano, noi saremmo costretti ad assistere altre guerre e altri massacri. A me non interessa da che parte viene commessa questa atrocità ma interessa da che parte è stata scatenata e provocata. Naturalmente nella guerra non distribuiscono le noccioline. Forse nella sua preparazione si consumano le noccioline. E' qui che bisogna concentrare tutte le attenzioni e colpire duramente coloro che sono la base e la fonte di tutta la tensione. Gli israeliani e i palestinesi sanno benissimo che oramai la questione palestinese è diventata uno strumento di pressione nelle mani dei mullah di Teheran contro l'occidente finalizzato a coprire la politica estera ed atomica del regime iraniano. Finchè gli israeliani non si mettono d'accordo con il popolo palestinese ben rappresentato dall'attuale presidente Abu Mazen, avranno sempre sopra le loro teste la minaccia dei vari Ghassam sempre piu tecnologizzati e avvanzati.Bisogna togliere l'acqua al mulino iraniano e dirottarlo verso il mulino palestinese. La guerra di 33 giorni del Libano ha dimostrato la determinazione iraniana nell'affrontare politicamente, ideologicamente e militarmente la sorte dell'Israele. I mullah non si fermeranno mai e mai. Useranno tutta la loro potenza terroristica, ideologica e politica per gettare il sale sulla ferita apertasi tra i palestinesi e gli israeliani. Fanno scatenare la guerra ed entrano dalla finestra nella veste dei soccoritori, mandando navi carichi di cibo e di medicinali. Mi ricordo un episodio: alcuni mesi fa gli iraniani hanno fatto esplodere diversi e potentissimi autobombe nella cittadina Karkuk, zona kurda dell'Iraq, e subito dopo sono arrivati con una lunga caravan di ambulanze, cariche di armi e di munizioni da consegnare ai terroristi e poi per trasportare i feriti negli ospedali iraniani e dimostrarli davanti alle telecamere: il carnefice che diventa salvatore! In quell'episodio hanno creato una tale confusione che sono riusciti e portare in Iraq tonnellate e tonnellate armi ed esplosivi. E' un gioco sporco e tipico dei mullah iraniani. Non nutrono poietà per nessuno. Piangono a dirotto di fronte alle telecamere e poi si girano e fanno la danza della vittoria sul sangue degli innocenti palestinesi e israeliani. La ferocia è la loro carateristica ideologica e politica. In questo cammino sono capaci anche di far diventare personaggi politici europei, tra cui D'Alema, come il mulo che fa girare l'apparecchio che estrae l'acqua dal pozzo. Purtroppo, questa volta, al posto dell'acqua, esce il sangue palestinese mischiato con il sangue israeliano.
karimi davood, analista politico iraniano.

lunedì 29 dicembre 2008

La ragnatela del Terrorismo

Ricevo e volentieri pubblico un interessante articolo scritto dal dott. Jamshid Ashough, opinionista iraniano

Ora che sono passati molti giorni dall’attentato della Mumbai, e l’avvertimento terroristico ad alcuni magazzini francesi e la situazione drammatica in Gaza; ai nostri occhi le cose devono essere più chiare.
Per chiarire meglio la situazione di tutti gli attentati avvenuti in questi ultimi anni e per capire definitamene la questione del terrorismo diffuso nel mondo e conoscere senza alcun dubbio si deve tornare un po’ in dietro nella storia, anche se non molto lontana. Tutti ricordiamo perfettamente i motivi della sua presenza, e conosciamo anche il suo unico sponsor. La costruzione del MURO Di BERLINO.
Nelle prime ore del 13 agosto del 1961 tra Berlino est ed ovest si iniziava a costruire questo muro tra abitanti delle due le parti. Un muro insuperabile che avrebbe attraversato tutta la città. Il Muro di Berlino era una barriera in cemento alta circa tre metri e mezzo che separava Berlino Ovest da Berlino Est e dal resto della Repubblica Democratica Tedesca. Il muro ha diviso in due la città di Berlino per 28 anni, dalla sua costruzione (iniziata il 13 agosto del 1961) sino al suo smantellamento avvenuto il 9 novembre 1989, ed era considerato un simbolo della Cortina di ferro. Il muro era lungo più di 155 km e di 1,5 metri di larghezza.
Questo muro come superficie geografica era insignificante rispetto al territorio mondiale e divideva soltanto una città. Il muro era lì fisso ed immobile, con se ha coinvolto per decenni il pensiero di tutto mondo e che ha travolto in maniera diretta la vita dei popoli dei paesi confinanti.
In poche parole questo muro era una presenza fissa, ma con un pensiero mobile e travolgente in tutto il mondo con un unico sponsor e organizzatore; soltanto uno, che nel suo cammino ha abbracciato altri paesi che possiamo chiamare come: “La ragnatela del Muro di Berlino”.
Dopo questa breve parentesi, torniamo alla situazione attuale degli attentati nel mondo. Bisogna sapere e credere che questi attentati nascano da un pensiero che non riguarda una religione bensì da un governo con un preciso pensiero terroristico!
Tornando agli attentati di Mumbai sappiamo che i terroristi cercavano disperatamente cittadini Americani, Israeliani e Britannici, in particolar modo di religione Ebrea.
Con soli questi piccoli indizi si può capire a quale governo si può arrivare. Una volta si diceva “dimmi con chi vai a cena ti dico chi sei”... o no? Il presidente di quale regime è alla ricerca disperata di trovare Ebrei, Americani ecc…per giustiziarli? Quale governo nel suo dossier pesa l’invasione dell’ambasciata Americana e prende in ostaggio tutti gli impiegati? Il presidente di quale governo ribadisce sparizione dell’Israele ogni qual volta che fa un discorso al proprio paese? Quale governo ha organizzato il raduno contro Olocausto? L'attentato terroristico del 1994 contro la sede dell'ufficio di assistenza agli ebrei (Amia), dove morirono più di 85 persone a Buenos Aires da quale regime è stato eseguito? Perché la magistratura argentina, dopo anni di indagini ha riconosciuto colpevole il regime iraniano e ha spiccato 4 mandati di cattura internazionale contro i dirigenti di Teheran tra cui lo stesso leader supremo Ali Khamenei, Rafsanjani.
Iran ha più di 80% del proprio popolo sciita Musulmana, ma vengono perseguitati e uccisi dal proprio governo più degli Ebrei? Ecco perché non c’entra Islam, bensì un Governo basato sul terrorismo. In Iran non più di un mese prima dell’attentato a Mumbai si trovavano Romano Prodi, Kofi Annan e poi De Villepin? Perchè? Come ha rivelato un quotidiano italiano soltanto Kofi Annan ha ricevuto due milioni e mezzo di euro per la sua visita in Iran. Bisogna partire da questa montagna di soldi per conoscere il vero retroscena di questi scambi generosi. Ecco perche a meno di due mesi da quella visita sono successi gli attentati in Mumbai; gli avvertimenti Terroristici nei centri commerciali francesi e ora la grave situazione di oggi in Gaza. Ancora non si conosce il prezzo di Prodi di De Villepin. La vita del mondo è in pericolo perche c’è una ragnatela del terrorismo, il governo iraniano ha bisogno degli appoggi internazionali. I francesi devono chiedere dal De Villepin il motivo degli avvertimenti terroristici nei loro centri commerciali. Il terrorismo è internazionale e dunque ha bisogna di una sua ragnatela come il muro di Berlino. Mentre il muro era fisso, il terrorismo di oggi è mobile e continuamente si sposta, coinvolge e spaventa direttamente tutti i popoli del mondo senza pietà.
Ora tornano i conti per capire come mai Shirin Ebadi ha vinto il premio nobel per la pace senza far nulla per la pace. Perché esiste questa Ragnatela. Era più credibile che lei vincesse un Oscar per il cinema che non il premio Nobel per la pace. La signora Ebadi faceva parte del comitato elettorale presidenziale di Khatami che a sua volta era nel ruolo di ministro prima e come presidente della repubblica dopo, ha cucito con l’ago e filo la bocca di molti scrittori iraniani, ha dato l’ordine di lapidare le donne e impiccare minorenni. Di conseguenza Khatami con la sua ragnatela mondiale regala il premio nobel a Shirin Ebadi. Come mai nessuno dal comitato dei nobel non ha chiesto da Ebadi il motivo della sua presenza nel comitato Elettorale di un assassino come Khatami? Almeno per salvare la dignità di questo premio. La ragnatela del terrorismo non conosce confini.
L’unico governo con una montagna di soldi da offrire ed ad avere un SI dai politici internazionali, e l’unico governo alla ricerca continua della guerra globale ed a sterminio dei tutti i popoli è il governo di Khamenei ed Ahamadinijad. Naturalmente per fare ciò ha bisogno dei suoi agganci e sostenitori internazionali, che come vediamo nella foto non mancheranno, in tutte le salse.



Scena di spartizione del denaro e degli ordini, con Prodi presente ad accettare gli incarichi e gli ordini, come un allievo della Teologia. Guardatelo bene, lo riconoscete? Dalla destra è la quinta testa, naturalmente senza turbante per il momento.

Ahamadinejad alla ricerca degli Iraniani (soprattutto), gli americani, gli israeliani, I britannici e in futuro non molto lontano anche gli italiani, I francesi……. E chiunque altro popolo che ci capita sotto la sua lama.

Ahmadinejad senza coltello, però tiene in mano Prodi dalla parte della manica, che è molto più tagliente.
Dobbiamo porci una domanda, se veramente Kofi Annan meritava di avere il premio Nobel per la Pace? Chi vince questo premio non deve dedicarsi alla pace del mondo e ai diritti umani per tutta la vita? O chi vince questo premio trova le strade spianate per subito tuffarsi nei trucchi e nelle truffe per ingannare i popoli? Ma quando un Cardinale viene scelto come PAPA, è arrivato alla fine della sua vocazione o un inizio per servire di più e anche meglio i popoli?
Credo non ci sia una differenza nel contenuto e nella sostanza tra questi due ruoli, tutti e due devono combattere per avere la pace ed avere diritti umani per tutti i popoli. Perché Il Papa lo fa, ma un vincitore del Nobel no?


Attentato di Mumbai

Nella foto: Annan e terrorista


Bisogna e si deve conoscere al più presto possibile l'intenzione di Khamenei e Prodi. Conoscere il vero motivo della nucleare che sicuramente non sarà per l'uso civile. Questa bomba atomica non sarà neanche per una guerra piccola. L’atomica del Khamenei ed Ahmadinejad è per la Religione. Un’atomica per la religione che sarà peggio dell’atomica per la guerra, sarà pericolosa come unione della religione e lo stato per governare. Sara devastante. Alla fine devo aggiungere Se il muro di Berlino ha diviso il mondo in due parti: di qua e di là del muro, la bomba atomica religiosa divide il mondo in due parti, solo i musulmani sciiti di qua e tutti altri popoli aldilà nell’inferno secondo i canoni di Khamenei, Khatami, Ahamadinejad, Prodi, Annan e De Villepin ……



Dott. Jamshid Ashough, opinionista iraniano

29.12.2008

NOTIZIA STRAORDINARIA


Nella foto: il simbolo del campo di Ashraf
Ho appena appreso dalla tv satellitare della resistenza iraniana che il governo americano ha deciso di mantenere la presenza delle sue forze militari nel Campo di Ashraf in Iraq. E' una grande conquista e vittoria per la resistenza iraniana e per tutti coloro che da 4 mesi partecipano costantemente nei vari sit-in organizzati di fronte alla Casa Bianca a Washington e alla Croce Rosa internazionale a Ginevra.
Il regime iraniano aveva investito molte speranze su questo argomento e attraverso i suoi "uomini" infiltrati nell'amministrazione irachena cercava di portare a termine una vera carneficina contro i componenti del Campo di Ashraf. E' stata una giusta decisione da parte dell'amministrazione americana e rispecchia esattamente la volontà del popolo e della resistenza iraniana.
Da parte dell'Associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia faccio i miei migliori auguri ai combattenti presenti nel campo di Ashraf e ringrazio tutti coloro, in particolare modo i deputati e i senatori della repubblica italiano che hanno lavorato infatticabilmente per portare alla conoscienza dell'opinione pubblica internazionale e in particolare dell'amministrazione del presidente Bush la pericolosità della decisione di abbandonare totalmente nelle mani irachene la vigilanza del Campo di Ashraf.
Un caloroso e doveroso ringraziamento al governo americano e al presidente Bush.
karimi davood, presidente dell'Associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia

domenica 28 dicembre 2008

Striscia di Gaza sotto le macerie. Lacrime di coccodrillo di Khamenei- Ahmadinejad

LE COLPE DELL'OCCIDENTE





GIORNI DI DOLORE E DISPERAZIONE PER I PALESTINESI RESIDENTI A GAZA

Con la fine di tregua tra Hamas e gli israeliani, il regime dei mullah ha gettato nel ferro e fuoco ancora una volta i popoli palestino-israeliani trascinando in crisi l'intera regione. Questa tattica del regime dei mullah ormai è una carta bruciato per gli addetti ai lavori come il sottoscritto.
Cominciamo dagli ultimi eventi importanti della regione: gli iracheni hanno appena raggiunto una storica intesa con gli americani per quanto riguarda la loro sicurezza e il loro futuro nonostante la forte opposizione iraniana: una sconfitta apocalitico tenendo conto della politica espansionistica di Teheran. In qualche modo i mullah di Teheran avrebbero dovuto dimostrare la loro opposizione e sfogare la loro rabbia: il mezzo più idoneo è stato Hamas, come organo extraterritoriale della Sepah Passdaran, cresciuta all'ombra dei petrodollari khomeinisti. Secondo le informazioni in mio possesso lo stesso leader supremo Ali Khamenei, in una seduta straordinaria sugli effetti dell'accordo di sicurezza iraco-americano ha espressamente ordinato di sferrare duri attacchi contro gli israeliani. Detto e fatto. Secondo me Khamenei e Ahmadinejad avevano anche prevvisto la dura reazione degli israeliani e per cui avevano messo in allarme tutta la loro potenza terroristica e "finta umanitaria"( avevano preparato una grande nave con piu di 2000 tonnellate di aiuti! e numerosi uomini dei servizi segreti cammuffati dai medici e soccoritori). L'obiettivo fondamentale di Khamenei è stato quello di raccogliere l'attenzione delle masse arabe attorno al suo palazzo come l'unico diffensore della causa palestinese. E' una tattica vecchia e arruginita usata nei momenti di grande necessità di creare delle crisi internazionali onde allontanare le attenzioni interne ed esterne dai suoi reali e incurabbili problemi. Il conflitto di oggi come quella di due anni fa è una vera guerra tra il mondo civile e il mondo barbaro e medievale del regime dei mullah, per cui bisogna prestare massima attenzione e vigilanza. Pertanto è necessario che il mondo civile non caschi nella trappola iraniana e non si nascondi dietro la falsa riga dei diritti palestinesi.In questa crisi i palestinesi non c'entrano assolutamente nulla. E' una guerra tra Khamenei e gli americani. E' una dimostrazione di muscoli. Come quando manda sul patibolo, proprio alla vigilia di Natale interi gruppi di prigionieri e detenuti compreso donne e minorenni. E' lo specchio della repressione interna: lapidazioni, amputazioni, fucilazioni, fustigazioni, arresti di massa, torture, discriminazioni ecc...Questa guerra è il figlio leggittimo e naturale dell'indifferenza dei paesi civili verso la situazione in cui vive il popolo iraniano.
Secondo me il primo nemico della causa palestinese è il regime dei mullah e punto e basta. Khamenei sta strumentalizzando la causa palestinese per i suoi fini interni ed esterni. Le sue lacrime sono da coccodrillo. Gli israeliani devono sapere che bombardare i civili palestinesi non è assolutamente il mezzo idoneo per combattere il terrorismo Khamenei-Hamas. Il mezzo più idoneo è quello di togliere le pretese ai mullah: riconoscere urgentemente i diritti del popolo palestinese rappresentato dall'attuale governo di Abu Mazen. Solo in questa maniera togliamo acqua dal mulino del terrorismo islamico fondamentalista iraniano. Altrimenti finita questa guerra ricomincerà un'altra e di nuovo a pingere i morti israeliani e palestinesi.
Karimi davood, analista politico iraniano

venerdì 26 dicembre 2008

ALLA VIGILIA DI NATALE IL REGIME DEI MULLAH HA IMPICCATO 8 UOMINI E UNA DONNA


Nella vignetta, IL noto artista dissidente iraniano, Tofigh, ha disegnato la disperazione e la rabbia di Babbo Natale dopo aver sentito la notizia dell'impiccagione collettiva di 9 persone, avventa nel famigerato carcere di Evin a Teheran.
IRAN, IMPICCATI 8 UOMINI E UNA DONNA: UN OLTRAGGIO AL MESSAGGIO DI GESU CRISTO
Ancora una volta il regime sanguinario dei mullah ha dimostrato al mondo intero la sua vera identità disumana, portando sul patibolo, proprio alla vigilia di Natale, giorno di nascita del messaggero della pace e della fraternità, 8 uomini e una donna di appena 33 anni, immergendo la comunità iraniana e la dignità dell'uomo in un profondo dolore. Non si poteva aspettare diversamente. Per noi addetti al lavoro era tutto prevvedibile. Anche perchè è proprio in queste occasioni che il regime fondamentalista e terrorista dei mullah dimostra la sua vera faccia e tende a dimostrarlo anche al mondo intero. i mullah iraniani in questa maniera lanciano un chiaro messaggio a tutto il mondo e dimostrano la loro propulsione all'uso della violenza contro tutti coloro che potrebbero essere potenziali oppositori alle sue disumane politiche regionali e internazionali.

A nome della nostra Associazione esprimo le nostre condoglianze alle famiglie delle vittime del regime dei mullah.
karimi davood

Parigi: gli iraniani manifestano per l'applicazione delle sentenze della Corte di Giustizia Europea







Martedì 23 dicembre 2008
In una grande manifestazione di protesta tenutasi di fronte al ministero degli esteri francese, più di mille cittadini iraniani e francesi invitano Parigi e Bruxelles ad applicare immediatamente le decisioni della corte di giustizia che sentenzia la rimozione dell' OMPI dall'elenco delle organizzazioni terroristiche dell'Ue. I manifestanti hanno condannato le dichiarazioni del ministro degli affari esteri francese che mette in serio pericolo la vita dei residenti della città di Ashraf.


Più di mille persone fra cui molti membri delle famiglie dei Mojahedin del popolo residenti nel campo di Ashraf in Iraq, hanno manifestato martedì dinnanzi alla sede del Ministero degli Affari Esteri d' Orsay, esortando Parigi e il Consiglio dell'Ue ad applicare immediatamente le decisioni della corte di giustizia europea che annullano l'inserimento dell' OMPI nell'elenco europeo delle organizzazioni terroristiche. I dimostranti tra cui molti cittadini francesi che di recente hanno to il campo di Ashraf, hanno fermamente condannato le minacce delle autorità irachene nei confronti dei membri dell'OMPI, protetti tra l'altro dalla IV convenzione di Ginevra e dal diritto internazionale.

I manifestanti hanno ritenuto che queste minacce siano dovute alle pressioni del regime dei mullah in Iraq. Gli oratori hanno ribadito che il ritardo in l'applicazione delle decisioni della Corte di giustizia europea , contribuiscono a deteriorare la sicurezza dei residenti d' Ashraf, sottolineando il rischio e la minaccia di attentati terroristici su questa città e denunciando
una catastrofe umanitaria in vista.
Il 4 dicembre scorso, la Corte di giustizia europea ha annullato in una sentenza l'inserimento dell'OMPI nell'elenco della lista nera dell'Ue. Il tribunale ha ritenuto che l'inserimento fatto su richiesta del governo francese (presidente in carica dell'Ue) non era fondato su prove ed indici “seri e credibili„.

La corte ha sottolineato che la violazione dei diritti dell'OMPI “sono intervenute con cognizione di causa e non possono basarsi su alcuna giustificazione ragionevole„ e potrebbero costituire “un eccesso o un abuso di potere„.Il Consiglio e la Francia hanno tentato di ostacolare l'applicazione della sentenza chiedendo di condizionare la sua applicazione alla conclusione di un processo d'appello. Ma il 17 dicembre, il tribunale ha respinto questa domanda che la qualifica “ovviamente inammissibile„.
La manifestazione di Parigi ha particolarmente condannato la posizione tenuta dal ministro francese degli affari esteri, Bernard Kouchner, che il 10 dicembre in una udienza al senato opponendosi alla sentenza della Corte e rispondendo alla domanda di una senatrice, aveva dichiarato che “la Francia è effettivamente favorevole al mantenimento dei Mojahedin del popolo nell'elenco europeo delle organizzazioni terroristiche. Questo movimento che ha la sua base principale in Iraq, pone un certo numero di problemi".

Questa posizione riflette una politica arbitraria che viola lo stato di diritto. Una posizione che minaccia la vita di 3500 membri dell'OMPI presenti in Iraq. L'inserimento nella lista nera funge infatti da giustificazione al regime dei mullah per minacciare la vita e la sicurezza dei residenti d'Ashraf. Ma con la decisione del 17 dicembre della Corte europea, il Consiglio ed il governo francese devono soltanto piegarsi di fronte alla giustizia e riconoscere che l'OMPI non è più nell'elenco del terrorismo. Il governo francese ed il Consiglio dovrebbero dunque applicare immediatamente la decisione della Corte di giustizia ed annunciare pubblicamente che l'OMPI non è più nell'elenco terroristico europeo.
Va ribadito che cercare di soddisfare i mullah al potere in Iran tramite dichiarazioni irresponsabili tenute a Parigi ed a Baghdad non arriveranno a nulla, ma incoraggeranno l'arroganza dei mullah di Teheran che sono il principale fornitore del terrorismo nel mondo.

Segretariato del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana

Parigi - il 23 dicembre 2008

mercoledì 24 dicembre 2008

I NOSTRI MIGLIORI AUGURI


A nome dell'Associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia colgo l'occasione per porre i nostri migliori auguri per un sereno Natale e un felice anno 2009 al Papa Benedeto sedicesimo, al governo del Presidente Berlusconi e al popolo italiano.
Un sincero augurio a tutti coloro che si riconoscono nei valori di Cristo e si battono per la realizzazione dei suoi pensieri.
Karimi davood
In occasione del santo giorno di Natale ricevo e volentieri pubblico una poesia del dott. Jamshid Ashough:


Ore 00.0001

25 dicembre

Il Cambiamento



Auguri al mondo.
E’ nato GESU’ .
E’ nato contro la fame,
contro la lapidazione,
contro la morte.
E’ nato il popolo,
la giustizia,
la pace.
E’ Nato il diritto dell’uomo.
Beata e’la terra che ha visto GESU’,
Beato e’ il Cielo che ha contemplato GESU’.
E’ nato l’amore e la pace.
Auguri al mondo
che ha visto il sole,
la luce e la vita.
Auguri al mondo
Che più Amore avrà.
Auguri al mondo.

Dott. Jamshid Ashough
25 dicembre

sabato 20 dicembre 2008

GLI STUDENTI IRANIANI: I PIONIERI DELLA LIBERTA' E DELLA DEMOCRAZIA


"Odio Ahmadinejad"
Iran, gli studenti si ribellano al regime:


Fonte: Occidentale.it
di Luca Meneghel
20 Dicembre 2008
"Morte al dittatore", i giovani iraniani contro i mullah

Per vedere il breve filmato della protesta degli studenti clikkare su questo link:
http://www.loccidentale.it/articolo/studenti+contro+il+regime:+ecco+le+immagini.0063426
In Europa siamo ormai assuefatti alle proteste studentesche. Da Roma a Parigi – passando per i violenti scontri di Atene – cortei di studenti riempiono spesso le pagine di cronaca. Garantite dalla Costituzione, le manifestazioni rappresentano una comune (e democratica) espressione di dissenso. Ma le dimostrazioni di piazza e le altre svariate forme di protesta degli studenti europei sono per lo più frutto di ribellismo post adolescenziale, eterodiretto e (im)motivato da quelle presunte cause che a partire dal ’68 hanno già ampiamente dimostrato tutta la loro inconsistenza, foriere solo di nefaste conseguenze.

Di tutt’altro significato e importanza sono invece le proteste che interessano parte degli studenti iraniani: singoli coraggiosi o raccolti in gruppi più numerosi, i dissidenti universitari sono accomunati da un vero desiderio di libertà e democrazia contro l’oppressione ormai trentennale del regime khomeinista. E a sostegno delle loro iniziative – con grande disappunto della mullocrazia al potere – accorre il medium più democratico che ci sia: Internet, capace di diffondere in tutto il mondo quello che i media nazionali vorrebbero nascondere.

A rilanciare in Occidente il caso più clamoroso degli ultimi mesi è stato il Wall Street Journal. "Nell'era digitale", commenta il quotidiano finanziario americano, "siamo in grado di vedere più a fondo" nel mondo delle proteste studentesche: fonte diretta della notizia, in questo caso, è YouTube. Il documento in questione è stato registrato il 9 ottobre nell'aula magna dell'Università di Shiraz: fondato nel 1946, con oltre 13.000 studenti iscritti, oggi è uno dei maggiori atenei pubblici del paese. Il video si apre con uno studente che prende la parola di fronte allo speaker del parlamento – ed ex-negoziatore per la questione nucleare – Ali Larijani, ospite d'onore ad un incontro con gli universitari. E l'approccio è ben diverso da quello dei colleghi che lo hanno preceduto: "Io non le farò una domanda, in quanto non la riconosco come legittimo speaker del parlamento", attacca lo studente, "così come non riconosco la legittimità del parlamento stesso".

La sala comincia a vociare: da un lato i basiji (gli studenti a favore del regime), dall'altro i contestatori dello status quo. Ma l'oratore non si ferma qui: dopo aver ricordato l'eliminazione dei candidati d'opposizione nel corso delle passate elezioni, il ragazzo cerca di elencare ad un attonito Larijani le tre cose che più odia. Primo, "il Presidente Ahmadinejad", secondo "la sua ipocrisia": ma i basiji, a questo punto, riescono ad interrompere la contestazione a suon di urla e slogan. E qui finisce anche il video: "Non conosciamo il nome del ragazzo e quello che gli è successo dopo il 9 ottobre", scrive il "Wall Street Journal", "secondo alcuni iraniani è stato arrestato, secondo altro è sparito dalla circolazione". Resta comunque una prova di grandissimo coraggio: per amore della libertà, lo studente senza nome ha insultato il regime guardandolo direttamente negli occhi. Un atto di eroismo potenzialmente mortale.

Ma il caso segnalato dal "Wall Street Journal" non è una meteora: dopo le repressioni di sei anni fa, la dissidenza studentesca non accenna a diminuire. Teheran, Shiraz, Hamedan: le immagini delle manifestazioni, con tanto di slogan e striscioni "all'europea", riempiono molti canali di YouTube. L'ultimo caso degno di nota risale al 7 dicembre, quando gli universitari hanno celebrato l'annuale "Giornata dello Studente" in ricordo di tre manifestanti uccisi dal governo iraniano nel 1953. Una ricorrenza che al regime ha creato non pochi problemi: migliaia di studenti sono giunti nella capitale da ogni parte del paese, manifestando per la libertà accademica e il rispetto dei diritti umani. Ma anche, ha dichiarato un contestatore a Radio Farda, contro "Ahmadinejad, la Guida Suprema dell'Iran che non accetta le critiche, la repressione delle attività politiche degli studenti universitari e la censura sulla stampa": in altre parole, contro un regime spietato.

Nonostante la manifestazione sia stata posticipata di un giorno – la "Giornata dello Studente", infatti, cade tradizionalmente il 6 dicembre – proprio per evitare attriti, all'Università di Teheran si sono registrati scontri con le forze dell'ordine. Secondo l'Irna, l'agenzia di stampa ufficiale del regime, responsabile dei disordini e dei danni alle strutture dell'Ateneo sarebbe un non meglio precisato "gruppo secessionista"; un'altra agenzia vicina al regime parla invece di anarchici ed estremisti. Diversa la versione dei testimoni e dei protagonisti: a contestare il regime e a forzare il blocco della sicurezza – secondo quanto riportato da Reuters ed altre agenzie – sarebbero stati in realtà centinaia di giovani, e non certo un piccolo gruppo di esagitati. In ogni caso, il regime non è riuscito a silenziare l'accaduto, vista la sua portata, e anche le televisioni hanno trasmesso le immagini delle proteste anti-regime. Due giorni dopo, gli universitari di Teheran hanno replicato le contestazioni.

La domanda che gli analisti si pongono è quanto tali manifestazioni possano incidere sull'equilibrio del regime. Sul "New York Post" – in un articolo pubblicato in italiano dall’Occidentale – il giornalista iraninano Amir Taheri scrive che "molti dei gruppi interni ed esterni all'establishment vedono questa nuova campagna come un'opportunità per un rimpasto nel governo o per aprire la via a un cambiamento di regime". Le speranze sono tante, ma i soli studenti "non sono nella posizione di poter fornire l'energia necessaria a un cambiamento significativo": al loro fianco si rende necessario l'ausilio di altri strati sociali. Ma chi potrebbe affiancare gli studenti nella lotta contro il regime? Forse i protagonisti dell'economia iraniana, colpiti dalla crisi internazionale e dalla (disastrosa) gestione finanziaria messa in campo dal governo Ahmadinejad. Le stesse frange della popolazione, insomma, che stanno mettendo a repentaglio la rielezione dell'attuale Presidente in occasione delle ormai prossime elezioni politiche.

Quel che è certo è che tanto Ahmadinejad quanto l'ayatollah Khamenei sono consapevoli dei rischi comportati dalle crescenti voci di dissenso. Non è un caso, infatti, che il tour elettorale dell'attuale Presidente sia stato accompagnato da una vera e propria campagna contro Internet: obiettivo dichiarato, quello di "difendere la comunità dai nemici che usano il web per cercare di invadere la nostra identità religiosa". Tradotto in pratica, nella seconda metà dell'anno l'Iran ha oscurato 5 milioni di siti accusati di diffondere materiale "immorale e antisociale": a questo bisogna aggiungere poi la diminuzione di velocità di navigazione – imposta nel 2006 per contrastare il download di video e canzoni occidentali – e la stretta contro i blogger, spesso arrestati con l'accusa di spionaggio.

Tornando infine alle manifestazioni studentesche, la risposta del regime è venuta dall'Ayatollah Khamenei in persona. Dopo le proteste del 7 e del 9 dicembre, la Guida Suprema dell'Iran si è recata in visita all'Università della Scienza e della Tecnologia di Teheran per parlare agli studenti. Tema dell'incontro, ciò che gli studenti rappresentano per il governo: una risorsa per lo sviluppo tecnologico e scientifico del paese, certo, ma anche una forza per proteggere "la reale identità del sistema islamico" contro "le cospirazioni nemiche". I bravi universitari iraniani – nello spirito della Rivoluzione Islamica – non dovrebbero dunque protestare contro il regime interno, quanto piuttosto contro i nemici storici del paese: Stati Uniti e Israele in testa. Un chiaro tentativo, quello dell'Ayatollah, per riportare le università iraniane sulla "retta via": per Ahmadinejad e Khamenei, episodi come quelli di ottobre e dicembre non dovrebbero più ripetersi. Fortunatamente, però, molti studenti non sembrano pensarla così.

mercoledì 17 dicembre 2008

ARGENTINA SEQUESTRA UN PALAZZO DI PROPRIETA' IRANIANA


Nella foto: il palazzo, centro ebraico di assistenza di Buenos Aires, colpito dai terroristi iraniani

Secondo quanto ha diffuso l'agenzia Reuter, il governo argentino, per risarcire i familiari delle vittime dell'attentato terroristico del 1994 contro la sede dell'ufficio di assistenza agli ebrei(Amia), dove morirono più di 85 persone, ha sequestrato un palazzo di proprietà iraniana. Il palazzo è di proprietà di un noto diplomatico di nome Mohsen Rabani, responsabile culturale dell'ambasciata iraniana a Buenos Aires, che da parte della magistratura argentina fu riconosciuto colpevole dell'attentato ed attualmente è perseguitato dall'Interpol. Questo palazzo si trova nel quartiere Florista ed è composto da 6 unità commerciali. Il governo argentino ha dichiarato che intende vendere il palazzo e con il ricavato risarcire i familiari delle vittime dell'attentato del 1994. Va ricordato che per questo attentato terroristico la magistratura argentina, dopo anni di indagini ha riconosciuto colpvole il regime iraniano e ha spiccato 4 mandati di cattura internazionale contro i dirigenti di Teheran tra cui lo stesso leader supremo Ali Khaamenei, Rafsanjani, Velayati e Ali Fallahian
Al riguardo riporto un articolo scritto dal collega Guido Olimpio:

LA PISTA IRANIANA
Quei finti diplomatici dietro la strage di Buenos Aires
Dossier dell' opposizione sull' attentato del 1994 contro l' Associazione ebraica. Crisi tra Teheran e la Gran Bretagna dopo il fermo dell' ex ambasciatore

L' Iran richiama il suo ambasciatore da Londra e a Teheran sconosciuti aprono il fuoco contro la sede diplomatica britannica, subito chiusa per motivi di sicurezza. Uno scontro legato all' arresto, avvenuto qualche settimana fa in Inghilterra di Hadi Suleymanpour, ex ambasciatore iraniano in Argentina accusato di aver avuto un ruolo nell' attentato contro l' Amia, l' Associazione ebraica di Buenos Aires nel luglio 1994 (85 morti). Un altro diplomatico khomeinista, Saied Baghban, è stato invece fermato in Belgio. Per gli argentini il funzionario, che è in realtà un membro della polizia segreta, conosce molti particolari sull' intrigo. E sviluppi clamorosi potrebbero seguire nei prossimi giorni in quanto, dopo anni di silenzio, stanno emergendo nuovi elementi sul massacro. La decisione di colpire l' Amia - secondo una ricostruzione del «Consiglio Nazionale della resistenza iraniana», gruppo d' opposizione agli ayatollah - è stata presa dai vertici della teocrazia. E' il 14 agosto del 1993, l' allora presidente Hashemi Rafsanjani convoca Ahmad Vahidi, responsabile della Forza Qods, apparato clandestino dei guardiani dalle rivoluzione. Saranno gli uomini dell' unità ad eseguire il piano guidati da Ahmed Reza Asghari, ufficiale dei pasdaran che lavora sotto copertura in Argentina con la carica di terzo segretario d' ambasciata. Alla missione partecipano numerosi agenti dell' intelligence e miliziani della «Qods». Evitano contatti diretti con l' ambasciata iraniana, usano come paravento «L' ufficio per la costruzione» e delegazioni commerciali. Due elementi dell' apparato logistico della «Qods», Kamal Za' re e Karim Zadeh, si infiltrano per tre mesi in Argentina. Hanno il compito - affermano gli esuli iraniani - di studiare l' attentato e di sorvegliare l' Amia. Ma non sono soli. I servizi segreti iraniani infatti operano su piste parallele. Altri quattro 007 sono distaccati all' esecuzione del piano: l' addetto consolare Nowzari, in realtà ufficiale dei Guardiani; l' addetto commerciale, Zaanganeh, legato all' Hezbollah libanese; l' ex parlamentare Alì Akbar Parvaresh; l' addetto culturale, il mullah Rabbani, anello di congiunzione con gli estremisti islamici presenti a Buenos Aires. Tra questi un argentino convertito, lo sheikh Abdul Karim, che vanta studi coranici nella città santa di Qom. I terroristi usano come base d' appoggio la «Triplice frontiera», la zona al confine tra Paraguay, Argentina e Brasile. Nella città paraguaiana di Ciudad del Este, gli emissari iraniani contano su complicità e finanziamenti. E' in quest' area, affermano gli oppositori nel loro dossier, che l' ambasciatore Suleymanpour compie un rapido viaggio alla vigilia dell' attacco. Probabilmente per preparare vie di fuga e nascondigli per chi dovrà condurre la fase finale dell' operazione. Quindi si reca a Teheran dove viene ricevuto dal ministro degli Esteri dell' epoca Alì Akbar Velayati. Per la resistenza iraniana è il momento chiave: la Forza Qods ha luce verde, l' autorizzazione viene dalla guida suprema, l' ayatollah Khamenei.
Olimpio Guido

martedì 16 dicembre 2008

ATTENTATI TERRORISTICI, DA MUMBAI A PARIGI. QUALE REGIA?


MARTEDÌ 16 DICEMBRE 2008
LA POLIZIA PARIGINA SCOPRE ALCUNI PACCHI-BOMBA
TEHERAN DIETRO LA REGIA DEL TERRORE

Ho appena saputo che fortunatamente la polizia francese ha scoperto alcuni pacchi-bomba che avrebbero potuto, nel caso dell'esplosione, prendere numerose vittime e innescare un meccanismo di terrore nella capitale francese e di conseguenza in tutti i capitali europei.
A proposito degli attentati simultanei di Mumbai un diplomatico italiano aveva messo in allarme l'intero Europa sottolineando che il passo è assai breve tra l’India e l'Europa. In poche parole aveva anticipato che dopo Mumbai tocca all'Europa. In quell'occasione anche il sottoscritto aveva parlato della regia del terrore islamico di matrice khomeinista, finanziato e supportato da Teheran e dai mullah fanatici guidati dal capo supremo Ali Khamenei.
Ma torniamo all'evento parigino. Ultimamente è nato un forte battibecco diplomatico tra il presidente francese Nicolas Sarkozy e il regime dei mullah dove aveva detto di non essere disposto a stringere le mani del capo di un regime che proclama l’eliminazione dell’Israele. Devo ricordare che negli ultimi giorni è stato organizzato nella capitale francese una conferenza di altissimo livello per la collaborazione tra Afghanistan e i paesi confinanti. Una specie di trappola per il regime dei mullah. Si sa che l'unico paese che si ostina alla sicurezza in Iraq e in Afghanistan è proprio il regime dei mullah. L'obiettivo della conferenza è stato quello di trascinare Teheran e costringerlo ad accettare alcuni impegni contrari alla sua strategia di terrore e di destabilizzazione della regione. I mullah hanno precepito l'odore della trappola e per non partecipare alla conferenza hanno trovato delle scuse tra le parole del presidente Sarkozy e hanno reagito violentemente e hanno convocato il rappresentante francese a Teheran. Dal momento che l'identità fondamentalista khomeinista non tollera nessuna contestazione, di solito accompagna le sue proteste formali con delle azioni violenti, come, nel caso di oggi di Francia. Per fortuna la politiza era già in allarme e ha potuto disinescare la bomba. I miei migliori complimenti alla polizia francese che ha evitato una carneficina. Non bisogna dimenticare che negli anni 80 il regime dei mullah in una serie di attentati dinamitardi aveva messo sotto il ferro e fuoco l'intera capitale francese dove sono stati uccisi e feriti centinaia di persone.
Per la mia esperienza tridecenale posso affermare con tanta fermezza che le sigle usate dal terrorismo iraniano portano tutte a Teheran dove risiede il gran capo del terrore. Devo sottolineare che la violenza terroristica è il recipiente su cui Teheran colloca le sue proteste formali e informali. La storia ci ha insegnato che dietro qualsiasi attentato terroristico ci sono le zampe ideologiche di Teheran.
Adesso bisogna aprire gli occhi e alzare la guardia e far uscire la "testa dal sotto della neve" . Bisogna porre fine alla politica di accondiscenza con il terrore e adottare serie misure di sicurezza. Il terrorismo iraniano, praticato sotto innumerevoli sigle islamiche, è in agguato. Teheran, grazie alla gravissima situazione economica causata non solo dal forte ribasso del prezzo del petrolio , e per le forti conseguenze delle varie risoluzioni dell'Onu contro la sua bomba atomica è in fortissima difficoltà e non cerca altro che le vie di fuga: appunto immergere il mondo intero in uno stato di terrore e di sangue. Allora cosa bisogna fare per affrontare questa seria crisi unternazionale? La risposta è semplice. Bisogna aprire gli occhi e di non cadere nella trapolla terroristica dei mullah. Non bisogna spvantarsi. Non bisogna darsi per vinta. Ed occorre dare voce al popolo iraniano e riconoscergli il diritto di poter e dover cambiare lui stesso il quadro politico del regime fanatico attuale. Finchè esisterà questo quadro politico il mondo non vedrà mai un momento di serenità e di tranquilità. Il terrore e la violenza avranno fine solo con un cambio radicale e democratico in Iran.
Il regime dei mullah ha bisogno di creare uno stato di terrore generalizzato e mirato. L'unica via con cui il capo supremo iraniano potrà soffocare le dure proteste interne e imporre nuovamente Ahmadinejad a capo del governo è quello dell' uso della violenza e del terrore. Magari anche un'altra guerra. La violenza è il medicinale, la cura e la terapia per il regime di Teheran: per i suoi problemi interni ed internazionali. Negli ultimi giorni sia Khamenei che Khatami sono stati fortemente contestati all’università di Teheran dove i coraggiosi figli del popolo iraniano hanno fortemente contestato la loro presenza e hanno scandito degli slogan “morte al dittatore” "viva la libertà e la democrazia", strappando e buttando nel cestino della sala addirittura i ritratti del “grande Guffo di Jamaran”: Khomeini .
La crisi, la guerra e il terrorismo sono stati sempre una via di fuga per il regime dei mullah. A voi la conclusione.
karimi davood, analista politico iraniano

venerdì 12 dicembre 2008

NUOVE PRESIDENZIALI DEL REGIME DEI MULLAH: PROBABILE RICANDIDATURA DEL MULLAH KHATAMI

In occasione delle nuove elezioni-farse del regime dei mullah sono stato interpellato da molti colleghi che mi chiedevano un parere. In risposta pubblico una mia intervista che risale a marzo scorso in cui rispondendo alle domande analizzavo anche la situazione generale del regime dei mullah auspicando un cambio totale del regime stesso: dalla A alla Z.
Aggiungo che Khatami una zattera di sicurezza ormai smascherato e bruciato. Durante la sua presidenza ha salvato sia il regime che la sua bomba atomica. Per ben 8 anni ha preso in giro sia il popolo iraniano che la comunità internazionale portando avanti indisturbato il diabolico progetto dellaa bomba atomica islamica. Grazie alla resistenza iraniana il progetto atomico militare è stato smascherato e denunciato all'opinione pubblica internazionale. Ormai è una carta bruciato sia al livello interno che esterno. La repressione della ricolta studentesca è stata ordinata da khatami stesso. Atefeh Rajabi di anni 16 è stata impiccata in pubblico dietro l'ordine diretto di Khatami. Il terrorismo iraniano ha colpito il mondo occidentale al tempo di khatami. 11 settembre è avvenuto al tempo di Khatami.
Il presidente Maryam Rajavi, a proposito degli attentati sanguinari del Mumbai, dove sono stati uccisi e feriti migliaia di persone di cui un cittadino italiano, ha detto: " il terrorismo fondamentalista islamica è iniziato con l'ascesa al potere di Khomeini e finirà con la fine del regime dei mullah". Condivido pienamente questa considerazione e auspico una presa di coscienza da parte dei governi che non hanno ancora percepito questa minaccia mondiale.
karimi davood, analista politico e presidente associazione rifugiati politici iraniani in Italia
vi riporto l'intervista pubblicata dal sito: il cannochiale.it

http://ilparoliere.ilcannocchiale.it/post/1825469.html

IlParoliere
"NOI VI DIAMO LA PAROLA, VOI CI RACCONTATE IL MONDO".
12 marzo 2008
L’Iran ed il sogno democratico: intervista a Davood Karimi

D. A Marzo, anzi a breve ci saranno le elezioni parlamentari. Saranno elezioni libere? E soprattutto saranno le elezioni del consenso pieno verso il leader Ahmadinejad?



R. In un regime dispotico di matrice religiosa non esistono “le elezioni” libere, esistono invece delle denominazioni. La stessa nomina di Ahmadinejad a capo del potere esecutivo dimostra che il regime dei Mullah ha voluto militarizzare tutto il suo esecutivo. Ahmadinejad è stato nominato in una circostanza internazionale molto pericolosa per il potere religioso iraniano. Basti guardare anche la composizione del suo governo: quasi tutti i ministri sono degli ex generali e terroristi della Sepah Passdaran. Lo stesso Ahmadinejad è coinvolto in diversi atti terroristici avvenuti al di fuori del paese. Il popolo iraniano ha sempre boicottato questi show elettorali finalizzati a legittimare di fronte agli occhi degli stranieri il potere fascista-religioso dei Mullah. La stessa composizione delle istituzioni in questione dimostra che non vi possono essere libere scelte in un regime dittatoriale e repressivo. Ma esiste una guerra tra varie bande del potere che si sbranano tra di loro per acchiappare più pezzi del potere e null’altro. Il sistema del Velavate Faghih non permette assolutamente lo svolgimento di libere elezioni. E’ in contrasto con lo stesso principio del potere assoluto del leader supremo.



D. La gran parte degli iraniani hanno un concetto abbastanza ambiguo sulla pena di morte…e quindi anche una visione soggettiva sul rispetto dei diritti umani e delle libertà individuali. Sono realmente risentite tali esigenze dal popolo iraniano?



La maggioranza della popolazione iraniana è contraria a qualsiasi forma di repressione e di esecuzione. E’ interamento contro la pena di morte. Il popolo iraniano è rispettoso dei diritti umani e delle libertà individuali e ne esige la totale realizzazione. Il fatto che poche settimane fa il capo giudiziario dei mullah, Ayattolah Shahroudi, abbia ordinato il divieto delle esecuzioni pubbliche, dimostra questo concetto. La maggioranza della popolazione rifiuta fermamente sia la pena di morte che il regime dei mullah. La pena di morte si applica in Iran come uno strumento di repressione contro gli oppositori. E’ un mezzo repressivo e non preventivo, contro la delinquenza comune, di cui il regime dei mullah è la causa fondamentale, ma viene usato per prevenire le ribellioni e le sommosse popolari. Il popolo iraniano lotta per il ripristino del rispetto dei diritti dell’uomo in particolare i diritti delle donne discriminate fortemente dal sistema giudiziario dei mullah. Secondo la costituzione iraniana la donna vale la metà dell’uomo. Non credo che la meta della popolazione sia d’accordo con questo concetto! Non credo che le donne iraniane voti i suoi carnefici. Le donne sono le prime e privilegiate vittime del sistema giudiziario dei mullah.



D: Gli iraniani in Italia e nel mondo. Che cosa pensa l’iraniano medio, del suo paese al di fuori del paese? Che immagine ne ha?



R3: L’iraniano, in generale, a differenza del ceto a cui appartiene, è legato a principi democratici e pacifici e desideroso di un Iran libero e democratico e pacifico con tutti i paesi vicini e lontani. Il cittadino iraniano che vive al fuori del paese ha un immagine triste dell’Iran: un popolo incatenato e represso che in soli 30 anni ha pagato un duro tributo di sangue. Più di 120.000 dei suoi migliori figli sono stati massacrati dal regime teocratico dei mullah. Un paese distrutto sia moralmente che materialmente con un altissimo tasso di disoccupazione, di corruzione e di prostituzione di cui l’ età media è scesa a 10 anni. Un paese in cui i ricchi sono diventati più ricchi ed i poveri e la povertà ha toccato i tassi più alti.. Più del 60% della popolazione vive sotto la soglia della povertà. Un paese in cui le donne non hanno nessun diritto di manifestazione e di merito. Dove valgono la meta dell’Uomo!





D. L’Iran e l’anti-semitismo e l’anti-americanismo. Perché l’Iran nutre questi sentimenti così astiosi nei confronti dei due popoli e così tanto sospetto verso l’Occidente e sono sentimenti che appartengono solo alla classe politica e religiosa oppure anche al popolo?



Il popolo iraniano è ben lontano dal sistema che vige nel paese. Noi non nutriamo nessun risentimento verso nessun popolo e paese. Il popolo iraniano desidera di essere in pace con tutti i popoli e paesi vicini e lontani. La politica di aggressione dell’Iran appartiene alla teocrazia dei mullah che stanno cercando di costituire ”l’impero islamico iraniano in Medio Oriente”, di cui il vettore portante e garante è la bomba atomica. La resistenza iraniana è ben lieta di essere stata la prima a denunciare tutto il programma atomica dei mullah, tenuto nascosto per ben 18 anni agli occhi del mondo civile e delle istituzioni competenti internazionali. Il regime iraniano approfitta delle situazioni di conflitto in Medio Oriente per finalità che ho appena accennato. Finanzia il terrorismo palestinese ed Hezbollah per destabilizzare tutta la regione. Da noi si dice che il regime dei mullah agita le acque per poter pescare. Il popolo iraniano attraverso i suoi rappresentanti legittimi e per bocca della sua presidente della repubblica eletta dalla resistenza iraniana, appunto la signora Maryam Rajavi ha dichiarato pubblicamente che ripudia fortemente la guerra e il terrorismo e la repressione, tre pilastri su cui regge l’intero sistema dei mullah iraniani.



D. L’Iran ed il nucleare. E’ più un’occasione (anche economica) oppure solo una minaccia volutamente costruita per l’area mediorientale?



R5: Il programma nucleare iraniano è molto serio e pericoloso e bisogna prenderne atto. Trascurare le sue dimensioni è un grave errore. Basti immaginare un futuro Iran atomico e rendersi conto delle sue immense dimensioni tragiche. Per la prima volta è stata la resistenza iraniana a denunciare eroicamente la sua esistenza. Ha salvato il mondo da un grave pericolo atomico islamico. Anche di recente i Mojahedin del Popolo Iraniano hanno denunciato l’esistenza di altri due siti atomici in cui vengono costruite e esperimentate le testate nucleari: i siti Mojdeh e Khajir vicini a Teheran. La resistenza iraniana ha chiesto, in questa conferenza stampa, al direttore dell’agenzia per energia atomica di inviare i loro ispettori in questi siti, possibilmente accompagnati dagli stessi rappresentanti della resistenza iraniana.

Il popolo iraniano desidera la pace e la liberta e la democrazia e ripudia fortemente la bomba atomica che sarà uno strumento persuasivo e terroristico del regime iraniano, applicato in direzione della repressione della popolazione e della costruzione dell’impero islamico dei mullah nella regione.



D. L’Iran democratico. In cosa si può vedere l’Iran democratico dagli studenti universitari di Teheran ai riformisti di Khatami…Insomma esiste un’opposizione liberale e possibile in Iran?



R6: L’Iran democratico esiste già. Ha un suo popolo e un suo governo in esilio e un suo presidente che si chiama Maryam Rajavi, eletta dalla resistenza iraniana che governerà per 6 mesi, appena caduta il regime dei mullah. L’Iran democratico è un paese in cui tutti hanno pari diritto a vivere pacificamente e senza discriminazioni. Non esiste una religione di stato. Tutte le religioni sono uguali. La religione rimane fuori le porte del potere. Il paese sarà governato da un governo eletto liberamente da tutta la popolazione iraniana a prescindere dalla razza e dalla religione ed etnia a cui appartiene. Un Iran in cui i mullah attuali che hanno governato sotto finte etichette “riformiste” non hanno più posto. Non bisogna dimenticare che il finto riformista Khatami ha governato per ben 8 anni come presidente dei mullah e per anni ha coperto il ruolo del ministro dell’educazione islamica del regime ed è stato autore del decreto governativo del tempo di guerra in cui si autorizzava l’invio dei ragazzini al fronte per “ pulire i campi minati” e chiamati “ monouso”. Per il popolo iraniano non esistono differenze fondamentali tra Ahmadinejad e Khatami. Sono entrambi responsabili della repressione e del terrorismo iraniano.

In Iran esiste un opposizione democratica e popolare intenta a ripristinare la democrazia e la libertà. Intenta a sradicare il tumore maligno chiamato repubblica islamica dell’Iran. Un’opposizione democratica e liberale che è diventata l’unica speranza per il popolo iraniano. Un’opposizione che ha presentato anche il suo programma per un futuro governo democratico, ben lontano dal terrorismo e dalla violenza applicata dall’attuale regime dei mullah. L’unica chiave della stabilità e della pace nella regione si trova nelle mani di questa opposizione. L’albero del male va colpito alla radice. Il regime dei mullah va colpito in tutte le sue forme: dalla A alla Z



Davood Karimi blogger e gestore di Agenzia Iran Democratico rifugiato politico da 25 anni, vive in Italia dal 1979. L' associazione “Rifugiati politici iraniani in Italia”, da lui fondata, raccoglie i rifugiati politici iraniani residenti in Italia attivi nel campo della propaganda anti khomeinista.

Link: (http://irandemocraticoweb.blogspot.com/ )

giovedì 11 dicembre 2008

Iran, trent'anni di terrore impiccagioni e torture


Nella foto Atefe Rajabi, minorata mentale, accusata di essere prostituta, impiccata a 16 anni nella piazza pubblica della città di Nekah nel nord dell'Iran. A nome di Atefeh ringrazio la collega Carla Reschia per il suo impegna a favore dei diritti delle donne iraniane.
karimi davood
11/12/2008 - LA DENUNCIA DELLA RESISTENZA IN ESILIO
Una conferenza stampa di Nessuno tocchi Caino lancia l'allarme sui diritti violati
La Stampa.it
di Carla Reschia

"I diritti umani impiccati. La tragedia di 30 anni di oppressione, torture, lapidazioni e impiccagioni in piazza nel regno dei fondamentalismi in Iran". Per i 60 anni della Dichiarazione dei diritti umani dell'Onu, la Resistenza iraniana in Italia insieme all'associazione Nessuno tocchi Caino ha organizzato nella sala Caduti di Nassiriah del Senato italiano, una conferenza stampa di informazione su quanto accade nel Paese. Per una volta niente allarmi nucleari: il focus era puntato sulla situazione interna. Perché, ha sottolineato il senatore radicale Marco Perduca, neo segretario della Commissione per i diritti umani del Senato, "desta ulteriore preoccupazione il modo in cui si racconta l'Iran, dandone un'immagine di paese tranquillo e privo di terrorismo interno per salvaguardare le relazioni commerciali che ad esclusione di Usa e Israele tutti i paesi del mondo hanno a cominciare dall'Italia, che ha superato nello scambio commerciale la Germania".
In realtà la cronaca - alla conferenza è stato mostrato un filmato e sono stati offerti dati e immagini raccapriccianti - racconta una realtà che supera ogni fantasia, come la sentenza che intima di gettare da una rupe, chiusi in un sacco, due giovani condannati a morte per reati ignoti da un tribunale della città di Qom. In base alla legge, se mai dovessero sopravvivere sarrebbero impiccati. Le esecuzioni sulla pubblica piazza, del resto, sono uno spettacolo comune nel Paese e un'altra notizia divulgata dall'agenzia Irna nei giorni scorsi racconta l'epilogo definito "dolce" dell'esecuzione di un uomo lasciato pendere a lungo dalla forca prima di esserne staccato, ancora vivo, ma con probabili danni irreversibili al cervello e alla spina dorsale, per volere dei familiari della persona che aveva ucciso, che in extremis hanno accettato il cosiddetto prezzo del sangue, ovvero denaro in cambio della concessione della grazia.
Durante l'incontro è stato osservato da parte di uno dei presenti, l'ono. Carlo Ciccioli, che "c'é una sorta di congiura del silenzio su ciò che accade all'interno del paese: mutilazioni, fustigazioni, lapidazioni, é una sorta di Medioevo del comportamento".
La denuncia è per una volta bipartisan, perché alla conferenza hanno partecipato sentaori e deputati di entrambi gli schieramenti politici, ma è assolutamente minoritaria. Business is business.

mercoledì 10 dicembre 2008

IRAN: CONFERENZA AL SENTAO IN OCCASIONE DEI 60 ANNI DELLA DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI



In occasione del sessantesimo anniversario della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, alcune associazioni italiane e iraniane hanno organizzato una conferenza presso la sala dei caduti di Nassiriah del Senato italiano, per celebrare questa giornata e focalizzare l’attenzione del pubblico e dei mass media sulla grave situazione in cui versano i diritti umani nel paese dei mullah. Alla conferenza hanno partecipato molti sentaori e deputati di entrambi gli schieramenti politici tra cui Sen.Fasano, Sen. Bornacin. Sen. Perduca, Sen.Nessa, On. Forlani, On. Ciccioli, Nella Condorelli, giornalista e Dott. Antonio Stango e Avv. Menicacci che hanno parlato e esaminato la grave situazione dei diritti umani in Iran. Durante la conferenza è stato proiettato un breve filmato sulla violazione dei diritti umani in particolare sulle impiccagioni pubbliche in Iran. La sala della conferenza fu tappezzato da numerose fotografie dei caduti della resistenza iraniana stampate su grandi striscioni. Inoltre erano stati esposti dei pannelli che dimostravano le foto delle vittime della repressione e della violazione dei diritti umani tra cui lapidazioni, amputazioni, impiccagioni, fustigazioni ecc... Tutti i partecipanti hanno concordato sulla necessità di istituire una commissione speciale di sorveglianza sul rispetto dei diritti umani in Iran. Diversi oratori intervenedo alla conferenza hanno parlato della necessità di prestare una particolare attenzione sul rispetto dei diritti dei residenti del campo di Ashraf dove tuttora vivono all’incirca 3500 uomini e donne fuggite dalla feroce repressione adoperata dal regime dei mullah ricordando la urgente necessità di insistere, onde evitare una catastrofe umanitaria, sulla continuità della sorveglianza del campo di Ashraf da parte delle truppe americane.
karimi davood
La notizia diffusa dall'Ansa:
DIRITTI UMANI: 60/MO; PIU'INFORMAZIONE SU VIOLAZIONI IN IRAN
ROMA
(ANSA) - ROMA, 10 DIC - "I diritti umani impiccati. La tragedia di 30 anni di oppressione, torture, lapidazioni e impiccagioni in piazza nel regno dei fondamentalismi in Iran". Questo il tema di una conferenza stampa organizzata nel giorno in cui si celebrano i 60 anni della Dichiarazione dei diritti umani dell'Onu, dalla Resistenza iraniana in Italia, insieme all'associazione Nessuno tocchi Caino.
"E' ancora più importante recuperare informazione sulla qualità del regime iraniano ora che l'attenzione internazionale sta per spostarsi dall'Iraq all'Afghanistan, la cui stabilizzazione esige una soluzione regionale che necessariamente coinvolge l'Iran", ha detto il senatore Marco Perduca, neo segretario della Commissione per i diritti umani del Senato, intervenendo al dibattito.
Perduca, reduce da una missione ad Ashraf, città dell'Iraq dove vivono alcune migliaia di muhjaeddin iraniani oppositori del regime di Ahmadinejad ha denunciato inoltre il fatto che "desta ulteriore preoccupazione il modo in cui si racconta l'Iran, dandone un'immagine di paese tranquillo e privo di terrorismo interno" per salvaguardare le relazioni commerciali che "ad esclusione di Usa e Israele tutti i paesi del mondo hanno a cominciare dall'Italia, che ha superato nello scambio commerciale la Germania".
Il senatore Giorgio Bornacin ha sottolineato che "occorre smascherare una volta per tutte un regime che si basa sul terrore e sul quotidiano calpestare dei diritti umani della gente", mentre l'onorevole Carlo Ciccioli ha sostenuto che "c'é una sorta di congiura del silenzio su ciò che accade all'interno del paese: mutilazioni, fustigazioni, lapidazioni, é una sorta di Medioevo del comportamento".(ANSA).

Diritti umani: Iran, impedito viaggio Nasrin Sotudeh




(ANSA)- TEHERAN, 10 DIC -Agenti dei servizi di sicurezza impediscono all'avvocatessa iraniana Nasrin Sotudeh di partire per l'Italia, dove era attesa per un premio. La donna, impegnata in diverse cause per la difesa dei diritti umani e delle donne, e' stata bloccata all'aeroporto di Teheran da agenti della sicurezza che le hanno sequestrato il passaporto. Nasrin Sotudeh ha difeso diverse femministe arrestate negli ultimi anni. Oggi avrebbe dovuto partecipare a un incontro alla Casa internazionale delle Donne di Roma.

I 60 ANNI DELLA" DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI"


ALI KHAMENEI E IL SOGNO DELLA BOMBA ATOMICA ISLAMICA

AHMADINEJAD IN UNA RECENTE APPARIZIONE NELLA CITTà DI ZANJAN HA INACCIATO I NEMICI DELL'ISLAM DI "AGGIUSTARLI" CON QUEST "PRODOTTO TIPICO DELLA CITTA' DI ZANJAN!!!

NELLA FOTO UN IMPICCAGIONE DI MASSA

NELLA FOTO UN MINORENNE AL MOMENTO DELL'IMPICCAGIONE

NELLA FOTO I PASSDARAN AL LAVORO PER LA LAPIDAZIONE DI UNA GIOVANISSIMA DONNA

NELLA FOTO: UN MOMENTO DELLA FUSTIGAZIONI PUBBLICA

NELLA FOTO ATEFE RAJABI DI ANNI 16 IMPICCATA IN PIAZZA NELLA CITTA' DI NEKAH DURANTE LA PRESIDENZA DI KHATAMI

NELLA FOTO UN PRIGIONIERO KURDO FERITO IN UNO SCONTRO A FUOCO E SUCCESSIVAMENTE IMPICCATO IN PIAZZA

NELLA FOTO: UN MINORENNE IMPICCATO POCHE SETTIMANE FA
Per quanto riguarda Iran i 60 anni di età della dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti umani ha coinciso con due dittature, politico il primo e teocratico il secondo, con un dossier colmo di violazioni più inaudite contro i diritti umani: torture, amputazioni, impiccagioni,fucilazioni di massa, lapidazioni, avvelenamenti di massa, genocidi, massacri, impiccagione dei minorenni, terrorismo, esportazione delle rivoluzione, interferenze, chador obbligatori, piu di 30 tipi di torture, tra cui TOMBA; PESI ALLE PARTI INTIME, APPESI AL SOFFITO, BRUCIATURE CON IL FERRO, FUSTIDAZIONI, ASSISTERE ALLE FUCILAZIONI E ALLA PRATICA DELLA TORTURA DEI COMPAGNI, VIOLENZA CARNALE DI FRONTE AI PARENTI E MARITI E MOGLIE, ...
Negli ultimi tre decenni il regime dei mullah ha passato per le armi all'incirca 120000 prigionieri politici di cui l'ultimo risale a poche settimane fa: nel braccio 209 del carcere di Evin è stato ucciso sotto tortura il prigioniero politico di nome Abdolreza Rajabi, già condannato all'ergastolo e accusato di essere simpatizzante dei Mojahedin del popolo. Con tanta sicurezza posso affermare che l'Iran dei mullah detiene il guiness delle violazioni dei diritti umani tanto vero che è stato condannato per ben 55 volte dalle commissioni competenti dell'ONU. Negli ultimi tre anni, da quando Ahmadinejad è salito al potere grazie alla scelta del capo supremo Ali Khamenei, il numero delle impiccagioni si sono moltiplicati per 10 tenendo conto che molte esecuzioni non vengono pubblicate dai mass maedia del regime. Nelle carceri iraniane esistono numerose donne condannate alla lapidazione e vivono costantemente sotto uno stato di terrore e di tensione. Recentemente è stata impiccata una donna di nome Fateme Haghighat Pajouh condannata a morte per aver ucciso il "marito temporaneo" al momento della violenza sessuale sulla figlia di 14 anni. Nulla ha potuto fermare la macchina della violenza dei mullah. La donna nonostante madre di due ragazze addolescenti è stata soffocata nello spirito maligno del " vecchio guffo di Jamaran", appunto Khomeini. E' una definizione del grande giornalista italiano Igor Man. Insieme a Fatemeh sono stati impiccati anche altri 9 uomini. Tempo fa il giorno dopo di una altra giornata mondiale contro la violenza il regime dei mullah ha impiccato in una sola giornata altri 23 prigionieri di cui anche una donna di 30 anni madre di due bambine piccole.
Comunque questi 60 anni dei diritti umani hanno testimoniato, per quanto riguarda l'Iran un oltraggio permanente e un insulto vero e proprio ai principi umanitari di questa dichiarazione. Sia lo Scià che Khomeini hanno portato avanti, con metodi diversi, ma con spiriti unanimi, una politica di repressione e di depressione che hanno mirato in primiss le donne e i minorernni: quasi la metà del numero dei caduti è costituto dalle donne come è costituito dalle donne più della metà dei componenti della resistenza iraniana che hanno conquistato il loro meritevole posto nella leadership dell'opposizione. Basti vedere il nostro presidente che è una donna: Maryam Rajavi. Naturalmente questi 60 anni di violenza non sono rimasti senza risposta: sia al tempo dello Scià che al tempo del "grande Guffo di Jamaran", il popolo iraniano ha saputo dare la sua risposta alle due dittature: il primo rovesciato nel febbraio del 79 e il secondo in procinto a finire nella pattumiera della storia appena si tolgono le catene dalle mani e daI piedi della resistenza iraniana. La rimozione del nome dei Mojahedin dalle liste nere europee e americane è il primo passo.
Secondo me l'unica commemorazione valida in occasione della celebrazione dei 60 anni della dichiarazione dei diritti umani è quella di chiedere agli organismi competenti la rimozione immediata del nome della resistenza iraniana dalla lista nera europea e americana. Così è che si commemorano il ricordo di coloro che sono stati vittime di questa ingiustizia. Sappiamo che numerosi uomini e donne iraniane vengono giustiziate e uccise sotto la tortura solo perchè hanno la loro organizzazione-madre nella lista nera. E tale fatte offre il miglior occasione ai boia di Teheran di uccidere i miglior figli del popolo iraniano sotto questa falsa etichetta.
Viva la dichiarazione universale sui diritti umani.
Abbasso la politica di accondiscendenza che ha permesso e permette tuttora il prolungamento del regime sanguinario e terrorista dei mullah.
viva la resistenza iraniana in particolare i Mojahedin del popolo. E' prima volta che faccio riferimento diretto a questa organizzazione e, naturalmente era un debito per me nei confronti dei suoi caduti, commemorarli in questa maniera.
Karimi Davood, analista politico iraniano

martedì 9 dicembre 2008

IRAN: PER VENDETTA IMPICCATO A META'


» 2008-12-08 19:10

di Alberto Zanconato

TEHERAN - Un uomo condannato a morte in Iran è stato lasciato pendere a lungo dalla forca prima di essere deposto ancora vivo, ma con probabili danni irreversibili al cervello e alla spina dorsale, per volere dei familiari della vittima, che hanno accettato denaro per salvarlo solo in extremis. L'episodio è avvenuto ieri a Kazerun, città nel sud del Paese, secondo quanto scrive l'agenzia Irna, che titola la notizia "dolce epilogo di una esecuzione". Un epilogo arrivato in realtà dopo che il condannato, secondo la stessa agenzia, era rimasto appeso "per alcuni minuti".

Un tempo sufficiente per subire danni irrimediabili. Il procuratore della Corte rivoluzionaria di Kazerun ha detto che l'uomo è stato ricoverato in ospedale, ma non ha fornito particolari sulle sue condizioni. In un analogo episodio avvenuto lo scorso anno a Bandar Abbas, vicino allo Stretto di Hormuz, il condannato aveva riportato danni irreversibili al cervello, dopo essere stato lasciato appeso per alcuni secondi. Secondo i dettami della legge islamica vigente in Iran, il condannato a morte per omicidio ha salva la vita se i famigliari della vittima gli concedono il 'perdono', in cambio di un risarcimento in denaro.

I congiunti dell'ucciso che decidono di fermare l'esecuzione lo fanno normalmente nei giorni precedenti, o in alcuni casi fino a pochi istanti prima, quando il condannato è già sul patibolo con la corda al collo. Ma in questo caso, evidentemente, i parenti della vittima hanno voluto assaporare la sofferenza del condannato, prima di fermare l'esecuzione e intascare il denaro. L'agenzia Fars dà intanto oggi notizia di altre tre impiccagioni, queste portate a compimento, avvenute a Shahr-e-Kord, nell'ovest dell'Iran, nei confronti di altrettanti uomini condannati per omicidio.

Esecuzioni che portano ad almeno 226, secondo notizie di stampa, il numero delle persone messe a morte a partire dall'inizio dell'anno nella Repubblica islamica, dove la pena capitale è prevista, oltre che per l'omicidio, per una serie di reati, tra i quali la rapina a mano armata, la violenza carnale, il traffico di stupefacenti, ma anche l'adulterio, l'omosessualità e l'apostasia. Secondo dati di Amnesty International, nel 2007 sono state 317 le esecuzioni capitali in Iran, che si è piazzato così al secondo posto dopo la Cina nella graduatoria dei Paesi con il più alto numero di persone messe a morte.

lunedì 8 dicembre 2008

CONFERENZA STAMPA AL SENATO: DIRITTI UMANI IMPICCATI IN IRAN


Mercoledi prossimo si terrà una conferenza stampa presso la sala stampa del Senato italiano a cui aderisce anche l'Associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia.
karimi davood

STUDENTI UNIVERSITARI DI TEHERAN: "WE WANT DEMOCRACY","MORTE AL DITTATORE"



Nelle foto: Ieri i coraggiosi studenti in particolare le studentesse delle università di Teheran con i cartelli in mano su cui c'è scritto" noi vogliamo la democrazia", hanno dato vita au una grande manifestazione di protesta contro il regime teocratico,dittatoriale dei mullah scandendo lo slogan" morte al dittatore", come ai tempi dello Scià.

GLI STUDENTI DI TEHERAN:" MORTE AL DITTATORE"

In occasione della giornata dello studente," 16 Azar, Rooze daneshjoo",( 6 dicembre), il regime dei mullah aveva previsto e organizzato un raduno presso una famosa università di Teheran alla presenza del capo supremo dei mullah, Ali Khamenei, detto anche Ali mendicante( al tempo dello Scià, il capo supremo attuale del regime terroristico iraniano si dedicava anche al lavoro di accattinaggio). L'obiettivo dei mullah era di rubare dalle mani degli studenti questa eroica giornata dedicata ai loro tre colleghi uccisi dal regime dello Scià e allo stesso tempo, per motivi di sicurezza, annullare tutte le iniziative organizzate dagli studenti universitari di Teheran. Ma grazie alle proteste dei miglior figli del popolo di Teheran, pionieri della libertà e della democrazia, il regime fu costretto ad annullare l'intervento del capo supremo. Nel frattempo numerosi studenti avevano dato appuntamento all'università di Teheran, facoltà di ingegnieria meccanica, per la commemorazione della giornata dello Studente, intitolando la giornata" l'università, il grido della libertà". Il massiccio afflusso degli studenti di tutte le facoltà ha spaventato le forze di sicurezza che ha deciso di chiudere tutti gli ingressi causando l'ira e la protesta degli studenti che hanno dato vita ad uno scontro fisico con gli uomini della sicurezza.
Gli studenti lanciavano continuamente questi slogan: "morte al dittatore", " unità, unità, unità"," lo studente accetta la morte ma non abbassa la testa".
Queste manifestazioni sono l'unica risposta al regime fondamentalista e terroristico, l'unico sponsor principale dei missili "Ghassam" che piovono costantemente sulle teste dei bambini e delle donne ebrei e a coloro ( per fortuna pochi e di dubbia provenienza),che grazie ai petrodollari del regime terroristico dei mullah, distribuiti sulle varie isolette, tra cui quella maltese, chiedono vergognosamente di mantenere ancora il nome della resistenza iraniana nella lista nera dell'Unione Europea. Naturalmente la resistenza iraniana, non riconosce queste oscure e piccolissime forze degna di una risposta diretta, ma allo stesso tempo risponde direttamente al regime fondamentalista e terrorista dei mullah, attraverso il popolo e i suoi pionieri della libertà e della democrazia: appunto gli studenti universitari.
In ogni caso ritengo opportuno ricordare un provverbio persiano: dove si dice "javabe ablahan khamushi ast". Tradotto in italiano significa: L'UNICA RISPOSTA DEGNA DI QUESTI IGNORANTI E' IL SILENZIO". Ma naturalmente all'estero. All'interno del paese la risposta tocca ai pionieri della libertà e della democrazia, dove gridano fortemente "we want democracy".
Karimi Davood, analista politico e presidente dell'Associazione rifugiati politici iraniani in Italia

Viva gli studenti

sabato 6 dicembre 2008

Viaggio a Ashraf, tra i resistenti in fuga dall'Iran


Nella foto: l'ingresso del campo di Ashraf situato a 150 km da Baghdad dove risiedono 3500 membri della resistenza iraniana

nella foto: alcune donne, membri della resistenza iraniana che risieono nel cambo di Ashraf

Viaggio a Ashraf, tra i resistenti in fuga dall'Iran

• da Il Riformista del 5 dicembre 2008, pag. 14
di Marco Perduca

Ashraf è un ex campo profughi nella provincia irachena nord orientale di Diyala, a un’ottantina di chilometri dal confine con l’Iran. Oggi ospita circa 3.500 resistenti iraniani in fuga dal regime dei Mullah. Dopo aver partecipato alla rivoluzione contro lo Scià, i mojahedin del popolo avevano preso le armi anche contro Komeini e, per questo, sono stati bersaglio di persecuzioni, arresti sommari, torture ed esecuzioni giudiziarie ed extragiudiziarie. Si stimano in oltre centoventimila le vittime del regime e il museo della resistenza del campo di Ashraf ne dà una sia pur parziale testimonianza.

Ho visitato il campo dal 19 al 23 novembre scorso, insieme ad Antonio Stango del Partito Radicale Nonviolento, Yulia Vassilieva di “Nessuno Tocchi Caino” e Giancarlo Boselli, vice sindaco di Cuneo che ha dichiarato Ashraf città sorella nella resistenza. Motivo della visita dare seguito alla dichiarazione sottoscritta nel settembre scorso da oltre 460 parlamentari italiani di tutti i gruppi che, oltre a chiedere la cancellazione dell’organizzazione dei mojahedin del popolo iraniano dalla lista delle organizzazioni terroristiche dell’Unione europea, esprime preoccupazione circa la sicurezza dei residenti di Ashraf.

La visita, non ufficiale, era stata sconsigliata dalla Farnesina per motivi di sicurezza, anche perché dal giugno scorso esiste, mai smentita, una dichiarazione pubblica del portavoce di Al Maliki, in cui si annuncia che presto il governo iracheno, di concerto con la Croce Rossa internazionale, avrebbe espulso i mojahedin e perseguito in base alla legge anti-terrorismo chiunque venga sorpreso a portar avanti attività assieme a loro. Nel frattempo si è tentato di fare terra bruciata intorno ad Ashraf. I mojahedin sono al centro di una serie di attacchi, tanto fisici quanto mediatici, portati avanti dalle fazioni sciite che compongono la coalizione che sostiene l’attuale governo iracheno. Nell’ultimo anno, un paio di mojahedin che avevano lasciato il campo per approvvigionamenti sono stati uccisi mentre sono una ventina gli iracheni solidali coi residenti ad Ashraf che sono stati ammazzati in circostanze misteriose.

Nelle settimane scorse, la questione di Ashraf è più volte entrata come nota dolente nei negoziati tra il Governo iracheno e l’Amministrazione Bush sul ritiro progressivo delle truppe USA dal paese. I mojahedin non sono stati coinvolti nel processo negoziale ed è più che probabile che, una volta che le truppe americane dovessero smobilitare, la sicurezza dei residenti di Ashraf non potrebbe essere garantita da un esercito iracheno agli ordini del governo di Baghdad sempre più alla mercede del regime di Teheran.

Dopo la prima guerra del Golfo nel 1991, i mojahedin hanno riorganizzato la propria vita ad Ashraf, facendo evacuare i bambini e di fatto proibendo qualsiasi tipo di vita famigliare all’interno del campo perché possibile impedimento a emergenze dovute all’irrompere di attacchi contro di loro. Da allora, infatti, i 36 chilometri quadrati di Ashraf sono divisi in varie unità dove volontari uomini e donne vivono separatamente su un modello socio-economico molto simile ai kibbutz israeliani degli anni Sessanta dove non esiste proprietà privata e danaro, la vita è organizzata intorno al lavoro nelle officine, nei campi, nelle scuole e nell’addestramento alle varie necessità della resistenza.

Nella seconda guerra del Golfo, gli americani hanno bombardato Ashraf provocando 50 vittime e, nell’estate del 2003, i mojahedin hanno consegnato ai generali USA un armamentario di quasi tremila pezzi, tra carri armati, contraeree, armi di vario tipo nonché quintali di munizioni. Da quel giorno ad Ashraf non esiste più un’arma e gli americani considerano i mojahedin come rifugiati il cui status è regolato dalla quarta convenzione di Ginevra. La sicurezza dei residenti di Ashraf è garantita da un battaglione di 500 fanti americani nel lato settentrionale della città, Camp Grizzly, oggi sotto il controllo del generale Ray Odierno. Inoltre gli americani hanno imposto una zona di protezione dove per un raggio di cinque chilometri non è consentita la presenza, ma solo il transito, a truppe irachene. Vista la vicinanza col confine iraniano, il comando statunitense ha anche costruito una base aerea.

Ashraf sarebbe una città totalmente autosufficiente se non fosse per l’acqua e la benzina per cui dipende dall’esterno. Nei giorni di nostra presenza, abbiamo visitato unità manifatturiere, agrarie, scolastiche, nonché l’ospedale che serve i mojahedin ma anche gli iracheni che vivono nei dintorni. Dal 2003 molta della strumentazione meccanica a scopo bellico è stata convertita per fabbricare caravan o pannelli per l’assemblaggio, che avviene sempre in loco, di immobili prefabbricati a varia destinazione d’uso. Poiché i residenti non hanno il permesso di lasciare il campo, i rapporti cogli iracheni vengono tenuti da intermediari arabi che, in cambio, possono anche usufruire delle strutture ospedaliere del campo e della disponibilità di farmaci generici messi a loro disposizione gratuitamente. Anche per questo, all’inizio dell’anno, sono state raccolte oltre cinque milioni di firme di cittadini iracheni in calce a una dichiarazione di benvenuto e solidarietà nei confronti dei mojahedin che è scolpita in un monumento all’ingresso del campo.

Gli sceicchi, capi tribù e responsabili di organizzazioni dei diritti delle donne che abbiamo incontrato durante la nostra visita, hanno tutti manifestato grandi preoccupazioni per le sorti dei residenti ad Ashraf se e quando gli americani lasceranno il campo, ma anche per il proprio futuro visto il ruolo che il campo svolge soprattutto dal punto di vista sociale. La simpatia coi mujiaidin è particolarmente forte tra i sunniti e tutti coloro che ritengono sempre più pervasiva l’influenza, se non la presenza, degli iraniani in Iraq. Le denunce raccolte in occasione dell’incontro cogli iracheni indicano gli iraniani intenti a fomentare le divisioni religiose per provocare instabilità, da gestire poi col pugno di ferro e di concerto con Teheran.

Per una ventina di anni i mojahedin hanno partecipato a incursioni militari prima a fianco dell’esercito iracheno durante la sanguinosa guerra che ha contrapposto Iran e Iraq per tutti gli anni Ottanta, e successivamente contro i pasdaran su suolo iraniano. Dopo un progressivo cambio di strategia, da almeno cinque anni non si registrano attacchi armati in Iran da parte dei mojahedin, che sotto la guida della leader della resistenza Maryam Rajavi hanno scelto la via politica della opposizione al regime. Per questo, tramite la loro diaspora in Europa, oggi sono principalmente impegnati nella richiesta di cancellazione del loro gruppo dalla lista delle organizzazioni terroristiche dell’Unione Europea, un’iscrizione che paradossalmente non indica nomi di responsabili contro cui si possano eseguire le sanzioni previste da tale decisione, e contro la quale si sono già pronunciate un tribunale britannico e la stessa Corte di Giustizia delle Comunità europee, la quale proprio ieri ha annullato per la terza volta una decisione del Consiglio Europeo basata questa volta su una richiesta del governo francese. L’ostinazione europea a voler mantenere i mojahedin nella lista dei terroristi si può spiegare solo con un’Europa succube del ricatto energetico del regime iraniano.

La cancellazione dalla lista nera europea e la sicurezza dei residenti ad Ashraf vanno di pari passo proprio perché la prima incide strutturalmente sulla seconda. Su questo nodo politico, anche l’Italia dovrà prendere posizione. La settimana prossima, la Commissione Esteri della Camera dei Deputati discuterà e voterà su una risoluzione presentata da rappresentanti di tutti i gruppi politici che indirizza il governo a sostenere in sede europea le istanze umanitarie dei residenti ad Ashraf come previste dalla Convenzione di Ginevra e il rispetto della sentenza della Corte di Giustizia europea che dichiara illegittima e infondata la iscrizione dei mojahedin del popolo iraniano nella lista del terrorismo. Sarà il banco di prova, non solo simbolico, della coerenza e del rigore con cui il nostro paese intende difendere i diritti umani, affermare la legalità europea e affrontare la minaccia alla pace e alla sicurezza mondiale rappresentata oggi dal regime iraniano.

 
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