venerdì 30 settembre 2011

ISRAELE E PALESTINESI LA BATTAGLIA DELL’ONU E IL PROCESSO DI PACE

L’On. Franco Frattini, Ministro degli Esteri, aprirà il convegno promosso dall’Associazione Summit e la Fondazione Magna Carta “Israele e palestinesi: la battaglia dell’Onu e il processo di pace” lunedì 3 ottobre alle ore 17,00 presso la Sala delle Colonne in Via Poli 18 a Roma.

L’On. Enrico Pianetta, Presidente dell’Associazione parlamentare di Amicizia Italia – Israele, coordina i lavori del tavolo che analizzerà i risvolti della dichiarazione unilaterale sul processo di pace in Medio Oriente con Giancarlo Loquenzi, direttore de l’Occidentale, Riccardo Pacifici, Presidente della Comunità Ebraica di Roma, Barry Rubin, Direttore del Global Research in International Affairs (GLORA) Center, Mario Sechi, Direttore de Il Tempo. Le conclusioni saranno a cura dell’On. Fiamma Nirenstein, Vice presidente della Commissione Affari Esteri e Comunitari.

Per accrediti stampa telefonare al 06 67 60 21 25

Per informazioni: segreteria On. Fiamma Nirenstein (Sharon e Raffaella)
Tel. 06 67 60 68 05 cell. 393 80 58 906 e-mail: nirenstein_f@camera.it

giovedì 29 settembre 2011

L’UE nomina un consulente per risolvere il problema di Campo Ashraf



Mercoledì 28 Settembre 2011 21:31
BRUXELLES (Reuters) - David Brunnstrom - L'Unione europea ha nominato un diplomatico belga, per lavorare con le Nazioni Unite, l'Iraq ed altri per contribuire a risolvere la difficile situazione di oltre 3.000 oppositori del governo iraniano che vivono in un campo in Iraq.
Jean De Ruyt, ex ambasciatore belga presso la UE, rappresenterà il capo della politica estera dell'Unione europea Catherine Ashton riguardo a Campo Ashraf, ha detto il portavoce di Ashton lunedì. Il campo, circa a 65 km (40 miglia) da Baghdad, è la base dell'organizzazione Mujaheddin del Popolo Iraniano (OMPI), ha messo in scena attacchi contro l'Iran prima dell'rimozione guidata dell'USA del leader iracheno Saddam Hussein nel 2003.
Il futuro dei suoi oltre 3.000 residenti è diventato incerto dopo che gli Stati Uniti, il quali considerano l’OMPI organizzazione terroristica, hanno trasferito la proteaione del Campo al governo iracheno.
Baghdad prevede la chiusura del Campo entro la fine di quest'anno e Ashraf è stata teatro di sanguinosi scontri tra residenti e le forze di sicurezza irachene.
Il gruppo dei diritti umani Amnesty International dice che i residenti sono soggetti a vessazioni da parte del governo iracheno ed è loro negato l'accesso alla medicine di base. Più di 30 abitanti sono stati uccisi in uno scontro con le forze di sicurezza irachene nel mese di aprile.
De Ruyt collaborerà con gli Stati dell'UE e organizzazioni tra cui le Nazioni Unite, come ha detto il portavoce della Ashton. Ha detto che l'Unione Europea, che ha rimosso l’OMPI dalla lista del terrorismo nel 2009, voleva un approccio diplomatico di alto livello.
"Abbiamo bisogno di una soluzione pacifica e realistica e la sicurezza e l'incolumità dei residenti è la priorità", ha detto.
Washington ha proposto di spostare temporaneamente i residenti di Ashraf in un nuovo posto in Iraq, ma hanno rifiutato, dicendo che avrebbe portato ad un massacro.
Struan Stevenson, capo della delegazione del Parlamento europeo sull'Iraq, ha definito la nomina di De Ruyt un "passo avanti apparente".
"I disarmati, civili residenti di Camp Ashraf hanno sofferto anni di torture psicologiche e molestie per mano del governo iracheno, aiutato ed incoraggiato dai loro sponsor a Teheran", ha detto in un comunicato.
"La nomina dell’Ambasciatore De Ruyt ... ha sottolineato la gravità di questo problema. Non vedo l'ora di lavorare con lui per assicurare che siamo in grado di evitare che una catastrofe in stile Srebrenica si verifichi ad Ashraf", ha detto, riferendosi al massacro del 1996 dei musulmani da parte delle forze serbo-bosniache nella ex Jugoslavia.
Stevenson ha detto che le Nazioni Unite stavano valutando i 3.400 residenti per lo status di rifugiati e l'intenzione era quella di reinsediamento negli Stati membri dell'UE e in paesi terzi, ma questo processo non potrebbe essere completata entro la fine dell'anno. Ha definito il termine iracheno di chiudere il campo "ridicolo".

La lettera di una prigioniera politica al Relatore Speciale delle NU, Ahmed Shaheed


Di Shabnam Madadzadeh,detenuta nel carcere di Evin insieme al fratello. Nel mese di aprile scorso due suoi fratelli sono stati uccisi nel campo di Ashraf durante l'attacco delle forze irachene.



al Relatore Speciale delle NU, Ahmed Shaheed
Per la prima volta scrivo questa lettera al Sign. Ahmed Shaheed,
il Relatore Speciale delle Nazioni Unite, a nome di una giovane studentessa imprigionata

Sign. Ahmed Shaheed, Si parla del suo viaggio nel mio Paese. Un Paese in oriente, precisamente nel medio-oriente. Una regione che, negli ultimi anni, ha cominciato ad attirare l’attenzione di molti e dalla quale ci si aspetta un nuovo evento in qualsiasi momento. Non ho niente a che fare nè con il medio-oriente né con coloro che stanno a guardarlo con attenzione. Mi preoccupo di una nazione nel sud-ovest dell’Asia che nella mappa mondiale ha la forma di un gatto. Un Paese per il quale, stando alle ultime risoluzioni delle Nazioni Unite, le è stato richiesto di fornire un rapporto sulle condizioni dei diritti umani. Si, le sto parlando dall’Iran e dal suo cuore pulsante, la prigione di Evin. In questi giorni i circoli politici, i media, le informazioni … e diverse posizioni ufficiali di vari governi parlano tutti del suo viaggio in qualità di Speciale Rappresentante dei Diritti Umani e della sua decisione di scrivere il tale rapporto.

Non sono sicura, per un Paese dove il Presidente, il Sign. Ahmadinejad, ha più volte dichiarato, nell’ambito di conferenze su affari interni ed esteri, “C’è libertà assoluta in Iran” e “l’Iran è il più democratico Paese della regione”, cosa ci potrebbe essere, allora, dietro alla scena per obiettare la venuta di un rappresentante dei diritti umani? In un Paese libero(!) dove ogni criticismo e protesta si confronta con l’intimidazione e la minaccia, in un Paese libero dove ogni difesa delle opinioni e religioni diverse da quelle dei governatori è corrisposta con la detenzione, l’imprigionamento e l’incatenamento, in un Paese libero dove ogni difesa da parte degli avvocati nei riguardi dei loro clienti innocenti - persino nei processi farse - è corrisposta dalla prigione, da sentenze aspre ed il loro allontanamento dal pubblico esercizio. In un Paese libero dove l’intimidazione ed il clima di terrore e la dimostrazione di potere è resa evidente dalle pubbliche esecuzioni di teste nelle pubbliche piazze, non c’è niente che si possa nascondere.

Sign. Ahmed Shaheed, Anche se comprendere o meno questa situazione sia semplice o no per lei, questi sono i fatti delle nostre vite. Siamo imprigionati per le nostre opinioni in un Paese dove le autorità esprimono i loro riguardi per gli abusi dei diritti della gente di altri Paesi, persino quelli più lontani, ogni minuto ed ogni giorno, e dichiarano la solidarietà a quella gente, criticando i governanti dispotici delle altre nazioni e ammonendo i dittatori ad ascoltare la loro gente, perché il popolo cambierà il corso della storia.

Discutono del trattamento degli studenti e parlano della libertà parola e d’opinione. In queste circostanze mi chiedo “Chi sono io?” Io che sono stata imprigionata per le mie opinioni, i miei pensieri, le mie compagne di cella, donne innocenti con un modo diverso di vedere la realtà, ci collochiamo in quale parte di questo puzzle? “Perché, allora, voi non riuscite a sentire la nostra voce?”

Dopo vari tentativi per far si che gli ufficiali sentano la tua voce, puoi concludere il discorso dicendo “La morte è buona, ma per i nemici”. Quindi quando la tua voce non è ascoltata, piangi e parli dei diritti perduti, piangi affinché qualcuno possa sentirla, persino qualcuno al di là dei confini. Piangi così che quelle coscienze sensibili risveglino dai tuoi dolori ed dai tuoi lamenti e che la mia lettera a lei possa essere come quel pianto da una montagna di dolore e sofferenza. Le parlo come una ragazza iraniana di 24 anni, una studentessa di Scienze Informatiche dell’Università di formazione per insegnanti a Teheran, che è stata in carcere assieme a suo fratello per cercare giustizia , libertà e dignità umana dal 19 febbraio del 2009. Una ragazza che, nei due anni e mezzo di prigionia, ha sperimentato il servizio segreto d’informazioni del carcere, sezione 209 e sezione pubblica della prigione di Evin, la prigione di Rajai Shahr e la prigione Gharechak di Varamin. Le sto parlando come una studentessa iraniana.

Mentre le persone della mia età, negli altri Paesi, vengono supportate dai loro governi a seguire la via del successo in tutti i campi di dominio sociale e scientifico, io sto lottando, dietro alla sbarre, per avere il minimo dei diritti umani. Per il diritto di pensare, il diritto d’esprimere i miei pensieri e persino il diritto di respirare. In un Paese dall’ampio cielo e dal vasto territorio dove, grazie all’avanguardia della tecnologia e delle camere a circuito chiuso, la mia porzione di diritti si riduce all’angolo di una gabbia dove anche il mio respiro viene contato, ed il mio unico mezzo di comunicazione, con il mondo esterno, in questa era di comunicazione, sono i soli 20 minuti che trascorro in una cabina d’incontro con la mia famiglia dietro ad un vetro sporco e con l’ausilio di un telefono. Il mio unico spazio è un angolo angusto di una gabbia senza aria fresca. Quando gli atti di valore per la scienza e la tecnologia sono bersaglio dei governatori, ti chiedi cosa significhi allora la prigionia degli studenti? Eccetto centinaia di persone che vengono private del loro diritto a continuare gli studi solo per ciò in cui credono. L’aspetto più doloroso di questi comportamenti è che non si limita agli studenti ma si allarga fino a toccare i dottori, gli ingegneri, gli avvocati, gli insegnanti, le casalinghe, i giovani ed gli anziani, gli uomini e le donne!

Sign. Ahmed Shaheed!, Quando sfoglio il libro della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, non ho altro che rimpianti dal momento che non posso trovarne alcun esempio nel mio Paese. Al fine di provare la nostra umanità con qualsiasi opinione e religione, dobbiamo sottometterci a questa dura lotta e pagare il prezzo solo per l’umanità. Sono in grado di dare esempi di violazione per ciascuna delle sezioni della congiunta Dichiarazione dei Diritti Umani. Io e mio fratello ( Farzad) siamo stati interrogati in celle solitarie della sezione 209 della prigione di Evin, non solo per le nostre personali opinioni ma, anche, per quelle di alcuni membri della nostra famiglia. Ho visto alcune delle donne della Baha’i in questa stessa sezione 209 che sono state detenute solo per il loro modo di pensare. Ho visto i giornalisti che sono stati imprigionati per aver dato notizie in merito alla situazione esistente. Ho assistito al processo ingiusto di mio fratello ed al mio, condannarci a cinque anni di prigione in Iran nei posti più esempelari d’esilio.

Si Sign. Shaheed, abbiamo una così lunga ed amara storia che posso solo menzionarne alcuni punti. Ho vissuto in prigione da quando avevo solo 21 anni assieme a drogati, assassini, spacciatori e prostitute, tutte vittime del sistema ingiusto ed infernale di questa terra.

Ho sperimentato la peggior specie di situazioni possibili. Situazione di vita orribile a Rajai Shahr, avendo solo due bagni, un lavandino e due docce per 200 persone rappresenta il più tangibile e al limite degli esempi di questa situazione. Ho visto tante cicatrici e pene su queste persone sofferenti. Mi sono seduta con loro, sofferto con loro, e pianto per la loro solitudine e mancanza d’aiuto. Vorrei li vedesse anche lei, vedesse come non solo i loro diritti basilari di detenuti al centro di detenzione di Share Ray (Prigione di Garechak) vengono ignorati ma, anche e soprattutto i loro basilari diritti umani. Che lei vedesse le donne indifese detenute in un luogo che non ha alcuna relazione con gli standards di una prigione. Ora dopo essere stata esiliata nella prigione di Rajai Shahr sono stata trasferita nuovamente ad Evin. Assieme ad altre 32 donne innocenti sto trascorrendo giorni bui di detenzione in un posto che secondo gli stessi ufficiali della prigione non può nemmeno essere riconosciuto come una “sezione” con i minimi mezzi di comunicazione e situazione di sicurezza.

Sign. Shaheed!, Non so come sarò trattata dopo aver scritto questa lettera, perché nella prigione di Rajai Shahr mi è stato impedito d’incontrare e telefonare alla mia famiglia per ben quattro mesi, dal 14 Ottobre 2010, poiché li avevo informati delle mie condizioni critiche. Ora sono quasi due mesi che mio fratello Farzad Madadzadeh con altri tre amici, Saleh Kohandel, Behrouz Javid Tehrani e Pirouz Mansouri sono stati trasferiti dalla prigione di Rajai Shahr alla sezione di massima sicurezza della prigione di Evin. Da quel momento non abbiamo più avuto loro notizie. Ma abbiamo imparato questa valida lezione a costo degli anni della nostra giovinezza. Ora che ha avuto il compito di testimoniare tutte queste sofferenze personali, forse sprecando un po’ del suo prezioso tempo, potrà informare il mondo di loro utilizzando la sua coscienza e consapevolezza e forse prevenire di continuare queste crudeltà.

Sign. Shaheed ci sono molte cose da dire e queste sono solo una piccola parte del mare di sofferenza e di dolore. Dal momento che questo piccolo raggio di speranza esiste nella sofferenza del popolo iraniano e in tutti i cuori dei prigionieri, il suo rapporto potrebbe rappresentare gli sforzi di realizzazione del sogno di tutti coloro che hanno messo assieme la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e portare ad una situazione di miglioramento. Ovviamente esiste anche la paura che questa possibilità venga assorbita dai giochi politici come migliaia di altre questioni. Ora tutti gli occhi sono su di lei. Non permetta che questo accada.

Shabnam Madadazadeh - Prigione di Evin, Settembre 2011

mercoledì 28 settembre 2011

La democrazia in Iran passa attraverso la sua resistenza



Professor Davide Meinero
Docente universitario e ricercatore della Fondazione Camis de Fonseca


Il 26 agosto 2011 migliaia di Iraniani della diaspora hanno manifestato di fronte al dipartimento di stato americano per spingere l’amministrazione Obama a rispettare la sentenza della Corte d’appello del distretto di Columbia, che invita a rimuovere i Mojahedin del Popolo dalla lista delle organizzazioni terroristiche degli USA per mancanza di prove. I Mojahedin del Popolo, principale organizzazione del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana, parteciparono attivamente alla rivoluzione del 1979 contribuendo alla caduta dello scià Reza Pahlavi, e immediatamente dopo l’ascesa di Khomeini iniziarono a battersi contro il fascismo islamico degli ayatollah per riportare libertà e democrazia in Iran. Costretti a fuggire per le durissime repressioni che causarono la morte di migliaia dei loro sostenitori nel giugno del 1981, si rifugiarono all’estero, prima in Francia e poi in Iraq. L’amministrazione Clinton nel 1997 decise di inserire i Mojahedin del Popolo nella lista della organizzazioni terroristiche degli Stati Uniti sperando di spingere il regime dei mullah a sedersi al tavolo delle trattative. A distanza di 14 anni è assolutamente evidente che la ‘strategia del dialogo’ è fallita, e anche la politica della mano tesa di Obama si è infranta contro una dura realtà: il regime non ha alcuna intenzione di negoziare, specialmente con il ‘Grande Satana’, ovvero gli Usa.
A Campo Ashraf, nella provincia di Diyala – in Iraq – vivono tuttora circa 3400 Mojahedin; nel 2003, dopo l’invasione dell’Iraq, hanno deposto le armi e le hanno consegnate alle forze di sicurezza statunitensi, che in cambio si sono impegnate a garantire per la loro incolumità.
Durante le grandi manifestazioni del 2009 contro il regime, Ashraf è diventato un faro per i dimostranti, il simbolo della libertà del popolo iraniano; i Mojahedin infatti hanno contribuito attivamente a organizzare la rivolta mostrandosi vicini alle folle iraniane che hanno invaso le strade di Teheran e delle grandi città chiedendo libertà e democrazia.
Per questa ragione il governo iracheno di al Maliki, stretto alleato di Teheran, ha scagliato due violentissimi attacchi – nel luglio del 2009 e nell’aprile del 2011 – contro campo Ashraf massacrando la popolazione inerme e macchiandosi di terribili violazioni dei diritti umani, nel silenzio della comunità internazionale. Ancora oggi campo Ashraf si trova sotto assedio, ed è solo questione di tempo prima che i suoi abitanti vengano deportati in massa.
I Mojahedin hanno rinunciato alla violenza da oltre un decennio, hanno sempre collaborato attivamente con il governo americano fornendogli preziose informazioni sul programma nucleare del regime, e non esiste uno straccio di prova che possa giustificare il loro inserimento nella lista nera delle organizzazioni terroristiche degli USA – tant’è che nel 2009 anche l’UE ha depennato i Mojahedin dalla lista delle organizzazioni terroristiche dell’Europa.
Finora il regime iraniano ha potuto sfruttare abilmente la situazione per giustificare gli attacchi contro i Mojahedin di Ashraf – tuttora protetti dalla IV Convezione di Ginevra – spacciandoli per ‘lotta al terrorismo internazionale’.
È ora di porre fine a questa drammatica ingiustizia, e di rimuovere i Mojahedin del Popolo dalla lista delle organizzazioni terroristiche degli Stati Uniti rendendo giustizia al popolo iraniano e alla sua legittima resistenza.
Lanciamo quindi un appello alle Nazioni Unite, agli Stati Uniti e alla comunità internazionale affinché appoggino la causa dei Mojahedin del Popolo, schierandosi a sostegno della libertà e della democrazia in Iran.

Professor Davide Meinero
Docente universitario e ricercatore della Fondazione Camis de Fonseca

martedì 27 settembre 2011

Iran: scatta 'taglione',perdera' occhio

ENNESIMO ATTO DISUMANO DEL REGIME DEI MULLAH CONTRO LE VITTIME SOCIALI DEL SUO MALIGNO E MEDIEVALE SISTEMA ISLAMICA
26 Settembre 2011 17:45 ESTERI

(ANSA) - TEHERAN - La Corte suprema iraniana ha confermato l'applicazione della legge del taglione per un uomo accusato di averne accecato un altro, gettandogli in viso dell'acido. Lo riferisce il quotidiano Shargh. Il fatto era accaduto 5 anni fa, quando il condannato - indicato con il solo nome, Mohammad, 26 anni - era stato incaricato di attaccare con l'acido la vittima, Vali. Questi era rimasto accecato ad un occhio e aveva parzialmente perso l'uso dell'altro.

Iran: pastore protestante rischia impiccagione per apostasia


Il pastore iraniano Yousef Nadarkhani
grida di allarme dell'Associazione rifugiati politici iraniani per scongiurare l'impiccagione del pastore iraniano Yousef Nadarkhani



Un pastore protestante iraniano rischia di essere impiccato tra due giorni dopo che oggi, durante un'udienza del procedimento aperto contro di lui dal tribunale provinciale di Gilan per "apostasia", si è rifiutato di rinnegare la sua fede in Cristo. Lo scrive il sito BosNewsLife, spiegando che Yousef Nadarkhani, 34 anni, sposato e padre di due figli, era musulmano e si è convertito al cristianesimo.
Non era un musulmano praticante, è spiegato nel sito, ma secondo la legge della Repubblica iraniana è comunque un apostata in quanto i suoi genitori sono musulmani. Oggi in tribunale ai giudici, secondo quanto riferito da testimoni a BosNewsLife, ha però detto senza alcuna esitazione: "Pentirmi vuol dire tornare indietro. Ma a cosa dovrei tornare? Alla blasfemia nella quale vivevo prima di trovare la mia fede in Cristo?".
Nadarkhani è in carcere dall'ottobre 2009 nella sua città, Rasht. Da allora le accuse nei suoi confronti sono diventate più pesanti. Inizialmente era accusato solo di aver protestato davanti a una scuola contro l'introduzione dell'obbligo per tutti gli alunni di leggere il Corano, poi era stato messo sotto processo per 'apostasià e per aver cercato di 'evangelizzare i musulmanì. La condanna a morte è del settembre 2010.
Se Nadarkhani venisse impiccato - ricorda BosNewsLife - si tratterebbe del primo cristiano giustiziato in Iran per motivi religiosi negli ultimi 20 anni.

lunedì 26 settembre 2011

I Passdaran di Khamenei buttano giu dal sesto piano di un palazzo una giovanissima ragazza


In attesa dell'arrivo a casa della primavera persiana, il regime dei mullah ha intensificato fortemente le sue iniziative terroristiche-repressive contro la popolazione e in particolare contro i giovani che cercano di tagliare un piccolo spazio privato per sfogare la loro voglia di essere liberi. Secondo le informazioni appena ricevute dalla città di Mashad,nel nord-est dell'Iran, i Passdaran di Khamenei dopo aver attaccato un palazzo in cui era in corso una festa privata di compleanno, hanno aggredito selvaggiamente i partecipanti alla festa e di fronte alla protesta di una giovanissima ragazza l'hanno buttato giù dal sesto piano. Il resto è la notizia!
Episodi di genere è di pane quotidiana in Iran specialmente a Teheran dove la gioventù persiana è assai più attiva nella lotta alle norme restrittive del regime dei mullah!
Associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia condanna fortemente questo ennesimo crimine commesso dal regime disumano dei mullah e chiede al governo italiano di aprire un indagine indipendente su questo caso che è il puro segno della violazione dei diritti umani e di portarlo all'attenzione dell'Unione Europea per prendere una posizione di condanna collegiale.
Chiediamo anche alle istituzioni, alle associazioni umanitarie, alle autorità ed ai mass-media di dare un grande riscontro a questo episodio e di condannarlo vivamente.
Il popolo iraniano e in particolare i giovani hanno bisogno della solidarietà e vicinanza del mondo civile per portare avanti una battaglia dura e difficile contro il fondamentalsimo e l'integralismo islamico di matrice khomeinista.
Davood Karimi, presidente dell'Associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia


Iran: polizia a party,ragazza cade,muore
25 Settembre 2011 17:30 ESTERI

(ANSA) - TEHERAN - Una ragazza è morta cadendo dal sesto piano mentre tentava di sfuggire a una retata della polizia durante una festa in una casa privata a Mashhad, nel nord-est dell'Iran. Il fatto è avvenuto mercoledì scorso. La ragazza è caduta mentre gli agenti, intervenuti durante una operazione di controllo dell'area, stavano arrestando i partecipanti. In carcere sono finiti otto giovani, di cui quattro donne. Secondo la polizia durante il party, definito "satanico", si consumavano alcol e droga.

Iran, escursionisti americani parlano dei maltrattamenti subiti nelle carceri dei mullah

LA POLITICA DEL RICATTO TERRORISTICO DELL'IRAN, AHMADINEJAD HA LIBERATO I DUE ESCURSIONISTI AMERICANI DOPO AVER OTTENUTO IL VISTO PER PARTECIPARE AI LAVORI DELL'ASSEMBLEA GENERALE DELL'ONU!


ew York, 26 set. - (Adnkronos/Dpa) - I due escursionisti americani liberati dopo oltre due anni di detenzione in Iran, Shane Bauer e Josh Fattal, hanno denunciato al loro arrivo a New York la "brutalita'" del regime di Teheran e le durissime condizioni della loro prigionia. Tenuti in isolamento e immersi in "un mondo di bugie e false speranze", i due hanno raccontato come "troppe volte, abbiamo sentito le urla degli altri prigionieri picchiati, senza che potessimo fare nulla".

Circondati dai loro familiari, Bauer e Fattal hanno incontrato i giornalisti dopo il ritorno a casa nella giornata di ieri. Hanno raccontato di non aver mai potuto incontrare il loro avvocato o il consolato svizzero, che rappresenta gli interessi americani in Iran. "Abbiamo dovuto fare lo sciopero della fame per poter ricevere lettere dai nostri cari", hanno sottolineato, aggiungendo di non poter perdonare il regime iraniano dato che "continua a tenere in carcere cosi' tante persone innocenti e prigionieri di coscienza".

Ma Bauer ha voluto evidenziare che, ad ogni loro rimostranza, i secondini iraniani, gli parlavano di Guantanamo. "Non crediamo che queste violazioni dei diritti umani da parte del nostro governo giustifichino" l'Iran, ha commentato, ma "riteniamo che queste azioni da parte degli Stati Uniti forniscano una scusa per altri governi, compreso quello iraniano" per maltrattare gli americani. (segue)

26/09/2011

martedì 13 settembre 2011

NUOVE IMPICCAGIONI IN IRAN


Alireza, impiccato pochi giorni fa è il primo da sinistra


Alireza pochi istanti prima dell'impiccagione. Grida il nome della mamma implorando la clemenza!

sabato 10 settembre 2011

in occasione dell'11 settembre un breve film sull'uccisione di un giovane iraniano

11 settembre, giornata internazionale di memoria, bandiera di orgoglio del popolo americano



11 settembre di 10 anni fa il mondo intero ha vissuto, in un modo spaventoso, la vera faccia del terrorismo islamico di matrice khomeinista. 11 settembre di 10 anni fa lo spirito maligno del fondamentalismo islamico iraniano, manifestatosi nel nome dell'Ayattolterrore Rouhollah Khomeini e che nel 11 febbraio del 1979 aveva colpito violentemente la società iraniana, dirottando lo spirito democratico della rivoluzione popolare verso la malvagità e disumanità, aveva sorpassato mari e monti ed aveva rovesciato tutto il suo sdegno disumano su un simbolo che non apparteneva solamente alla società americana ma a tutti gli esseri umani della terra. Basti vedere la composizione etnica e razziale delle vittime e rendersi conto che il terrorismo fondamentalista islamica aveva colpito duramente l'intero mondo.
In occasione del decimo anniversario della tragedia delle torri gemelli, a nome dell'associazione rifugiati politici iraniani esprimiamo la nostra solidarietà e vicinanza a tutto il popolo americano e in particolar modo ai familiari delle vittime di questa aggressione disumana e fondamentalista che sicuramente non avrebbe avuto il luogo se l'11 febbraio del 1979 non sarebbe annidato nel territorio iraniano un regime terrorista, fondamentalista e maligno. Oggi siamo tutti americani e parenti di primo grado delle vittime delle torri gemelli. Senza una sincera vicinanza e solidarietà con le vittime del terrorismo islamico, come la maggior minaccia al mondo intero domani saremmo noi sicuramente nel suo mirino. L'unica via di affronto e di lotta a questo maligno fenomeno che non conosce nessun confine è la solidarietà e il sostegno a coloro che lo combattono da trentanni al fine di decapitarlo e di consegnarlo alla pattumiera della storia dell'umanità liberando il mondo intero da un male che l'ha preso in ostaggio fin dal mattino dell'11 febbraio del 1979.
Davood Karimi, presidente dell'associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia

Zohreh Akhyani eletta nuovo Segretario Generale dell'Organizzazione dei Mojahedin del Popolo Iraniano



Tra i 11 candidati per un mandato di due anni con il 67,5% dei voti nel Congresso Annuale

Nel suo congresso annuale a Campo Ashraf, in Iraq, in concomitanza con il 47º anniversario della sua fondazione, il 6 settembre 1965, l’Organizzazione dei Mojahedin del Popolo dell’Iran (OMPI), nota anche come Mujahidin-e Khalq (MEK), ha eletto Zohreh Akhyani come suo nuovo Segretario Generale per un mandato di due anni. Sediqeh Hosseini, il Segretario Generale uscente ha presieduto il Congresso, che ha eletto la Akhyani tra 11 candidati. La Akhyani ha 48 anni e viene dalla città di Shahroud, a nord-est dell'Iran. Ha una figlia di 29 anni.

Il nuovo Segretario Generale ha aderito alla PMOI 32 anni fa in seguito alla rivoluzione anti-monarchica in Iran nel 1979. E’ stata eletta deputata al Comitato Esecutivo nel 1989 ed è diventata un membro a pieno titolo tre anni dopo. Nel 1993 è stata eletta come membro del Consiglio di Disciplinare dell’OMPI. La Akhyani è stata la rappresentante in Germania del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana (CNRI) dal 1997 al 1999 e Segretario Generale Esecutivo dal 2001 fino al 2011. Secondo lo statuto dell’OMPI il Segretario Generale è eletto attraverso tre scrutini. Nel primo turno, i membri del Consiglio Direttivo e nel secondo ballottaggio membri di differenti consigli d’amministrazione e dipartimenti hanno espresso il loro voto segreto. Il terzo scrutinio è lanciato in una votazione pubblica nella sessione plenaria del Congresso della PMOI. Nella prima votazione il 5 agosto, la Akhyani ha ricevuto il voto della maggioranza del Consiglio Direttivo. Gli altri candidati, secondo l'ordine del loro voto sono stati, Zohreh Gha'emi, Mojgan Zamani, Roqiyeh Abbassi, Parvaneh Shahabi, Massoumeh Malek-Mohammadi, Fa'ezeh Mohabbatkar, Mahnaz Gerami, Marzieh Hosseini, Samira Shams e Farzaneh Maydanshahi. Nel secondo turno il 30 agosto, Zohreh Akhyani ha ricevuto un voto a maggioranza assoluta del 67,5%. Nel terzo scrutinio, in cui tutti i presenti alla sessione plenaria del Congresso OMPI hanno votato per alzata di mano, l’Akhyani ottenuto la maggioranza assoluta dei voti. Il nuovo Segretario Generale ha nominato Fa'ezeh Mohabbatkar, Massoumeh Malek-Mohammadi, Zohreh Gha'emi e Forough Zarkesh come Segretari Generali Esecutivi. Gha'emi e Malek-Mohammadi hanno trascorso anni sotto tortura come prigioniere politiche. Gha'emi è stata gravemente ferita durante l’assalto mortale il 2009 luglio contro Camp Ashraf.

Il nuovo Segretario Generale ha prestato giuramento d’ufficio, mettendo la mano sul Corano, promettendo di continuare ad impegnarsi per le responsabilità e gli obblighi del suo nuovo mandato e a fare tutto il possibile per procedere ai suoi doveri. "Questa elezione è un riflesso della perseveranza, dei mezzi e della forza dei ranghi OMPI e della struttura organizzativa, che oggi incarna le aspirazioni storiche del popolo iraniano per la democrazia e la sovranità popolare", ha detto nel suo breve discorso, aggiungendo: "Ho intrapreso questa delicata responsabilità solo con l'aiuto tutti i membri dell’OMPI. " La Akhyani anche lodato i suoi predecessori, la Hosseini e Mojgan Parsaie. "Nelle difficili circostanze degli ultimi 8 anni e mezzo, hanno guidato la nostra organizzazione con sacrificio pazienza, tolleranza, onestà e massimo sacrificio e farò del mio meglio per emulare i loro valori e modus operandi", ha sottolineato la Akhyani.

Maryam Rajavi, Presidente eletta della Resistenza Iraniana, si è congratulata per l’elezione della Akhyani e ha aggiunto che queste elezioni riflettono l’insieme democratico di relazioni all'interno dell’OMPI, la sua fioritura, forza ed abilità come principale movimento d'opposizione organizzata al regime dei mullah, in particolare nel momento in cui la teocrazia dominante è inghiottita in una lotta di potere, crisi e nel terrore di essere spodestata. La signora Rajavi ha detto che quest’elezione invia al popolo iraniano il messaggio a sollevarsi e a prendere posizione contro la dittatura religiosa fino alla vittoria finale.

Segretariato del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana

11 settembre, giornata internazionale di memoria, bandiera di orgoglio del popolo americano


‎11 settembre e il ricordo dei suoi caduti sempre nei nostri cuori e nelle nostre menti altrimenti saremmo noi futuri vittime di altri 11 settembre!

domenica 4 settembre 2011

 
AID : AGENZIA IRAN DEMOCRATICO