martedì 29 settembre 2009

Iraq: Amnesty International chiede l'immediato rilascio dei 36 ostaggi iraniani



Un gruppo composto dai 36 residenti del Campo di Ashraf continuano ad essere detenuti a tutt’oggi in una stazione di polizia nella città di Al-Khalis, nella provincia di Diyala, a nord di Baghdad, dopo essere stati arrestati dalle forze di sicurezza irachene nei giorni che comprendono il 28-29 luglio 2009 . I 36 residenti si trovano tuttora in pessime condizioni di salute e continuano a portare avanti uno sciopero della fame.

Secondo le ultime notizie che ci arrivano, dopo il rinvio del tribunale della provincia di Diyala, il 16 settembre il giudice delle indagini preliminari nella città di al-Khalis ha confermato la sua precedente sentenza del 24 agosto 2009, ovvero l’ordine di scarcerazione dei 36 uomini, in quanto non gli era stata attribuita alcuna accusa che potesse meritare riposta. Una seconda accusa gli erano stati attribuiti, in quanto residenti illegalmente in Iraq, giudicata poi infondata dal giudice. Il pubblico ministero, che si era appellato durante la prima sentenza con il giudice investigativo, del quale si dice che abbia avuto obbiezioni sul loro rilascio senza alcun motivo

Tuttavia, nonostante la pronuncia del giudice e degli avvocati, la polizia locale di al-Khalis continua a rifiutare di rilasciare i detenuti continuando a non fornire alcune giustificazione o motivazione circa la loro detenzione.

Amnesty International chiede con URGENZA l’immediata liberazione dei 36 residenti del Campo di Ashraf senza condizioni. L'organizzazione invita il Primo Ministro iracheno, Nuri al-Maliki, ad intervenire personalmente ed urgere affinchè la polizia di Al-Khalis liberi i 36 uomini. Amnesty International ribadisce la sua opposizione a qualsiasi rimpatrio forzato degli iraniani, tra cui i 36 detenuti o di altri residenti del Campo di Ashraf in Iran, con la conseguenza che col rimpatrio vadano incontro a gravi violazioni dei diritti umani, tra cui la tortura e l'esecuzione.

Iran: nuova manifestazione studenti


2009-09-29 18:00

Contro il governo di Teheran
(ANSA) - TEHERAN, 29 SET - Un migliaio di studenti ha dato vita oggi ad una manifestazione anti-governativa all'Universita' scientifica Sharif di Teheran.Gli studenti hanno protestato contro una visita del nuovo ministro dell'Universita', Kamran Daneshju. Lo riferisce il sito riformista Mowjcamp.com. Daneshju e' l'ex capo del quartier generale del ministero dell'Interno per l'organizzazione delle presidenziali del 12 giugno, da cui e' uscito rieletto Mahmud Ahmadinejad, elezione contestata dagli oppositori

lunedì 28 settembre 2009

E se il regime iraniano avesse altre strutture nascoste?

Il Giornale.it
di Fiamma Nirenstein

aiuto L’Iran è determinato oltre la nostra povera immaginazione occidentale a ottenere la bomba atomica, e il suo bisogno esistenziale di potere legato all’idea di un compito egemonico irrinunciabile, ha dato una enorme, inevitabile evidenza di sé nei giorni scorsi: la scoperta della nuova struttura di arricchimento nucleare, che Obama voglia o no ammetterlo, lo ha portato almeno un cambiamento verbale di linea; la Russia, che è pesante, si è spostata; la Cina, mentre Sarkozy e Brown denunciavano le violazioni di Teheran, non ha potuto mantenere la sua orientale indifferenza.
«La nuova struttura, con l’aiuto di Dio, comincerà a funzionare molto presto»: se non avevamo capito bene, la cocciuta determinazione iraniana dopo che Obama, Sarkozy e Brown avvertivano Teheran che adesso «è l’Iran che deve dare risposte» come ha detto il presidente degli Usa, ce l’ha di nuovo spiegata ieri Muhammad Muhammadi Golpayegani il consigliere del leader spirituale dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei. Sarà un impianto, e ce lo avevano dapprima detto i Mujaidin al Qalk, un importante gruppo di opposizione e poi il regime l’aveva dovuto confermare all’Aiea, situato nella santa città di Qom, a sudest di Teheran.
Anche se i servizi occidentali ne avevano forse individuato le tracce, le cautele dell’Aiea che hanno sempre coperto di veli tutta la storia del nucleare iraniano, ancora una volta non sono state d’aiuto. Anche la prima indagine sul nucleare iraniano cominciò con la scoperta di due impianti a Natanz e a Arak, e anche allora era stato un gruppo di dissidenti fuoriusciti a mettere in allarme il mondo.
L’Iran ha inventato vari nascondigli del suo programma per 18 anni. Adesso una domanda prima di ogni altra non deve darci tregua: l’Iran può muovere avanti il programma anche più rapidamente dell’anno che i servizi di tutto il mondo e anche l’Aiea gli assegna prima della bomba? Ovvero ha altre strutture di arricchimento attive nascosto altrove? Perché questo significherebbe che si può incrementare l’arricchimento di uranio già arricchito nelle strutture palesi portandolo in segreto vicino al 90 per cento richiesto per la bomba.
Dopo la nuova scoperta e alla nuova concordia internazionale, il primo ottobre, alla trattativa che si apre con l’Occidente, l’Iran potrebbe cedere? La nostra risposta è che non sembra realistico. Quali che siano le mosse tattiche di Ahmadinejad, egli considera non un rischio morale e fisico ma un onore essere contrapposto all’intero Occidente nel perseguire un fine che considera indispensabile alle sorti del mondo, la dominazione islamica.
Il regime iraniano ha continuato sotto gli occhi del mondo a finanziare guerre terroriste come quelle di Hamas e degli Hezbollah, ad ammassare missili e a fornirne ai suoi amici, a sbandierare la distruzione di Israele e la negazione dell’Olocausto mentre il mondo gli chiedeva di smetterla; e intanto, costruiva la bomba atomica. Per questo vive l’Iran degli ayatollah, e non cederà. Tuttavia, è ormai un regime indebolito, che perseguita il suo stesso popolo in rivolta. Su questo, e anche considerando la vulnerabilità del frazionamento etnico, è possibile agire.
Inoltre, anche se l’élite considera il sacrificio un necessario complemento della gloria dell’Islam sul mondo, il regime teme la propria riduzione all’impotenza, e sa che un’area di grande vulnerabilità è la sfera economica. L’Iran guadagna soprattutto dalla vendita di petrolio grezzo e gas naturale e manca di tutti i prodotti raffinati derivanti dal petrolio, come la benzina. Inoltre manca di servizi finanziari per cui può risentire molto del blocco dell’attività finanziaria esterna. La gente desidera ormai la fine del regime, è molto difficile al momento che dopo le torture e le persecuzioni politiche del dopo elezione il «popolo farsi» di antica memoria si aggreghi tutto intorno al regime contro il nemico, come hanno spesso minacciato gli analisti.
Infine, mentre l’Iran fa continue parate e si pavoneggia moltissimo delle sue armi, di fatto un arsenale impressionante per un Paese in via di sviluppo, pure il loro ammodernamento è in gran parte legato alla benevolenza della Russia, che in questo periodo potrebbe svolgere un ruolo molto importante stabilendo, finalmente, che l’Iran è pericolosa anche per lei.
www.fiammanirenstein.com
Grazie Fiamma per le tue approfondite analisi e informazioni corrette
karimi

LANCIATI MISSILI CHE POSSONO COLPIRE ISRAELE E L'EUROPA. NUMEROSE MANIFESTAZIONE NELLE UNIVERSITA' DI TEHERAN

2009-09-28 18:52
IRAN, LANCIATI MISSILI CAPACI DI COLPIRE ISRAELE
di Alberto Zanconato

TEHERAN - Due missili con una gittata sufficiente per raggiungere Israele sono stati lanciati oggi nel corso di esercitazioni militari dall'Iran, che ha promesso allo Stato ebraico una risposta letale nel caso osasse attaccare gli impianti nucleari della Repubblica islamica. Se ciò avverrà, ha affermato il ministro della Difesa, Ahmad Vahidi, un ex Pasdaran, "il regime sionista esalerà l'ultimo respiro".

"Con i nostri missili possiamo prendere di mira ogni luogo della regione", gli ha fatto eco il comandante delle forze aeree dei Guardiani della rivoluzione, Hossein Salami, sottolineando che tra gli obiettivi a portata dei vettori di Teheran vi sono anche "regimi incapaci e nel mezzo di una crisi". Un riferimento appunto ad Israele. I due missili lanciati sono il Sejil, a due stadi e alimentato con combustibile solido, con una gittata di 2.000 chilometri, e lo Shahab-3, con combustibile liquido e una gittata fra i 1.300 e i 2.000 chilometri. Il ministro Vahidi ha inoltre inaugurato un impianto per la produzione di combustibile solido per rifornire i missili.

I Pasdaran hanno fatto sapere che i missili "hanno raggiunto tutti i loro obiettivi". Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Hassan Qashqavi, ha detto che si è trattato di "esercitazioni di routine, che non hanno nulla a che vedere" con le tensioni sul programma nucleare della Repubblica islamica. Ma nessuno può ignorare che i lanci sono stati effettuati dopo che, venerdì, é venuta alla luce l'esistenza di un secondo impianto per l'arricchimento dell'uranio in Iran. Un episodio che ha aumentato le preoccupazioni occidentali e ha fatto ribadire agli Stati Uniti e ad Israele di non escludere alcuna "opzione", compresa dunque quella di un attacco militare ai siti della Repubblica islamica. Le speranze di una svolta positiva sono ora tutte concentrate su un incontro in programma giovedì a Ginevra fra emissari iraniani e delle potenze riunite nel gruppo 5+1, cioé Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania. Tra i Paesi occidentali circola più insistente l'ipotesi di adottare dure sanzioni contro la Repubblica islamica.

Il capo della Commissione esteri del parlamento iraniano, Alaeddin Borujerdi, ha messo in guardia l'Occidente su un possibile fallimento dei negoziati, denunciando la "propaganda" contro il nuovo sito di arricchimento dell'uranio. Contro eventuali sanzioni si è schierato oggi anche l'ex candidato moderato alle presidenziali del 12 giugno, Mir Hossein Mussavi, punto di riferimento degli oppositori del presidente Mahmud Ahmadinejad che denunciano brogli in quella consultazione. "Nuove sanzioni aggraveranno la sofferenza di una nazione che soffre già per le azioni dei suoi uomini di governo", ha affermato Mussavi in un comunicato. Proprio oggi alcune centinaia di studenti hanno dato vita ad una manifestazione di protesta nell'Università di Teheran scandendo slogan contro Ahmadinejad ed esibendo palloncini e nastrini verdi, il colore di Mussavi. La manifestazione, hanno riferito diverse agenzie iraniane, è stata promossa contro la presenza all'ateneo per l'inaugurazione dell'anno accademico di Kamran Daneshju, nuovo ministro dell'Università ed ex capo del quartier generale del ministero dell'Interno per l'organizzazione delle presidenziali.

DUE BREVI FILMATI SULLE MANIFESTAZIONI DEGLI STUDENTI DELL'UNIVERSITA' DI TEHERAN DOVE I MANFESTANTI LANCIAVANO SLOGAN " MORTE AL DITTATORE"

UN'ALTRA PROVA DEL FALLIMENTO DELLA POLITICA DEL DIALOGO-MONOLOGO TRA OCCIDENTE E IL REGIME DEI MULLAH

La recente rivolta pos- elettorale ha portato alla conoscenza dell'opinione pubblica internazionale un fatto estremamente di vitale importanza con due aspetti fondamentali: il primo è stato la dimostrazione dell'illegittimita del governo di Ahmadineja e di conseguenza del regime dei mullah basato sul sistema del Velayate Faghih e il secondo che si è tradotto nella ferrea volonta dell'intera popolazione nel cambio totale del sistema vigente e la sua totale sostituzione con una istituzione democratica, libera, laica, pluralista e anni luce lontano e diviso da qualsiasi religione. Naturalmente la gente ha dei motivi assai giustificati per dire una volta per sempre "non alla religione nello stato" e dire si ad un Iran in cui donne e uomini hanno pari diritti e doveri, nè una virgola in più e nè una virgola in meno. Premesso ciò vorrei dire L'Iran soffrendo una gravissima situazzione interna, in aggiunta alla peggior crisi internazionale in materia di non i sacrosanti "DIRITTI UMANI", ma della sua "BOMBA ATOMICA", è stato costretto, nonostante la sbiadita politca di pressione internazionale, a dimostrare nuovamente i denti e i muscoli. Dal momento che per esperienza, il regime dei mullah sa che più dimostra i muscoli e più fomenta il terrorismo contro i soldati stranieri in Afghansitan e in Iraq più viene premiato con le "mani tese" e " PACCHI INCENTIVI" anche questa volta ha iniziato a correre per primo onde prima possibile al traguardo atomico. Ma dal momento che oltre alla sporca politica di accondiscendnza con il regime, esiste, per fortuna, anche il popolo iraniano e i "MOJAHEDIN DEL POPOLO", il regime dei mullah si è inciampato nella letame più assoluta con cui aveva costruito una barriera protettiva attorno al suo progetto atomico islamico.
La resistenza iraniana anche questa volta incastrato il regime dei mullah con un colpo fulminea portando alla conoscenza del mondo la diabolica progettazione dei detonatori esplosivi necessari allo scoppio della bomba atomica. In più la resistenza ha smascherato i dati e i numeri di un importante sito in cui segretamente il regime dei mullah portava avanti il completamento della bomba atomica islamica.
La rivelazione dei nuovi documenti e siti segreti da parte dei Mojahedin del Popolo di cui ha parlato anche On. Fiamma Nirenstein nel suo prezioso articolo pubblicato su Il Giornale di ieri, è stato un colpo duro anche alla politica del "YES WE CAN"! che crede di poter dialogare con un mostro che di fronte agli occhi sbalorditi di milioni e milioni di gente, e in pieno giorno, si è scagliato violentemente contro il grande simbolo del capitalismo americano registrando per sempre la data del 11 settembre come uno dei tristi giorni che diventano eterni per la crudeltà che li distingue.
Allora la domanda essenziale e fondamentale che nasce da questo quadro politico è scontato. Che cosa bisogna fare? E che cosa non bisogna fare? Con chi bisogna dialogare? Quali interlocutori bisogna scegliere? E chi è il vero portagonista di questa scacchiera? Per rispondere a queste domande bisogna aprire gli occhi e rispondere a questo altro quesito. Nel caso della vittoria del fondamentalismo islamico dei mulla chi è il vero perdente del gioco? La risposta è scontatissima. In primiss il popolo iraniano e poi l'intera popolazione mondiale. Allora una volta indovinata la risposta si può facilmente rispondere alle altre domande. Per esempio esiste la possibilita di dialogare con un regime che da una parte spara ferocemente sulla sua popolazione "in pacifica protesta per reclamare il rispetto del loro voto espresso a favore di uno o due candidati di questo regime"? Esiste la possibilita di mettersi al tavolo di negoziato con chi spara sui tuoi soldati in Afghanista e in Iraq e in altre parti del mondo? Esiste la possibilita di convivere con un regime che stanzia miliardi e miliardi di dollari per finanziare il terrorismo islamico internazionale riducendo la sua stessa popolazione alla fame e alla prostituzione?
Queste sono domande essenziali che ogni donna e uomo libero e democratico del occidente deve rispondere prima di fare qualsiasi passo nei confronti del regime iraniano. Per esempio è possibile parlare con un regime che poche settimane e pochi giorni prima delle importantissime riunioni internazionali,che mirano a facilitargli anche la sua esistenza maligna e cancerosa, lancia dei missili di media a lungo raggio minacciando dalla stessa tribuna dell'ONU l'eliminazione di questo e di quel paese?
Io sottolineo che ci vuole poco per capire con che mostro abbiamo a che fare. L'esperienza di trentanni ci ha dimostrato che più dimostraiamo debbolezze più siamo esposti alle bombe e al terrorismo iraniano. E di più spingiamo anche il mondo intero verso una catastrofica guerra che inevitabilmente verrà scatenato prima o dopo a causa della maledetta bomba atomica islamica anche perchè in questo mondo prima o poi si troverà qualcuno che deciderà di reagire a questa grave e pericolosa minaccia. Quel giorno sarà un cattivo inizio per il popolo iraniano e per tutti gli altri popoli della regione.
Tornando alla rivolta recente devo sottolineare che al riguardo la gente ha in diverse occasioni gridato a gran voce che il nostro "fondamnetale diritto" è quello che si traduce in liberta e in democrazia e non in "bomba atomica"! Se oggi la resistenza iraniana denuncia, al prezzo del sacrificio della vita dei suoi componenti, la diabolica bomba atomica islamica bisogna cercare la ragione nella convinzione assoluta del popolo iraniano che rifiuta fortemente l'idela della bomba atomica e rifiuta qualsiasi tentativo in tal direzione. La resistenza iraniana è convinta che l'ideologia del fondamentalismo islamica è mille volte peggiore della bomba atomica e denunciandolo parallelamente dà un grande contributo al mondo intero e dimostra una grande e indimenticabile maturità e responsabilità politica nei confronti del mondo stesso. Anche perchè il tifone del fondamentalismo islamico di matrice khomeinista non conosce nè limiti e nè confini e nè regolamenti internazionali. E' convinta di rappresentare il padr eterno e riconosce in se stesso il dovere e la responsabilità di portare sulle spalle degli innocenti!!! il peso dell'ambizione fondamentalista e pericolosa per la ricostruzione dell'impero islamico regionale. Naturalmente il popolo iraniano sa di questo pericolo e sa anche il fatto che se vuole commissionare all'occidente la responsabilità di fermare il mostro atomico prima o poi finirà sotto la schiacciante peso di una violentissima e sanguinosa guerra mondiale, per cui intelligentemente è scesa in piazza e a gran voce ha gridato "Morte al dittatore, morte a Khamenei e Ahmadineja" e alla fine, di fronte agli slogan lanciati dal regime dei mullah che incitavano la gente a lanciare lo slogaan "morte all'America, all'Israele e ai Mojahedin del Popolo", ha risposto al prezzo del sangue dei suoi numerosi NEDA " MORTE ALLA RUSSIA", " Morte a khamenei e morte al dittatore". Uno slogan che deve far riflettere sia la Russia che l'America. Naturalmente qui devo ribadire ancora una volta, a nome del mio popolo, che nonostante delle maligne voci diffus abilmente dai servizi di intelligence iraniani con il contributo ben pagato dei giornalisti compiacenti iraniani ed stranieri a favore del regime , devo insistere e ripetere che nel caso dello scoppio di una qualsiasi guerra tra il regime dei mullah e la comunità internazionale, il grande popolo iraniano alzera la bandiera gloriosa della sua bellissma NEDA che è diventata anche il suo legittimo simbolo della resistenza e scenderà in piazza con tutte le sue forze di cui è in possesso e spazzerà nella pattumiera della storia dell'umanità il peggior regime che l'umanità stessa abbia mai visto sulla terra! Qualche giorno fa ho sentito che una giornalista italiana diceva alla radio che "non si può paragonare Ahmadinejad ad Hitler anche perchè lui non ha ancora ucciso milioni di persone"!!! Da noi si dice l'unica risposta degna degli ignoranti è il silenzio! Rispetto e condivido questa saggezza persiana anche perchè nelle mie vene corre lo stesso sangue di chi saggiamente ha scritto questi indimenticabili termini che in ogni momento ed epoca della storia dell'umanità rispecchiano delle reali situazioni che richiedono una certa attenzione e meditazione.
Concludo e ribadisco che ancora siamo in tempo per evitare una vera catastrofe umana e per riconoscere ad un popolo il suo legittimo diritto di sedersi al centro del tavolo del negoziato. Anche perchè il vero protagonista di domani è il popolo iraniano e non i paesi stranieri. Allora la vera risposta va cercata in questo quadro e non nel regime dei mullah. La chiave del successo e del superamento di questa enorma crisi ed emergenza umana non è nè nelle mani della politica di " Yes We Can" e nè nelle mani delle "bombe intelligenti" ma è gloriosamente custodita nelle mani della nosta amatissima presidente MARYAM RAJAVI che ha prontamente esposto al giudizio del mondo intero la sua vera alternativa chiamata "la Terza Via"!
La politica di "Yes We Can" può trascurare questa realtà ma dal momento che il regime dei mullah non è un fenomeno compattibile coi valori attuali umani allora prima o poi costringerà anche il signor "Yes We Can" ad alzare le mani è dire "Yes We Can't". Quel giorno, per l'umanità intera, sarà un altro doloroso 11 settembre con delle dimensioni abnormi che segnerà tutto il globo. Ma ancora una volta toccherà al popolo iraniano di ripiegare le maniche e di impegnarsi da solo e sacrificando milioni di Neda, per pagare il prezzo degli errori della politica di accondiscendenza dell'occidente e per riportare il paese in una direzione giusta ed equa.
Karimi Davood, analista politico iraniano

E se il regime iraniano avesse altre strutture nascoste?

Vi propongo un ottimo articolo firmato dalla mia carissima e adoratissima amica Fiamma Nirenstein, già onorevole e vice presidente della Commissione Esteri della Camera.

27 September 2009
di Fiamma Nirenstein

il Giornale, 27 settembre - L’Iran è determinato oltre la nostra povera immaginazione occidentale a ottenere la bomba atomica, e il suo bisogno esistenziale di potere legato all’idea di un compito egemonico irrinunciabile, ha dato una enorme, inevitabile evidenza di sé nei giorni scorsi: la scoperta della nuova struttura di arricchimento nucleare, che Obama voglia o no ammetterlo, lo ha portato almeno un cambiamento verbale di linea; la Russia, che è pesante, si è spostata; la Cina, mentre Sarkozy e Brown denunciavano le violazioni di Teheran, non ha potuto mantenere la sua orientale indifferenza.
«La nuova struttura, con l’aiuto di Dio, comincerà a funzionare molto presto»:

se non avevamo capito bene, la cocciuta determinazione iraniana dopo che Obama, Sarkozy e Brown avvertivano Teheran che adesso «è l’Iran che deve dare risposte» come ha detto il presidente degli Usa, ce l’ha di nuovo spiegata ieri Muhammad Muhammadi Golpayegani il consigliere del leader spirituale dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei.

Sarà un impianto, e ce lo avevano dapprima detto i Mujaidin al Qalk, un importante gruppo di opposizione e poi il regime l’aveva dovuto confermare all’Aiea, situato nella santa città di Qom, a sudest di Teheran.
Anche se i servizi occidentali ne avevano forse individuato le tracce, le cautele dell’Aiea che hanno sempre coperto di veli tutta la storia del nucleare iraniano, ancora una volta non sono state d’aiuto. Anche la prima indagine sul nucleare iraniano cominciò con la scoperta di due impianti a Natanz e a Arak, e anche allora era stato un gruppo di dissidenti fuoriusciti a mettere in allarme il mondo.


L’Iran ha inventato vari nascondigli del suo programma per 18 anni. Adesso una domanda prima di ogni altra non deve darci tregua: l’Iran può muovere avanti il programma anche più rapidamente dell’anno che i servizi di tutto il mondo e anche l’Aiea gli assegna prima della bomba? Ovvero ha altre strutture di arricchimento attive nascosto altrove? Perché questo significherebbe che si può incrementare l’arricchimento di uranio già arricchito nelle strutture palesi portandolo in segreto vicino al 90 per cento richiesto per la bomba.
Dopo la nuova scoperta e alla nuova concordia internazionale, il primo ottobre, alla trattativa che si apre con l’Occidente, l’Iran potrebbe cedere? La nostra risposta è che non sembra realistico. Quali che siano le mosse tattiche di Ahmadinejad, egli considera non un rischio morale e fisico ma un onore essere contrapposto all’intero Occidente nel perseguire un fine che considera indispensabile alle sorti del mondo, la dominazione islamica.

Il regime iraniano ha continuato sotto gli occhi del mondo a finanziare guerre terroriste come quelle di Hamas e degli Hezbollah, ad ammassare missili e a fornirne ai suoi amici, a sbandierare la distruzione di Israele e la negazione dell’Olocausto mentre il mondo gli chiedeva di smetterla; e intanto, costruiva la bomba atomica. Per questo vive l’Iran degli ayatollah, e non cederà. Tuttavia, è ormai un regime indebolito, che perseguita il suo stesso popolo in rivolta. Su questo, e anche considerando la vulnerabilità del frazionamento etnico, è possibile agire.

Inoltre, anche se l’élite considera il sacrificio un necessario complemento della gloria dell’Islam sul mondo, il regime teme la propria riduzione all’impotenza, e sa che un’area di grande vulnerabilità è la sfera economica. L’Iran guadagna soprattutto dalla vendita di petrolio grezzo e gas naturale e manca di tutti i prodotti raffinati derivanti dal petrolio, come la benzina. Inoltre manca di servizi finanziari per cui può risentire molto del blocco dell’attività finanziaria esterna. La gente desidera ormai la fine del regime, è molto difficile al momento che dopo le torture e le persecuzioni politiche del dopo elezione il «popolo farsi» di antica memoria si aggreghi tutto intorno al regime contro il nemico, come hanno spesso minacciato gli analisti.

Fiamma Nirenstein, vice presidente della Commissione degli Affari Esteri della Camera dei deputati

sabato 26 settembre 2009

Iran, Ban Ki-Moon "preoccupato" Nucleare,"onere prova spetta a Teheran"

26/9/2009


Sul nucleare iraniano "grave preoccupazione" è stata espressa dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon. Dopo l'annuncio dell'esistenza in Iran di un secondo impianto in costruzione per l'arricchimento dell'uranio, nei pressi di Qom, Ban ha reagito sottolineando "come sia a carico dell'Iran l'onere della prova, vale a dire la responsabilità di dimostrare che l'iniziativa sia effettivamente destinata a meri scopi civili".

IRAN: FRATTINI, IL NUOVO IMPIANTO GETTA UN'OMBRA SUL NEGOZIATO

(AGI) - New York, 25 set. - La scoperta di un nuovo impianto iraniano per l'arricchimento dell'uranio "getta un'ombra sul negoziato che si sta per aprire in Turchia": il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha espresso la "preoccupazione" dell'Italia per il nuovo sito, la cui esistenza e' stata confermata dall'Aiea. "Chiediamo un'ispezione immediata dell'Aiea in questo sito perche' la risposta data dall'Iran non persuade", ha affermato il titolare della Farnesina incontrando i giornalisti a margine dell'Assemblea generale dell'Onu.
Teheran ha assicurato che la centrale rispettera' i dettami dell'agenzia Onu per l'energia atomica, ma il capo della Farnesina ha sottolineato che "questa dichiarazione arriva dopo la scoperta fortuita ad opera dell'intelligence e non con una notifica all'Aiea da parte di Teheran". "Il negoziato inizia con questa ombra che l'Iran dovra' dissipare", ha aggiunto il ministro. "Una finestra di opportunita' e' importante", ha spiegato il titolare della Farnesina, "ma da qui alla fine dell'anno dovremo tirare le somme". Nel frattempo Frattini ha approfittato di una colazione di ieri a New York con numerosi colleghi di altri Paesi per proporre l'allargamento del gruppo negoziale con Teheran. "Solana negoziera' a nome del 5+1" ha spiegato, "e lo fara' sulla base degli elementi forniti da un certo numero di Paesi che risentiranno degli effetti positivi o negativi del fallimento o del successo dei colloqui". Del nuovo gruppo fanno parte l'Italia e i Paesi del Golfo Persico ma, secondo il capo della Farnesina, bisognera' pensare di coinvolgere anche l'India perche' "non si puo' pensare di imporre sanzioni sui derivati petroliferi all'Iran se non si coinvolge il principale esportatore che e' proprio New Delhi".

Giovane genio hi tech iraniano si vota a causa anti-Ahmadinejad

sabato 26 settembre 2009 16:54


NEW YORK (Reuters) - Ali Jahanshahi, giovane genietto dell'hi tech- britannico-iraniano, ha smesso di vendere computer per arrivare a New York dedicandosi ad un ambizioso progetto: contribuire a far cadere il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad.

Più che a protestare per la presenza nei giorni scorsi di Ahmadinejad all'assemblea generale dell'Onu, Jahanshahi ha detto di essere arrivato per scambiarsi conoscenze con altri giovani iraniani che stanno usando Internet per un"hack-attivismo" per mandare messaggi, video e informazioni ai simpatizzanti dell'opposizione in Iran.

"Il governo dell'Iran tenta di creare ostacoli ai contestatori per impedire loro di organizzarsi online, ma noi stiamo usando strumenti per superarli", ha detto Jahanshahi, 20 anni, nel corso di una manifestazione di protesta all'esterno della sede Onu.

"Noi pubblichiamo video, messaggi tweet e realizziamo siti per aiutare gli iraniani a organizzarsi".

Da quando le proteste antigovernative sono scoppiate dopo le contestate elezioni iraniane del 12 giugno, il governo ha rallentato la velocità delle connessioni Internet, chiudendo siti web ed arrestando membri dell'opposizione che tentano di organizzarsi online.

© Thomson Reuters 2009 Tutti i diritti assegna a Reuters.

mercoledì 23 settembre 2009

UN BREVE FILMATO SUL PASSDAR TERRORISTA AHMADINJEAD DURANTE L'INTERVENTO ALL'ASSEMBLEA GENERALE DELL'ONU


Numerosi paesi tra cui Italia hanno abbandonato la sala durante l'intervento terroristico di Ahmadinejad

UN INTERESSANTE ARTICOLO DI MICHAEL LEDEEN

Fonte: Newsletter Fondazione De Fonseca
La lenta agonia
della Repubblica Islamica


22 settembre 2009

Come affermava Machiavelli, la peggiore cosa che un leader potrebbe fare è guadagnarsi il disprezzo dei suoi seguaci, ed è ormai evidente che la popolazione iraniana non nutre alcun rispetto verso i suoi governanti. Il regime ha messo in scena una brutale repressione all’indomani delle elezioni del 12 giugno scorso: per un centinaio di giorni i suoi scagnozzi hanno massacrato, stuprato, torturato, minacciato.

Il mattino del 18 settembre scorso il leader delle Guardie della Rivoluzione è apparso in televisione dichiarando che “chiunque avesse osato indossare abiti verdi o anche solo portare con sé simboli di protesta o ancora intonare canti contro la Repubblica Islamica sarebbe stato punito duramente”. Ma le sue parole sono cadute nel vuoto e durante le proteste nelle strade si poteva udire un canto che suonava così: “lo stupro, l’omicidio e la tortura non ci metteranno a tacere”.

Quando un regime tirannico muore, lo si nota dai piccoli sintomi che compaiono qua e là. Venerdì scorso nel pomeriggio, dopo che milioni di persone dell’Onda verde – come hanno scritto le Monde, L’Express e la BBC – si erano riversate nelle strade in più di trenta città del paese per chiedere la fine del regime dittatoriale, c’è stata un partita di calcio allo stadio Azadi a Teheran. Quasi tutti i 100.000 tifosi indossavano abiti verdi e tenevano in mano palloncini verdi. Quando la tv di stato si è accorta di quello che stava accadendo, ha preferito trasmettere la partita in bianco e nero. E quando i tifosi hanno iniziato a tuonare “morte al dittatore, morte alla Russia, morte a Putin, a Chavez e a Nasrallah, nemici dell’Iran” l’audio è stato spento. Così la partita si è trasformata in un film muto.

Ma la censura si è scordata della radio, e i microfoni sono rimasti accesi, così milioni di ascoltatori hanno continuato ad ascoltare la musica della rivoluzione. E nello stadio Azadi gli ufficiali della sicurezza o si sono allontanati oppure si sono uniti alla festa.

Certamente non avrete sentito di questa storia, né avrete letto qualchecosa a riguardo nei nostri “media”, che ignorano gli avvenimenti dei giorni scorsi. Proprio come il regime iraniano, che influenzava enormemente il pensiero dei cittadini, le principali emittenti e gli scribacchini qui si sono coperti di ridicolo. Domenica mattina il leader supremo ha proclamato che le manifestazioni erano state un “vero successo per il regime”, ma chiunque osservi le fotografie non può che pensare che abbia bisogno di un po’ di riposo in più. […]

Inoltre Khamenei è riuscito ad attirarsi il disprezzo di alcuni fra i più importanti leader del mondo sciita. Domenica infatti terminava il Ramadan, e doveva essere un giorno di festa e preghiera – uno dei giorni più felici dell’anno. Secondo la tradizione il leader supremo ha il compito di proclamare la fine del Ramadan in nome di tutti i musulmani. Ma quindici ayatollah – fra cui Sistani (di Najaf, in Iraq) Montazeri, Taheri e Sanei gli hanno impedito di leggere il proclama affermando che la festa non sarebbe potuta iniziare prima di lunedì. Fino a poco tempo fa nessuno avrebbe potuto farla franca con un affronto simile, e questo indica che sono in molti a credere che Khamenei non goda più di legittimità. Come se non bastasse, in tutto il paese molte moschee sono state chiuse ed ai fedeli è stato detto di tornare a casa e tornare ! ;il giorno dopo.

[…] Queste piccole storie non fanno che confermare che la Repubblica Islamica è in lenta agonia e che presto o tardi si spegnerà. Khamenei, Ahmadinejad e tutto il resto della banda sono morti che camminano. Non conosciamo ancora la data del funerale, ma gli Iraniani sanno che ormai tutto è pronto. Attualmente in Iran coloro che contano stanno cercando di stringere patti con Mousavi o Karoubi, sussurrando di essere sempre stati “verdi” in fondo al cuore.
Khamenei è al corrente di tutto questo, e sa di essere stato tradito da alcuni dei suoi fedelissimi. L’esodo è iniziato, ed entro la fine della prossima settimana inizieremo a vedere le prime dimissioni di coloro che non vogliono identificarsi ulteriormente con il regime.

Lo scordo venerdì non è stato sparato un colpo contro i manifestanti di Teheran. Si possono guardare su Youtube i filmati della polizia che fraternizza con i “Verdi”, […] anche i Basiji non hanno osato attaccare o arrestare, salvo poche eccezioni. Nessuno ha tentato di arrestare Mousavi o Karroubi, solo Khatami ha rischiato di essere pugnalato in strada, ma l’attentatore è stato bloccato in tempo.

Recentemente Karroubi è stato invitato a presentarsi in un tribunale rivoluzionario per rispondere a false accuse di omicidio e di stupro all’interno delle prigioni. Lui ha dichiarato di esserne “felice”, così potrà portare le prove di quello che è veramente accaduto negli scorsi anni – prove conservate scrupolosamente dai “Verdi” in Europa e negli Stati Uniti.

Ma il regime può ancora far male agli Iraniani e a noi Occidentali. La settimana scorsa Khamenei ha invitato a Teheran Gulbuddin Hekhmatyar, uno dei capi dei terroristi afgani, per spingerlo a compiere più attentati contro gli Stati Uniti e contro le Forze della Coalizione in Afghanistan. Anche altri gruppi terroristici finanziati dall’Iran hanno ricevuto direttive simili.

In una situazione simile uno si aspetta che il proprio governo inizi a dialogare con i “Verdi”. Ma non è così. Forse Hillary Clinton era in buona fede quando all’indomani delle elezioni farsa dichiarò che “dietro le quinte” il governo americano stava aiutando l’opposizione iraniana - ma si sbagliava. Non esistono contatti fra il governo americano e l’opposizione iraniana. Di sicuro nessuno si sarebbe potuto aspettare che Obama avrebbe preferito dialogare docilmente con i macellai iraniani e che avrebbe chiesto a Khamenei alcuni minuti del suo tempo prezioso. E lo stesso vale per l’Europa, dove tutti i paesi hanno deciso di non prendere contatti con l’opposizione per paura di dover rinunciare al petrolio e ad altri contratti economici multimilionari.

E così, come affermava giustamente Martin Luther King Jr.: “Alla fine non ci ricorderemo delle parole dei nostri nemici, ma del silenzio dei nostri amici”.


Di Michael Ledeen, 21 settembre 2009. Per visualizzare l’originale cliccare qui

Tradotto da Davide Meinero

grande preparazione degli oppositori iraniani a New York per protestare contro il passdar terrorista Ahmadinejad

Purtroppo in occasione dell'Assemblea Generale dell'ONU, e nonostante una forte opposizione internazionale, il passdar terrorista Ahmadinejad il responsabile diretto insieme all'ayattolterrore Ali Khamenei del massacro dei giovani iraniani parteciperà ai lavori dell'Assemblea. Gli oppositori iraniani presenti sul terrotorio hanno organizzato una serie di manifestazioni di protesta per tutto il periodo della sua permanenza sul territorio americano.
Associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia condannando fermamente la presenza del passdar Ahmadinejad chiede alla magistratura statunitense di arrestarlo e consegnarlo ad un tribunale internazionale per processarlo per i crimini commessi contro l'umanità. E' stato un grave errore da parte dell'ONU di autorizzare il suo ingresso in America e di permettergli di partecipare ai lavori dell'Assemblea Generale. Tutto ciò legittima i massacri commessi dal regime di Ahmadinejad e lo incoraggia a proseguire la via della repressione, della violenza,e del terrorismo internazionale.
Secondo un rapporto diffuso di recente da parte del comandante americano delle operazzioni in Afghanistan è il regime iraniano il responsabile diretto e numero uno del vile attentato contro i 6 militari italiani uccisi pochi giorni fa in Afghanistan.
Karimi davood

martedì 22 settembre 2009

ASSOCIAZIONE RIFUGIATI POLITICI IRANIANI CONDANNA FERMAMENTE LA PRESENZA DEL RESPONSABILE DEL MASSACRO DEI GIOVANI IRANIANI IN AMERICA

Ancora una volta la politica di accondiscendenza euroamericana ha permesso al responsabile esecutivo di un regime fondamentalista e terroristico di partecipare ai lavoro dell'assemblea Generale dell'ONU che si terrà a New York.
Secondo noi la partecipazione di Ahmadinejad legittima la violenza e la repressione usata recentemente e ferocemente contro il popolo iraniano. Autorizare l'ingrersso al presidente illegittimo di un regime altrettanto illegittimo è un segno di debbolezza e di sottomissione e incoraggerà solamente le aspirazione espansionistiche e terroristiche dei mullah. La vile aggressione dei sicari iraniani contro i soldati italiani è il puro risultato di tale politica che noi condanniamo fortemente e a gran voce dichiariamo al mondo che questa politica di accondiscendenza produrrà in un prossimo futuro una catastrofica guerra che metterà a ferro e fuoco l'intero mondo.
Karimi Davood, presidente dell'associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia

IRAN DIETRO IL MASSACRO DEI SOLDATI ITALIANI

Alcuni giorni fà subito dopo il massacro dei 6 soldati italiani in Afghanistan avevo indicato nel regime terrorista dei mullah come unico responsabile di questo vile attacco terroristico.
Ecco la conferma di quello che avevo scritto nelle parole dell'agenzia antiterrorismo americano:

Abruzzo liberale
Gli Usa accusano: in Afghanistan c’è l’Iran dietro gli attentati talebani
22 SETTEMBRE 2009
L’agenzia antiterrorismo Usa ha raccolto nuovi elementi a conferma del fatto che membri delle Guardie della Rivoluzione iraniane stiano addestrando i talebani in Afghanistan. Dall'Iran arrivano, inoltre, molte armi con cui i talebani stanno combattendo le forze armate occidentali e ovviamente anche gli esplosivi sempre più usati contro la coalizione internazionale.
L’accusa nei confronti del regime teocratico di Ahmadinejad e Kamanei è stata pronunciata dal comandante delle operazioni Nato, Stanley McChristal, il quale però ha escluso un ruolo diretto dei Pasdaran nei combattimenti e nelle azioni terroristiche.

Per queste ragioni, comunque, l’Iran appare indirettamente responsabile della morte dei 6 nostri parà della Folgore uccisi vigliaccamente con un’autobomba.

Ecco l'articolo del 17 settembre:
giovedì 17 settembre 2009
UCCISI IN AFGHANISTAN 6 MILITARI ITALIANI. PROFONDO DOLORE DELLA COMUNITA' IRANIANA RESIDENTE IN ITALIA

Ancora una volta il regime barbaro e terrorista iraniano ha trascinato la comunità europea e in particolare quella italiana nel dolore e nel lutto.
Dopo le farse e truccate elezioni del 12 giugno scorso in Iran e la relativa e successiva rivolta popolare contro la designazione di Ahmadinejad per la seconda volta da parte dell'Ayatolterrore Ali Khamenei, e l'avvicinarsi della riunione tra i 5+1 e il regime dei mullah, Ahmadinejad e Ali Khamenei hanno ritenuto giusto e doveroso portare a termine una roccambolesca e violenta azione terroristica contro le forze militari stranieri in Afghanistan. Purtroppo la ruota della sfortuna è rimasta ferma sui soldati italiani e di conseguenza l'intero popolo italiano è immerso in un dolore profondo per la perdita dei suoi 6 militari giovanissimi. Anche la comunità dissidente iraniana è rimasta profondamente addolorata per questa perdita ed esprime la sua vicinanza e solidarieta con le mamme, i figli e le mogli di questi coraggiosi militari caduti per il mantenimento della pace in Afghanistan.
Colgo occasione per ribadire ancora una volta che l'altra faccia dell'attacco militare contro il campo di Ashraf e la mattanza delle donne e degli uomini della resistenza iraniana da parte delle forze irachene, gestite e comandate direttamente dall'Ayattolterrore Ali Khamenei è esattamente questo vile attentato contro i militari italiani della Folgore. Sottolineo che il DNA di questo atto terroristico è idem a quello dell'attacco al campo di Ashraf. L'ideologia che ha fatto brillare il detonatore è quella del fondamentalismo islamico di matrice khomeinista.
In questo momento di dolore e di commozione ribadisco la mia volontà di partecipare da parte dell'associazione rifugiati politici iraniani alle cerimonie funebri che si terranno nei prossimi giorni per testimoniare la nostra solidarietà e partecipazione al dolore dei familiari delle vittime di stamattina.
Devo insistere che al terrorismo islamico iraniano bisogna dare una severa e seria risposta. Avere sempre la mano tesa porta inevitabilmente al sacrificio delle innocenti vite umane. Secondo me tutto questo spargimento di sangue è il frutto della politica di accondiscendenza euroamericana nei confronti del regime dei mullah. Fin dal 79 la repubblica islamica ha adottato la politica di violenza e di terrorismo come il motore principale della sua politica estera e fino ad oggi l'ha usato indiscriminatamente contro tutti i paesi amici e nemici e l'ha sfruttato anche come mezzo di ricatto per prendere in ostaggio l'intero mondo. Basti guardare al suo coinvolgimento e alla sua forte interferenza in Iraq per rendersi conto che per risalire agli autori ed esecutori e mandati di questo disumano atto di sangue non bisogna essere per forza esperti in azioni militari oppure analisti, usciti dalle migliori accademie militari europei. Basta un pò di coraggio e un pò di volontà di risalire ai responsabili e tener conto fondamentalmente alla difficile situazione in cui si trova il regime di Ahmadinejad e dell'ayattolterrore Ali Khamenei e si vede che il puzzle del terrorismo iraniano si appare velocemente e chiaramente. Teheran ha fortemente bisogno del dirottamento delle attenzioni internazionali dalla sua situazione interna e dalla sua bomba atomica e tener occupato i paesi interessati alla questione atomica e di conseguenza terrorizzandoli e ricattandoli onde la loro ammissione forzata per un Iran atomica. Teheran con l'uso degli atti terroristici cerca di obbligare gli euroamericani ad abbandonare le loro attenzioni dalla bomba atomica islamica e di occuparsi di ben altro che fare sceriffi in medioriente.
In questa maniera secondo me sempre ci avviciniamo di più ad una catastrofica guerra non convenzionata: da una parte il mondo euroamericana e dall'altra una marea di uomini sguinzaliati in tutto il mondo per portare il messaggio della morte tra le varie popolazioni.
Secondo me non è ancora tardi. Per prendere autostrada bisogna pagare il pedaggio. Il "PEDAGGIO" di questa autostrada è pari al riconoscimento dei diritti del popolo iraniano per un cambio democratico dell'intero quadro politico attuale. E poi la chiusura totale della maligna pagina del "dialogo" che ha solamente favorito e incoraggiato il terrorismo iraniano trascinando l'intero mondo nel sangue e nel dolore.

Karimi Davood, analista politico iraniano

lunedì 21 settembre 2009

Solidarietà dell'Associazione rifugiati politici iraniani con la signora Daniela Santanchè

A nome dell'Associazione rifugiati politici condanno fermamente quanto accaduta domenica scorso a Milano contro l'ex parlamentare italiano la signora Daniela Santanchè. Questo episodio ha gli stessi DNA di chi ha ucciso con le coltellate la ragazza di Pordenone di nome Sanaa. Il fondamentalismo islamico è diventato ormai un pericolo pubblico anche per gli stessi italiani e ciò crea in futuro dei seri pericoli sia per la società che per gli stessi giovani donne e uomini che in assenza di una giusta politica di prevenzione e di vaccinazione sono esposti al pericolo del fondamnetalismo. Un fenomeno che colpisce come il virus ma con una sola differenza che va a distruggere esclusivamente la parte grigia del cervello rendendo la vittima vulnerabile a tutti i rischi e pericoli esistenti. La colpa è anche della politica che lascia il campo libero a coloro che cercano di islamizzare l'Italia e tutta l'Europa.
Ancora i nostri auguri per una pronta guarigione alla signora Santanchè.


karimi Davood, presidente dell'Associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia

sabato 19 settembre 2009

CONDANNIAMO FERMAMENTE LE DICHIARAZIONI ANTI SEMITE E ANTI ISRAELIANI DI AHMADINEJAD


Un breve filmato sulla manifestazione della giornata di Ghods in cui i manifestanti calpestano la foto del leader iraniano Ayatolterrore Ali Khamenei

Ancora una volta durante la manfestazione di ieri il passdar terrorista Ahmadinejad ha ripetuto le vergognose e nefaste dichiarazioni antisemite dettategli dall'Ayatolterrore e capo supremo del regime dei mullah Ali Khamenei. Purtroppo pochi paesi hanno condannato queste disumane dichiarazioni. Solo i paesi europei e America. Per il resto il silenzio totale. Noi dell'Associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia condanniamo fermamente sia Ahmadinejad come un illegittimo presidente di un altrettanto illegittimo regime insieme alle sue odiose dichiarazioni antisemite e chiediamo al mondo intero di non restare indifferenti di fronte a questi atteggiamenti. Ieri è toccato a noi, il mondo è rimato fermo e indifferente, oggi è toccato all'Israele e al popolo ebraico e il mondo resta ancora indifferente domani toccherà al resto del mondo e purtroppo non ci sarà più la possibilità di rispondere e di reagire. La repubblica islamica del male e il suo terrorismo sono in forte espansione in tutto il mondo e se oggi non ci muoviamo a sradicare questo albero del male, domani tutto il mondo si risveglierà con idem-alberlli spuntati in cortile di casa. A quel punto suicidarsi sarebbe la via più idonea e meno dolorosa.
Devo anche ribadire la le continue dichiarazioni nefaste e odiose di Ahmadinejad insieme alla sua riconferma da parte dell'Ayatolterrore Ali Khamenei sono interamente il maligno frutto della politica di accondiscendenza euroamericana.
karimi davood, presidente dell'associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia

venerdì 18 settembre 2009

UN INTERESSANTE FILMATO SULL'AELIMINAZIONE DI UN CARTELLO PUBBLICITARIO DI HEZBOLLAH

IRAN: OLTRE A TEHERAN DISORDINI ANCHE IN ALTRE CITTA'


(AGI) - Teheran, 18 set. - Non soltanto Teheran, anche altre citta' dell'Iran sono state oggi teatro di scontri di piazza tra polizia e manifestanti, che avevano aderito agli appelli dell'opposizione per tornare a protestare contro la rielezione di Mahmoud Ahmadinejad ai danni del riformista Mir Hossein Moussavi nelle discusse elezioni del 12 giugno scorso. Secondo quanto denunciato da testimoni oculari, disordini sono scoppiati per esempio a Tabriz, nel nord del Paese, e a Isfahan, nel sud. In entrambi i casi la repressione e' stata affidata, piu' che alle forze di sicurezza regolari, ai miliziani della formazione ultra-islamica 'Baiji', che hanno malmenato i dimostranti effettuando anche numerosi arresti.
Nella capitale numerosi pestaggi sono stati compiuti da sostenitori dell'ala dura del regime: al momento, pero', risultano ufficialmente appena due feriti, mentre sarebbero solo una decina le persone arrestate. Oggi in Iran si celebrava la Giornata di 'Quds', cioe' Gerusalemme, in cui ogni anno sono organizzati cortei a sostegno della causa palestinese; era anche l'ultimo venerdi' di Ramadan, il mese consacrato dai fedeli musulmani al digiuno e alla preghiera.

INIZIATA LA GRANDE MANIFESTAZIONE DI GHODS". PER LA PRIMA VOLTA LA "GHODS" DIVENTA UN CAPPIO AL COLLO DELL'AYATOLTERRORE ALI KHAMENEI

MILIONI DI PERSONE IN TUTTE LE CITTA' IRANIANE IN PARTICOLARE A TEHERAN A

LANCIARE SLOGAN "MORTE AL DITTATORE", "MORTE ALLA RUSSIA"


SCONTRI TRA LE FORZE DI SICUREZZA E I MANIFESTANTI

ARRESTATI MIGLIAIA DI DONNE E UOMINI IN TUTTE LE CITTA'

NUMEROSI FERITI

AGGREDITO ANCHE EX PRESIDENTE KHATAMI


ANCORA UNA VOLTA IL MONDO HA POTUTO TESTIMONIARE IL GRANDE DISSENSO POPOLARE VERSO
LA REPUBBLICA ISLAMICA DEI MULLAH



In questo breve filmato si vede la mamma del martire Sohrab Arabi ucciso sotto le feroci torture


In questo filmato si vede bruciare le motociclette dei Basiji date alle fiamme da parte dei manifestanti




Il secondo servizio trasmesso dalla CNN

Il primo servizio trasmesso dalla CNN






Un breve filmato sulle manifestazioni di oggi a Teheran
PER LA PRIMA VOLTA LE DEMAGOGICHE MANIFESTAZIONI DI "GHODS" SONO DIVENTATE UN CAPPIO AL COLLO DEL REGIME DEI MULLAH

E' iniziata già la grande manifestazione della giornata di Ghods che il regime disumano, demagogico, "palesticido e israelicido" dei mhllah organizza tutti gli anni in occasione della fine del mese di Ramazan. In tutte le città iraniane i manifestanti non rispondono agli slogan lanciati dagli alti parlanti ufficiali ma lanciano i propri slogan quali:" NE GAZA, NE LIBANO MA LA MIA VITA PER L'IRAN", " MORTE ALLA RUSSIA"!
ci sono stati anche tanti scontri tra le forze Basiji e i manifestanti
non ho cifre esatte sul numero dei feriti e delle persone arrestate.
Il regime di Ahmadinejad viveva nel terrore di questa giornata e da tempo si parlava anche di cancellarla ma alla fine hanno considerato un eventuale annullamente della manifestazione dimostrerebbe un forte segnale di debolezza del regime e cosi il Consiglio di sicurezza nazionale aveva deciso di procedere alla sua organizzazione coinvolgendo e raccomandando l'uso massiccio delle forze Basiji e della Sepah Passdaran. Le forze politiche vicine a Moussavi e Karoubi avevano già dichiarato e proclamato una forte mobilitazione popolare per partecipare a questa manifestazione ma non per opporsi all'Israele e a dichiarare il loro sostegno ai palestinesi ma per opporsi al regime del colpo di stato di Ahmadinejad e per dimostrare ancora una volta che la gente non si è rintanata e che è sempre in agguato per scendere in piazza in ogni occasione giusta.
concludo con lo slogan: Ne Gaza, Ne Libano ma la mia vita per l'Iran"
karimi Davood

giovedì 17 settembre 2009

UCCISI IN AFGHANISTAN 6 MILITARI ITALIANI. PROFONDO DOLORE DELLA COMUNITA' IRANIANA RESIDENTE IN ITALIA



nella foto: attacco terroristico del regime iraniano contro i militari italiani in Afghanistan

nella foto: attacco delle forze armate irachene al campo di Ashraf dove morirono sotto i colpi dei militari iracheni 11 persone e ferite 500 donne e uomini della resistenza iraniana

Ancora una volta il regime barbaro e terrorista iraniano ha trascinato la comunità europea e in particolare quella italiana nel dolore e nel lutto.
Dopo le farse e truccate elezioni del 12 giugno scorso in Iran e la relativa e successiva rivolta popolare contro la designazione di Ahmadinejad per la seconda volta da parte dell'Ayatolterrore Ali Khamenei, e l'avvicinarsi della riunione tra i 5+1 e il regime dei mullah, Ahmadinejad e Ali Khamenei hanno ritenuto giusto e doveroso portare a termine una roccambolesca e violenta azione terroristica contro le forze militari stranieri in Afghanistan. Purtroppo la ruota della sfortuna è rimasta ferma sui soldati italiani e di conseguenza l'intero popolo italiano è immerso in un dolore profondo per la perdita dei suoi 6 militari giovanissimi. Anche la comunità dissidente iraniana è rimasta profondamente addolorata per questa perdita ed esprime la sua vicinanza e solidarieta con le mamme, i figli e le mogli di questi coraggiosi militari caduti per il mantenimento della pace in Afghanistan.
Colgo occasione per ribadire ancora una volta che l'altra faccia dell'attacco militare contro il campo di Ashraf e la mattanza delle donne e degli uomini della resistenza iraniana da parte delle forze irachene, gestite e comandate direttamente dall'Ayattolterrore Ali Khamenei è esattamente questo vile attentato contro i militari italiani della Folgore. Sottolineo che il DNA di questo atto terroristico è idem a quello dell'attacco al campo di Ashraf. L'ideologia che ha fatto brillare il detonatore è quella del fondamentalismo islamico di matrice khomeinista.
In questo momento di dolore e di commozione ribadisco la mia volontà di partecipare da parte dell'associazione rifugiati politici iraniani alle cerimonie funebri che si terranno nei prossimi giorni per testimoniare la nostra solidarietà e partecipazione al dolore dei familiari delle vittime di stamattina.
Devo insistere che al terrorismo islamico iraniano bisogna dare una severa e seria risposta. Avere sempre la mano tesa porta inevitabilmente al sacrificio delle innocenti vite umane. Secondo me tutto questo spargimento di sangue è il frutto della politica di accondiscendenza euroamericana nei confronti del regime dei mullah. Fin dal 79 la repubblica islamica ha adottato la politica di violenza e di terrorismo come il motore principale della sua politica estera e fino ad oggi l'ha usato indiscriminatamente contro tutti i paesi amici e nemici e l'ha sfruttato anche come mezzo di ricatto per prendere in ostaggio l'intero mondo. Basti guardare al suo coinvolgimento e alla sua forte interferenza in Iraq per rendersi conto che per risalire agli autori ed esecutori e mandati di questo disumano atto di sangue non bisogna essere per forza esperti in azioni militari oppure analisti, usciti dalle migliori accademie militari europei. Basta un pò di coraggio e un pò di volontà di risalire ai responsabili e tener conto fondamentalmente alla difficile situazione in cui si trova il regime di Ahmadinejad e dell'ayattolterrore Ali Khamenei e si vede che il puzzle del terrorismo iraniano si appare velocemente e chiaramente. Teheran ha fortemente bisogno del dirottamento delle attenzioni internazionali dalla sua situazione interna e dalla sua bomba atomica e tener occupato i paesi interessati alla questione atomica e di conseguenza terrorizzandoli e ricattandoli onde la loro ammissione forzata per un Iran atomica. Teheran con l'uso degli atti terroristici cerca di obbligare gli euroamericani ad abbandonare le loro attenzioni dalla bomba atomica islamica e di occuparsi di ben altro che fare sceriffi in medioriente.
In questa maniera secondo me sempre ci avviciniamo di più ad una catastrofica guerra non convenzionata: da una parte il mondo euroamericana e dall'altra una marea di uomini sguinzaliati in tutto il mondo per portare il messaggio della morte tra le varie popolazioni.
Secondo me non è ancora tardi. Per prendere autostrada bisogna pagare il pedaggio. Il "PEDAGGIO" di questa autostrada è pari al riconoscimento dei diritti del popolo iraniano per un cambio democratico dell'intero quadro politico attuale. E poi la chiusura totale della maligna pagina del "dialogo" che ha solamente favorito e incoraggiato il terrorismo iraniano trascinando l'intero mondo nel sangue e nel dolore.

Karimi Davood, analista politico iraniano

UNA DOPPIA CONDOGLIANZA AL POPOLO E AL GOVERNO ITALIANO


lA PRIMA VA VERSO LE FAMIGLIE E IL CORPO DI APPARTENENZA DEI 6 CADUTI DI STAMATTINA
E LA SECONDA VA OLTRE ALLA MAMMA, ALLE SORELLE, AL FIDANZATO DI SANAA, ANCHE AL POPOLO E AL GOVERNO ITALIANO
UNA DOPPIA TRAGEDIA


L'Associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia esprime le sue profonde condoglianze per la doppia tragedia che ha colpito il popolo italiano e le sue forze armate. La prima riguarda la vile uccisione di 6 soldati italiani da parte delle forze del fondamentalismo islamico di matrice khomeinista e la seconda non meno importante sempre riguarda il popolo e il governo italiano: la feroce uccisione di Sanaa da parte del padre. Tutte queste vittime sono state colpite dal fondamentalismo islamico di matrice khomeinista che va condannato e combattuto sia istituzionalmente che culturalmente. Il fondamentalismo islamico non riconosce ne limiti ne confini e agisce su tutti i terreni e la sua pecularietà specifica è l'uso indiscriminato della violenza in dimensioni barbariche. La violenza e spargimento del sangue degli innocenti è il vettore su cui è salito fin dal 79 il regime di Khomeini onde costituire il regno dell'Islam fondamentalista.
Noi dissidenti iraniani, vittime del terrorismo e del fondamentalismo khomeinista ci sentiamo vicini col cuore alle famiglie dei caduti dei militari e siamo solidali con il popolo e il governo italiano nella lotta al terrorismo e al fondamentalismo islamico che è la base fondamentale di tutta questa violenza. Il regime iraniano, secondo le informazioni in mio possesso sta intensificando le sue azioni terroristiche extrateritoriale onde spostare le attenzioni internazionali dalla forte crisi interna in cui ci si è trovato dopo le farse elezioni e la successiva rivolta popolare.
Karimi Davood, presidente dell'Associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia

mercoledì 16 settembre 2009

NEL MONOLOGO CON IL REGIME DEI MULLAH LA FORMULA PIU' IDONEA E' IL 5+2 E NON 5+1



Questo articolo l'ho scritto quasi un anno fa ma dal momento che ultimamente si parla molto della nuova apertura del dialogo-monologo tra il 5+1 e il regime dei mullah ho deciso di ripristinarlo e aggiornarlo e pubblicarlo.
Forse dal titolo che ho scelto qualcuno potrebbe dedurre che si tratta di una formula oppure un’equazione.
Confermo il primo. Non sempre le guerre o le trattative hanno prodotto i risultati sperati in particolar modo se si tratta della guerra al terrorismo e al fondamentalismo di matrice iraniano. Secondo me è il peggior pericolo che il mondo civile d’oggi abbia di fronte a se. Finora si è espresso e si è materializzato come un virus letale che continuamente fa sudare i ricercatori che cercano di sconfiggerlo. Si muta continuamente. A volte si dimostra anche vulnerabile alle cure e alle contromisure. Ma all'improvviso si alza e come nei film d’orrore manda in tilt anche i più duri uomini e donne con i nervi da acciaio.

Ormai il regime dei mullah non si nasconde e gioca le sue carte all'aperto. Dove esistono condizioni favorevoli si dimostra disponibile alle cure e alle terapie e dove esige, come nel caso iracheno, si dimostra estremamente violento e aggressivo e gioca a carte scoperte. Non a caso i mullah iraniani dicono che il destino del loro regime si gioca in Iraq. Non è né un’esagerazione, né una falsa. E' pura verita.

Questo virus è più violento dove il sistema immunologico è debole ed esausto. Ma questo non esclude che non si manifesti dove la vigilanza è alta. Basti guardare in medio-oriente e fino alla lontana America latina. Si allea, grazie alle sue amicizie pseudo anti-imperialiste, anche con i governi che non hanno minime condivisioni ideologiche . Ma un altro fattore decisivo che lo aiuta in questo cammino è la politica d’accondiscendenza occidentale che gli permette di navigare tranquilamente in qualsiasi acqua sia fredda che calda. Anzi non disdegna nemmeno quella bollente.

Pare che vi si trovi a suo agio. Sì, il fondamentalismo iraniano vive meglio e cresce abbastanza bene dove c'è disordine e guerra. Lavora tranquilamente su tanti fronti. In Iran reprime continuamente la sua popolazione in varie forme e misure e all'estero contribuisce alla proliferazione del terrorismo e dell'integralismo. Sta diventando un gigante che non risponde più alle cure classiche. Con la sua demagogia manda perfino in tilt i più autorevoli sistemi di sicurezza. Si camuffa continuamente nelle pecore minacciate dai lupi. Allo stesso tempo minaccia sistematicamente chi si azzarda ad attaccare la " santa repubblica islamica iraniana".

Allora, cosa bisogna fare per sconfiggere questo mostro? Pazientare e aspettare che le cose cambino da soli? O sferrare una guerra al fine di spazzare la più grande minaccia che il mondo contemporaneo corre? Oppure permettere al regime dei mullah di arrivare alla bomba atomica sperando che in questa maniera si dia una calmata, pur sapendo che il suo fanatismo è mille volte più pericoloso della sua bomba atomica? Oppure cambiare il registro. Cambiare la formula. Non più 5+1 ma 5+2( America, Russia, Cina, Inghilterra, Francia+ Germania+ la resistenza iraniana).

Finché la politica di accondiscendenza euroamericana esclude volontariamente il popolo iraniano e la sua rappresentanza politica dalle trattative non si può sperare in nessuno sviluppo politico . Per affrontare questa vipera o vai alla sua caccia col suo antidoto o rischi la vita e finisci nella bocca del mostro. Questo è un dato di fatto. Ad ogni vipera il suo antidoto, altrimenti rischiamo di accellerare la morte della persona morsa dal mostro. Non è una propaganda. Finché non si riconosce la leggittimità della resistenza iraniana e la volontà del popolo iraniano per cambiare democraticamente la sorte politica della nazione, non si deve sperare assolutamente nemmeno una virgola di progresso nelle trattative. La fermezza + il riconoscimento della resistenza iraniana e il suo coinvolgimento nelle future trattative è uguale al 5+2. In ogni caso, grazie alla nuova rivolta popolare e grazie ai numerosi caduti tra cui il simbolo della resistenza iraniana Neda, il mondo intero ha potuto testimoniare che questo mostro mangera volentieri i suoi figli ma non partorirà mai e mai il colombo. Un regime basato sulla repressione, sul terrorismo e sulla bomba atomica non potrà mai permettere che vacilli una delle sue colonne. Nel caso che venisse a mancare una delle sue colonne in pochi giorni crollerà l'intero regime dei mullah. Ecco perchè noi iraniani insistiamo nel fatto che la politica del dialogo(leggilo monologo), con il regime dei mullah non produrrà mai e mai il risultato predestinato ma solamente e solamente aiuterà il regime ad acquistare nuovi tempi assai preziosi per il completamento della sua bomba atomica.
Secondo me la politica del dialogo con un regime illegittimo e impopolare è un oltraggio al popolo iraniano, ai suoi caduti e ai suoi numerosi Neda di ieri, di oggi e di domani.
karimi davood, presidente dell'associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia

ADESIONE DELL'ASSOCIAZIONE RIFUGIATI POLITICI IRANIANI ALLA LETTERA DEI 36 OSTAGGI IRANIANI INDIRIZZATA ALLA SUA SANTITA' IL PAPA BENEDETTO XVI


Nella foto Il Papa Benedetto XVI
L'Associazione dei rifugiati politici iraniani residenti in Italia, nell'esprimere la propria solidarietà con i 36 ragazzi del campo di Ashraf catturati illegalmente dalle forze irachene e tenuti in carcere nonostante il parere contrario della magistratura della città di Khalis e tuttora in sciopero della fame, di cui alcuni gravemente feriti durante l'attacco armato del 28 luglio, desidera comunicare il suo pieno appoggio alla lettera scritta dai 36 membri del Campo di Ashraf e indirizzata al Santo Padre Benedetto XVI in cui hanno chiesto un Suo intervento immediato per salvare la vita di numerosi cittadini iraniani che da più di 40 giorni sono in sciopero della fame in tutto il mondo. I 36 uomini del Campo nella loro lettera rivolta al Santo Padre hanno riportato le parole di Gesù Cristo che ha voluto dare un messaggio importante alle "persone oppresse che a presto verranno liberate dagli oppressori".
A nome dell'Associazione rifugiati politici aderisco alla lettera di aiuto di questi 36 uomini, rivolto alla più alta carica del cattolicesimo mondiale ovvero il Santo Padre, di intervenire quanto prima per salvare la vita delle donne e degli uomini che hanno scelto la strada Gandiana e più idonea per far arrivare la loro voce al mondo e testimoniare la loro innocenza dinnanzi a coloro che hanno la storica responsabilita di agire ed intervenire.
Karimi Davood, presidente dell'Associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia
Roma 16 settembre 2009

INTERESSANTE INTERVISTA DI FAUSTA SPERANZA CON PADRE WILLIAM SULLE PERSONE IN SCIOPERO DELLA FAME


Dall’aiuto umanitario a un’esperienza di umana condivisione: accade in una parrocchia e in un centro Centro Gesuiti di Londra tra cattolici e musulmani


Uno sciopero della fame che va da Roma a Parigi, da Londra a Toronto. E’ la scelta di tanti iraniani che vivono nel mondo per esprimere solidarietà a un gruppo di loro che vive in una particolare situazione in Iraq. Il servizio di Fausta Speranza


Si tratta di 35.000 dissidenti al regime di Teheran, da 30 anni nel campo iracheno per rifugiati di Ashraf. Sotto gli anni di Saddam Hussein hanno vissuto indisturbati anche se tra loro c’erano diversi appartenenti al gruppo dei Mujaheddin del popolo che in passato è stato coinvolto in episodi di terrorismo. Per questo il gruppo è ancora sulla lista nera degli Stati Uniti mentre l’Unione Europea ha riconosciuto a gennaio scorso che hanno assolutamente messo al bando scelte di violenza. Uomini, donne e bambini di Ashraf durante la guerra scoppiata nel 2003 hanno goduto della Convenzione IV di Ginevra, come persone non coinvolte nel conflitto, e hanno accettato il disarmo totale ma dal ritiro delle forze internazionali, non hanno pace. Il campo è stato isolato con pesanti conseguenze sul piano umanitario, verificate anche da una delegazione di parlamentari europei nella scorsa primavera. Nel mese di agosto ci sono stati degli attacchi e 36 persone sono state portate via dalle forze dell’ordine irachene. E’ per sapere qualcosa di queste persone e delle altre isolate nel campo di Ashraf, che parenti e amici iraniani nelle principali città del mondo stanno facendo lo sciopero della fame, con dimostrazioni davanti alle Ambasciate. A Londra il gruppo che ormai su sedie a rotelle chiede l’attenzione internazionale davanti all’Ambasciata statunitense ha trovato conforto dal punto di vista umano dai parrocchiani della vicina Chiesa dell’Immacolata Concezione e dal vicino Mount Street Jesuit Centre. Abbiamo raggiunto telefonicamente padre William Pearshall, responsabile del Centro.

R. – The Church is concerned...
La Chiesa è preoccupata per coloro che fanno lo sciopero della fame. Ce ne sono 10 nel gruppo di questa zona di Londra. Uno dei leader ha chiesto: “Possiamo pregare nella vostra chiesa?” ed io ho risposto di sì. E così ha fatto la Chiesa inglese. Quindi, sia la Chiesa anglicana che quella cattolica, nonché l’ambasciata, hanno accolto il gruppo per pregare in inglese ed in farsi. Sono musulmani, ma abbiamo pregato insieme, e loro sono stati molto contenti di trovarsi in una chiesa cristiana. Non ci occupiamo di politica, ma siccome questa è una questione umanitaria, siamo coinvolti. L’oggetto della protesta è quello di ottenere l’impegno, l’assicurazione, da parte del governo americano, quello britannico e quello iracheno che gli uomini che sono stati presi prigionieri dalla polizia irachena verranno rilasciati e che non saranno trattati male. Quindi, la protesta serve a richiamare l’attenzione sulla violazione delle garanzie per la protezione del campo dei rifugiati. Sanno che non possono fare molta differenza per quanto riguarda la politica, ma si appellano all’umanità del governo, perché onori questo stato di rifugiati del campo, garantito dalle Nazioni Unite ed anche attuato, credo, dagli Stati Uniti presenti in Iraq. Sei anni fa non c’erano armi nel campo e c’erano 3000 persone: uomini, donne e bambini. La situazione necessita attenzione da parte del mondo.

D. – Lei non ha incontrato persone che si sono state a Camp Ashraf?

R. – No, these are relatives and friends...
No, questi sono parenti e amici delle persone che si trovano nel campo. Uno di loro è stato già portato all’ospedale. Quindi, per la Chiesa è importante essere presente per quelle persone che stanno soffrendo. A livello emotivo sono molto fragili. Una cosa molto bella è stata vedere che erano molto felici di trovarsi in una Chiesa cattolica. Hanno l’appoggio di molti cristiani e, soprattutto, un membro della nostra comunità, della nostra parrocchia, è con loro ogni giorno. Ma non abbiamo un gruppo di supporto ufficiale.

D. – Padre William, cosa significa questa esperienza per lei, per i suoi parrocchiani e per le altre persone appartenenti alla chiesa?

R. – We had a good group…
Avevamo un bel gruppo di cattolici che stavano nella chiesa quando la protesta è scoppiata, e sono rimasti molto commossi nel vederli entrare con le sedie a rotelle e nel capire che queste persone stavano facendo sacrifici molto seri per la loro salute per protestare. Non sanno quale sarà il risultato, ma l’impatto è stato meraviglioso, perché noi semplicemente abbiamo pregato insieme per la pace nel mondo, per la giustizia, per la sicurezza dei nostri amati. Preghiere dal cuore, preghiere che attraversano le divisioni tra cristiani e musulmani. Queste persone hanno detto che onorano Gesù e che amano Maria ed è stato un bene per la nostra gente ascoltarlo.

D. – Padre William, qualche volta parliamo del pericolo dello scontro di civiltà e questa è un’esperienza completamente diversa: musulmani e cattolici che pregano insieme in una chiesa cattolica...

R. – Yes, indeed. If only this could happen…
Sì, certamente. Se solo questo potesse succedere ancora, allora forse ci sarebbe speranza. Ma anche nella storia dei dissidenti iraniani si possono trovare ombre: all’origine del campo di Ashraf ci sono i mujaheddin del popolo, un’organizzazione che a volte lottando per la libertà in passato ha usato la violenza. Ma quando vediamo donne e gente anziana, gente fragile e vulnerabile, che non è combattente, che non è per la guerra, questa è la gente che rappresenta la famiglia, quella stabilità di cui ognuno ha bisogno nella propria comunità.

martedì 15 settembre 2009

lettera aperta dell'ex assessore della provincia di Siena Dott: Pietro Del Zanna a Maryam Rajavi

Lettera aperta a Maryam Rajavi, Presidente eletto dal Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana.



Egregia Presidente,

le scrivo questa lettera, con estrema umiltà e determinazione, spinto dalla preoccupazione per la sorte di tutti quei militanti che in questo momento stanno mettendo a repentaglio la propria vita utilizzando lo strumento dello sciopero della fame. Le scrivo con l'intima speranza che lei possa fare qualcosa che risulterebbe non solo determinante per la vita e la morte di tanti uomini e donne (e già questo varrebbe, a mio modesto giudizio, un suo intervento), ma anche e soprattutto perché un simile gesto potrebbe aprire un varco per un cambiamento epocale nella ormai lunga storia dei Mojahedin del popolo iraniani, restituendo dignità e centralità alla vita del singolo militante.

Seguo ed appoggio, nel limite delle mie forze, la Resistenza Iraniana, da più di tre anni. Abbiamo avuto modo di incontrarci, due volte ad Auvers-sur-Oise ed una volta a Roma. Da assessore dell'Amministrazione Provinciale di Siena ho sostenuto l'associazione Iride nella pubblicazione del volume “Integralismo islamico e questione femminile”, riportando integralmente il suo discorso dell'otto marzo 2004. Ho letteralmente combattuto in vostra difesa da attacchi che provenivano nei vostri confronti tanto da destra -sono nella lista nera delle associazioni terroristiche degli Stati Uniti- che da sinistra -sono al soldo dei servizi segreti degli Stati Uniti- e soprattutto con una diffusissima ignoranza dovuta ad un silenzio imbarazzante da parte di tutti i mass media. Ho incontrato muri insormontabili tanto nel mondo intellettuale quanto tra i militanti di base. Rimango convinto della vostra piena ragione che un giorno la Storia vi riconoscerà (un po' come da noi è successo per i partigiani di Giustizia e Libertà). Nel rispetto delle differenze culturali e storiche, mi sono sempre permesso di proporre al vostro movimento l'approfondimento del pensiero e della lotta nonviolenta.

Già molto è stato fatto dal 2002 ad oggi, spostando tutta l'azione sul piano politico- giudiziario ed abbandonando definitivamente la lotta armata. Importanti successi sono stati raggiunti ed ho gioito con voi quando il Consiglio Europeo, nel Gennaio scorso, vi ha definitivamente tolto dalla lista delle associazioni terroristiche.

Sicuramente rivoluzionario, per un movimento islamico come il vostro, è stato passare la leadership alle donne.

Ma, adesso, occorrono scelte altrettanto coraggiose.

Viviamo nel paradosso di vedere traballare il Regime come non era mai successo negli ultimi anni e, contemporaneamente, assistere inermi ad un'ulteriore mandata di martiri della principale organizzazione di opposizione al regime stesso nel silenzio più assordante.

Da oltre un mese militanti del PMOI sono in sciopero della fame tanto ad Ashraf che in molte capitali del mondo. Cominciamo ad assistere ai primi collassi (non ho il bollettino aggiornato). So che la determinazione dei militanti non esiterà ad accompagnarli alla morte in virtù della nobiltà della causa: La libertà dell'Iran.

In questi anni mi sono sempre fermato davanti al rispetto delle differenze storiche e culturali ogni volta che avvisavo un estremo disagio per le scelte di abnegazione dei singoli militanti anteponendo la causa ai legami familiari (fino a separarsi dai figli). Sicuramente vi sono state situazioni contingenti che non sono in grado assolutamente di valutare, tanto meno di giudicare, che hanno portato a tali decisioni. Ma oggi la situazione è cambiata. Fin da quando si è cominciato a parlare di un possibile passaggio del controllo della base di Ashraf al governo irakeno (puntualmente avvenuta) e del prevedibile assedio per conto dei Mullah iraniani, ho provato a proporre, nei miei ultimi incontri con rappresentanti della Resistenza, la trasformazione della base in una sorta di avamposto per i Diritti Umani di tutta l'area persiana coinvolgendo il maggior numero possibile di Organizzazioni Internazionali per i Diritti Umani.

Sarebbe bello che il lavoro portato avanti in questi anni in modo instancabile ed in condizioni avverse dal PMOI diventasse patrimonio comune dell'umanità e che i singoli militanti venissero restituiti ad una libertà personale ed affettiva capace di contaminare il mondo fuori dalle mura della base. Immaginiamo i tremilacinquecento militanti di Ashraf, diffondersi nelle principali capitali a raccontare la loro esperienza, sempre in contatto con Ashraf adesso abitata da volontari che provengono da tutto il mondo sotto l'egida dell'ONU. Mi rendo conto della complessità e della difficoltà attuativa della mia proposta, ma sono sempre più convinto che varrebbe la pena lavorarci, e che sarebbe sempre meglio che assistere inermi ad una nuova “Srebrenica” in miniatura. Ma intanto sarebbe urgente una sua parola forte per interrompere gli scioperi della fame. Abbiamo bisogno di testimonianze vive non di nuovi martiri da aggiungere ai 120.000 che già oggi, purtroppo, in pochissimi ricordano.

Consapevole della velleitarietà del mio tentativo spero di non aver offeso la sua sensibilità e mi auguro di poterla rivedere presto, magari a Teheran a festeggiare la fine della dittatura religiosa e le prime elezioni libere e democratiche.

Cordialmente
Pietro Del Zanna



Carissimo Pietro
carissimo amico
per me è stato un immenso piacere conoscerti e ammirarti per la tua determinazione nelle tue scelte contro correnti e nei tuoi sforzi a favore della resistenza iraniana in particolar modo sono a conoscenza delle difficoltà e degli ostacoli che ti trovavi lungo il tuo glorioso cammino che portava alla tesi secondo cui" per non finire in una guerra come quella irachena bisogna dare la voce alla popolazione iraniana e sostenerla, caso mai se è necessario, politicamente". Esattamente quello che tu sostieni e sostenevi sono compattibili con la terza via proposta dalla presidente Maryam Rajavi a cui hai mandato una onorevole e giusta lettera aperta. Il che significa che tuttora, nonostante fosse terminato il tuo mandato istituzionale, ancora e ancora il tuo cuore batte per Ashraf e per la sorte delle donne e degli uomini che ci abitano e molti dei quali sono in sciopero della fame. Anche io sono come te e penso come te e quando vedo i miei amici spegnersi lentamente il mio cuore si riempie di dolore. Ma una cosa mi rincuora e mi dà la forza di credere nella giustezza della iniziativa intrapresa da loro. Che il movimento di Gandismo e' vivo, grazie alla resistenza iraniana e alla presidente Maryam Rajavi, ed è vegeta. Io nella figura di tutti i ragazzi e le ragazze vedo gli occhiali rotondi di Gandi e nelle loro gesta vedo umiltà con cui si distingueva da altri politici. Purtroppo la politica di accondiscendenza i ha chiuso in faccia tutte le strade immaginabili e ha assistito impassibile di fronte alla " mattanza delle donne e degli uomini che chiedono la libertà e la democrazia per il proprio popolo. Dico mattanza perchè quelle immagini riportano nella mente l'azione dei pescatori quando devono stordire i pesci tonni e tirarli su e portarli via. Come i soldati iracheni hanno fatto con i 36 ragazzi di Ashraf. Li hanno portati via quando i colpi dei bastoni li aveva resi incapace di reagire e di scappare caso mai se si poteva scappare!
Allora caro amico mio, Pietro!
La storia si sta ripetendo nuovamente e si sa quando si trattata di storia bisogna essere disposti a pagarne il prezzo altrimenti la stessa storia domani ti domanda e ti processa per quello che dovevi fare e invece non sei stato capace di fare.
La stroia del partito Tudeh è emblematico. Non cè nessuna differenza tra i ragazzi che sono morti sotto i colpi di bastoni e asce e le pallottole e i ragazzi che sicuramente domani ci lascerano il compito terrestre di seguirli gli ideali e gli obiettivi. L'azione dei ragazzi e delle ragazze di Ashraf è l'iniziativa più idonea e più politica che ci si possa immaginare. E' un azione di sensibilizzazione dell'opinione pubblica di matrice "denuncia" su una questione di assai importanza e fondamentale sia per la regione che per il mondo intero. Il problema si è vero che è il regime dei mullah e le sue interferenze terroristiche in Iraq ma si tratta anche di un'altra questione che riguarda l'America di Obama. Colui che è arrivato con un messaggio universale che "Yes We Can" che ha suscitato un enorme sparanza per l'intero mondo ma caro Pietro fino ad oggi lo slogan Yes We Can è stato uno slogan di soccorso al regime dei mullah e al fondamentalismo islamico e non ha assolutamente dimostrato con quali mezzi "Yes We Can" deve agire per dimostrare che siamo capaci a cambiare le cose. La politica di Yes we can ha dato un calcio indignitoso contro tutte le convenzioni internazionali in materia delle "persone protette dalla Quarta Convenzione di Ginevra" e in particolare contro gli stessi impegni presi dai predecessori del presidente Obama. Si sa che tutti i ragazzi e le ragazze di Ashraf hanno firmato singolarmente degli accordi con le forze armate americane in materia della loro sicurezza in cambio del loro disarmo.
Inizialmente il presidente americano ha lanciato delle belle parole in sostegno al popolo iraniano ma allo stesso tempo ha dato via ad un fiume di messaggi e di lettere tra "Yes We Can" e Ayattolterrore Ali Khamenei!!!!
Lettere che a mio modesto avviso dimostrano un forte segno di debolezza, di incompetenza e di mancanza di idee chiare. O il "Yes We Can" vola nei cieli oppure è privo di vista e non vede e non sente i sintomi di un imminenete tragedia umana che non solo riguarda il campo di Ashraf bensi tocca l'intero mondo arabo e non.
Allora cosa dobbiamo fare. Alzare le mani e prendere le valige e dire buona notte oppure seguire la lezione di Gandi e insistere nel dire che "se Ashraf resiste al fondamentalismo anche il mondo resisterà". Purtroppo dal momento che il governo iracheno non è espressione del popolo iracheno ed è fortemente influenzata dal regime dei mullah con numerosi uomini appartenenti alla "Sepah Ghods" e i fatti lo dimostrano, allora è leggittimo che i ragazzi e le ragazze di Ashraf scelgano loro il mezzo più idoneo alla loro natura e alla loro politica. Sono sicuro che il mondo non rimarrà a lungo impassibile e il sacrificio dei migliori figli del popolo iraniano ne darà una forte testimonianza. Da parte dei ragazzi di Ashraf mi permetto di ringraziarti per la tua disponibilità, sensibilita e preoccupazioni che nascono dal profondo del tuo cuore.

Ti assicuro che ho pensato molto per scriverti, non come una risposta, anche perchè non mi permetterò mai a fare una cosa del genere, ma come una lettera di ringraziamento.
Tuo fratello eterno Davood karimi

ANCORA IL TERRORISMO IRANIANO PRONTO A COLPIRE

SVENTATO UN ATTACCO TERRORISTICO IRANIANO CONTRO LA FAMOSA TORRE DI DUBAI
IL REGIME DEI MULLAH NON ESISTEREBBE SENZA IL TERRORISMO, LA REPRESSIONE E LA BOMBA ATOMICA
ALLA TESTA DI TUTTO CIò ESISTE IL MALIGNO FENOMENO DEL FONDAMENTALISMO ISLAMICO KHOMEINISTA CHE HA BISOGNO DELLO SPARGIMENTO DEL SANGUE PER ANNAFIARE IL SUO ALBERO DEL REGNO ISLAMICO REGIONALE!
QUESTO FENOMENO E' UM MILIARDO DI VOLTE PIU' PERICOLOSO DELLA SUA BOMBA ATOMICA, DEL SUO TERRORISMO E DELLA REPRESSIONE INTERNA
KARIMI DAVOOD



I sospetti principali si addensano sui Guardiani della rivoluzione dell'Iran
Arrestate otto persone, sequestrate armi ed esplosivo
Dubai, sventato attacco contro la Torre
Volevano far esplodere il grattacielo

Dubai, sventato attacco contro la Torre Volevano far esplodere il grattacielo
TEL AVIV - Volevano abbattere la Torre di Dubai. Ma servizi segreti degli Emirati arabi uniti sono riusciti a sventare, due mesi fa, l'attentato. Secondo il quotidiano israeliano Maariv i sospetti principali si addensano sui Guardiani della rivoluzione dell'Iran. Anche se non si esclude che dietro il mancato attacco ci siano la mano di Al Qaeda o dei gruppi estremisti wahabiti dell'Arabia Saudita.

La vicenda è iniziata a metà luglio quando i servizi segreti dell'Eau hanno scoperto un traffico di armi e di esplosivi condotto utilizzando piccoli aerei provenienti dall'Iran. Nel principato di Ras al-Hima sono state arrestate otto persone: tre sono cittadini dell'Eau, mentre gli altri sono palestinesi e siriani.

Il loro obiettivo, secondo Maariv, era di far esplodere a Dubai il grattacielo da 160 piani prima della sua inaugurazione prevista per la fine del 2009. I servizi segreti locali hanno rintracciato esplosivo, corpetti per kamikaze e un gran numero di fucili automatici.

A quel punto, però, è calato il silenzio. Anche per non esacerbare le già tese relazioni con l'Iran. Fino ad oggi, quando le rivelazioni del quotidiano israeliano hanno squarciato il velo del riserbo.

lunedì 14 settembre 2009

AMNESTY INTERNATIONAL E' PREOCCUPATA PER LA SITUAZIONE DEL CAMPO DI ASHRAF IN CUI VIVONO 3400 DONNE E UOMINI DI CUI NUMEROSI IN SCIOPERO DELLA FAME


Iraq, preoccupazione per la situazione dei residenti di Camp Ashraf
Saturday, 12 September 2009
(11 settembre 2009)
Amnesty International ha espresso al primo ministro iracheno Nuri al-Maliki la propria profonda preoccupazione per la situazione dei residenti di Camp Ashraf (provincia di Diyala). L'insediamento, abitato da circa 3400 esuli iraniani dalla metà degli anni '80, è stato assalito dalle forze di sicurezza irachene tra il 28 e il 29 luglio. Nell'irruzione, sono state uccise almeno nove persone e altre sono rimaste ferite.
Trentasei persone arrestate in quella circostanza rimangono ancora in stato di detenzione, senza accusa né processo. Amnesty International chiede che siano prontamente incriminate per un reato di effettiva natura penale o altrimenti sollecitamente rilasciate.

L'organizzazione per i diritti umani ha ribadito la propria opposizione al rimpatrio forzato, in Iran, più volte ventilato dalle autorità irachene, dei residenti di Camp Ashraf. Se ciò avvenisse, le persone rimpatriate rischierebbero di subire gravi violazioni dei diritti umani, inclusa la tortura, e anche di essere messe a morte.

Per approfondire:

Iraq authorities must investigate excessive use of force in Camp Ashraf
Concerns grow for detained Iranian residents of Iraq's Camp Ashraf
Iraq: Concern for detained Camp Ashraf residents
Eight reported killed as Iraqi forces attack Iranian residents of Camp Ashraf
Iraq: Camp Ashraf residents attacked

mercoledì 9 settembre 2009

NUOVA ONDATA DI ARRESTI POLITICI

KARIMI DAVOOD: IN RISPOSTA ALLA INFDIFFERENZA DELL'EUROPA NEI CONFRONTI DEL REGIME TERRORISTA DI AHMADINEJAD E DEL MASSACRO DEI GIOVANI IRANIANI E' INIZIATA UNA NUOVA ONDATA DI ARESTI A TEHERAN
L'eROPA DEVE ALZARE LA VOCE E DEVE ADOTTARE UNA POSIZIONE DURA E UNANIME
Iran, Arrestati due esponenti riformisti di spicco, Ayatollah contro Ahmadinejad
Osservatorio Iraq, 9 settembre 2009

In Iran continua la repressione contro gli avversari del presidente Mahmoud Ahmadinejad. Le autorità di Tehran hanno ordinato l'arresto di due importanti esponenti dell'opposizione riformista: Alireza Hosseini Beheshti, collaboratore di spicco di Mir Hossein Mussavi, il principale avversario del presidente nelle contestate elezioni del 12 giugno, e Morteza Alviri, ex sindaco di Tehran e il più influente alleato dell’altro candidato riformista, Mehdi Karrubi.

Lo riferisce il sito Internet Mowjcamp.com, secondo cui Beheshti, che aveva denunciato la morte di 72 persone durante i disordini scoppiati dopo la proclamazione di Ahmadinejad a presidente, sarebbe stato arrestato ieri durante un blitz nel suo ufficio, su ordine del procuratore di Tehran.

Beheshti è a capo di un comitato dell'opposizione che sta indagando sulle accuse di abusi contro i manifestanti in carcere dopo le proteste seguite alle elezioni presidenziali del 12 giugno.

Da un altro sito vicino all’opposizione – Norooznews – si apprende che le autorità iraniane hanno chiuso e messo sotto sequestro l'ufficio della “Society to Defend Prisoners' Rights” – l’associazione per la difesa dei detenuti del noto attivista Emadeddin Baghi.

Ieri l'agenzia ILNA aveva dato notizia della chiusura dell'ufficio dello stesso Karrubi, disposta dalla Procura della capitale, e dell'arresto del direttore di Etemad Melli – un sito Internet riformista.

L’ufficio di Karrubi è stato "visitato" dagli ufficiali giudiziari, che hanno sequestrato computer, documenti, cd, e filmati.

Ayatollah di Qom contro Ahmadinejad

Intanto, arriva una nuova presa di posizione contro Ahmadinejad da parte di alcuni influenti ayatollah di Qom, la città santa sciita iraniana e centro del potere dei religiosi.

A quanto riferisce il quotidiano saudita al Watan, "in un'iniziativa senza precedenti”, il Raggruppamento degli Ulema e i docenti della Hawza di Qom hanno ribadito l'illegittimità del nuovo governo di Ahmadinejad, uscito ufficialmente vincente nelle contestate presidenziali del 12 giugno.

Secondo il giornale saudita, il raggruppamento, nelle cui fila ci sono autorevoli ayatollah vicini al fronte moderato, tra cui Hossein Montazeri e Jawad Sharistani, avrebbe chiesto di "processare i responsabili dei crimini commessi" contro i manifestanti durante le proteste.

Avrebbe inoltre per la prima volta "citato per nome" il capo dei “Guardiani della Rivoluzione”, Mohammed Ja’afari, reo di avere "offeso e leso la reputazione" dell'ex presidente moderato Mohammed Khatami e degli altri leader dell'opposizione.

lunedì 7 settembre 2009

"Io, in fuga dai mullah, vi racconto il vero Iran


"Io, in fuga dai mullah, vi racconto il vero Iran"
di Marta Allevato
Fonte Il Giornale.it
Vi presento un interessante servizio preparato dalla mia carissima amica collega Marta Allevato sulla vita e la fuga di un ragazzo iraniano che ha partecipato alla recente rivolta popolare e poi arrestato e picchiato dai Basiji, corpo paramilitare responsabile della tortura e della morte di centinaia di giovani arrestati recentemente compreso Neda, nuovo simbolo della resistenza delle donne iraniane.
Grazie Marta


Trent’anni, grandi ideali e soprattutto non musulmano. Bastano questi pochi requisiti in Iran per diventare vittima di discriminazioni sociali e della persecuzione del regime. Ne sa qualcosa Mahmoud Keyvannia. Ieri, agnostico ingegnere elettronico a Teheran. Oggi, lavapiatti a Milano e «fedele di una sola religione, quella della libertà».

Un anno fa, con un visto di studio, Mahmoud lascia il suo Paese. Presto, però, ne sente la mancanza. I problemi di salute della madre sono il pretesto, lo scorso gennaio, per tornare a casa. Decide di trattenersi fino alle elezioni presidenziali di giugno, quando viene rieletto al potere Ahmadinejad. A Teheran la gente si riversa per le strade. Mai se ne era vista tanta dai tempi della rivolta contro lo scià. «Sentivo che era un momento storico, sono sceso in piazza Vali Asr con i miei amici di sempre, gli stessi con cui avevo fatto attività politica, denunciando i crimini del regime con volantini scritti a mano e distribuiti di nascosto all’università». Ad un tratto Mahmoud vede un basiji avvicinarsi minaccioso, getta via la sua macchina fotografica e cerca di mettersi in salvo. Impossibile. Dietro di lui ne arrivano altri sette: «Mi hanno picchiato con bastoni e manganelli e portato in un posto sconosciuto. Eravamo decine in una stanza, ma nessuno osava parlare. Hanno continuato a picchiarmi e insultarmi per un giorno intero; dopo il rilascio ho avuto il braccio destro paralizzato per due settimane. All’ospedale, però, non potevo andare: sapevamo tutti che la polizia compiva arresti anche tra i feriti ricoverati».

Mahmoud decide, allora, di fuggire definitivamente. Ottiene un reingresso in Italia e ora vive ospite della Fondazione Fratelli San Francesco d’Assisi in attesa di avere risposta alla sua richiesta di asilo politico: «Se tornassi in Iran oggi, mi aspetterebbe quanto meno la tortura». Violenze e frustrazioni non riescono però a farlo desistere dal portare avanti la sua battaglia personale contro il regime islamico. «Ho contatti frequenti con gli amici rimasti a Teheran, ma solo per e-mail o via chat, perché al telefono è troppo pericoloso: vogliono continuare la protesta, stanno organizzando una grande manifestazione per i prossimi giorni. Nessuno vuole Moussavi al potere, semplicemente in questo momento rappresenta il male minore». Allora qual è l’obiettivo dell’Onda verde che da tre mesi dilaga a Teheran? «Abbattere Ahmadinejad, poi Khamenei e tutto l’intero sistema dell’islam di Stato». Dall’Italia, il contributo di Mahmoud a «realizzare il sogno della democrazia» è tutto nei post sul suo blog in farsi (hamhame.blogfa.com) - «oscurato in Iran» - e che un giorno vorrebbe tradurre in italiano «per far conoscere anche qui la verità».

L’Iran di Mahmoud è quello della generazione nata agli albori della Rivoluzione islamica, cresciuta durante il sanguinoso conflitto Iran-Irak, delusa dalle promesse riformiste di Khatami e poi maturata negli anni dell’ascesa al potere del fanatismo di Ahmadinejad. «Siamo una generazione bruciata: essere giovane in Iran è una colpa, perché chiedi libertà, divertimento e cultura. I film che puoi vedere nei cinema di Teheran sono vecchi e tutti censurati. Per una commedia di Hollywood devi rivolgerti al mercato nero. L’assurdità è che è più pericoloso comprare un dvd americano o una birra, che del crack o della cocaina». A riprova dell’ipocrisia che regge l’ideologia religiosa. «Hashish e oppio si trovano facilmente nei parchi della città e con tranquillità se ne fa uso in ogni festa privata, ma il governo non combatte il fenomeno. È come se gli facesse comodo per ucciderci tutti senza sporcarsi le mani».
Per tentare di sopravvivere al sistema repressivo dei mullah - dalla politica, alla religione, al costume sociale - «devi sdoppiare la tua personalità in una pubblica e una privata». Mahmoud lo dice per esperienza: «Ho visto amici convertiti dall’islam al cristianesimo, che per evitare l’impiccagione, nascondevano la croce sotto i vestiti o facevano finta di andare in chiesa solo per interesse culturale, come a un museo. Se passeggi con la tua fidanzata e ti ferma la polizia del buon costume, devi dire che la ragazza è tua cugina, pena il carcere. Se vuoi cercare lavoro in un ufficio pubblico, iscriverti all’università o ottenere un passaporto devi professarti musulmano, altrimenti per loro sei un nulla da eliminare».
Mahmoud rischia molto, ma parla a volto scoperto: «Ho scelto di non vivere più sotto la menzogna e la paura e ora non voglio tornare indietro».

 
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