domenica 27 marzo 2011

Onu: istituito uno “special rapporteur” sulla situazione dei diritti umani in Iran
sabato 26 marzo 2011
Il Comitato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha istituito uno "special rapporteur" sull'Iran, una decisione che per la prima volta in quasi dieci anni consentirà all'Onu di esaminare in modo approfondito la situazione legata ai diritti umani nella Repubblica Islamica

L'organismo, costituito da 47 paesi, ha superato le obiezioni avanzate dall'Iran ed ha approvato la risoluzione presentata da Svezia e Stati Uniti con 22 voti favorevoli, 7 contrari e 14 astenuti.

Si tratta del primo special rapporteur su un paese specifico che il Comitato Diritti Umani Onu ha istituito a partire dalla sua creazione, avvenuta circa cinque anni fa.

Gran Bretagna, Francia, Usa e Brasile sono tra i paesi che hanno votato a favore, Cina e Russia tra quelli contrari.

Il Comitato ha espresso preoccupazione per la repressione attuata da Teheran contro esponenti dell'opposizione e per l'aumento dell'uso della pena di morte, chiedendo alla Repubblica Islamica di cooperare con la nuova figura istituita.

L'Iran dal 2005 non consente visite ad esperti Onu per i diritti umani, tuttavia anche se al nuovo rapporteur non sarà consentito l'ingresso nel Paese, ci si attende che contatterà frequentemente le autorità locali, producendo un rapporto annuale sulla situazione dei diritti umani in Iran.

La passata Commissione Diritti Umani delle Nazioni Unite ha avuto special rapporteurs sull'Iran dal 1984 al 2002. (Nessuno tocchi Caino - news flash)

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mercoledì 23 marzo 2011

"Israele di fronte alle rivoluzioni del mondo musulmano: speranza o pericolo?"





Che cosa accadrà a Israele, che si trova geograficamente in mezzo allo straordinario movimento rivoluzionario che investe il Nord Africa e il Medioriente? E' un'occasione o un rischio per l'unica democrazia dell'area? Quali sono le possibili ripercussioni sul conflitto israelo-palestinese e chi saranno i nuovi interlocutori di Europa e America a fronte dei nuovi assetti geopolitici?
Sono questi i principali interrogativi al centro del convegno "Israele di fronte alla rivoluzione dei paesi musulmani: speranza o pericolo", promosso dall'associazione SUMMIT, presieduta da Fiamma Nirenstein, che si è svolto lunedì mattina alla Sala delle Conferenze della Camera dei Deputati. Oltre 200 persone hanno assistito a quattro ore di conferenza, suddivisa in 3 sessioni.

Fra speranza e preoccupazione, con un’Europa spaccata in due di fronte alla guerra e all’emergenza umanitaria in Libia, numerosi analisti e politici, italiani e internazionali, si sono confrontati per cercare di dare delle risposte a queste domande cruciali.

Intervenendo nel primo panel, "Un futuro di pace o una prospettiva di guerra", il Sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto ha evidenziato come, per una volta, lo Stato ebraico non sia considerato l'epicentro di quanto sta accadendo in Medioriente e come il nuovo panorama che si sta delineando nella sponda meridionale del Mediterraneo sia l’emblema della cecità di un Occidente che, finora, non ha saputo inquadrare quanto stava accadendo. Nello stesso panel sono intervenuti anche Robin Shepherd, direttore degli Affari Internazionali del think tank londinese Henry Jackson Society, che ha parlato dell’ossessione della comunità internazionale per Israele (argomento anche di un suo noto libro “A state beyond the pale: Europe's problem with Israel”), un'ossessione che ne ha distorto la lucidità di analisi sulle dinamiche mediorientali, in particolare tra le elite europee; il giornalista Carlo Panella, che ha evidenziato i problemi della cattiva gestione della situazione da parte dell’amministrazione Obama, che, con il suo celebre discorso al mondo musulmano tenuto al Cairo nel 2009, ha impostato la sua politica estera, rivelatasi infatti fallimentare, più su un wishful thinking che su una disamina reale dei fatti; infine il sociologo di origine algerina Khaled Fouad Allam, secondo cui stiamo assistendo a un cambiamento epocale, alla “fine di un ciclo” della storia del mondo arabo. Allam sostiene che c’è una domanda di democrazia nel mondo arabo, ma non come la intendiamo noi in Occidente. Secondo la sua analisi, nei prossimi sei mesi si assisterà alla normalizzazione dei partiti musulmani: si sta creando un connubio tra i partiti religiosi e vecchia guardia o forze militari, secondo l’esempio della Turchia: lo si vede in Tunisia, e in Egitto, con il rientro dall’esilio di Ghannouchi e Al Qaradawi, e anche in Yemen, dove i Fratelli Mussulmani si stanno facendo spazio. “Capisco Netanyahu che rimpiange Mubarak, perché era la sua interfaccia con il mondo arabo”, ha detto Allam, "ora non c'è più una certezza e i prossimi 10-20 anni saranno molto duri per tutti perché bisognerà fronteggiare il radicalismo islamico".

Nel secono panel, “I riflessi sul conflitto israelo-palestinese”, il moderatore, il giornalista del Sole 24 Ore Stefano Folli, ha subito evidenziato come “Israele non è protagonista, ma spettatore attento” della situazione che sta sconvolgendo il mondo arabo. Secondo Pinhas Inbari, storico corrispondente della radio israeliana per le questioni palestinesi e analista per il World Jewish Congress e per il Jerusalem Center for Pubblic Affairs, i nuovi assetti in Medioriente mettono in seria crisi la leadership di Abu Mazen e in generale il ruolo di Fatah all'interno dell'Autorità Nazionale Palestinese. Fatah, l’Olp, sono da annoverarsi tra gli ancien régime che stanno cadendo uno dopo l’altro e questo potrebbe essere anche il loro destino. In questa situazione a guadagnarne sarebbe solo Hamas, in particolare se nel nuovo Egitto i Fratelli Mussulmani avranno una posizione di rilievo. Se, come pare accadrà, verrà aperto il valico di Rafah, che separa Gaza dall'Egitto, si potrebbe assistere a una deriva islamico-radicale che potrebbe portare Hamas e la Fratellanza a unirsi per creare un Califfato regionale.

Posizioni condivise da Mario Sechi, direttore de Il Tempo, che nel suo intervento ha sottolineato come l’Italia, immersa nel Mediterraneo per 8000 km di costa, debba essere parte attiva di quanto sta avvenendo, e per questo è giusto essere intervenuti militarmente in Libia. “Bisogna esportare la libertà e non la democrazia, perché la democrazia è il metodo, la libertà è il valore”, ha aggiunto Sechi che ha puntato il dito contro il Governo statunitense reo, fra l’altro, di aver interrotto i finanziamenti all’opposizione iraniana.

Fiamma Nirenstein, vicepresidente della Commissione Esteri alla Camera, ha evidenziato come uno dei motivi dello stallo tra palestinesi e israeliani sia il rapporto non amichevole tra gli USA e il loro storico alleato nell’area, Israele. L’apice di questo cattivo rapporto fu sancito dal presidente Obama che, dopo la visita ufficiale in Egitto del 2009 e le aperture al mondo musulmano nel suo famoso discorso del Cairo, tornò in patria senza aver reso omaggio anche allo Stato ebraico. “E’ necessaria una autentica rivoluzione epistemologica" dice Nirenstein "perché è una questione puramente conoscitiva quella di fronte alla quale ci troviamo: per garantire una prospettiva di pace è necessario capire che la questione del mondo arabo è il mondo arabo e non Israele come sostenuto da anni”. "Tutto si può dire oggi tranne che Mohamed Bouaziz, il giovane tunisino che si è dato fuoco dando inizio all’ondata rivoluzionaria, avesse in mente il conflitto israelo-palestinese quando ha compiuto il suo gesto estremo". L’Occidente, ponendo al centro del suo rapporto con il Medioriente la questione israelo-palestinese, ha fallito in toto nella sua analisi.

Nirenstein ha anche sottolineato come le teorie della cospirazione contro gli ebrei e offese antisemite hanno attecchito anche in queste rivoluzioni, contrariamente a quanto si sostiene. A Gheddafi è stato urlato “ebreo”, Mubarak è stato dipinto, nei manifesti di piazza Tahrir, con la stella di davide sulla fronte. "E’ del tutto necessario smetterla con l’incitamento all’odio contro gli ebrei per poter intravedere uno spiraglio di pace". L’Occidente si deve concentrare su questo scopo.
Proprio in quest'ottica la questione israelo-palestinese è importante, perché per anni ha rappresentato il "palazzo dei sogni" in cui le leaderhsip arabe hanno rinchiuso i propri popoli, incitandoli contro Israele per evitare che ci si concentrassero sulla domanda di democrazia e libertà. Per questo la Nirenstein ha annunciato "una lettera aperta in cui chiederemo ai nuovi governi" formatisi dopo le rivolte "di pronunciarsi contro queste teorie e contro l'incitamento all'odio anti-israeliano".

Nel terzo e ultimo panel, “Europa e USA: alla ricerca di nuovi equilibri”, il focus si è spostato più sulla stretta attualità che vede il mondo impegnato nell’operazione Odissea all’Alba in Libia. Yossi Kuperwasser, direttore generale del ministero israeliano per gli affari strategici, ha accolto con piacere la risolutezza dell’Occidente nel prendere in mano la situazione per fermare gli attacchi alla popolazione civile da parte di Gheddafi. Ma, si chiede, dov’erano gli stessi paesi nel giugno 2009, quando i manifestanti iraniani venivano uccisi dal regime nelle piazze di Teheran? “Il destino del Medioriente verrà deciso soprattutto da come verrà gestita la minaccia iraniana” sostiene Kuperwasser. “L'Iran vuole cambiare l'ordine mondiale e l'unico modo per evitare che questo accada è alzare la testa ed impedire che possa davvero farlo”.

Margherita Boniver, presidente della commissione bicamerale Schengen e inviato speciale del ministro degli Esteri per le emergenze umanitarie ha invece espresso scetticismo e preoccupazione su un intervento militare "condotto da quattro cinque nazioni con il beneplacito 'peloso' della Lega araba”. Secondo la Boniver "non è stata una grande idea quella di non percorrere la via diplomatica fino in fondo e ciò dovrebbe farci riflettere su come l'Ue forse sia andata in ordine sparso", soprattutto tenendo conto che "la posizione dell'Italia è quella più rischiosa". Intervenuti successivamente, l’On. Gianni Vernetti (API), il direttore delle relazioni internazionali dell’Aspen Institute Italia Marta Dassù e Pierluigi Battista, editorialista del Corriere della Sera, hanno invece sostenuto l’inevitabilità dell’intervento militare e come ora, una volta entrati in battaglia, è necessario portare a termine con convinzione l'operazione per liberare il popolo libico.



A questo link potete ascoltare la registrazione del convegno, suddivisa per interventi:

http://www.radioradicale.it/scheda/323801/israele-di-fronte-alla-rivoluzione-dei-paesi-musulmani-speranza-o-pericolo

lunedì 21 marzo 2011

LIBIA: SBAI, SI RIFLETTA, EGITTO IN MANO A FRATELLI MUSULMANI

Condivido in pieno le giuste e fondate preoccupazioni dell'On. Souad Sabai come una delle poche donne del mondo della politica che è in prima fila nella lotta al fondamentalismo e al terrorismo di matrice islamica khomeinista e affermo che la comunità internazionale non deve assolutamente ripetere l'errore iracheno, quando ha liberato Iraq dall'ex governo del presidente Saddam Hossein lasciandolo nelle mani del fondamentalismo islamico iraniano causando una marea di vittime umane e non.
Si sta ripetendo la stessa storia ma in maniera diversa. Bisogna gridare ad alta voce che il fondamentalismo islamico di matrice khomeinista è in agguato in ogni angolo della terra e dove trova pur un minimo spazio ci si infila forzatamente camuffandosi di ogni inimmaginario preteso: soccorsi medici, costruzione di infrastrutture, aiuti umanitari, finanziamento dei gruppi religiosi, costruzione delle moschee ecc...Secondo me investire nella lotta al fondamentalismo islamico è la miglior cure per prevenire le future epidemie sociali di cui è colpito fortemente oggi il popolo iraniano a cui va il mio sincero augurio per anno nuovo persiano scattato ieri sera.
Davood Karimi


ROMA, 21 MAR - '' L' Egitto in mano ai Fratelli Musulmani e' una vergogna internazionale'' e stessa sorte c' e' da attendersi per la Libia del dopo Gheddafi: ad affermarlo e' la deputata del Pdl Souad Sbai.

'' Con il risultato del referendum in Egitto - sostiene - si sancisce la concretezza della nostra peggiore paura: ormai l' Egitto, come noi denunciamo da tempo, e' totalmente in mano ai Fratelli Musulmani. La Comunita' Internazionale deve assumersi la gravissima responsabilita' storica di non aver voluto vedere. Nonostante oggi le prime pagine siano giustamente monopolizzate dalle notizie riguardanti la guerra in Libia, un tunnel tortuoso dal quale non si sa quando e come si uscira', credo sia doveroso denunciare con forza il risultato del referendum per la modifica della Costituzione in Egitto: il si' ha ricevuto il 77% delle preferenze, cosa che la dice lunga su quanto siano organizzati i Fratelli Musulmani, che per due anni sono stati lontani dalle scene solo per organizzare questo giorno; chi parlava di un massimo del 14% di preferenze ci ha preso letteralmente in giro sponsorizzando indirettamente un movimento che ha il solo obiettivo di gettare l' Egitto e tutto il Nord Africa nell' oscurantismo teocratico piu' buio. Donne, copti, moderati e associazioni per i diritti: tutti esclusi dalla gestione del Paese''.

sabato 19 marzo 2011

NUOVA INIZIATIVA TERRORISTICA IRANIANA

ISRAELE DI NUOVO SOTTO IL TIRO DEI GHASSAM IRANIANI
Secondo quanto ha dichiarato agenzia di stampa francese i terroristi di Hamas, filo iraniani hanno sparato una decina di Ghassam contro il territorio israeliano.
Condanniamo vivamente questa ennesima iniziativa bellica iraniano.

CONVEGNO SUL MEDIORIENTE, Camera dei Deputati


CONVEGNO
Camera dei Deputati,
Sala delle Conferenze
Via del Pozzetto n. 158, Roma
ISRAELE
di fronte alla rivoluzione
dei paesi musulmani:
SPERANZA O PERICOLO?


Roma, lunedì 21 marzo 2011
ore 9,30 – 13,30
L’ingresso sarà consentito dalle ore 9,00



Un futuro di pace o
una prospettiva di guerra?

Presiede:
GIANCARLO LOQUENZI
Direttore de l’Occidentale

Ne discutono:
BENNY MORRIS
Università Ben Gurion
GUIDO CROSETTO
Sottosegretario Ministero della Difesa
KHALED FOUAD ALLAM
Università di Trieste
FERDINANDO ADORNATO
Deputato UDC, direttore di Liberal
CARLO PANELLA
Giornalista e scrittore
ROBIN SHEPHERD
Henry Jackson Society
I riflessi sul conflitto israelo–palestinese

Presiede:
STEFANO FOLLI
Editorialista de Il Sole 24 Ore

Ne discutono:
PINHAS INBARI
Jerusalem Center for Public Affairs
FIAMMA NIRENSTEIN
Giornalista e scrittrice, Vicepresidente della Commissione Esteri della Camera
LUCIO CARACCIOLO
Direttore di Limes
MARIO SECHI
Direttore de Il Tempo
Coffee break

Europa e USA:
alla ricerca di nuovi equilibri

Presiede:
FIAMMA NIRENSTEIN

Ne discutono:
YOSSI KUPERWASSER
Direttore generale del Ministero per gli Affari Strategici d’Israele
MARGHERITA BONIVER
Presidente della Commissione bicamerale Schengen, Europol, Immigrazione
MARTA DASSU’
Aspen Institute Italia, direttore di Aspenia
PIERLUIGI BATTISTA
Editorialista de Il Corriere della Sera
GIANNI VERNETTI
Deputato API, già Sottosegretario agli Esteri

Si prega di confermare la presenza:
tel. 06.6760 6805
Sharon 393. 805 8906
Raffaella 335. 623 4498
email: nirenstein_f@camera.it
Per gli uomini è obbligatorio indossare la giacca

venerdì 18 marzo 2011

LIBIA: NOTIZIA STRAORDINARIA E SPERANZOSA

Libia, ok Onu ad azione militare, minacce di Gheddafi

OTTIMA INIZIATIVA
SODDISFAZIONE DELL'ASSOCIAZIONE RIFUGIATI POLITICI IRANIANI RESIDENTI IN ITALIA
CI AUGURIAMO CHE TALI DECISIONI VENGANO PRESI ANCHE NEI CONFRONTI DEL REGIME TERRORISTA IRANIANO
L'EFFETTO MEDIATICO E POPOLARE DI QUESTA DECISIONE ACCELERA FORTEMENTE LA CADUTA DEL REGIME LIBICO
E' UN BUON SEGNALE DA PARTE DELL'ONU A TUTTI I REGIMI DITTATORIALI DEL MONDO
CI AUGURIAMO CHE L'ONU ARRIVI PRIMA POSSIBILE AD UNA SIMILE INIZIATIVA POLITICA NEI CONFRONTI DEL POPOLO IRANIANO

venerdì 18 marzo 2011 07:51
TRIPOLI/NAZIONI UNITE (Reuters) - Le Nazioni Unite hanno autorizzato un'azione militare contro il leader libico Muammar Gheddafi alcune ore dopo che quest'ultimo aveva minacciato di procedere senza pietà nei confronti della roccaforte ribelle di Bengasi, e l'Italia si è detta pronta a mettere a disposizione le proprie basi.

"Verremo. Casa per casa, stanza per stanza", ha detto Gheddafi ieri in un discorso alla radio rivolto alla città di Bengasi, nell'est del Paese.

La tv Al Jazeera ha mostrato migliaia di persone che ascoltavano il discorso nella piazza centrale di Bengasi e poi l'esplodere dei festeggiamenti dopo la notizia del voto dell'Onu. Ci sono stati anche fuochi d'artificio e sono risuonati colpi d'arma da fuoco.

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, riunito in seduta d'emergenza, ha approvato una risoluzione che prevede la creazione di una no-fly zone per fermare le truppe governative, ora a 100 chilometri da Bengasi, e che autorizza "tutte le misure necessarie" per proteggere i civili dalle forze di Gheddafi.

Ma resta poco tempo alla città che è stata il cuore della rivolta contro il raìs.

Fonti diplomatiche francesi dicono che un'azione militare potrebbe arrivare nel giro di poche ore e potrebbe coinvolgere Francia, Gran Bretagna e forse Stati Uniti, oltre ad almeno uno Stato arabo. Ma una fonte militare statunitense dice che nell'immediato non è attesa alcuna azione militare.

L'Italia è pronta a mettere a disposizione le proprie basi militari, ha detto a Reuters una fonte governativa. La base aerea di Sigonella in Sicilia, che fornisce supporto logistico alla Sesta Flotta degli Stati Uniti, tra quelle Nato, è una delle più vicine alla Libia.

"E' uno sviluppo positivo", ha detto la fonte alcuni minuti dopo l'approvazione della risoluzione a favore della no-fly zone.

Alla domanda se l'Italia abbia deciso di mettere a disposizione le proprie basi, la fonte ha risposto: "Sì, abbiamo detto che siamo pronti a farlo".

-- Sul sito www.reuters.it le altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia

giovedì 17 marzo 2011

Viva Italia con i suoi 150 anni!


Oggi mi sento orgogliosamente tricolore!
I miei migliori auguri a tutto il popolo italiano compresi i miei due figli!
Spero di esserci anche al 200° anniversario come un testimone di 80 anni della Repubblica Italiana!

mercoledì 16 marzo 2011

Iran: il pianista in esilio, sogno un concerto in una Teheran libera


Ramin Bahrami, noto pianista iraniano e figlio di un detenuto politico impiccato nel famigerato carcere di Evin a Teheran


(Aki) - "Sogno un giorno di poter suonare Bach a Teheran con l'orchestra Gewandhaus, in un Iran pieno di libertà, tolleranza e armonia. Un paese dove i giovani abbiano la libertà di tenersi per mano in strada e abbracciarsi senza che una guardia islamica li porti in galera solo per questo". Parola del celebre pianista iraniano, Ramin Bahrami, uno dei più acclamati interpreti mondiali di Johann Sebastian Bach, in questi giorni in Italia per il festival internazionale di musica da camera 'Cambi di Stagione', rassegna organizzata dalla fondazione 'Bottari Lattes' che si apre venerdì a Monforte d'Alba (Cn).

Nato a Teheran nord, dopo la Rivoluzione Islamica Bahrami ha trovato rifugio prima in Italia, dove ha vissuto per 15 anni e si è formato dal punto di vista musicale, e poi in Germania. La critica tedesca parla di lui come di "un mago del suono, un poeta della tastiera, un artista straordinario che ha il coraggio di affrontare Bach su una via veramente personale". Ma oggi il pianista, che manca dall'Iran da 22 anni, mette per un attimo da parte la sua grande passione, la musica, e commenta con AKI - ADNKRONOS INTERNATIONAL la situazione nel suo paese, senza nascondere l'amarezza perché, spiega, "in Iran c'è gente che muore solo perché respira".
"Un paese come la Persia - afferma Bahrami - Che è stato sin dagli albori la culla della civiltà umana e che ha dato i natali a Zarathustra e Avicenna non può vivere in una situazione di disagio e repressione. Lo stesso Bach - prosegue il musicista - ci insegna che le cose più diverse tra loro possono portare a un disegno perfetto, ma questo nel nostro paese non esiste", anzi precisa, l'Iran in questo momento sta attraversando "uno dei momenti più tristi" della sua storia.
Secondo il pianista, che si definisce "apolitico", l'Occidente ha una grande responsabilità per quello che sta succedendo nella Repubblica Islamica, dove dopo le contestate elezioni presidenziali del giugno 2009 si è creato un movimento d'opposizione determinato a sovvertire il governo, ma che è stato puntualmente represso dalle forze di sicurezza ogni qual volta ha mostrato pubblicamente il suo dissenso.
"La gente in Iran è assetata di libertà, di aria", spiega Bahrami che dice di "credere nella politica della musica e non in quella in senso stretto perché i politici oggi non fanno gli interessi del popolo, ma solo i loro e questo accade in Iran come nei paesi occidentali".
Il pianista commenta quindi la stretta del governo iraniano contro alcuni musicisti e registi cinematografici 'non allineati', primo tra tutti il noto cineasta Jafar Panahi, ora agli arresti domiciliari dopo essere stato rinchiuso diversi mesi nel carcere di Evin per aver provato a girare un film sulle manifestazioni antigovernative a Teheran. "Credo che ogni forma di censura sia un atto di inciviltà, non si pò tenere in gabbia il pensiero - sottolinea Bahrami - Se Bach avesse subito la censura non avrebbe creato nulla. L'arte - prosegue - ha bisogno di libertà, il fatto che Panahi sia agli arresti domiciliari è vergognoso, significa che si sta cercando di tappare la voce di un popolo che ha molto da dire".
I toni del musicista iraniano cambiano sensibilmente quando torna a parlare di musica, l'arte a cui ha dedicato la sua vita, e del disco in uscita il 22 marzo 'Johann Sebastian Bach: Piano concertos' (Decca Universal), realizzato con la Gewandhausorchester di Lipsia, diretta da Riccardo Chailly.
"Mi ispiro a Bach perché credo che egli sia stato il più grande creatore di bellezza e armonia della storia della musica, in questo senso provo un senso di venerazione verso questo sommo maestro di forma", spiega Bahrami. "In questo disco abbiamo toccato il capitolo di concerti di Bach, nel nostro caso 'concerto' inteso come dialogo e condivisione di valori artistici sublimi", aggiunge il pianista che spiega l'approccio che ha verso il grande compositore tedesco. "Anche se bisogna rispettare la tradizione interpretativa di Bach - spiega - Non si può dimenticare che egli era un uomo libero, e quindi tradizione sì, ma non dogmatica".
Dal punto di vista strettamente musicale, Bahrami rivela di "aver optato per strumenti moderni", in particolare il pianoforte che "è lo strumento più in grado di esprimere sentimenti. Ed è stato bello - aggiunge - vedere come l'orchestra non abbia svolto solo il ruolo di accompagnamento, anzi si ha quasi l'impressione a tratti di ascoltare strumenti a fiato, anche se è composta solo da archi". In questo disco, conclude Bahrami, "c'è gioia e libertà. Questi concerti non hanno tempo né luogo, sono musica che si rigenera ascolto dopo ascolto - conclude - Vorrei dedicarlo ai popoli che sono in difficoltà. Che Bach li assista".

giovedì 10 marzo 2011

La ragazza che sogna Teheran


Azar Karimi, durante la conferenza stampa dell'8 marzo tenutasi negli uffici del partito alla Camera dei deputati

Azar Karimi tra On. Ferdinando Casini e il presidente Cesa



Quotidiano liberal
9 marzo
Azar Karimi, figlia di rifugiati politici, è la presidente dell’associazione dei giovani iraniani in Italia

Stringe tra le mani un mazzetto di mimose
che le ha regalato pochi minuti
prima Pier Ferdinando Casini. Insieme
con Marisa Raciti, la moglie del poliziotto
ucciso nel 2007 durante gli scontri seguiti
alla partita Catania-Palermo, sono le
donne “simbolo” con le quali l’Udc ha scelto
di festeggiare l’8 marzo.
Lei è Azar Karimi e ha un sogno: poter festeggiare
la democrazia in Iran in Piazza della
Libertà a Teheran insieme ai suoi genitori,
fuggiti nel 1979, sotto la dittatura dello Scià
Reza Pahlavi, e da allora rifugiati politici in
Italia.
Azar Karimi ha 24 anni, è iscritta ai giovani
dell’Udc ed è la presidente dell’associazione
dei giovani iraniani, suo padre Davood Karimi
presiede l’associazione dei rifugiati politici
iraniani in Italia, mentre sua madre
Shahrazad Sholeh è presidente dell’associazione
delle donne democratiche in Italia.
Una famiglia impegnata in prima linea per
tenere accesi i riflettori sulla situazione
drammatica nella quale vivono i loro compatrioti.
AAzzaarr èè nnaattaa aa RRoommaa, studia giurisprudenza
e l’Iran non l’ha mai visto, ma «da quando
nel 1999 gli studenti iraniani scesero in piazza,
allora avevo 13 anni, il mio pensiero è
sempre stato di ritornare nel Paese dei miei
genitori liberato dal regime», dice a liberal.
Durante la conferenza stampa la giovane iraniana
ha letto la lettera delle figlie di Moussavi
e Karroubi, preoccupate per la scomparsa
dei genitori a opera del regime di Ahmadinejad
aggiungendo: «La situazione in Iran è
molta critica e lo dimostra anche quello che
sta succedendo nei Paesi del Nord Africa, che
vogliono quello che l’Iran vuole da anni. Occorre
però fare attenzione al fondamentalismo
islamico, e per riuscire a far trovare una
stabilità democratica in Medio Oriente è necessario
che venga sconfitto il regime iraniano.
Vorrei che in Medioriente si stabilisse la
democrazia, non quella cercata dai ragazzi
iraniani del 1999, ma un sistema simile a
quello europeo».
Ha voluto anche far conoscere il pensiero di
un’altra donna, il presidente del Consiglio
Nazionale della Resistenza iraniana,
Maryam Rajavi, esule e rifugiata politica a
Parigi dal 1982 a causa della repressione
khomenista, in occasione della Festa internazionale
della donna.
La Rajavi scrive che «la via per un Medio
Oriente pacifico e democratico, dove le donne
e i giovani possono svolgere il loro legittimo
ruolo, passa inevitabilmente attraverso
un cambiamento del regime in Iran. Ms senza
questo mutamento la democrazia e la stabilità
sarebbe impossibile in questa regione.
Il nostro messaggio alle nostre sorelle e fratelli
in Tunisia, Egitto, Libia, Afghanistan e
S
Iran è il seguente: siate in guardia dai mullah
fondamentalisti e dagli omicidi delle donne e
dei giovani in Iran».
La presidente del Consiglio nazionale della
resistenza iraniana ha lanciato anche un appello
ai paesi occidentali interessati a svolgere
un ruolo positivo nella nuova storia del
Medio Oriente, i quali «come primo e inevitabile
passaggio debbono
cambiare la loro politica
dialogando con la popolazione
iraniana. Il passo più
importante che deve compiere
l’Occidente è quello
di abbandonare una politica
che va tutta a svantaggio
della popolazione e dell’intera regione e
di riconoscere il movimento di resistenza».
MMaarryyaamm RRaajaavvi ffaa ssaappeerree aanncchhee che «la
resistenza iraniana che ha sfidato i mullah ha
presentato una piattaforma democratica,
una repubblica basata sulla separazione di
Chiesa e Stato, su una democrazia pluralista,
una società basata sull’uguaglianza di
genere e il rispetto dei diritti umani, dove la
pena di morte e la sharia dei mullah saranno
abolite, un’economia fiorente, basata su
un’eguale opportunità per tutti e un Iran denuclearizzato
in pace con tutti i suoi vicini».
La giovane Azar ha concluso l’intervento
con un appello: «Per questa giornata così significativa
vorrei chiedere che la rappresentanza
dei mullah nella commissione delle
donne all’Onu venga espulsa perché rappresenta
un’offesa a tutte le donne iraniane
e del mondo». Donne in piazza per difendere
i propri diritti contro la tirannia dei regimi
per le quali Marisa Fagà, responsabile
nazionale del dipartimento Pari opportunità
dell’Udc, ha invitato «tutti gli esponenti politici
ad abbandonare le casacche per aiutare
le donne di tutto il mondo che vedono negati
i loro diritti».
Una battaglia che Azar conduce quotidianamente
insieme ai tanti iraniani rifugiati. «Il
nostro sostegno - dice - arriva ai ragazzi che
manifestano in Iran attraverso internet, nonostante
tutte le difficoltà dovute alla censura.
Siamo in contatto continuo e seguiamo
con attenzione e trepidazione quello che
accade». Parla con passione Azar, sotto gli
occhi orgogliosi di sua madre Shahrzad,
che, a poca distanza, la guarda con orgoglio
e affetto materno.
Dopo più di trent’anni madre e figlia
dall’Italia lottano insieme per denunciare
arresti e uccisioni in Iran, per chiedere il rilascio
dei prigionieri politici, sicure che la
resistenza del popolo iraniano farà cadere il
regime, per il quale le donne valgono metà
degli uomini, non hanno diritti di proprietà,
hanno poche possibilità di lavorare e sono
obbligate a coprire i loro corpi. «Ma le cose
stanno cambiando e la fine del regime iraniano
è molto vicino», dice sicura Azar, con
l’ottimismo di una giovane combattente.
Quella passeggiata in Piazza della Libertà, a
Teheran, la vede vicina.

mercoledì 9 marzo 2011

un'opera del grande scultore irano-italiano Reza Olia per 8 marzo

La fine dell'Ayatolterrore Ali Khamenei. Prossimamente da parte delle donne iraniane!

8 Marzo dell'Udc


Ieri alla presenza dei massimi dirigenti dell'Udc, il presidente casini ha festeggiato la festa delle donne invitando la moglie dell'agente Rashidi e mia figlia, Azar Karimi presidente dell'associazione giovani iraniani.

lunedì 7 marzo 2011

Manifestazione al Colosseo per la festa delle donne




On. Suad Sbai e karimi davood durante la lettura del manifesto

On. Suad Sbai, karimi davood, sig.ra Isabella Rauti e la Presidente Renata Polverini sul palco della manifestazione al Colosseo
07/03/11 - ‘Regione Lazio e Roma Capitale contro ogni forma di violenza sulle donne’, per dire ‘sì al diritto di tutte le donne di essere libere’. Queste due delle frasi più significative proiettate sul Colosseo illuminato nel corso della manifestazione ‘Mai più violate’ promossa dal governatore del Lazio Renata Polverini e dal sindaco Gianni Alemanno per ribadire l’impegno delle Istituzioni contro la violenza sulle donne. Un impegno forte, concreto, assunto con la presentazione del Manifesto programmatico redatto da Mariella Zezza, Isabella Rauti e Lavinia Mennuni: dieci punti letti da importanti testimonial dello spettacolo, dello sport, della società civile e delle Istituzioni per lanciare misure e azioni tangibili di supporto alle donne e per combattere e prevenire la violenza. “Bisogna creare strumenti adeguati - ha sottolineato Polverini nel corso del suo intervento - affinché le donne possano essere realmente libere crescendo culturalmente, contrastando i più forti grazie al lavoro e all'indipendenza economica”. (...)

Mai più violate
Manifesto programmatico contro tutte le violenze sulle donne

Le violenze sulle donne sono un flagello mondiale ed una malattia sociale e rappresentano una negazione dei diritti umani fondamentali. E i diritti delle donne sono diritti umani. Le violenze non sono mai un fatto individuale e privato da tollerare o ignorare, né solo un problema di sicurezza urbana, ma una responsabilità collettiva da assumere tutti. Le Istituzioni, la politica e la società civile hanno il compito prioritario di prevenzione e di contrasto di ogni forma di violenza. Il Manifesto, proposto dalla Regione Lazio e da Roma Capitale, contiene impegni programmatici, azioni concrete ed immediatamente operative per prevenire e contrastare tutte le forme di violenza sulle donne.

1. Diffondere, ovunque e con ogni mezzo, il rispetto delle donne e la cultura della parità fra generi in famiglia, nelle scuole, nei posti di lavoro, nelle comunità straniere, nella società e realizzare campagne di comunicazione di prevenzione e di sensibilizzazione contro tutte le forme di violenza – fisica, morale, psicologica e sessuale – sulle donne.

2. Promuovere nelle scuole e nei luoghi di aggregazione giovanile una cultura di genere che orienti alla valorizzazione delle differenze. Nel campo dell’informazione e della comunicazione, occorre diffondere una cultura del rispetto dell’immagine della donna, contrastando l’utilizzo di messaggi lesivi della dignità delle donne.

3. Sostenere i centri anti-violenza e le case famiglia e potenziare la rete di tutte le strutture, pubbliche e private esistenti sul territorio per creare sinergie e scambio di buone prassi.

4. Istituire, presso i Centri anti-violenza, sportelli per la prevenzione di ogni forma di violenza e per il trattamento rieducativo del soggetto violento

5. Rafforzare i servizi di accoglienza, sostegno e presa in cura psico-fisica delle donne straniere vittime di violenza, maltrattamenti e abusi, realizzato da personale specializzato di mediazione culturale e antropologia medica per facilitare l’accesso e la comunicazione attraverso i codici socio culturali portati da chi chiede aiuto.


6. Implementare il Servizio antiviolenza SOS Donna del Comune di Roma e attivare il Numero Verde Unico delle emergenze della Regione Lazio, che preveda una particolare attenzione alle violenze subite dalle donne

7. Realizzare corsi di formazione per personale medico, paramedico di pronto soccorso e ASL per la prima accoglienza alle donne vittime di violenza, prevedendo uno specifico supporto psicologico. In questi centri sanitari si dovrà prevedere un “CODICE ROSA” per segnalare la violenza subita in una scheda clinica specialistica


8. Potenziare incentivi all’occupazione femminile per garantire alle donne una propria indipendenza economica. Tutela del posto di lavoro e reinserimento sociale e lavorativo delle vittime di violenza.

9. Stilare una mappa delle aree a rischio per la messa in sicurezza, intensificare il controllo del territorio, e attivare uno specifico “Piano trasporti sicuri” pubblici e privati, con l’utilizzo delle più avanzate tecnologie di sorveglianza e con la sensibilizzazione degli operatori della rete auto-ferro-tranviaria.

10. Sostenere le vittime con accompagno psicologico nei processi per violenza sessuale anche con la eventuale costituzione di parte civile delle Istituzioni.



Il manifesto è aperto alle adesioni dei soggetti istituzionali ed alla sottoscrizione individuale di tutti, cittadine e cittadini.

venerdì 4 marzo 2011

Iran, le preoccupazioni dell'onorevole Sbai

POL - Iran, Sbai: Preoccupati per richiesta condanna leader opposizione
 
Roma, 15 feb (Il Velino) - “Apprendo con fortissima preoccupazione che stamane i parlamentari iraniani hanno chiesto ai giudici di condannare a morte Moussavi e Karroubi per aver fomentato la rivolta di questi giorni. Intervenga con urgenza la comunità internazionale". Lo dichiara in una nota l’On. Souad Sbai, Deputata Pdl XVI Legislatura. “Il rischio che da queste manifestazioni per la libertà il regime iraniano prenda spunto per schiacciare definitivamente ogni voce libera è più che concreto e quindi, – prosegue l’On. Sbai – credo sia arrivato il momento per gli Usa e l’Europa di muoversi, non pronunciando solo timide parole contro la violenza a Teheran, ma minacciando con forza e decisione Ahmadinejad di pesanti ripercussioni in caso di reale condanna a morte dei due leader dell’opposizione. Il mutismo e la cecità internazionale la stanno facendo da padrone e il dittatore iraniano continua a soffocare le rivolte nel sangue. Oggi, intanto, è morto un altro manifestante. Dobbiamo attendere il massacro affinché qualcuno intervenga? Il rischio è alto, visto che le opposizioni hanno già fatto sapere che non molleranno. Una provocazione: perché in Egitto  – conclude l’On. Sbai – qualcuno aveva la smania di cacciare Mubarak e in Iran nessuno osa alzare la voce contro Ahmadinejad? Quali interessi stano alla base dell’ossessiva presenza di Hillary Clinton nel dibattito sul futuro egiziano e della sua assenza ingiustificata relativamente alla richiesta di libertà iraniana? Noi siamo a fianco di chi a Teheran manifesta per la libertà e non abbiamo paura di gridarlo pubblicamente e saremo presenti in questi giorni alle manifestazioni di fronte alla’Ambasciata Iraniana".
 
 

Roma, 4 mar. (TMNews) - La leadership di Ahmadinejad non potrà durare a lungo. Lo ha detto il Presidente della Camera, Gianfranco Fini, intervenendo ai lavori dell'assemblea parlamentare dell'Unione per il Mediterraneo.

Secondo Fini "sempre più isolata appare la leadership iraniana, che non potrà a lungo persistere nella stridente contraddizione tra lo strumentale sostegno alle proteste nelle capitali arabe e la sanguinaria repressione delle manifestazioni di piazza a Teheran, con la condanna dei capi dell'opposizione come eretici e nemici dello stato".
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I prossimi sei mesi sono fatali per i dittatori della regione!

Ieri Ben Ali oggi Sed Ali!
Ieri le donne e gli uomini di Shraz, citta' natale di mia moglie ha ospitato durissime manifestazioni di protesta contro il regime di terrore e di omicidio dell'Ayatolterrore Ali Khamenei, dove le donne e gli uomini coraggiosi gridavano Ben Ali domani Sed Ali riferendosi alla tragica fine del dittatore tunisino costretto alla fuga di fronte all'esplosione della rabbia dei tunisini. secondo le mie informazioni che arrivano costantemente dall'interno del paese, nella recente riunione del consiglio superiore di sicurezza nazionale dell'iran, dove ha partecipato di persona lo stesso Ayatolterrore Ali Khamenei, e' stato discusso a lungo la situazione del medioriente e del paese, arrivando alla conclusione di rafforzare fortemente le istituzioni adibite al mantenimento della sicurezza e dell'ordine interna, compresa le forze paramilitari Basiji, e' stato anche presa una decisione al quanto molto bizzarro e anormale: sostenere la Libia e la Siria come due paesi amici anche se con gradazioni diverse giustificando con il fatto che se crollano loro il giorno successivo crollera' anche "la repubblica islamica, come l'unica speranza per i mostasafin, diseredati, del mondo"! nella stessa riunione e' stato unanimamente deciso di rimettere nelle mani dell'Ayatolterrore Ali Khamenei qualsiasi decisione strategica in ambito della sicurezza nazionale e delle eventuali decisioni sulla modalita' di affrontare le prossime sollevazioni popolari. Alla fine della riunione e' stato deciso anche di mettere al secondo piano qualsiasi provvedimento e decisione che non abbia a che fare con la" sicurezza nazionale"!
Davo karimi

giovedì 3 marzo 2011

LE NOSTRE PIU' SENTITE CONDOGLIANZE AI FAMILIARI DEL TENENTE RANZANI


La bara di Massimo Ranzani
A nome dell'Associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia esprimo le nostre condoglianze ai familiari del tenente Ranzani, ucciso in Afghanistan dalle bombe teleguidate dall'ayattolterrore iraniano Ali Khamenei.
davood Karimi
Oggi l'ultimo saluto all'alpino ucciso





Alle 11,30 i funerali di Ranzani
La salma del capitano Massimo Ranzani è rientrata ieri sera all'aeroporto militare di Ciampino accolta dal ministro della Difesa Ignazio La Russa e oggi si svolgeranno i funerali solenni dell'alpino ucciso da un attentato in Afghanistan. Sarà allestita una camera ardente per il capitano Massimo Ranzani, caduto il 28 febbraio, presso il Policlinico Militare "Celio" in Roma, dalle ore 9 alle ore 10.30.

Le esequie solenni si terranno nella Basilica di S. Maria degli Angeli in Roma, alle ore 11,30. Per i militari italiani in Afghanistan "è aumentato il rischio, la frequenza degli episodi di attacco", ma "questo dato estremamente doloroso non solo è prevedibile, ma addirittura inevitabile": è quanto ha detto il ministro La Russa in un'informativa al Senato sull'attentato. L'aumento del rischio, secondo quanto spiegato ieri da La Russa, va messa in relazione "all'aumento dei militari, alla presenza nel territorio, alla strategia della ricostruzione" che non sarebbe stata possibile senza "l'uso della forza giusta": tutti elementi, questi, che - ha detto La Russa - "portano ad un aumento della pericolosità". Quella della sicurezza, ha insistito il ministro, è "una questione che "non va commisurata a esigenze di bilancio". "In questo siamo tutti d'accordo, anche il ministro dell'Economia" Giulio Tremonti, ha detto il titolare di Palazzo Baracchini.

"Dobbiamo accelerare al massimo l'arrivo del momento in cui le minacce possono essere autonomamente contrastate dalle forze armate afgane. A questo noi miriamo e questo costa un aumento della pericolosità", ha sottolineato ancora il ministro, ricordando che l'Italia ha dovuto subire "lutti enormi, ma quantitativamente inferiori a quelli di altri paesi, anche se questa non è una consolazione". Nel suo intervento al Senato La Russa ha infine espresso ammirazione per Ranzani "che ha fatto anche il boy scout", ovvero si è messo al servizio degli altri come ha poi scelto di fare anche da adulto, servendo in armi la patria.

 
AID : AGENZIA IRAN DEMOCRATICO