martedì 30 marzo 2010

ELEZIONI REGIONALI: VINCE RENATA POLVERINI




A nome dell'associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia desidero esprimere la nostra piena soddisfazione per l'elezione della presidente Renata polverini a capo della regione Lazio augurandoLe un buon inizio di lavori e tantissimi successi.
Davood Karimi

sabato 27 marzo 2010

ELEZIONI IRACHENE: GRANDE VITTORIA PER L'UMANITA', SCONFITTO IL REGIME DI AHMADINEJAD


Secondo quanto ha dichiarato ufficialmente la commissione elettorale irachena, la coalizione guidata dal dott. Ayad Allawi, ex premier iracheno ed attuale capo di una grande coalizione nazional-popolare iracheno ha vinto!
Il risultato delle ultime elezioni politiche irachene è stato una grande sconfitta per il regime dei mullah e per il propagarsi del fondamentalismo islamico in Iraq.
Secondo fonti in mio possesso, Tehran aveva investito milioni di dollari per dirottare l'andamento democratico elettorale verso i gruppi capeggiati dall'attuale primo ministro Nouri Al-Maliki, che secondo gli ambienti indipendenti politici è un uomo collegato alla forza Qods della Sepah pasdaran.
L'associazione dei rifugiati politici iraniani residenti in Italia, rivolge i suoi migliori auguri al popolo iracheno ed alle forze politiche che hanno dimostrato, nonostante una forte interferenza iraniana, una grande maturità politica pagando sulla loro pelle il prezzo dell'indipendenza politica dal regime iraniano.

Davood Karimi, Presidente dell'Associazione dei rifugiati politici iraniani in Italia

lunedì 22 marzo 2010

Traffico d'armi: restano in carcere i 2 iraniani arrestati


Davood Karimi: piena soddisfazione della comunità iraniana al rifiuto del rilascio dei terroristi khomeinisti arrestati nell'ambito delle indagini svolte dalla magistratura milanese.
Ansa.it

Il ministro degli Esteri di Teheran ne aveva chiesto il rilascio
22 marzo, 18:56


(ANSA) - MILANO, 22 MAR - Restano in carcere i 2 iraniani arrestati nell'ambito di un'inchiesta della Procura di Milano su un presunto traffico d'armi verso l'Iran. Lo ha deciso il Tribunale del Riesame, respingendo le istanze avanzate dalle difese. Anche il ministero degli Esteri di Teheran ne aveva chiesto il rilascio. Il 3 marzo le indagini avevano portato all'arresto di Hamid Masoumi-Nejad, giornalista della tv iraniana accreditato da anni presso la Sala stampa estera a Roma, e di Ali Damirchilu, fermato a Torino.

domenica 21 marzo 2010

UN'ALTRA PROVA DEL COINVOLGIMENTO DELL'IRAN NEL TERRORISMO INTERNAZIONALE


Afghanistan/ Talebani addestrati in Iran ad attacchi con bombe

11:18 - ESTERI- 21 MAR 2010



Due comandanti al Times: 3 mesi di formazione oltre il confine
Roma, 21 mar. (Apcom) - Centinaia di combattenti talebani sono stati addestrati in Iran alla fabbricazione e all'uso degli ordigni esplosivi improvvisati: è quanto hanno rivelato alcuni comandanti degli 'studenti del Corano', citati dal quotidiano britannico The Times. Secondo la confessione di due leader talebani, i combattenti islamici avrebbero trascorso tre mesi di addestramento in Iran durante la stagione invernale, in un campo che si trova a circa un'ora dalla città di Zahidan, non lontano dal confine con l'Afghanistan. Il primo mese di addestramento è stato dedicato agli attacchi ai convogli militari, il secondo alla confezione e all'uso degli Ied, gli ordigni esplosivi improvvisati. Il terzo mese di formazione, secondo quanto raccontato da almeno due comandanti talebani, è stato speso per l'addestramento in attacchi a basi e checkpoint militari.

sabato 20 marzo 2010

MESSAGGIO DI SALUTO MINISTRO RONCHI PER CAPODANNO IRANIANO


Nella foto Ministro per le politiche comunitarie Andrea Ronchi che ringrazio di cuore per la sua vicinanza al popolo e alle famiglie dei caduti e dei prigionieri politici iraniani.
Il testo del messaggio d'augurio del ministro Ronchi in occasione della più grande festa nazionale persiana Nowruz:



“Il Nowruz, il giorno del capodanno e festa dell’equinozio di primavera, così importante e storicamente sentito da tutti gli iraniani, è ormai arrivato.
Come ogni nuovo anno, come ogni inizio, l’auspicio di prammatica è che ciò che verrà sia migliore di ciò che è alle spalle. Ma questa volta l’augurio ha un sapore diverso, più profondo e doloroso. Perché l’auspicio che mi sento di rivolgere per voi al nuovo anno è uno sola: un futuro diverso ma che parta da oggi, per il popolo iraniano che senza colpe soffre e subisce la crudeltà e la continua umiliazione da parte del regime di Teheran. Un futuro che veda la libera affermazione di quella “rivolta delle idee” che ha portato nelle strade milioni di giovani iraniani e che ancora una volta i pasdaran hanno cercato di reprimere in maniera scientifica e sistematica.
Tutto ciò non può più essere tollerato dalla comunità internazionale che dovrà fare passi concreti e inequivocabili per isolare questo odioso regime. Mi batterò, per quanto posso, perché ciò accada. È la mia promessa. E allora, che il nuovo anno sia foriero di prosperità, di serenità e, soprattutto, di ciò che deve appartenere al popolo iraniano e di cui viene indegnamente privato: la libertà.

In questo augurio come nella vostra lotta, vi sono vicino, il popolo italiano vi è vicino.

Buon Nowruz allora, a tutti voi”.

mercoledì 17 marzo 2010

«La mia Neda riscatterà l'Iran»






di Luigi Spinola
Intervista al fidanzato della ragazza uccisa a Teheran




Sono le sei e trenta di un caldissimo 20 di giugno a Teheran, quando Neda Agha-Soltan viene trafitta da un colpo d'arma da fuoco sparato da un miliziano. In pochi minuti la ragazza se ne va. Il filmato della sua agonia esporta ai quattro angoli del mondo la passione dell'Onda verde. E la martire diventa la guida più potente del movimento che vuol cambiare l'Iran.

Di una cosa Makan Caspian è certo. La sua fidanzata Neda a quell'incrocio letale tra via Khosravi e via Alahei non ci è capitata per caso. «Neda e io ne parlavamo molto in quei giorni» ricorda Makan, in visita alla redazione del Riformista. «Lei non era neanche andata a votare, eppure è subito scesa per strada a manifestare. Le chiedevo: “Per cosa protesti?” Lei diceva: “Ci vado perché gli imbrogli sono così evidenti, il comportamento del regime talmente offensivo, che le persone che oggi chiedono solo che venga rispettato il loro voto, alla fine vorrano cambiare tutto”. Neda sapeva quello che voleva. Ed è per questo che è diventata un simbolo».

Il regista e poeta Makan Caspian è a Roma per partecipare a un forum sui diritti umani in Iran, organizzato dalla rivista l'Interprete Internazionale con Radio Radicale. Ha lasciato Teheran «due mesi dopo essere stato liberato dal carcere di Evin». Da allora Makan gira il mondo per «rompere il muro del silenzio che nasconde le sofferenze del mio popolo». E raccontare la storia di Neda.

Come vi siete incontrati?
Ho conosciuto Neda durante un viaggio in Turchia. Avevamo molte cose in comune, ci trovavamo d'accordo quasi su tutto. E dopo un po' che stavamo insieme abbiamo deciso di sposarci. Volevamo passare molto tempo all'estero. Neda già all'Università aveva avuto dei problemi, era troppo libera.

Neda si era iscritta a Filosofia ma era anche un'appassionata musicista. Che progetti aveva?
Aveva scelto Filosofia perché voleva capire come nascono le religioni. Credeva che per aver un rapporto con Dio non fosse necessario farsi “complice” degli apparati religiosi. Gli studi però non le davano soddisfazione. Era un'artista. E quando ha scoperto la musica la sua vita è cambiata. Prima il solfeggio poi il canto, il violino e il pianoforte che diventò il suo strumento prediletto. Ma era ossessionata dalla sua voglia di libertà. Voleva sapere perché agli iraniani fosse negato il più elementare diritto alla libertà. Quali sono le strade che conducono alla libertà? Era sempre pronta a discuterne.

Era persuasiva Neda? È la sua fidanzata che l'ha guidata verso la dissidenza?
La mia famiglia aveva un orientamento politico poco ortodosso, sin dall'infanzia sentivo parlare del rapporto tra politica e società. Quando ho iniziato la scuola elementare è scoppiata la rivoluzione. Ed è cambiato tutto. S'immagini che a otto anni ho dovuto rinunciare alle lezioni di musica a causa di una discussione politica con la mia insegnante. Sono cresciuto con la passione per la politica. E volevo parlare anche di politica nei miei film e nelle mie poesie. Ma le autorizzazioni non arrivavano, i libri non venivano pubblicati. Ho dovuto cambiare tema. Neda mi ha insegnato due cose importanti: il coraggio e la speranza nel cambiamento.

La storia di Neda spaventa il regime. Dopo la sua morte le è stato negato il funerale. E da allora ogni commemorazione viene repressa. Il potere ha incolpato della sua morte l'opposizione interna, i servizi stranieri, perfino la Bbc...Quanto è forte la pressione del regime nei confronti degli amici e dei familiari di Neda?
Dal giorno in cui è stata uccisa le forze di sicurezza hanno messo sotto controllo amici e parenti perché non volevano che si parlasse di lei. Per questo nella prima intervista che ho rilasciato alla Bbc non ho parlato della sua attività politica. Ho detto che Neda passava di lì quasi per caso. Ma non potevo restare a lungo in silenzio. E quando ho definito omicidio volontario la morte di Neda sono stato arrestato. Il regime continua ancora oggi a minacciare la famiglia di Neda per non farla parlare. E come ha ricordato lei, hanno inventato decine di sceneggiature sulla sua morte. Ma nessuna di queste bugie ha fatto strada. E il martirio di Neda ha dato forza al movimento di protesta.

Ogni volta che viene data per finita, spezzata dalla repressione, l'Onda verde rispunta nelle strade iraniane. Ma la gente che protesta è sempre di meno. Il movimento è ancora in grado di impensierire il potere?
Il movimento non si fermerà, ora sta rafforzando il suo corpo. La cosa più importante al momento è riuscire a unire gruppi molto diversi di persone scontente. Il fatto che ci sia meno gente in piazza non significa che la protesta sia più debole. Il consenso popolare per l'opposizione sta crescendo.

Ed è ancora un'opposizione riformista, che si affida a leader che fanno parte del sistema sperando di cambiarlo?
Io credo che questo ormai sia un movimento rivoluzionario, ma vedremo tra alcuni mesi se è davvero così. I leader come Mousavi e Karrubi hanno scoperto di stare dalla parte del popolo solo dopo i brogli elettorali. Ma hanno molto da farsi perdonare. Non dimentichiamo il passato, questi politici solo temporaneamente possano rappresentare le aspirazioni del popolo iraniano. Ma con loro non andremo molto lontano.

E il resto del mondo che peso ha nella partita iraniana?
La solidarietà internazionale è importante. Per quanto riguarda il confronto sul nucleare, non credo che possa influenzare in un senso o nell'altro la lotta per la libertà degli iraniani. Personalmente penso che a una dittatura non dovrebbe essere permesso di sviluppare un programma nucleare. Ci vorrebbero sanzioni più dure. Ma attenzione, un'azione militare contro di noi sarebbe una catastrofe.

martedì 16 marzo 2010

IRAN: GRANDI SCOTRI TRA LE FORZE DELL'ORDINE E LA POPOLAZIONE

Iran: scontri in piazza a Teheran, in fiamme foto Khomeini e Khamenei

Teheran, 16 mar. - (Adnkronos/Aki) - Si registrano i primi scontri a Teheran tra dimostranti antigovernativi e forze di sicurezza in occasione delle celebrazioni di Chaharshanbe Suri, la 'Festa del Fuoco'. Violenti tafferugli sono in corso a piazza Enqelab, dove nelle scorse ore si erano radunati reparti antisommossa di basij e di Guardie della Rivoluzione, stando a quanto ha riferito l'emittente 'al-Arabiya'.

venerdì 12 marzo 2010

Fiamma Nirenstein: Uno strano incontro con i diritti umani


Fonte:Fiamma Nirenstein blog


Venerdì, 11 marzo 2010

Cari amici,

questa mattina la signora Navanethem Pillay, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, è stata ascoltata dal Comitato permanente sui diritti umani della Commissione Esteri, della quale sono vicepresidente. Voglio comunicarvi brevemente la mia sorpresa, e l’ho espressa molto chiaramente anche alla Pillay, che comunque ringrazio di nuovo per l’istruttiva visita. La signora ha interpretato l’incontro come un’occasione per rivolgere all’Italia molti rimbrotti sulla nostra politica verso l’immigrazione e su quella che lei considera una criminalizzazione dell’immigrazione clandestina. Lo stesso ha detto sui Rom, e ha invitato i deputati a giustificarsi, anzi a discolparsi. L’invito non è stato accolto né a destra né a sinistra, anzi, parecchi hanno sentito il bisogno di rivolgere domande alla Commissaria di un’organizzazione che definire problematica è dir poco, sia per la sua scarsa incisività che per la sua intollerabile partigianeria.
Personalmente ho ricordato alla signora che il Consiglio per i Diritti Umani dell'Onu, organismo sottoposto alla Commissaria Pillay, nasce dalla screditata Commissione per i Diritti Umani, che vide tra i suoi presidente anche un campione del rispetto del diritti umani come la Libia e che fu sciolta da Kofi Annan nel 2006, dopo che aveva dedicato gran parte del suo lavoro a difendere, invece che i dissidenti, quasi tutti i dittatori del mondo.
Ho ricordato alla Commissaria Pillay che una volta creato, il Consiglio ha riprodotto le solite maggioranze automatice, mussulmane e terzomondiste. Che adesso, sempre a causa di queste maggioranze precostituite, l’Iran rischia di entrare a farne parte, dal giugno prossimo, avendo proposto una sua forte candidatura nell’ambito del blocco regionale asiatico, che vede come altri candidati la Thailandia, il Qatar, la Malesia e le Maldive. Ho ricordato alla signora che Caspian Makan, dissidente iraniano che fu il fidanzato di Neda Soltan, l’eroina della libertà uccisa a Teheran nel giugno scorso, che sarà ospite del Parlamento italiano la prossima settimana, proprio nei giorni scorsi, a Ginevra per partecipare a un summit per i diritti umani, ha chiesto al Consiglio di impedire un simile scempio, che, per citare le sue parole, "minerebbe la credibilità delle Nazioni Unite e non farebbe altro che conferire all'Iran una legittimazione per andare ancora oltre nella violazione dei diritti umani".
Ho anche ricordato alla signora che su 33 condanne per violazione dei diritti umani emanate dal Consiglio per i Diritti Umani dal 2006, la bellezza di 27 sono dedicate a Israele; così come la promozione della “Durban Review Conference”, nota a tutti come "Durban II", in teoria contro il razzismo e in realtà contro Israele, e il rapporto Goldstone sulla guerra tra Hamas e Israele dell'anno scorso, sono tutte fantastiche realizzazioni del Consiglio.
L'Alto Commissario Pillay ha risposto in maniera molto determinata e direi persino aggressiva, sostenendo che i Paesi membri hanno tutti gli stessi diritti, compreso l’Iran, che nessuno è perfetto: c'è chi viola di più e chi meno i diritti umani e di certo l’Italia non vorrà mettersi ora nei panni del giudice supremo. In questo senso, la presidenza libica dal 2003 della precedente Commissione Diritti umani, alla signora Pillay non ha fatto per nulla specie.
Venendo a Israele, Pillay l’ha detta proprio molto grossa: lungi dal mostrare qualsiasi resipiscenza nei confronti di dati davvero eclatanti che indicano un accanimento del Consiglio verso quel Paese, ha detto che si sente fare spesso queste osservazioni, ma che non la colpiscono affatto. Per lei, l'ha detto chiaro e tondo, i violatori basilari dei diritti umani presi in esame sono stati due: il Sud Africa dell’apartheid e l’Israele dell’occupazione. Adesso, ha concluso, l’apartheid è finito mentre l’occupazione no, ed è ciò che induce alla lunga serie di sanzioni contro Israele. Capito? Apartheid... Israele... l’assonanza che subito è venuta in mente alla signora Pillay ci preoccupa parecchio, ricorda troppo la settimana dell’apartheid che gli estremisti dei campus hanno dedicato proprio in questi giorni allo Stato Ebraico, ricorda il libro di Jimmy Carter. Un mantra, quello "Israele eguale apartheid", che richiama quello antico della risoluzione Onu del 1975, “sionismo eguale razzismo” e ne è la continuazione. Ed è l'Alto Commissario per i Diritti Umani dell'Onu che lo ripropone oggi.
Non una parola di preoccupazione abbiamo sentito dalle labbra della signora Pillay per l’Iran, la Corea del Nord, la Birmania, la Cina, il Sudan, i paesi autocratici in cui è proibito essere cristiani ed ebrei e perfino essere donna in maniera piena e dignitosa. Nonostante la nostra richiesta di garanzie, nessuno ci ha promesso che l’Iran a giugno non entrerà a far parte del Consiglio per i Diritti Umani. Anzi, ci pare di veder balenare questa concreta possibilità nel prossimo futuro.


Davood Karimi: condivido pienamente le osservazioni dell'Onorevole Nirenstein

mercoledì 10 marzo 2010

APPELLO PER L' IMMEDIATA LIBERAZIONE DEL REGISTA IRANIANO JAFAR PANAHI


La data del 12 giugno ha segnato una importante tappa nella lotta del popolo iraniano per la libertà e la democrazia in Iran e allo stesso tempo ha dimostrato agli occhi dell'opinione pubblica mondiale quanto sia feroce l'identità e l'esistenza del regime fondamentalista dei mullah in Iran. Al grido di viva la libertà e la democrazia il regime di Ahmadinejad ha risposto con le pallottole e la tortura e l'eliminazione fisica. Il famoso cerchio della repressione e del terrore ha toccato perfino gli stessi perimetri governativi che per tanti anni sono stati usati e sfruttati come lo scudo in difesa del regime islamico.
L'ombra della repressione e della violenza ha toccato tutti i ceti sociali e non ha risparmiato nessuno. Il che significa che il regime del terrore non intende assolutamente prendere in considerazione la voce del popolo e proseguirà sulla strada dell'eliminazione fisica di qualsiasi voce di opposizione. L'arresto immotivato e la detenzione prolungata e senza giustificazioni di Jafar Panahi, noto regista del famoso film "CERCHIO", premio leone d'oro del festival di Venezia 2000, ci preoccupa molto e per la sua liberazione ci rivolgiamo al governo italiano, alle istituzioni umanitarie e alle forze politiche sollecitando un loro intervento presso il regime iraniano chiedendo l'immediata liberazione del regista e di tutte le persone arrestate durante le manifestazioni di protesta. In tal senso invitiamo tutte le forze politiche di scendere in piazza, insieme a noi, per chiedere la liberazione del regista Jafar Panahi e per protestare contro la repressione del popolo iraniano.
Per le adesioni scrivere all'indirizzo email: irandemocratico@yahoo.it
Davood Karimi, presidente dell'associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia

Iran/ Parigi chiede libertà Panahi e sostiene poetessa Behbahani

di Apcom
Kouchner: il regista deve essere liberato, con lui Mitterand

Parigi, 9 mar. (Apcom) - Parigi, per voce del capo della diplomazia francese, Bernard Kouchner, chiede la liberazione del regista iraniano e simpatizzante dell'opposizione Jafar Panahi, arrestato il 3 marzo dalle forze di sicurezza di Teheran perché preparava un film sulle manifestazioni post-elettorali in Iran, ritenuto "ostile al regime", secondo alcuni siti internet. Il ministro ha inoltre espresso il suo sostegno alla poetessa Simin Behbahani, alla quale è stato impedito di andare in Francia dove era attesa per un intervento sul femminismo in occasione dell'8 marzo. "Il cineasta Jafar Panahi di cui non si ha notizia deve essere liberato", ha auspicato Kouchner, e la poetessa Simin Behbahani "va sostenuta", ha aggiunto nel corso della cerimonia "Créateurs sans frontières" a Parigi, in cui sono stati premiati dodici artisti e mecenati francesi. Anche il ministro della Cultura francese, Frederic Mitterrand, è intervenuto sulla sorte "estremamente preoccupante" di Pahani e del divieto imposto alla signora Behbahani di lasciare l'Iran. Ex assistente di Abbas Kiarostami, Panahi, 49 anni, è uno dei cineasti della "nouvelle vague" iraniana più noti all'estero. Nel 2000 ha ottenuto il Leone d'oro alla Mostra del Cinema di Venezia per "Il Cerchio" e l'Orso d'argento alla Berlinale del 2006 per "Offside". Panahi era già stato arrestato una prima volta il 30 luglio dell'anno scorso mentre partecipava in un cimitero di Teheran ad una commemorazione di Neda Aqa-Soltan, la manifestante uccisa durante i disordini post-elettorali. (fonte Afp)

Iran/ Ronchi: "Dalla Ashton mi aspetto risposte concrete" "Contro Teheran gesti forti, inserire Pasdaran in lista nera"


Nella foto ministro Ronchi
ESTERI APCOM
L'Europa deve fare di più contro il regime iraniano: a chiederlo è il ministro delle Politiche europee Andrea Ronchi, che oggi a Roma ha partecipato alla presentazione del libro del giornalista italo-iraniano, Ahmad Rafat, dal titolo "Iran, la rivoluzione on-line". "Chiedo alla responsabile per la politica estera europea Catherine Ashton che si appresta domani a presentare il suo programma, di dare il via a un nuovo corso dando risposte concrete per la sicurezza, per la stabilità anche fuori dai confini europei, in linea con lo spirito del Trattato di Lisbona. E questo nel caso dell'Iran è più che mai valido", ha detto Ronchi. "Contro l'Iran - ha proseguito il ministro - servono gesti forti, definitivi. Inserire i Pasdaran, i guardiani della rivoluzione, veri carnefici della repressione, nella lista nera delle organizzazioni terroristiche è il primo tra questi: mettere al bando chi rappresenta una minaccia per la vita e per la libertà degli stessi cittadini iraniani". Ronchi ha osservato che "si parla di inasprire le sanzioni ma queste, inevitabilmente, ricadrebbero sul popolo inerme e incolpevole. Più efficace forse sarebbe il blocco delle transazioni finanziarie dei Pasdaran, ma anche questo non è sufficiente. Quello che serve davvero è una politica di isolamento che l'occidente, tutto, ha il dovere di attuare nei confronti del regime iraniano".


POL - Iran, Ronchi: Ascoltare grido d'allarme di Peres e isolare il regime

Roma, 9 mar (Velino) - “Comprendo perfettamente il grido d’allarme di Shimon Peres. Già nell’incontro di qualche mese fa traspariva con tutta la forza la preoccupazione di un grande leader. Le parole di oggi confermano in pieno che l’Occidente ha fatto poco, per far capire che qui c’è un problema morale e culturale prima che politico”. Lo afferma al VELINO il ministro per le Politiche comunitarie Andrea Ronchi, a margine della presentazione del libro “Iran, la rivoluzione online”, a proposito della richiesta del capo di Stato israeliano Shimon Peres di estromettere l’Iran dall’Onu. “Non credo – spiega Ronchi - che sia una strada oggettivamente praticabile, ma non derubrichiamo le parole di un saggio come Peres a mera provocazione e cerchiamo di capire come isolare politicamente l’Iran. Come si può tollerare – ha proseguito Ronchi - che ancora vadano in giro delle persone, religiose o meno che, come primo punto all’ordine del giorno della loro agenda politica mettono la distruzione dello stato di Israele? Oltre le sanzioni – ha aggiunto il ministro - bisogna fare in modo che scatti l’isolamento politico mondiale nei confronti dell’Iran”.

E in questo senso, Ronchi rivolge la propria attenzione alla relazione che mercoledìì l’Alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza Ue Catherine Ashton terrà davanti all’Europarlamento: “Mi aspetto – dice Ronchi - che la Ashton non faccia un discorso di prassi. Dalla sue parole misureremo se l’Europa è in grado di avere una politica estera e un ruolo di player nella politica mondiale. Mi aspetto molto sull’Iran, e valuteremo senza fare sconti”. Nel corso del dibattito, al quale ha partecipato anche l’ex-segretario diessino Piero fassino, Ronchi aveva sottolineato che nell’attuale situazione iraniana, “l’Europa ha delle colpe enormi. Abbiamo anche questo, come governo italiano, che il semestre spagnolo di presidenza si caratterizzasse per la pressione diplomatica sull’Iran. Abbiamo avuto risposte formali. In Iran è in atto un golpe strisciante, direi quasi intelligente, e l’Occidente si sta abituando a questo”.

(Mauro Bazzucchi) 9 mar 2010 13:53

"Islam e viaggi all'estero Vi racconto l'Iran di Neda"

Fonte: La Stampa.it



Candele di fronte a un ritratto di Neda.




Parla il fidanzato della ragazza:
«Era una testimone di libertà»

FRANCESCO DE LEO
GINEVRA
Neda non era una ragazza comune, era diversa dai coetanei. Credeva nel valore della democrazia, cercava delle soluzioni per il suo Paese e combatteva per la libertà». Makan Caspian era il fidanzato di Neda Agha Soltan, la ragazza iraniana uccisa nelle strade di Teheran a giugno durante le manifestazioni di protesta seguite alle elezioni presidenziali. Parla a Ginevra, a margine del secondo summit per i diritti umani, la tolleranza e la democrazia, organizzato in concomitanza con il consiglio per i diritti umani dell’Onu. Si appresta a partire per Roma, dove nei prossimi giorni parteciperà a un seminario organizzato dal mensile di politica estera «L’interprete internazionale». Nel nome di Neda, racconta Caspian, in Iran cresce «la voglia di cambiamento e di una vera democrazia».

L’immagine di Neda è diventata il simbolo di tutte le battaglie degli iraniani per la libertà?
«Sicuramente. La sua storia è simile a quella di tantissime altre persone che negli ultimi decenni sono state vittime in Iran di esecuzioni ad opera del regime. Il filmato della sua morte, che ha fatto il giro del mondo grazie alla potenza delle nuove tecnologie, rappresenta allo stesso tempo l'immagine del crollo del regime iraniano e la grande speranza di cambiamento per la nostra società. Il suo sacrificio è stato un regalo bellissimo per l'Iran. Il più bello che si potesse immaginare».

Chi era Neda e cosa ricorda di lei?
«Quando ci ha lasciato aveva 26 anni, era nata nel gennaio del 1983. Adorava la filosofia, aveva cominciato a studiarla, ma poi le brutte caratteristiche del nostro sistema di insegnamento l'avevano dissuasa. Aveva abbandonato quella sua passione per dedicarsi alla musica, cominciando a prendere lezioni. Insieme fantasticavamo su progetti bellissimi. Io studio economia e pensavamo di trasferirci all’estero. Non potrò dimenticare un istante di quelli trascorsi con lei. Il suo volto felice, il suo adattarsi a tutto. Spesso le dicevo di non riuscire a trovare proprio nulla di negativo nel suo carattere».

Non aveva paura?
«Affatto. Era ben consapevole dei rischi. Cercavo di dissuaderla, non volevo scendesse in piazza per protestare. Avrei voluto spaventarla, ma lei era più forte, amava la libertà e non riusciva a trattenersi. Non aveva votato alle elezioni, considerandole alla fine solo una inutile scelta tra due mali. Ma quando cominciarono le proteste, lei era in strada come gli altri».

Come apprese della sua morte quel 20 giugno?
«Con una telefonata: così ho saputo che Neda non c’era più. Mi è sembrato di morire. Anch’io come lei. Ero sicuro che non sarei riuscito a farcela, ma poi pian piano il valore di quel sacrificio ha cominciato a trasmettermi speranza».

Neda era credente?
«Posso dire di sì, solo se intendiamo l'autentica religione islamica. Lo era come la sua famiglia, ma sicuramente era totalmente distante da quanto imposto dal governo iraniano. Non è quello il vero Islam».

Cosa pensa accadrà al movimento verde iraniano? Sarà schiacciato dalla forza del regime?
«Ho tanta fiducia. Spero di no. Ma ci vorrà ancora del tempo purtroppo per vedere dei risultati positivi».

Che idea si è fatto del movimento verde? Quanto esiste di spontaneo e in che modo questa opposizione al regime è legata ai vecchi leader riformisti?
«In Iran Mousavi, Karroubi e Khatami si definiscono leader dell'Onda Verde, così come anche all'estero ci sono personaggi che si propongono come referenti del movimento. Io credo non sia vero. La società iraniana ha bisogno di un radicale cambiamento, la gente iraniana desidera questo e basta. I leader riformisti non sono e non garantiscono un vero cambiamento del sistema. Loro pensano a figure rappresentative da cambiare, come quella del presidente per esempio, ma non comprendono come la gente stia mettendo in discussione le basi sui cui si basa la Repubblica islamica. Se Mousavi andasse al potere, non potrebbe esserci una reale democrazia. Quella che sogniamo è reale, dunque totale. La religione su cui si basa questo regime non risolverà nulla. È un fatto privato e ognuno deve mantenerla privata. Nessuna religione può occuparsi di politica»

lunedì 8 marzo 2010

8 MARZO, AUGURI A TUTTE LE DONNE



I miei più sinceri auguri a tutte le donne del mondo in particolar modo a quelle iraniane come Neda Agha Soltan, che in questi giorni, a costo del sacrificio della vita sono diventate pioniere della libertà e della democrazia in Iran.

sabato 6 marzo 2010

COMUNICATO STAMPA SULLA PARTECIPAZIONE DEI RAPPRESENTANTI DELLE FORZE ARMATE DEL REGIME IRANIANO AI GIOCHI INVERNALI IN VALLE D'AOSTA

In merito alla partecipazione dei rappresentanti delle forze armate del regime dei mullah aderisco in pieno alle preoccupazioni dell'Arci Valdostana sull'opportunità della partecipazione dei rappresentanti delle forze armate del regime terrorista iraniano ai giochi invernali in programma in Valle d'Aosta dal 20 al 26 marzo. In qualità del presidente dell'Associazione rifugiati politici iraniani residenti in italia chiedo l'esclusione immediata dell'Iran dalle competizioni sportive invernali sopraindicate. Le donne e gli uomini che hanno sacrificato la loro vita per la libertà e la democrazia in Iran non perdoneranno mai un tale sacrilego al loro nome e alla loro causa. Pertanto chiedo ai responsabili delle gare sportive invernali della valle d'Aosta di rivedere immediatamente il programma ed escludere i rappresentanti del regime terrorista e fondamentalista dei mullah. Chiedo alle forze politiche italiane di protestare presso le autorità competenti aderendo alla nostra legittima richiesta.
Davood Karimi, presidente dell'Associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia

Giochi mondiali militari: Arci contesta presenza Cina e Iran Definiti ''Stati canaglia in materia di diritti umani''




Davood Karimi: aderisco in pieno alle preoccupazioni dell'Arci Valdostana sull'opportunità della partecipazione dei rappresentanti delle forze armate del regime terrorista iraniano ai giochi invernali in programma in Valle d'Aosta dal 20 al 26 marzo. In qualità del presidente dell'Associazione rifugiati politici iraniani residenti in italia chiedo l'esclusione immediata dell'Iran dalle competizioni sportive invernali sopraindicate. Le donne e gli uomini che hanno sacrificato la loro vita per la libertà e la democrazia in Iran non perdoneranno mai un tale sacrilego al loro nome e alla loro causa. Pertanto chiedo ai responsabili delle gare sportive invernali della valle d'Aosta di rivedere immediatamente il programma ed escludere i rappresentanti del regime terrorista e fondamentalista dei mullah. Chiedo alle forze politiche italiane di protestare presso le autorità competenti aderendo alla nostra legittima richiesta.
06 marzo, 19:04

(ANSA) - AOSTA, 6 MAR - Dubbi sull'opportunita' di una manifestazione sportiva che ha come obiettivo 'far comprendere il formidabile ruolo delle Forze Armate moderne al mantenimento della pace nel mondo attraverso lo sport' e poi ''si fregia della partecipazione di militari di Stati canaglia, in materia di rispetto dei diritti umani, come Cina e Iran''. Li esprime, in una nota, l'Arci valdostana riferendosi ai Giochi mondiali militari invernali in programma in Valle d'Aosta dal 20 al 26 marzo. L'Arci critica la presenza della Cina ''che censura il web, imprigiona i dissidenti, occupa il Tibet e il cui cosiddetto Esercito Popolare ha sparato sul popolo che manifestava in piazza Tiennamen''. Per quanto riguarda l'Iran, inoltre, l'Arci si chiede se ''nei giorni in cui gli scherani di uno Stato teocratico picchiano, torturano, sequestrano e uccidono manifestanti e dissidenti, Aosta dovrebbe essere orgogliosa di accogliere una delegazione militare iraniana?''. E aggiunge: ''Noi non chiediamo sanzioni che colpiscano il popolo iraniano, ne' tanto meno sciagurate guerre umanitarie, ma pretendiamo, da cittadini del mondo, che non siano concessi onori e ospitalita' ai rappresentanti dei carnefici di altri cittadini. La delegazione iraniana sara' ospite non gradito, almeno fino a quando continueranno le persecuzioni nei confronti degli oppositori al Regime''. (ANSA).

Il Giornale.it:«Ma quel cronista è una spia» Ecco tutte le carte dell’inchiesta




Nota di Davood Karimi: ultimamente ho avuto un incontro con un uomo politico italiano, appartenente all'opposizione al governo del presidente Berlusconi, che fin dall'inizio del suo discorso, ha fortemente speso le sue difese a favore del regime terrorista di Ahmadinejad accusandomi addirittura di essere al servizio degli americani e degli israeliani. Gli ho fatto i miei migliori complimenti per avere delle fonti all'interno dell'intelligence del regime di Ahmadinejad. Credo che la personalità politica di cui si parla in questo servizio abbia a che fare con questo uomo di cui il nome rimane per il momento segreto.


di Luca Fazzo
ilGiornale.it

Milano
Chi è davvero Nejad Masoumi? Un giornalista serio e scrupoloso, come raccontano i suoi colleghi della stampa estera a Roma? Un cronista coraggioso, che sta pagando col carcere le sue inchieste sull’Italia di Berlusconi, come afferma il governo di Teheran, indignato per il suo arresto? O una spia al servizio del Mois, il servizio segreto di Ahmadinejad, inviato in Italia per influenzare l’opinione pubblica e trafficare in armi, come sostengono i nostri servizi segreti e la Procura di Milano?
A tre giorni dalla retata che ha spedito in carcere Masoumi, corrispondente dall’Italia della Islamic Republic Iran Broadcasting, un suo connazionale e cinque italiani, una risposta a queste domande arriva dalle pagine dell’ordinanza di custodia notificata agli indagati dalla Guardia di finanza di Milano. E quel che ne esce è il ritratto di un personaggio lontano dai consueti comportamenti di un giornalista. «Il Pm ha sottolineato come costui, iraniano da anni residente a Roma, con ogni probabilità rivesta un ruolo di rilievo nei servizi segreti del proprio Paese (...) Masoumi infatti svolge ufficialmente la professione di giornalista della radio tv iraniana, ancorché nella dichiarazione dei redditi 2005, ultima presentata, avesse indicato quale proprio datore di lavoro la compagnia aerea Iran Air (..) egli utilizza poi una utenza fissa romana intestata al ministero delle Comunicazioni e risulta coniugato con una impiegata dell’ambasciata iraniana; al numero telefonico dell’Ambasciata, peraltro, egli si rivolge frequentemente, avanzando però richieste e proposte ad un funzionario di sesso maschile presso cui pare avere molto credito. Dalle intercettazioni effettuate gli inquirenti hanno notato come il Masoumi riferisca a costui in merito a notizie acquisite nel corso della propria attività anche da altri giornalisti, e, in particolare, relativamente al sostegno goduto in Italia dalla rete antagonista iraniana nota come «Onda Verde» sorta dopo le ultime elezioni nel Paese mediorientale. Sono state infatti captate conversazioni dal tenore assai equivoco con diversi giornalisti italiani che a vario titolo si erano interessati della questione e che paiono aver ceduto alle sue richieste di ammorbidimento delle notizie in cambio dei canali privilegiati nell’ottenimento di visti per l’ingresso in Iran».
Ce ne sarebbe già abbastanza, come si vede, per inquadrare il garbato e baffuto reporter più come un emissario governativo che come un giornalista in senso stretto. Ma poi c’è il resto, che è il capitolo più inquietante: l’intervento diretto di Masoumi per organizzare l’importazione in Iran, in violazione dell’embargo disposto dalla Comunità europea, di nove elicotteri. Alle 13.31 dello scorso 24 ottobre il giornalista viene intercettato mentre telefona all’avvocato torinese Raffaele Rossi Patriarca. In realtà, se Masoumi è un giornalista che non fa il giornalista, anche Rossi Patriarca è un avvocato che non fa l’avvocato. La sua specializzazione è il commercio di aerei ed elicotteri. Ed è a lui che Masoumi si rivolge per la commessa. Anche l’avvocato torinese è stato arrestato. Interrogato, ha ammesso la vendita degli elicotteri a Teheran, e ha detto che ad organizzare il suo viaggio in Iran fu proprio il giornalista. Rossi Patriarca ha sostenuto che non si trattava di apparecchi da guerra ma di elicotteri in «versione vip». Ma la sua versione è, secondo la Procura, smentita dai fatti. E anche dalle cautele che l’avvocato e il giornalista prendono per aggirare l’embargo: «Ti ho mandato un’altra mail, è la descrizione e alcune foto di una società italiana perfetta per poter fare tutta una serie di operazioni molto importanti su aerei, elicotteri, parti di ricambio», dice Rossi Patriarca a Masoumi.
Procurare al regime di Teheran tecnologia bellica aggirando le sanzioni, d’altronde, sembra la occupazione principale dell’organizzazione. Dalla loro parte, gli inquirenti hanno le ammissioni di Andrew Faulkner, un ex militare inglese, catturato a Londra con cento puntatori. E anche intercettazioni in cui si parla in modo piuttosto esplicito delle coperture che le attività della banda avrebbero in Italia grazie a un politico a libro paga. Ne parla uno degli arrestati, Alessandro Bon, conversando con il personaggio che da Teheran tira le fila di tutto l’import parallelo: Bakhtiyari Homayoun, che «in molte conversazioni viene indicato come agente dei servizi segreti del governo iraniano e in tale veste effettua gli acquisti per conto del governo iraniano». Il 22 agosto scorso, Bon parla al telefono con Bakhtiyari che è a Teheran: «Ogni sei mesi lui deve pagare un politico in Italia e non lo ha ancora pagato... e io ho bisogno dell’appoggio di questo politico, per cui manda i soldi a me così metto da parte il denaro per il politico e poi gli trasferisco i soldi di cui ha bisogno».
Nelle conversazioni con Bakhtiyari, Alessandro Bon si offre anche di procacciare materiale ad alta tecnologia per attività di spionaggio. Ma poi, quando si attiva per acquisire sul mercato internazionale l’attrezzatura, si presenta come emissario dei nostri servizi segreti e di una non meglio precisata «unità antiterrorismo». Anche se da Taiwan qualcuno subodora il trucco: «Può assicurarmi - gli scrive Maria Miao della Lawmate Technology - che questo ordine andrà alle unità antiterrorismo della polizia italiana? Abbiamo ricevuto un ordine identico dal nostro distributore unico in Iran per le forniture governative». Bon le risponde senza tentennamenti: «Cara Maria, non ho veramente idea di cosa stia facendo l’Iran perché questa nazione è sottoposta ad embargo da parte della nostra nazione, la nostra società lavora unicamente con la polizia italiana e con le Forze armate».
Microspie ed elicotteri, puntatori e spolette, sostanze chimiche e giubbotti da immersione. È un supermercato della tecnologia bellica, quello che passa per le mani dell’organizzazione. Faulkner, l’inglese arrestato per i puntatori, ammette anche una fornitura di caschi per elicotteristi militari: «Questi dichiara che le richieste di caschi riguardavano proprio materiale destinato a velivoli militari per l’Iran, sempre attraverso il sistema di triangolazione (comprendente la sosta alla prima apparente destinazione di Dubai). Lo stesso Faulkner dichiarava di essersi rivolto a Bon anche per reperire dei lanciagranate da vendere ai suoi clienti pakistani».
Ecco, questo è un sintetico quadro delle accuse. Resta una domanda: cosa dirà, adesso, l’ambasciatore iraniano a Roma?

Sale tensione fra Italia e Iran su caso traffico armi-punto

COMUNICATO STAMPA NUMERO 2 SULL'ARRESTO DEI TERRORISTI IRANIANI IN ITALIA
Ancora una volta vorrei ribadire la nostra netta posizione riguardo al recente arresto di uno degli agenti dei servizi segreti del regime fondamentalista dei mullah che sotto la copertura della professione del "giornalista" portava avanti la politica del terrorismo iraniano in Europa. Come ho già specificato in precedente comunicato la comunità iraniana ha accolto con grande entusiasmo il lavoro svolto dalla magistratura e dalle forze dell'ordine in campo della lotta al terrorismo e contro coloro che trasgredivano le sanzioni dell'Onu imposte al regime di Ahmadinejad. Secondo le informazioni in mio possesso la maggior parte delle armi sequestrate venivano usate in Iraq e in Afghanistan contro le forze stranieri dislocate per il mantenimento della pace e dell'ordine in questi paesi. E' doveroso ritenere che questa ammirabile operazione va anche considerato e apprezzato nell'ambito della salvaguardia della sicurezza dei soldati e delle forze militari italiane in Afghanistan e in altre parti del mondo. A nome dell'Associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia e di altre associazioni del mondo della dissidenza iraniana esprimo la piena solidarietà al governo italiano, al suo premier Berlusconi, al suo ministro degli esteri Franco Frattini e a tutti coloro che hanno lavorato freneticamente per scoprire questo giro terroristico iraniano. E alla fine chiedo alla magistratura italiana di non lasciarsi intimorire dalle minacce del regime iraniano e di proseguire sulla linea della fermezza e della determinazione.
Davood Karimi, presidente dell'Associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia





20:50 - ESTERI- 05 MAR 2010



Iran convoca ambasciatore; Frattini: "Reazione scomposta"

Roma, 5 mar. (Apcom) - La tensione fra Italia e Iran è salita fino a sfiorare la crisi diplomatica oggi dopo la convocazione dell'ambasciatore italiano a Teheran Alberto Bradanini da parte del ministero degli Esteri iraniano in merito alla vicenda di un presunto traffico d'armi proibito per cui sono stati arrestati due iraniani e cinque italiani. "L'ambasciatore d'Italia è stato convocato giovedì sera al ministero degli Affari esteri per spiegarsi sulle ragioni di questi arresti", ha indicato il portavoce della diplomazia iraniana, Ramin Mehmanparast, citato da diverse agenzie stampa locali. "Le informazioni pubblicate a riguardo mostrano un nuovo gioco destinato a creare digressioni ed ambiguità". Dura la reazione del ministro degli Esteri italiano Franco Frattini: "E' una reazione iraniana scomposta" ha detto da Cordoba, parlando ai giornalisti in dichiarazioni raccolte dal Tg1. "Respingo con fermezza qualunque insinuazione iraniana sull'uso strumentale dei recenti arresti da parte della Magistratura italiana", ha affermato Frattini in una nota,. In cui ha ribadito che "l'Italia si fonda sulle regole e sui principi dello Stato di diritto, in base ai quali la Magistratura è indipendente dal Potere Esecutivo. I due arrestati - altri due mandati d'arresto sono stati spiccati nei confronti di iraniani attualmente in Iran - sono Neyad Hamid Masoumi, 51enne residente a Roma e ufficialmente giornalista accreditato alla stampa estera, e Ali Damirchiloo, 55enne residente a Torino: sono sospettati di traffico d'armi a destinazione Iran, in violazione all'embargo internazionale, assieme a 5 italiani fra cui due ex dipendenti della Beretta. Il traffico sarebbe in corso dal 2007, basato su un "sistema triangolare" che coinvolge anche altri paesi europei, come la Germania, la Gran Bretagna, la Svizzera e la Romania.

mercoledì 3 marzo 2010

Traffico d'armi con l'Iran, nove arresti a Milano

Comunicato stampa
A nome dell'Associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia Faccio i miei migliori auguri al governo italiano e alle istituzioni che hanno condotto questa operazione contro il regime barbaro e liberticidio dei mullah iraniani. E' un'ottima iniziativa che va ammirata e sostenuta da tutte le forze politiche e da tutti coloro che temono una nuova guerra catastrofica del regime iraniano contro l'intero mondo civile. Vanno fermate ad ogni costo tutte le iniziative che portano l'acqua nel mulino del regime terroristico e fondamentalista dei mullah che mira a costituire un regno islamico nel medioriente prima e nel mondo dopo. Il mondo civile deve rispondere alle richieste del popolo iraniano sull'adozione delle sanzioni generali contro il regime iraniano. Questa operazione va sostenuta nell'ambito di questa richiesta.
Ancora un caloroso ringraziamento al governo e alle istituzioni competenti che hanno portato alla scoperta di questa criminale organizzazione iraniana.
Davood Karimi, presidente dell'associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia


3/3/2010 (8:36) - PROBABILE IL COINVOLGIMENTO DI ALCUNI AGENTI SEGRETI IRANIANI


In manette cittadini italiani e iraniani
La Guardia di Finanza sta procedendo all'esecuzione di nove arresti nei confronti di cittadini italiani e iraniani per il reato di associazione a delinquere finalizzata all’esportazione illecita di armi e sistemi di armamento verso l’Iran, in violazione dell’embargo internazionale.

Tra le persone colpite dalle misure cautelari, ci sono anche alcuni soggetti ritenuti essere appartenenti ai servizi segreti iraniani.

I particolari saranno riferiti nel corso della conferenza stampa che si terrà presso il Nucleo di Polizia Tributaria di Milano, alle ore 11.00 del 3 marzo 2010. Sarà presente anche il Procuratore Antiterrorismo della Procura della Repubblica di Milano, Dottor Armando Spataro.

martedì 2 marzo 2010

Arrestato Jafar Panahi con moglie e figlia Il regista iraniano "voleva andare a Berlino"

Iran: Bondi, a rischio collaborazione
Governo Teheran inverta rotta, subito liberazione regista
02 marzo, 14:26



(ANSA) - ROMA, 2 MAR -L'arresto del regista Jafar Panahi, 'conferma che il regime iraniano ha imboccato la strada della repressione piu' brutale', afferma Bondi.'Questo mostra la debolezza del regime - fa notare il ministro dei Beni Culturali che aggiunge: 'di questo passo la collaborazione in atto sul piano culturale e' destinata a interrompersi se non vi sara' da parte del governo iraniano una immediata inversione di rotta, a partire dalla liberazione del regista Panahi'.

Jafar Panahi
La Repubblica.it
Vincitore nel 2000 del Leone d'oro a Venezia e autore di due film denuncia, è stato prelevato ieri sera
dalle autorità di Teheran insieme ad altre 15 persone. Il figlio: "Aveva chiesto un visto per la Germania"


TEHERAN - E' stato arrestato ieri sera insieme alla figlia e a 15 ospiti invitati nella sua residenza di Teheran. Il regista iraniano Jafar Panahi, una delle voci più critiche dell'opposizione al presidente Ahmadinejad, è stato prelevato con la moglie, la figlia e altre 15 persone (tra cui anche attori e registi), da agenti dei servizi di sicurezza iraniani. L'uomo, autore di "Il Cerchio" e "Oro rosso", due film denuncia sull'Iran, è stato sequestrato dopo aver richiesto alle autorità un visto di uscita per partecipare, il mese prossimo, a una conferenza sul cinema iraniano a Berlino. Dopo aver negato il permesso, le autorità di Teheran, lo hanno prelevato dalla sua abitazione confiscando anche il computer personale e altro materiale.

Panahi ha 49 anni e nel 2006 aveva ricevuto l'Orso d'argento al Festival di Berlino per il film "Offside", la storia di alcune ragazze iraniane costrette a travestirsi da uomini per poter andare a vedere una partita della nazionale di calcio. Nel 2000 poi, il regista aveva vinto il Leone d'oro al festival di Venezia grazie al film "Il Cerchio", la storia di otto donne. La denuncia dell'arresto è arrivata dal figlio, Panah, che ha lanciato l'allarme sul sito web dell'opposizione "Rahesabz". Al momento il fermo non ha ricevuto alcuna conferma ufficiale da parte dei servizi di sicurezza iraniani. L'unica notizia certa è che "Panahi è stato portato via in una località sconosciuta".

Il 30 luglio dell'anno scorso Panahi, la moglie e la figlia erano già stati arrestati mentre prendevano parte alla commemorazione di Neda Aqa-Soltan, la giovane uccisa dai Pasdaran in una manifestazione dell'Onda verde a Teheran e diventata, con la sua morte, il simbolo della violenta repressione del regime. Poche ore dopo l'arresto i tre erano subito stati rilasciati. Al regista però era stato impedito di lasciare il Paese: non si sarebbe quindi potuto recare ai festival cinematografici di Mumbai, in ottobre, e di Berlino, nel febbraio scorso.

 
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