Ahmadinejad come Hitler. Marcia choc sul Libano
Il Giornale, 15 ottobre 2010
di Fiamma Nirenstein
Il presidente iraniano: "I sionisti non dureranno a lungo". E i leader di Beirut si prostrano davanti a lui, ricordando l’Austria dell’Anschluss
Shimon Biton guarda sconsolato nella sera, che in Medio Oriente arriva prima, le luci rutilanti che il villaggio di Maroun a Ras spara per fare onore a Ahmadinejad in visita sul confine del Libano con Israele. Il villaggio è a pochi centinaia di metri, dalla guerra del 2006 gli agricoltori libanesi ostaggio degli Hezbollah, non sono più venuti, spiega Biton. Shimon con la sua maglietta a striscia insieme ai suoi compagni del moshav (una specie di kibbutz) di Revivim cerca di lanciare nel vento qualche pallone bianco e blu: ha beccato sulla testa insieme alla sua famiglia e i suoi compagni, con morti e feriti, le aggressioni missilistiche degli Hezbollah per decenni. Adesso guarda da lontano le luci, e non può credere che esse stiano illuminando proprio colui che progetta e proclama ogni giorno la distruzione di Israele, lo sterminio degli ebrei, che nega lo shoah; è stupefatto che sia venuto quasi in casa sua di fatto a ispezionare l’avamposto meglio armato dell’Iran, il Libano di Nasrallah, con i suoi 40mila missili: «Io non l’ho visto, se lo vedessi gli direi complimenti, qui ormai le bandiere del Libano non si vedono più da nessuna parte, ci sono solo le tue insieme a quelle gialle degli Hezbollah. Hai ucciso il Libano».
Che ne pensa dell’idea di un deputato di estrema destra di tentare con qualche cecchino? Scuote la testa: «Non dimentichiamoci, dice, come cominciò la prima guerra mondiale». Ma qui viene da pensare non alla prima, ma alla seconda guerra, a Hitler e alla sua marcia di conquista che cominciò con l’Anschluss dell’Austria. Non ha usato mezze parole Arieh Eldad, deputato del partito dell’opposizione di destra Unione Nazionale, che ha proposto di approfittare della visita per assassinare Ahmadinejad. «Alla vigilia della seconda guerra mondiale, se un uomo avesse ammazzato Hitler, avrebbe cambiato il corso della storia», ha commentato.
Ed è stata davvero una triste Anschluss la marcia trionfale che Ahmadinejad ha compiuto in questi due giorni fino a Bid Jbeil, a Maroun a Ras e a Kfar Qana sul confine di Israele con i suoi tremila guardiani della rivoluzione al fianco degli Hezbollah. L’esercito libanese è risultato cancellato, anche se gode di tanti finanziamenti internazionali; l’UNIFIL non ha competenze che possano fermare l’Iran. Tutti i leader libanesi moderati e onorevoli, quelli che dovrebbero semplicemente schivare, spingere lontano Ahmadinejad per avere preso il Libano prigioniero, invece sotto la minaccia costante delle armi di Nasrallah, lo hanno in questi giorni incontrato, dal presidente Michel Suleiman al primo ministro Sa’ad Hariri. Le foto li mostrano contratti, tristi.
Ahmadinejad, che ha ripetuto di sentirsi proprio a casa sua facendo impallidire Suleiman, ha chiesto a Hariri di bloccare l’Alta Corte che a dicembre altrimenti dichiarerà che suo padre Rafik è stato ucciso dagli Hezbollah. Ad Hariri Ahmadinejad ha chiesto di dichiarare che il tribunale è corrotto e che Israele ha tramato contro Hariri. Il figlio dell’ucciso dovrebbe farlo per impedire una guerra sanguinosa fra sciiti, sunniti, cristiani e drusi. Il presidente dell’Iran ha dimostrato con la sua richiesta che l’obiettivo immediato del viaggio è il salvataggio della milizia che è la sua migliore amica che altrimenti verrà prossimamente giudicata e delegittimata.
La scena di Ahmadinejad nel sud del Libano è paradossale per la facilità con cui una evidente rappresentazione di violenza e antisemitismo genocida può oggi avere luogo senza che nessuno batta ciglio. A sessanta anni dalla shoah il leader di un grande Paese come l’Iran, fra la folla plaudente di un Paese straniero ha urlato verso Israele, a duecento metri di distanza: «i sionisti sono responsabili per la crisi economica e l’inquinamento nel mondo»; «i sionisti non dureranno a lungo»; che «il mondo deve sapere che i sionisti sono destinati a sparire che non hanno altra scelta che arrendersi e tornare nei loro Paesi d’origine»; gli uomini di Dio stanno arrivando e l’ingiustizia finirà» dato che «i sionisti sono i nemici dell’umanità» e la lotta dei palestinesi può essere vinta solo con la forza. La mattina, mentre gli assegnavano una laurea honoris causa, Ahmadinejad accusava l’Occidente di aver bloccato gli altri Paesi dall’accesso alla tecnologia nucleare pacifica, di uccidere civili innocenti in Afghanistan con la scusa di combattere il terrorismo, e ha aggiunto che «investire speranze in Inghilterra, Usa e altri paesi è inutile, perché hanno aiutato a fondare il sionismo».
Un gruppo di 250 politici, avvocati, attivisti in questo terribile panorama ha trovato il notevole coraggio di mandare una lettera aperta a Ahmadinejad: «Il tuo discorso che invita le forze di resistenza in Libano a spazzare via Israele dalla mappa fa sembrare che la tua visita sia quella di un comandante alla linea del fronte». Eh già, la linea avanza, altrimenti a che serve un’Anschluss?