(ANSAmed) - ROMA, 7 FEB - Il ministro degli Esteri Giulio Terzi ha disposto il richiamo a Roma per consultazioni dell'ambasciatore italiano a Damasco Achille Amerio. Lo rende noto la Farnesina, che sottolinea che l'Ambasciata italiana nella capitale siriana resta aperta e operativa.


L'Ambasciata italiana a Damasco - informa la Farnesina - resterà aperta e operativa per garantire l'assistenza ai connazionali presenti nel paese e continuare a seguire con la massima attenzione gli sviluppi della gravissima crisi in atto nel paese. La decisione di questa mattina fa seguito ai passi effettuati nelle ultime ore dal Governo italiano.


Ieri il segretario generale della Farnesina Giampiero Massolo aveva espresso all' ambasciatore siriano a Roma Khaddour Hasan la più ferma condanna e lo sdegno del governo italiano per le inaccettabili violenze perpetrate dal regime di Damasco nei confronti della popolazione civile.(ANSAmed).

Oltre 400 bambini sono stati uccisi in Siria dallo scoppio delle violenze, nel marzo scorso, a fine gennaio. È l’allarme lanciato a Ginevra dall’Unicef. La portavoce della ong, Marixie Mercado, ha detto che “altrettanti minori si trovano in carcere”. L’Unicef ha ammesso di non disporre di dati sulla situazione a Homs, considerata la città martire della rivolta, ma ha aggiunto di avere informazioni credibili secondo le quali anche lì i bambini sarebbero coinvolti negli scontri. "Ci sono rapporti di minori arrestati arbitrariamente, torturati e sessualmente abusati durante la detenzione”, denuncia l’Unicef. Lo stesso direttore esecutivo, Anthony Lake, parla della violenza che colpisce i bambini nel Paese: "Deve cessare. Anche un solo bimbo ucciso negli scontri è troppo. Esortiamo le autorità siriane a consentire gli aiuti a coloro che ne hanno bisogno". 

Ma i bombardamenti dell’esercito siriano non si fermano. L’obiettivo principale è la città ribelle di Homs e provincia. Secondo quanto affermano testimoni residenti e attivisti dell'opposizione, le vittime civili nella zona sarebbero state almeno 98 solo lunedì 6 febbraio. "Non c'é elettricità e tutte le comunicazioni con il quartiere di Bab Amro, il più colpito, sono state tagliate", racconta un attivista. 
Una nota del ministero dell’Interno siriano, diramata dall’agenzia ufficiale Sana, dice che "le operazioni di contrasto ai gruppi terroristici proseguiranno fino a quando la sicurezza e l'ordine non saranno ristabiliti in tutti i quartieri della città di Homs e della sua provincia e fino a quando tutte le persone armate che terrorizzano i cittadini e mettono le loro vite in pericolo non saranno sconfitte". I cadaveri si contano anche in altre zone del Paese: secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani, 13 persone sono state uccise nella provincia di Idleb e altre 15 fra quelle di Damsasco e di Aleppo. 

Le violenze hanno spinto la diplomazia internazionale a muoversi. Nei giorni scorsi gli Stati Uniti hanno chiuso l’ambasciata. Ora altri stati, tra cui l’Italia, la Francia, la Spagna e la Tunisia, hanno richiamato in patria per consultazioni il proprio ambasciatore a Damasco. L’ambasciata italiana nella capitale siriana, spiega la Farnesina, “resterà aperta e operativa per garantire l'assistenza ai connazionali presenti nel Paese e continuare a seguire con la massima attenzione gli sviluppi della gravissima crisi in atto nel Paese”. Non ritirerà le proprie delegazioni, invece, l’Unione europea. “È importante avere persone sul terreno, considerando che in Siria non possiamo contare sulla libertà di stampa – ha detto un portavoce dell'alto rappresentante Ue Catherine Ashton –. È una questione per gli Stati membri, il servizio diplomatico europeo (Eaes) non ha alcun piano per ritirare le proprie delegazioni”. L’Ue, comunque, sta preparando contro la Siria un’altra serie di sanzioni che, secondo indiscrezioni, colpirebbe le transazioni della Banca centrale siriana e l'export di diamanti, oro e altri metalli preziosi. 

Contro il presidente Bashar Al Assad si è espresso anche il premier turco Recep Tayyip Erdogan. Si sta cacciando in un "vicolo cieco" e alla fine gli verrà chiesto "il conto" di quei crimini, ha detto. “Coopereremo con Paesi che decideranno di stare dalla parte del popolo siriano e non dell'amministrazione siriana. Continueremo a sostenere le iniziative della Lega araba”, ha aggiunto. 

Intanto Damasco, martedì 7 febbraio, ha ospitato un raduno pro-regime. Decine di migliaia di sostenitori di Bashar al Assad sono scesi in piazza (“Non tutti di propria volontà”, dicono gli attivisti d’opposizione) in occasione dell'arrivo del ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov. La televisione di Stato siriana ha definito la manifestazione come "una marcia di sostegno all'indipendenza nazionale e di rifiuto dell'intervento straniero". Tra la folla, oltre alle fotografie del presidente siriano, sono spuntate anche bandiere della Russia e della Cina, che con il loro veto hanno bloccato una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, sostenuta da Paesi arabi e occidentali, che chiedeva ad Assad di accettare un piano per la transizione dei poteri. “Russia e Siria sono amiche da lungo tempo, ma la Siria non ha mai voluto essere un fardello per i suoi amici", ha detto il presidente Assad. E il ministro russo lo ha esortato: "In risposta alle aspirazioni legittime dei popoli ad una vita migliore, devono essere effettuate le riforme necessarie". Le agenzie russe hanno riferito che il ministro degli Esteri ha definito l’incontro con Assad “molto utile”. Il presidente siriano avrebbe informato il suo ospite di aver avviato l’iter per il referendum sulla nuova Costituzione e di voler porre fine alla violenza. Damasco, ha detto sempre il ministro russo, è interessata alla prosecuzione della missione della Lega araba e all'aumento del numero degli osservatori.