Riconosciamolo, anche in politica Grillo conserva la sua innata, strepitosa comicità. E la esprime con estro creativo e frizzante nell’intervista al quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth in cui spiega i miracoli dell’economia iraniana.
Un’economia coi fiocchi a sentire il nostro guru dove grazie all’olio di gomito dei persiani tutto fila per il meglio. La battuta non è male, ma rischia di far infuriare i pochi imprenditori iraniani costretti a fare i conti non solo con le sanzioni internazionali, ma anche con il monopolio delle bonyads, le fondazioni religiose che controllano il 20 per cento della produzione iraniana sfornando auto, palazzi e pannolini senza pagare un riyal di tasse.
I guai delle bonyads son però poca cosa rispetto ai disastri della presidenza di Mahmoud Ahmadinejad. Le ricette economiche del presidente hanno fatto schizzare al cielo i prezzi di tutti i beni di consumo creando una situazione di povertà diffusa tra il ceto medio e facendo toccare all’inflazione livelli molto più alti del 21 per cento annuo ammesso ufficialmente dal governo. Ma il problema più grosso dell’Iran resta la maledizione del petrolio, l’incapacità di trovare alternative a quella ricchezza facile e remunerativa. Pur contando sulla terza riserva mondiale di greggio e su estrazioni quotidiane per oltre 4mila milioni di barili gli oltre 70 milioni di iraniani devono accontentarsi di stipendi medi da 400 euro al mese pari cioè a quelli di un cittadino serbo, rumeno o algerino. Anche con queste paghe da fame il dieci per cento della popolazione attiva non riesce, secondo i dati ufficiali, a trovar un lavoro. Dati che salgono fin il 20 per cento se a maneggiarli è l’opposizione.
Ma il paradosso più strabiliante di quest’economia del petrolio, 17ma al mondo per prodotto nazionale lordo, è la sua incapacità di diversificarsi. A 33 anni dalla rivoluzione Teheran non s’è ancora dotata delle raffinerie sufficienti a far fronte alla domanda interna e importa il 40% della benzina consumata nel paese. Ma nell’Eldorado di Grillo non si rischia solo di morire di fame. Per capirlo il nostrano profeta della democrazia digitale può provare a digitare su Google il nome Mehdi Karzali. Scoprirà che questo blogger iraniano, condannato a quattro anni e mezzo di galera per aver «diffuso propaganda contro il sistema», è arrivato ad un
passo dalla morte dopo 40 giorni di sciopero della fame nel carcere di Evin. Destino gramo, ma condiviso con decine di altri attivisti digitali finiti in galera e torturati per aver postato su internet qualche critica al regime.
Grillo può anche leggersi i regolamenti che intimano agli
internet cafè di riprendere con telecamere interne tutti i frequentatori e consegnare i loro dati alla neo nata «cyber-polizia». Se non ci crede può telefonare a Mehdi Karroubi e Mir Hossein, due signori che dopo aver fatto la rivoluzione e aver ricoperto le più alte cariche dello Stato hanno avuto la balzana idea di contestare il regime e si ritrovano da due anni agli arresti domiciliari. Se non rispondono può navigare il sito di Amnesty International dove si ricorda che «centinaia di prigionieri di coscienza e prigionieri politici risultano detenuti o imprigionati». Oppure dove basta essere sorpresi a bere alcolici (per la terza volta) per essere condannati alla pena capitale. La condanna, convalidata dalla Corte Suprema, per due uomini della provincia di Khorasan-e Razavi già puniti con 80 frustate in due occasioni.
Quanto alle donne «centro della famiglia» Grillo non ha tutti i torti. Il
matrimonio con una donna iraniana deve avergli regalato l’opportunità di farsi una sciatina sui monti Alborz a Nord di Teheran. Su quelle piste, dove il genere femminile si godeva gli ultimi scampoli di libertà, sono arrivate, lo scorso inverno, le regole dell’autorità religiosa e le donne hanno finalmente calato il velo e abbandonato la pessima abitudine di presentarsi in pista senza la compagnia di padri fratelli e mariti.
Anche lì insomma tutto finalmente fila liscio e le donne sono, proprio come sostiene Grillo, solidamente e obbligatoriamente al centro della famiglia.
Quanto agli omosessuali, sul cui possibile matrimonio il nostro deve ancora riflettere, qualcuno in Iran sembra già aver preso una decisone. Il 16 aprile scorso l’ayatollah Abdollah Javadi-Amoli, affrontando nella città santa di Qom il tema dell’omosessualità e della tendenza dell’Occidente a legalizzarla, ha chiarito quale sia il ruolo degli omosessuali. «Secondo il Corano le loro vite sono ad un livello più basso di quelle degli animali. Neppure cani e maiali commettono i loro atti odiosi».