STRAGE NELL'AREA PROTETTA DALL'ONU, A CAMP ASHARAF!
1. ulteriori violenze contro Campo Ashraf non saranno più tollerate dalla Comunità internazionale, dai nostri Governi e opinioni pubbliche;
2. la questione deve essere la costante priorità nell' Ordine del Giorno dei Consigli ministeriali dell'UE. La protezione dei richiedenti asilo politico, dei rifugiati e di quanti risiedono in aree sotto protezione internazionale come Camp Ashraf e Camp Liberty va ben aldilà di obblighi giuridici sanciti da norme internazionali. E' un imperativo morale per una generazione, la nostra generazione, che ha sperimentato genocidi e massacri che avrebbero potuti essere evitati se solo la comunità internazionale se ne fosse occupata per tempo e vi avesse riservato la giusta attenzione. Se non siamo in grado di rispettare gli impegni per Ashraf e Liberty, come possiamo anche solo sognare un giorno in cui l'assai più ampio principio della Responsabilità di Proteggere sancita dal Documento del Summit ONU 2005 vedrà la luce?
Io so che il Consiglio Affari esteri dell'Unione può fare la differenza. La può fare ogni qualvolta altri non alzano la loro voce su diritti umani, protezione umanitaria, massacri e genocidi. Perciò, lanciamo un appello da questo podio: all'UE, ai singoli Governi europei, all'Alto Rappresentante Ashton... affinchè prendano l'iniziativa e insistano con il Governo Iracheno per il rilascio dei sette ostaggi rapiti a Campo Ashraf;
3) la tragedia Siriana è una terribile, cinica opportunità colta dai criminali che hanno assaltato i due Campi negli ultimi mesi, e dagli attentatori che hanno ancora cercato di uccidere i sopravvissuti di Ashraf quando stavano per essere trasferiti a Liberty. Sono trascorsi tre mesi dalla Conferenza di Parigi. Tre mesi che sono stati sfruttati da gruppi di terroristi ben conosciuti da noi tutti per provocare altre vittime e altro orrore. Tre mesi di avvertimenti e di appelli che sono stati erroneamente trascurati e inascoltati.
E' tempo di porre fine a tutto questo. Lo spiegamento di Caschi Blu e di un team della Missione dell'Onu in Iraq deve aver luogo immediatamente, così come la realizzazione a Camp Liberty di adeguate strutture di protezione. Ma al disopra di tutto, è importante il ritorno dei sette rapiti. Lasciate che io sia molto chiaro. L'Alto Commissariato per i Rifugiati ha dichiarato: "Sette individui sono scomparsi il 1 settembre e sono prigionieri in una località irachena, con il rischio che possano essere ritrasferiti in Iran... L'Alto Commissariato chiede al Governo Iracheno di localizzarli, di garantire la loro sicurezza fisica, e di impedirne il ritorno in Iran contro la loro volontà...La responsabilità principale incombe sul Governo Iracheno...". Ho per parte mia sentito giustificazioni inaccettabili, come quella che la violenza in Iraq è talmente diffusa da non poterci consentire di isolare dal contesto generale il massacro e i rapimenti del 1 settembre. Oppure, la scusa che le milizie e i gruppi di terroristi operano ben al difuori di qualsiasi capacità di controllo delle Autorità, e altre storie di questa natura.
Noi sappiamo la verità. Le Autorità irachene devono essere considerate responsabili. La missione Onu deve tener viva la questione con ogni vigore. Si tratta del massacro e del rapimento di persone in regime di protezione dell'ONU, in un Campo la cui sicurezza era garantita internazionalmente.
Le notizie di un possibile,f uturo miglioramento di atmosfera nelle relazioni dell'Iran con i paesi occidentali sono certamente benvenute. Ne possono beneficiare la sicurezza regionale, la non proliferazione, e l'economia di molti Paesi. Non dobbiamo però lasciarci trascinare dal collegamento tra un futuro, ipotetico miglioramento di rapporti e un nostro atteggiamento di supina attesa. Deve essere, al contrario, ben chiaro che una aperta collaborazione di Teheran su questa urgente causa umanitaria costituisce un vero test dell'affidabilità iraniana in molti altri settori. In conclusione: nei confronti di Baghdad non si tratta di fermarci di fronte alla drammatica situazione di ordine pubblico che il Paese attraversa. Stiamo parlando di una questione assai più specifica: la necessita' di adempiere agli obblighi internazionali sui Diritti Umani, il diritto alla vita, le garanzie agli individui protetti dall'ONU. Mai più la comunità internazionale dovrà voltare lo sguardo dall'altra parte, oggi ad Ashraf, come ieri a Sebrenica..."