Panahi condannato anche in appello Il regista iraniano non potrà girare film, né lasciare il paese per venti anni
Associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia condannando fermamente quest'ennesimo atto disumano chiede al governo italiano, al mondo dell'Arte e dello Spettacolo di unire a noi e di intraprendere una serie di iniziative in sostegno al regista Panahi. Il popolo iraniano e in particolar modo il mondo del cinema e dello spettacolo vivono in una serie di restrizioni disumane e incivili imposte dal regime fanatico e terroristico dei mullah. E' ora che il m mondo civile alzi la voce e si schieri a fianco di coloro che sognano un Iran libero e democratico.
15 ottobre 2011
Oggi la corte di appello di Teheran ha confermato la condanna a sei anni di reclusione del regista iraniano Jafar Panahi per aver “messo a repentaglio la sicurezza nazionale” e per “propaganda contro il governo”. A dare la notizia è stato il quotidiano di regime Iran. Il regista era stato arrestato lo scorso dicembre durante le riprese di un nuovo film sulle controverse elezioni presidenziali del 2009 vinte da Mahmoud Ahmadinejad, che hanno scatenato proteste in tutto il paese represse nel sangue dall’esercito iraniano.
Come già deciso in primo appello, Panahi non potrà dirigere, scrivere e produrre film, viaggiare e rilasciare interviste, sia all’estero che in Iran, per i prossimi venti anni. Il quotidiano aggiunge che il tribunale ha deciso di ridurre di un anno la pena a Mahmous Rasoulof, un regista iraniano che aveva collaborato con Panahi, anche lui condannato lo scorso dicembre a sei anni di carcere.
Jafar Panahi ha vinto la Caméra d’or a Cannes nel 1995 con il film “Il palloncino bianco” e il Leone d’Oro a Venezia nel 2003 con “Il cerchio”. Panahi ha recentemente girato “This is not a film”, un’opera che racconta la giornata tipo del regista in attesa della sentenza di secondo grado arrivata oggi. Lo scorso maggio il film è stato presentato al Festival di Cannes 2011, dove la presenza di Panahi e Rasoulof non è stata permessa dal regime iraniano. Il regista era già stato arrestato nel 2009 per essersi espresso in favore della cosiddetta rivoluzione verde che aveva seguito le elezioni in Iran dello stesso anno e per aver partecipato alla cerimonia di commemorazione di una delle vittime delle proteste