IL MIRAGGIO E UTOPIA. ECCO I DANNI CAUSATI DALLA POLITICA DI CAROTE AL REGIME DEI MULLAH E IL BASTONE AL POPOLO IRANIANO.
La resistenza iraniana e in particolare l'Organizzazione dei Mojahedin del popolo sono stati oltre ad essere i pionieri della lotta al fondamentalismo islamico anche i veri autori dello smascheramento dei piani diabolici dei mullah per la costruzione della bomba atomica. Dopo 18 anni di segretezza dei lavori e delle ricerche nucleari, la resistenza ha portato alla luce del sole tutti i particolari ricostituiti con anni di fatica e di sacrifici, specificando tutti i particolari dei siti e dei centri dove gli specialisti iraniani lavoravano giorno e notte con un ritmo estremamente veloce e accelerato. Il mondo occidentale in cambio di questa coraggiosa iniziativa del popolo iraniano, convinto del fatto che l'arma nucleare nelle mani del regime dei mullah significherà la fine dell'umanità stessa e l'inizio di un' era di ricatti e di terrorismo internazionale nonchè l'inizio della messa in opera di una grande catastrofe umanitaria, ha reagito come è nel suo stile accondiscendente con i responsabili di trentanni di terrorismo e di violenza in Iran. L'occidente si è comportato in modo tale da non disturbare il sonno dei mullah e da non provocare le loro ira, intavolando una serie di iniziative obsoleti basati sulla negoziazione e la persuasione con i mullah offrendo tanto in tanto dei pacchi incentivi e in modo particolare il TEMPO: la cosa essenziale per i mullah necessaria al completamenteo del progetto atomico militare. L'occidente nella sua politica di persuasione attraverso l'offerto della "carota e il bastone", si è comportato in modo assai fuori da qualsiasi norma umana e umanitaria: ha concesso del tempo necessario ai mullah offrendoli la carota e chiudendo entrambi gli occhi sulla repressione, sul terrorismo iraniano bastonando la popolazione. Carota al regime e il bastone al popolo iraniano e la sua legittima resistenza. Naturalmente la carota grazie alle sue caratteristiche nutritive ha fatto ingrandire il regime dei mullah offrendoli la possibilità e il tempo per allargare e sviluppare il suo piano di crescita nucleare e allo stesso tempo ha estremamente indebolito la popolazione. Ma attenzione. Non è riuscito a indebolire la voglia di libertà e di democrazia. Anzi man mano che siamo andati avanti è cresciuto il tasso di dissidenza e di opposizione nei confronti del regime dei mullah tanto vero che negli ultimi anni si sono registrati migliaia di azioni di protesta e di dissenso tra cui numerose manifestazioni degli studenti in varie università come quello emblematica Amir Kabir di Teheran dove gli studenti hanno dato il fuoco all'immagine di Ahmadinejad durante il suo intervento.
Il danno più grande che ha causato la politica di accondiscendenza è stata quella di aver concesso del tempo. Ecco perchè il regime dei mullah in un gioco di squadra ha accolto con favore e braccia aperte questa politica e di aver giocato un ruolo estremamente fine nell'imbrogliare la comunità internazionale dimostrando di tanto in tanto la sua disponibilità nell'accogliere le richieste internazionali per porre fine al contenzioso apertosi con il mondo e con l'Agenzia per energia atomica dell'ONU.
Naturalmente bisogna aggiungere a questo gioco di squadra anche la forte partecipazione terroristica dell'Iran in Iraq, in Afghanistan, in Africa in medio oriente in particolare in Palestina e in Israele per esercitare maggiori pressioni e intimorire la comunità internazionale.
La dichiarazione di ieri del capo del governo del regime durante l'inaugurazione di un sito nucleare è il frutto legittimo di questa politica di accondiscendenza euro-americana e va disapprovata e contrastata prima possibile. La carota ha fatto i suoi effetti e anche il bastone ha causato gravi effetti nel corpo e nella mente della popolazione che ha pagato con il suo sacrificio e sangue il prezzo di questa nefasta politica guidata da Khavier Solana.
Concludo e ribadisco ancora una volta che il presidente Obama, fautore di una nuova era di cambiamento si sta sbagliando di grosso offrendo costantemente la sua disponibilità al dialogo. Per i mullah questo è un segno tangibile di debolezza e di incompetenza. Il presidente Obama si deve rivolgere al popolo iraniano e alla sua legittima resistenza perchè sono loro i veri interlocutori validi e il futuro dell'Iran. La via maestra è quella di scegliere la terza via proposta dal nostro amatissima presidente Maryam Rajavi che dice in poche parole "Non alla guerra, Non alla politica di accondiscendenza e Si al popolo iraniano per portare a termine un grande cambiamento democratico del quadro politico attuale." Chi si allinea con tale offerta avrà dei grandi vantaggi. Quali? vedere in un immediato futuro un Iran libero democratico e tollerante senza aver speso il sangue di un solo Marines. Questa è la nostra convinzione. Diversamente ci sarà una grande guerra catastrofica con milioni di morti e feriti e con un risultato incerto. Anchè perchè i mullah sono imprevedibili e nel caso di pericolo e attacco dall'estero usano sicuramente la loro micidiale macchina terroristica sparsa in tutto il mondo e in modo particolare e per molte ragioni in Italia.
Karimi Davood, analista politico iraniano
A voi articolo interessante de Il Giornale scritto da Gian Micalessin
E Teheran rilancia la sfida alla Casa Bianca
di Gian Micalessin
Disponibile a parole, inflessibile nei fatti. A meno di 24 ore dalle aperture dell’America di Barack Obama, pronta a colloqui diretti con l’Iran all’interno di quel «5+1» formato dai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza e dalla Germania, il presidente Mahmoud Ahmadinejad cala l’asso di picche iraniano. Ed è un asso pesante e concreto, molto più significativo delle parole di circostanza con cui il presidente iraniano esprimeva, poche ore prima, una disponibilità di principio nei confronti dei nuovi negoziati.
Per posare quell’asso di picche Ahmadinejad sceglie tempi e luoghi significativi. Il momento è quello del terzo anniversario del primo, riuscito esperimento d’arricchimento dell’uranio. Il luogo è il nuovissimo stabilimento di Isfahan, futura fucina di tutto il combustibile nucleare destinato al reattore della centrale atomica di Busher e a quello ad acqua pesante in costruzione ad Arak. L’asso di picche iraniano prende forma in quel luogo simbolico, si concretizza parola dopo parola nei discorsi con cui il presidente e i suoi collaboratori annunciano la prossima entrata in funzione di nuove e più potenti centrifughe destinate ad affiancarsi alle settemila di tipo più vecchio che già sfornano uranio arricchito a tutto ritmo.
Poi, come se non bastasse, c’è il taglio del nastro dello stabilimento. Il luogo è per ora puramente simbolico visto che gran parte dell’attività è concentrata nei laboratori sotterranei di Natanz, ma è destinato, se l’Iran riuscirà a far digerire alla comunità internazionale i suoi piani atomici e a non farsi bombardare, a diventare il cuore della produzione di combustibile nucleare. Da quello stabilimento usciranno nei piani di Teheran 10 tonnellate all’anno di combustibile per il reattore ad acqua pesante di Arak e 30 tonnellate di uranio arricchito per la centrale atomica di Busher.
«La nazione iraniana ha fin dall’inizio seguito la logica dei negoziati, ma basati sulla giustizia e sul completo rispetto dei diritti e delle regole», aveva detto il presidente iraniano qualche ora prima di tagliare il nastro dello stabilimento di Isfahan. In quelle parole gli osservatori più ottimisti si sforzavano d’intravedere il bicchiere mezzo pieno. Dopo la cerimonia di Isfahan è chiaro che la parte più esplicita del discorso era invece quella in cui il presidente ricordava che «i negoziati di parte tenuti in un’atmosfera di minaccia e di condizionamento non sono qualcosa di accettabile per una persona libera». Ahmadinejad ha insomma disegnato un altro doppio «no» all’America di Barack Obama. Un no ricamato con tratto velato e ambiguo nelle dichiarazioni ufficiali rivolte all’America, ma iscritto a chiare lettere in quei fatti destinati a comprovare l’irreversibilità del progetto nucleare iraniano. A sancirlo anche a parole ci pensa il capo della commissione parlamentare sulla sicurezza nazionale Alaedin Boroujerdi. «Oggi l’Iran prova con i fatti che il suo ciclo di produzione di combustibile nucleare è stato completato e di conseguenza la sospensione dell’arricchimento dell’uranio non è più oggetto di discussione».
A rendere più pesante l’asso di picche del presidente contribuisce il suo vice Gholam Reza Aghazadeh, responsabile tra l’altro della commissione nucleare iraniana, spiegando che le nuove centrifughe, di produzione interamente nazionale, «aprono una nuova fase negli sviluppi della tecnologia per l’arricchimento dell’uranio». Parole che allarmano ancor di più la comunità internazionale, perché grazie a quelle nuove centrifughe non solo sarà più facile e veloce produrre combustibile nucleare per usi pacifici, ma sarà anche più semplice portarlo ai livelli di arricchimento superiori all’85 per cento necessari per un’arma atomica.