venerdì 31 dicembre 2010

Iran: la lettera dello scultore Reza Olia all’On. Frattini sull’impiccagione di Ali Saremi membro dei Mojahedin del Popolo



Venerdì 31 Dicembre 2010 11:44
Al Ministro degli Affari Esteri On. Franco Frattini
PC. Senatore Renato Schifani presidente del Senato della Repubblica
PC. On. Gianfranco Fini presidente della Camera dei Deputati

Egregio Signor Ministro,
Mi rivolgo a lei per la drammatica situazione del popolo iraniano, proprio oggi martedi 28 dicembre. Il cittadino Mojahed Ali Saremi che per anni ha subito il carcere e le torture medioevale del regime di Ahmadinejad, e’ stato impiccato nel famigerato carcere di Evin.

Il nostro centro esprime per ennesimo volta sdegno per il genocidio del popolo iraniano, inoltre chiede a lei Sig. Ministro invece di ricevere come ha fatto appena un mese fa il vice di Ahmadinejad il noto massacratore del popolo iraniano di interrompere qualsiasi rapporto diplomatico con questo regime terrorista.

In relazione di visita del ministro della cultura iraniana al suo pari italiano On. Bondi di alcune settimane fa, il popolo iraniano ha diritto di sapere quale l’obietivo di tutta questa via vai, mentre intellettuali, artisti, studenti e docenti universitari sono rinchiusi nel carcere.

Sig. Ministro,
Uno dei cardine della costituzione italiano e’ basato sui valori democratici ed umani ed antifascista, continuare ad avere rapporto di amicizia e compiacenza con questo regime significa calpestare questi valori della costituzione italiana i piu elementari diritti del popolo iraniano.

Il popolo iraniano non restera’ a guardare di fronte a tanta negligenza e sara’ costretto a denunciare formalmente ogni forma di collaborazione con questo regime alle autorita’ internazionali.

Distinti saluti
Reponsabile del Centro di Informazione degli Artisti ed Intellettuali Progressisti Itaniani in Italia
Lo scultore Reza Olia

Iran: arrestato fratello prigioniero politico impiccato giorni scorsi


Nella foto Ali Sarami insieme al figlio



Le autorità iraniane hanno arrestato il fratello di un prigioniero politico condannato a morte nei giorni scorsi





(Aki) - Le autorità iraniane hanno arrestato il fratello di un prigioniero politico condannato a morte nei giorni scorsi. Ali Saremi, 62enne membro dei Mujaheddin del Popolo è stato impiccato il 28 dicembre dopo anni di carcere.

Il fratello, Mohammad-Reza Saremi, èstato arrestato su ordine del Ministero dell'Intelligence per aver mostrato nella vetrina del suo negozio delle foto per commemorare il fratello morto. Intanto la famiglia ha fatto sapere che le autorità hanno respinto la richiesta per la restituzione del corpo del figlio finito su patibolo.
Saremi era stato condannato a morte dal Tribunale della Rivoluzione di Teheran con l'accusa di attentare alla sicurezza nazionale per la sua adesione al movimento di opposizione e di essere un Mohareb (nemico di Allah e dell'Islam)

BUON ANNO 2011!

mercoledì 29 dicembre 2010

FERMIAMO IMPICCAGIONE DEI PRIGIONIERI POLITICI IN IRAN





CONDANNIAMO FERMAMENTE LE RECENTI IMPICCAGIONI DEI PRIGIONIERI POLITICI IRANIANI AVVENUTE ALL'ALBA DI IERI NEL CARCERE DI EVIN A TEHERAN.
PER PROTESTARE CONTRO LA NUOVA ONDATA DI ESECUZIONI, ASSOCIAZIONE RIFUGIATI POLITICI IRANIANI, DOMANI, GIOVEDI, SCENDERA' IN PIAZZA A FIANCO DI ALTRE COMUNITA' IRANIANE PER RIBADIRE LA SUA FERMA OPPOSIZIONE E CONDANNA CONTRO IL REGIME BARBARO E DITTATORIALE DEI MULLAH.
INVITIAMO TUTTI A PARTECIPARE A QUESTA MANIFESTAZIONE PER ESPRIMERE LA LORO VICINANZA E SOLIDARIETA' AI FAMILIARI DI DUE PRIGIONIERI POLITICI IMPICCATI IERI A TEHERAN E PER CONDANNARE LA POLITICA DELLA REPRESSIONE E DEL TERRORISMO DEL REGIME DI AHMADINEJAD CHE STA METTENDO AL SERIO RISCHIO LA STABILITA' E LA PACE DEL MONDO INTERO.

DAVOOD KARIMI PRESIDENTE DELL'ASSOCIAZIONE RIFUGIATI POLITICI IRANIANI RESIDENTI IN ITALIA


Iran: un impiccato come spia di Israele
28 dicembre, 13:05
TEHERAN - Un iraniano condannato per spionaggio in favore di Israele è stato impiccato stamane nel carcere di Evin, a Teheran. Lo ha reso noto la Procura della capitale iraniana, aggiungendo che nella stessa prigione sempre oggi è stato giustiziato un altro uomo, riconosciuto colpevole di appartenenza ai Mujaheddin del Popolo, la maggiore organizzazione di opposizione armata al regime iraniano. In un comunicato della Procura citato dall'agenzia ufficiale Irna, si afferma che la "spia" di Israele, Ali-Akbar Siadat.... Nel 2008 era stato impiccato in Iran un imprenditore, Ali Ashtari, riconosciuto anch'egli colpevole di avere spiato per Israele, Paese al quale la Repubblica islamica nega il diritto all'esistenza e di cui il presidente Mahmud Ahmadinejad ha più volte profetizzato l'imminente scomparsa. L'altro impiccato di oggi ad Evin si chiamava Ali Saremi ed era stato condannato alla pena capitale dopo essere stato riconosciuto colpevole di Moharebeh (Guerra contro Dio) e propaganda contro il sistema islamico di governo in Iran per avere militato nelle file dei Mujaheddin del Popolo fin dal 1982. Anche Saremi era stato arrestato nel 2008.

martedì 28 dicembre 2010

Political prisoner Ali Sarami hanged after 24 years incarceration



Tuesday, 28 December 2010 08:48


NCRI - Ali Sarami, 63, member of the People’s Mojahedin Organization of Iran (PMOI), was hanged at dawn on Tuesday, December 28, 2010, after 24 years of incarceration under the clerical and Shah’s rule.

Since the beginning of the clerical rule, Sarami was arrested four times. The last time he was arrested was in August 2007 during a ceremony marking the anniversary of massacre of political prisoners. After the Ashura uprising in December 2009, he was sentenced to death.



Mrs. Maryam Rajavi, President-elect of the Iranian Resistance, offered her condolences to his family, especially to his son, Akbar, in Camp Ashraf. She said that Ali’s execution highlighted the Iranian regime’s fear of the PMOI and the Iranian Resistance and it was the regime’s way of taking revenge following its repeated failures to plot against Ashraf, which is standing firm and steadfast. She added that this great crime only reflects the regime’s inability and frustration in face of the resolute Iranian youths and members of PMOI who are determined to overthrow the clerical rule and establish freedom and the rule of people in Iran.

The regime’s so called Revolutionary Prosecutor described Sarami’s charge as “publicity activities against the sacred rule of Islamic Republic.” He wrote: “He visited Ashraf and during that he received necessary trainings and returned to the country… and eventually he was arrested in August 2007 for his repeated activities and participation in counter revolutionary ceremonies and gatherings in support of PMOI and dispatching reports to this grouplet (PMOI). During a search in his house some CDs, films, pictures from PMOI and hand written organizational documents linked to the grouplet were found and confiscated.”

The henchmen of the regime subjected Sarami to the most brutal torture and pressures until his last days in a bid to break his resistance, but despite all his ailments and intolerable prison conditions, he stood firm on the ideal of freedom and liberation for the people of Iran and did not yield.

When receiving his death sentence he said: "They cannot frighten me and my freedom-loving compatriots by execution and hanging... The only reason for such sentences is their fear of their own unstable state".

Following Ali Sarami's execution, his daughter was arrested by the regime's henchmen this morning outside Evin Prison in Tehran.

Secretariat of the National Council of Resistance of Iran
December 28, 201

lunedì 27 dicembre 2010

Regista iraniano Panahi condannato: una sentenza che colpisce tutti noi


stamattina alle 9 su Rai Uno di Michele Cucuzza parlerò della condanna a sei anni del regista popolare iraniano Jafar Panahi!



di Roberto Fantini (flipnews.org)

Quando viene repressa la libertà di espressione, perché si tenta di dar voce a un dissenso con la propria arte, il mondo civile non può restare in silenzio. Il Tribunale della Repubblica Islamica di Teheran ha recentemente condannato il noto regista cinematografico a 5 anni di reclusione, in quanto ritenuto appartenente ad un'"organizzazione illegale a scopo di sovvertire lo Stato", e ad un altro anno per "attività di propaganda lesive dell’immagine della Repubblica Islamica". Inoltre, è stato condannato al divieto di "dirigere film di ogni tipo, di scrivere sceneggiature, di concedere interviste alla stampa nazionale e internazionale", nonché di "recarsi all’estero se non per motivi di salute o pellegrinaggio alla Mecca dietro una cauzione da stabilire".
Jafar Panahi, affermatosi per la prima volta, a livello internazionale, nel 1995, con il lungometraggio "Il palloncino bianco", ha vinto, nel 1997, il Pardo d'Oro a Locarno con il film "Lo Specchio", dedicato alla difficile condizione femminile nel proprio paese, tema affrontato anche con "Il Cerchio" che gli valse, nel 2000, il Leone d'Oro a Venezia. Nel 2003, a Cannes ha ricevuto il premio nella sezione 'Un certain regard' con il film "L'Oro rosso".

E’, inoltre, membro del Consiglio nazionale della pace in Iran, un gruppo nato nel luglio 2008 su iniziativa del Centro per la difesa dei diritti dell'uomo, organizzazione non governativa fondata dal premio Nobel Shirin Ebadi e da altri importanti avvocati. Il Consiglio nazionale della pace conta 85 rappresentanti di diversi gruppi sociali, etnie e professioni ed ha per obiettivo quello di rafforzare le basi per la pace, impedire ogni attacco militare, abolire le sanzioni imposte e bloccare quelle future, mettendo fine alla situazione di ‘Né guerra, Né pace’.

Jafar Panahi era già stato arrestato nel luglio del 2009, durante la manifestazione al cimitero di Teheran per ricordare la morte di Neda Agha Soltan, la giovane donna uccisa durante una manifestazione post elettorale. In seguito, era stato rilasciato, ma gli era stato vietato di lasciare il paese e, di conseguenza, impedito di recarsi al festival cinematografico di Cannes, dove, dal 12 al 23 maggio 2010, avrebbe dovuto far parte della giuria.

Panahi era stato poi arrestato all’inizio di marzo, nella sua abitazione a Teheran insieme a diverse altre persone, tra cui il regista Rasoulof (colpito anch’esso, ora, da analoga condanna). Alcune settimane dopo, il ministro della Cultura e dell'orientamento islamico dichiarò che il regista era stato arrestato per avere tentato di girare un film antigovernativo sulle discusse elezioni presidenziali del 2009.

Jafar Panahi, impegnatosi in uno sciopero della fame, e sostenuto da una viva mobilitazione da parte del mondo del cinema, era stato rilasciato il 25 maggio, dietro cauzione. Alla notizia della grave condanna, il giornalista iraniano Ahmad Rafat, sul sito di Articolo21, ha amaramente commentato che siamo di fronte ad una sentenza che ci "lascia senza parole" e che, nel caso venisse confermata, la carriera cinematografica di Jafar Panahi dovrebbe ormai essere considerata definitivamente conclusa.

Ma la sentenza che lo ha ora colpito colpisce tutta la cittadinanza e la cultura del suo paese. Colpisce tutto il mondo del cinema e tutti coloro che credono nell’importanza della libera voce dell’arte e dell’informazione. Colpisce tutti quanti noi che crediamo nel diritto insopprimibile al pensiero e alla manifestazione del pensiero, che crediamo nel diritto di tutti i cittadini del nostro pianeta a costruire un mondo libero da gabbie fisiche e spirituali.
Come ha efficacemente dichiarato il regista Antonio de Palo, "La dura condanna nei confronti Jafar Panahi è prima di tutto una questione universale. La privazione del linguaggio, l’impossibilità derivante del poter dire, del poter manifestare il proprio sentimento, è per un artista una condanna a morte. La questione di Panahi è universale proprio perché impedisce l’espressione di un punto di vista sociale utile alla comprensione di un mondo culturale arido, impenetrabile". (http://www.molfettalive.it). Per difendere Panhai dalla "morte civile" occorrerà, pertanto, una nuova grande e veemente mobilitazione internazionale, ancora più vigorosa di quanto verificatosi in passato.

Hamid Ziarati, sul Fatto Quotidiano (23 dicembre) ha scritto: "Parlando con Panahi al telefono mi ritrovo a parlare a un amico angosciato per il suo futuro, incredulo per il suo presente e fiero del proprio passato. Mi dice che se il mondo vuole fare qualcosa per tutti i cineasti iraniani deve agire ora o mai più, perché hanno condannato non solo lui ma tutta la cinematografia iraniana, e se il verdetto verrà confermato fra un mese per lui – incapace di chiedere clemenza, visto che non ha commesso nessun reato, e la Repubblica Islamica incapace di concedere clemenza visto che non ne ha mai avuta per nessuno – sarà la fine".

Per il momento, a muoversi è soprattutto il mondo del cinema francese. Thierry Fremaux, a capo del festival di Cannes, ha dichiarato la propria disponibilità per la creazione di un comitato di sostegno al regista iraniano. Per il suo rilascio si stanno muovendo anche il direttore della Cineteca francese, Serge Toubiana, e il presidente della stessa, Costa-Gavras, il regista Bertrand Tavernier e il filosofo Bernard-Henri Levy (già impegnato nella campagna per la liberazione di Sakineh). Ma qualcosa, fortunatamente, si sta muovendo anche in casa nostra. L’associazione '100Autori' ha infatti chiesto al governo italiano di intervenire presso le autorità iraniane. "Esprimiamo il nostro profondo sconcerto e dolore - dice il comunicato dell'associazione - per ciò che sta accadendo a Panahi, condannato a sei anni di carcere e a 20 anni di interdizione dal cinema del suo paese per reati di opinione, peraltro senza poter avere contatti con la stampa".

"Non permetteremo - prosegue il documento - che questa palese ingiustizia ai danni di un nostro collega, finisca sotto silenzio, tanto più nella consapevolezza che altri cineasti, anche più giovani e meno noti, da tempo subiscono, in Iran come in altri paesi, altrettanta violenza (Mohamed Rasoulof tra questi)". "Invitiamo, dunque, tutti, gente di cinema e semplici cittadini, a firmare la petizione che la Cinemateque francaise ha organizzato online per chiedere la liberazione di Jafar Panahi, sicuri che in tanti riusciremo a ottenere che il nostro collega sia nuovamente un cittadino libero, come uomo e come cineasta".

Riportiamo qui di seguito il testo della petizione e il link relativo, certi che saremo in tanti a voler dare il nostro contributo personale.
Nous apprenons avec colère et inquiétude le jugement du Tribunal de la République Islamique à Téhéran, condamnant très lourdement le cinéaste iranien Jafar Panahi. La sentence : six ans de prison ferme, vingt ans d'interdiction d'écrire et de réaliser des films, de donner des interviews aux médias, de quitter le territoire et d'entrer en relation avec des organisations culturelles étrangères.
Un autre cinéaste, Mohammad Rassoulov, a également été condamné à six ans de prison. Jafar Panahi et Mohammad Rassoulov vont rejoindre les nombreux prisonniers qui croupissent en prison en Iran, dans un état de détresse totale. Certains font la grève de la faim, d'autres sont gravement malades.
Que reproche le pouvoir iranien à Jafar Panahi ? D'avoir conspiré contre son pays et mené une campagne hostile au régime iranien. La vérité est que Jafar Panahi est innocent et que son seul crime est de vouloir continuer d'exercer librement son métier de cinéaste en Iran. Depuis plusieurs mois le pouvoir iranien a mis en place contre lui une véritable machine de guerre visant à le détruire, à l'enfermer en le contraignant à se taire.
Jafar Panahi est cinéaste et ses films ont été montrés dans le monde entier. Invité par les plus grands festivals de cinéma (Cannes, Venise, Berlin), il est aujourd'hui empêché de poursuivre son œuvre de cinéaste. La lourde condamnation qui le frappe le prive de liberté, l'empêche physiquement et moralement d'exercer son travail de cinéaste. Il doit désormais se taire, s'interdire tout contact avec ses collègues cinéastes en Iran et dans le monde entier.
A travers cette condamnation qui frappe Jafar Panahi, c'est tout le cinéma iranien qui est manifestement visé.
Cette condamnation nous révolte et nous scandalise. Aussi, appelons-nous cinéastes, acteurs et actrices, scénaristes et producteurs, tous les professionnels du cinéma ainsi que tous les hommes et femmes épris de liberté et pour qui les droits de l'homme sont une chose fondamentale, à se joindre à nous pour exiger la levée de cette condamnation.
ENGLISH VERSION
We have just learnt, with great anger and concern, about the judgement of the Court of the Islamic Republic in Teheran, heavily condemning Iranian filmmaker Jafar Panahi.
The sentence: six years of imprisonment without remission, accompanied by a ban of twenty years on writing and making films, giving interviews to the press, leaving the territory, or communicating with foreign cultural organisations.
Another filmmaker, Mohammad Rassoulov, has been likewise sentenced to six years in prison. Jafar Panahi and Mohammad Rassoulov are going to join the many prisoners now rotting in jail in Iran in a state of total distress. Some are on hunger strikes, while others are gravely ill.
What does the Iranian government reproach Jafar Panahi with? Having conspired against his country and carried out a campaign hostile to the Iranian regime.
The truth is that Jafar Panahi is innocent and his only crime is wishing to continue to freely exercise his profession as a filmmaker in Iran. Over the last few months the Iranian government has put into place against him nothing short of a machine of war in order to destroy him, while locking him up to silence him.
Jafar Panahi is a renowned filmmaker and his films have been shown all over the world. Invited by the greatest film festivals in the world (Cannes, Venice, Berlin), he is today prevented from pursuing his work as a filmmaker. The heavy sentence inflicted upon Jafar deprives him of his freedom, while preventing him both physically and morally from carrying out his work as a filmmaker. Henceforth, he must remain silent, refrain from any and all contact with his fellow filmmakers both in Iran and anywhere else in the world.
Through this sentence inflicted upon Jafar Panahi, it is manifestly all of Iranian cinema which is targeted.
This sentence both revolts and scandalises us. So, let us call upon all filmmakers, actors and actresses, screenwriters and producers, all motion-picture professionals as well as every man and woman who loves freedom and for whom human rights are fundamental, to join us in demanding the lifting of this sentence.

http://www.ipetitions.com/petition/solidarite-jafar-panahi

domenica 26 dicembre 2010

SOSPESA L'IMPICCAGIONE DEL PRIGIONIERO POLITICO KURDO HABIBOLLAH LATIFI


Secondo le informazioni diffuse stamattina dal sito Iranpressnews, grazie alle pressioni interni ed internazionali per la sospensione dell'impiccagione di Habibollah Latifi, i suoi familiari sono riusciti ad incontrarlo in carcere e di ricevere delle garanzie da parte del direttore sulla sospensione della pena.
Secondo le informazioni attendibili giuntemi dall'Iran, la città di Sanandaj vive in un momento molto teso e delicato e le forze di sicurezza hanno chiuso tutti gli accessi alla città controllando una per una tutte le persone che sono dirette in città , dove è detenuto Habibollah Latifi, studente della facoltà di ingegneria industriale.

sabato 25 dicembre 2010

I NOSTRI MIGLIORI AUGURI CON UN CONCERTO TENUTOSI NEL CAMPO DI ASHRAF


Colgo occasione per esprimere i nostri auguri per il Natale e per le prossime festività con una canzone della resistenza iraniana, " messaggero della libertà', eseguita da parte delle ragazze e dei ragazzi, residenti nel campo di Ashraf.

22 DICEMBRE: CONFERENZA INTERNAZIONALE DELLA RESISTENZA IRANIANA A PARIGI




Intervento dell'ex sindaco di New York Roudy Giuliani




I NOSTRI MIGLIORI AUGURI PER IL SANTO NATALE E PER ANNO NUOVO 2011

Care amiche e cari amici
Desidero esprimerti a nome del popolo iraniano i nostri migliori auguri per il Santo Natale e per anno nuovo 2011 sperando che il prossimo "Natale" si registri come il primo Natale dell'aurora della libertà del popolo iraniano e di pace per tutti i popoli del mondo.
con affetto e simpatia ringrazio tutti coloro che ci hanno sostenuto in questa direzione. cordiali saluti
davood karimi

martedì 14 dicembre 2010

SAKINEH: EX AVVOCATO, IL MARITO VOLEVA FARLA PROSTITUIRE


Roma, 14 dic. - Sakineh, la donna condannata a morte in Iran, partecipo' all'omicidio del marito per difendere il suo onore: il coniuge, infatti, aveva cercato piu' volte di farla prostituire. A rivelare questo particolare inedito e' Mohmmad Mostafaei, ex legale di Sakineh, giunto a Roma per un incontro organizzato da Amnesty International. 'Sakineh lo ha addormentato - conclude l'ex avvocato - poi il parente del coniuge e' arrivato e lo ha ucciso con sette scariche elettriche' .

lunedì 13 dicembre 2010

"Tecnologia illegale per l'Iran"



Como, coinvolte tre aziende

13 dicembre 2010 Cronaca Commenta

Bonate Sopra, la sede della Gfm (Foto by angelini K1)
COMO - Tre anni dopo il blocco in dogana di un carico di materiali sospetti destinati all'Iran, la Procura della Repubblica chiude il cerchio su una indagine lunga e complessa che coinvolge i vertici di tre aziende, la Green Power Technology di Potenza, la Global Service di Chiasso e la Gfm Group di Bonate Sopra (Bg), società che si occupa di compravendita di materiali e apparecchiature per centrali elettriche. Gli indagati sono i titolari della Gfm, quelli della Global e della Green Power. I reati contestati sono due, molto diversi. L'ufficio del sostituto procuratore Mariano Fadda ipotizza una serie di false fatturazioni compilate per giustificare una movimentazione di capitali verso la Svizzera e, soprattutto, la presunta violazione di una decreto legge del 2003 che, nel pieno della guerra ad Al Qaeda innescata dopo l'11 settembre, subordinava il commercio internazionale di materiale con un duplice potenziale utilizzo (bellico e civile) a una autorizzazione ministeriale che nel caso in questione non c'era. La vicenda ruota tutta attorno al sequestro di un carico di turbine in superlega, 2240 chili di apparecchiature meccaniche fermate a Chiasso nel mese di aprile del 2007, e destinate alla Mapna International, azienda di Stato iraniana. Le prime perplessità dell'Agenzia delle dogane derivavano dalla strana triangolazione cui il carico risultava sottoposto: la Gfm di Bonate aveva venduto le turbine per 12mila euro (prezzo denunciato in uscita dallo Stato) alla Global International Service di Chiasso. In realtà, secondo la polizia giudiziaria - e a questo punto anche secondo la Procura - si era trattato di una sponda fittizia architettata per giustificare una doppia contabilizzazione necessaria a spostare "legittimamente" denaro in Ticino: non si spiegherebbe diversamente perché la Gfm il 16 aprile del 2007 venda la merce a 12mila euro, per poi riacquistarla a 500mila dalla Svizzera solo cinque giorni dopo. Doganieri e finanzieri identificarono anche l'esportatore e l'importatore, la Green Power Technology di Potenza e la Metal Wreck Engeneering, quest'ultima emittente della maxi fattura che spostò oltre confine l'importante partita di denaro. A corroborare le ipotesi dell'accusa, che si appresta a chiedere il rinvio a giudizio degli indagati, c'è anche una consulenza tecnica secondo la quale, pur non potendosi adoperare per realizzare la temutissima atomica, le turbine destinate all'Iran potevano tranquillamente essere utilizzate a fini bellici, motivo per il quale serviva l'autorizzazione prevista del decreto del 2003. Gli indagati hano sempre respinto le accuse, sostenendo che no si trattava di materiale con utilizzo bellico.

Sakineh: lettera-appello di oltre 80 tra star di Hollywood, premi Nobel e politici

Londra, 13 dic. - (Adnkronos/Aki) - "Sakineh Mohammadi Ashtiani ha sofferto abbastanza". Cosi' si apre la lettera-appello in cui oltre 80 tra star di Hollywood, premi Nobel e politici chiedono al presidente della Repubblica Islamica, Mahmoud Ahmadinejad e alla Guida Suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, la liberazione dell'iraniana condannata a morte per adulterio.

La lettera, pubblicata sul sito web del quotidiano britannico 'The Times', porta le firme di Robert Redford, Colin Firth, Mia Farrow e Robert De Niro, oltre a quelle dei due premi Nobel per la letteratura Wole Soyinka e V. S. Naipaul, di Sting, del leader dei laburisti britannici, Ed Miliband, e dell'ex ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner. I firmatari dell'appello chiedono anche il rilascio dell'avvocato e del figlio di Sakineh, arrestati nei mesi scorsi insieme a due reporter tedeschi.

13/12/2010

sabato 11 dicembre 2010

SAKINEH: CARFAGNA, GRANDE DELUSIONE APPRENDERE DI LIBERAZIONE NON VERA

(ASCA) - Milano, 10 dic - Per il governo italiano ''e' stata una grande delusione apprendere dagli organi di informazione dell'Iran che pare non sia vera la liberazione di Sakineh''.

Cosi' il ministro per le Pari Opportunita', Mara Carfagna, ha espresso 'lo stato d'animo' del governo di fronte alla falsa notizia della liberazione della donna iraniana.

L'auspicio di tutti, ha aggiunto la Carfagna parlando a margine della sottoscrizione di un accordo di cooperazione santaria, e' che ''questa donna venga liberata quanto prima.

L'Italia - ha concluso - e' stata in prima linea per l'appello alle autorita' iraniane''.

SAKINEH: REGISTA GHOBADI A TORINO, IN IRAN MIGLIAIA COME LEI


(AGI) - Torino, 11 dic. - In Iran ci sono migliaia di Sakineh: "migliaia di donne i cui diritti non vengono rispettati e di cui pero' non si parla". Cosi', Bahman Ghobadi, tra i giovani cineasti piu' rappresentativi della 'rivoluzione verde' che si oppone al regime di Teheran, oggi a Torino risponde alle domande dei giornalisti sul caso Sakineh. "Mi dispiace che in Occidente si parli sono di Sakineh -spiega Ghobadi- perche' ci sono tante vittime. Sakineh e' la superficie del problema, ma noi dobbiamo cambiare le cose dalla radice, non solo in modo superficiale. Se Sakineh non sara' lapidata, la situazione delle donne in Iran non cambiera'. Sono sempre vittime. In Iran c'e' tanta gente che soffre anche per questioni politiche".
Ghobadi e' nel capoluogo piemontese in occasione di Sottodiciotto Filmfestival che gli dedica una Personale curata da Marco Dalla Gassa e Fabrizio Colamartino. Ghobadi, che a gennaio iniziera' le riprese del suo nuovo film, e' autore di 'Il tempo dei cavalli ubriachi', Camera d'Or a Cannes nel 2000, e del recente 'I gatti persiani', rivolta in musica anti-regime. "In Iran ogni giorno sono calpestati i diritti delle donne - sottolinea Ghobadi - ma si focalizza l'attenzione solo su Sakineh. Si vede Sakineh e non si vede la situazione generale". (AGI) To1/Gav

Iran: legge taglione, sara' accecato

(ANSA) - TEHERAN, 11 DIC - Un uomo e' stato condannato in Iran a essere accecato a entrambi gli occhi con l'acido in base alla legge del taglione, per avere fatto lo stesso al marito della sua amante. Lo riferisce la stampa. La vittima, il 25enne Ali Reza, ha chiesto e ottenuto dai giudici l'applicazione della Qesas, termine arabo che sta a indicare appunto la legge dell'occhio per occhio. Intanto il regime ha arrestato il quarto giornalista del maggiore quotidiano riformista iraniano, Sharq.

manifestazione a Roma contro il regime dei mullah

Domani a Roma, dalle 10 alle 12, in piazza della Repubblica manifestazione contro il regime misogni e fondamentalista dei mullah e per la solidarietà con il popolo iraniano!

venerdì 10 dicembre 2010

UN PEZZO DELLA MUSICA PERSIANA DEL MAESTRO TAHERZADEH

Buona visione a tutti

Iran: Sakineh non è libera, Frattini: “gravissima macchinazione”


Una “gravissima macchinazione”, l’ha definita il ministro degli esteri italiano Franco Frattini: la finta liberazione di Sakineh, una specie di gioco sadico da parte iraniana per sottolineare le presunte confessioni della donna.

Ieri sera rimbalzava in tutto il mondo la notizia della sua liberazione: era stata fotografata a casa sua, con il figlio.

E invece no, ha fatto sapere ore dopo la tv iraniana in lingua inglese: Sakineh Ashtiani non è stata liberata. Era a casa sua, sì, ma solo per ricostruire le modalità dell’assassinio del marito, un delitto che la donna avrebbe confessato, oltre all’adulterio.

La sua condanna alla lapidazione aveva scosso il mondo intero: ovunque in Europa e negli USA si sono tenute manifestazioni per la sua scarcerazione e per la cancellazione dal codice penale iraniano della pena di morte per lapidazione. Più volte era stato detto che la pena era stata eseguita, e invece la donna è ancora viva. Ma è ancora in carcere, pare.

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giovedì 2 dicembre 2010

Iran/ Avvocato racconta ultimi istanti dell'amante del calciatore



Roma, 2 dic. (Apcom) - Il figlio l'ha aiutata a morire, mentre il suo ex amante ha assistito in silenzio alla sua impiccagione. Così è morta Shahla Jahed, amante dell'ex star della nazionale di calcio iraniana Nasser Mohammad Khan, condannata per l'omicidio della moglie del calciatore. Nei suoi ultimi istanti di vita la donna ha pregato, poi è scoppiata a piangere. "Shahla continuava a piangere. Non ha detto nulla. Mi sono fatto avanti e le ho detto di dire qualcosa, ma lei ha solo pianto - ha raccontato al Times il suo avvocato, Abdolsamad Khorramshahi - la famiglia della vittima ha dato il via libera all'esecuzione solo all'ultimo minuto. Tutti i presenti avevano chiesto di perdonarla, ma la famiglia non ha accettato. C'era anche Nasser Mohammad Khan e non ha detto nulla". Stando a quanto riferito dai media iraniani, i parenti della donna hanno cercato per un'ora di convincere la famiglia della vittima, Laleh Saharkhizan, ma senza successo. Davanti alla madre in lacrime, il figlio si è fatto avanti e ha rovesciato la sedia su cui poggiava i piedi. La donna è morta ieri mattina poco prima dell'alba nel carcere di Evin, dopo otto anni di carcere e tre rinvii della condanna a morte. Diversi giudizi avevano evidenziato la debolezza dell'impianto accusatorio, basato sulla sola confessione della donna. La condanna era stata confermata in appello lo scorso anno.

LE NOSTRE PROFONDE CONDOGLIANZE ALLA FAMIGLIA DI SHAHLA JAHED


Associazione donne democratiche insieme all'Associazione Giovani iraniani e Associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia condannano fermamente l'impiccagione della signora Shahla Jahed esprimendo le loro profonde condoglianze alla sua famiglia e a tutti coloro che hanno fatto di tutto pur salvarla dagli artigli del regime barbaro e fondamentalista dei mullah. Questo atto di violenza del regime di Ahmadinejad dimostra ancora una volta che l'unica via di uscita da questo sistema di repressione clericale è quella indicata dalla signora Maryam Rajavi, presidente della resistenza iraniana cioè la terza via: cambiamento democratico per mano del popolo iraniano.
Associazione donne democratiche iraniane
Associazione Giovani iraniani
Associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia

 
AID : AGENZIA IRAN DEMOCRATICO