"Tecnologia illegale per l'Iran"
Como, coinvolte tre aziende
13 dicembre 2010 Cronaca Commenta
Bonate Sopra, la sede della Gfm (Foto by angelini K1)
COMO - Tre anni dopo il blocco in dogana di un carico di materiali sospetti destinati all'Iran, la Procura della Repubblica chiude il cerchio su una indagine lunga e complessa che coinvolge i vertici di tre aziende, la Green Power Technology di Potenza, la Global Service di Chiasso e la Gfm Group di Bonate Sopra (Bg), società che si occupa di compravendita di materiali e apparecchiature per centrali elettriche. Gli indagati sono i titolari della Gfm, quelli della Global e della Green Power. I reati contestati sono due, molto diversi. L'ufficio del sostituto procuratore Mariano Fadda ipotizza una serie di false fatturazioni compilate per giustificare una movimentazione di capitali verso la Svizzera e, soprattutto, la presunta violazione di una decreto legge del 2003 che, nel pieno della guerra ad Al Qaeda innescata dopo l'11 settembre, subordinava il commercio internazionale di materiale con un duplice potenziale utilizzo (bellico e civile) a una autorizzazione ministeriale che nel caso in questione non c'era. La vicenda ruota tutta attorno al sequestro di un carico di turbine in superlega, 2240 chili di apparecchiature meccaniche fermate a Chiasso nel mese di aprile del 2007, e destinate alla Mapna International, azienda di Stato iraniana. Le prime perplessità dell'Agenzia delle dogane derivavano dalla strana triangolazione cui il carico risultava sottoposto: la Gfm di Bonate aveva venduto le turbine per 12mila euro (prezzo denunciato in uscita dallo Stato) alla Global International Service di Chiasso. In realtà, secondo la polizia giudiziaria - e a questo punto anche secondo la Procura - si era trattato di una sponda fittizia architettata per giustificare una doppia contabilizzazione necessaria a spostare "legittimamente" denaro in Ticino: non si spiegherebbe diversamente perché la Gfm il 16 aprile del 2007 venda la merce a 12mila euro, per poi riacquistarla a 500mila dalla Svizzera solo cinque giorni dopo. Doganieri e finanzieri identificarono anche l'esportatore e l'importatore, la Green Power Technology di Potenza e la Metal Wreck Engeneering, quest'ultima emittente della maxi fattura che spostò oltre confine l'importante partita di denaro. A corroborare le ipotesi dell'accusa, che si appresta a chiedere il rinvio a giudizio degli indagati, c'è anche una consulenza tecnica secondo la quale, pur non potendosi adoperare per realizzare la temutissima atomica, le turbine destinate all'Iran potevano tranquillamente essere utilizzate a fini bellici, motivo per il quale serviva l'autorizzazione prevista del decreto del 2003. Gli indagati hano sempre respinto le accuse, sostenendo che no si trattava di materiale con utilizzo bellico.