Regista iraniano Panahi condannato: una sentenza che colpisce tutti noi
stamattina alle 9 su Rai Uno di Michele Cucuzza parlerò della condanna a sei anni del regista popolare iraniano Jafar Panahi!
di Roberto Fantini (flipnews.org)
Quando viene repressa la libertà di espressione, perché si tenta di dar voce a un dissenso con la propria arte, il mondo civile non può restare in silenzio. Il Tribunale della Repubblica Islamica di Teheran ha recentemente condannato il noto regista cinematografico a 5 anni di reclusione, in quanto ritenuto appartenente ad un'"organizzazione illegale a scopo di sovvertire lo Stato", e ad un altro anno per "attività di propaganda lesive dell’immagine della Repubblica Islamica". Inoltre, è stato condannato al divieto di "dirigere film di ogni tipo, di scrivere sceneggiature, di concedere interviste alla stampa nazionale e internazionale", nonché di "recarsi all’estero se non per motivi di salute o pellegrinaggio alla Mecca dietro una cauzione da stabilire".
Jafar Panahi, affermatosi per la prima volta, a livello internazionale, nel 1995, con il lungometraggio "Il palloncino bianco", ha vinto, nel 1997, il Pardo d'Oro a Locarno con il film "Lo Specchio", dedicato alla difficile condizione femminile nel proprio paese, tema affrontato anche con "Il Cerchio" che gli valse, nel 2000, il Leone d'Oro a Venezia. Nel 2003, a Cannes ha ricevuto il premio nella sezione 'Un certain regard' con il film "L'Oro rosso".
E’, inoltre, membro del Consiglio nazionale della pace in Iran, un gruppo nato nel luglio 2008 su iniziativa del Centro per la difesa dei diritti dell'uomo, organizzazione non governativa fondata dal premio Nobel Shirin Ebadi e da altri importanti avvocati. Il Consiglio nazionale della pace conta 85 rappresentanti di diversi gruppi sociali, etnie e professioni ed ha per obiettivo quello di rafforzare le basi per la pace, impedire ogni attacco militare, abolire le sanzioni imposte e bloccare quelle future, mettendo fine alla situazione di ‘Né guerra, Né pace’.
Jafar Panahi era già stato arrestato nel luglio del 2009, durante la manifestazione al cimitero di Teheran per ricordare la morte di Neda Agha Soltan, la giovane donna uccisa durante una manifestazione post elettorale. In seguito, era stato rilasciato, ma gli era stato vietato di lasciare il paese e, di conseguenza, impedito di recarsi al festival cinematografico di Cannes, dove, dal 12 al 23 maggio 2010, avrebbe dovuto far parte della giuria.
Panahi era stato poi arrestato all’inizio di marzo, nella sua abitazione a Teheran insieme a diverse altre persone, tra cui il regista Rasoulof (colpito anch’esso, ora, da analoga condanna). Alcune settimane dopo, il ministro della Cultura e dell'orientamento islamico dichiarò che il regista era stato arrestato per avere tentato di girare un film antigovernativo sulle discusse elezioni presidenziali del 2009.
Jafar Panahi, impegnatosi in uno sciopero della fame, e sostenuto da una viva mobilitazione da parte del mondo del cinema, era stato rilasciato il 25 maggio, dietro cauzione. Alla notizia della grave condanna, il giornalista iraniano Ahmad Rafat, sul sito di Articolo21, ha amaramente commentato che siamo di fronte ad una sentenza che ci "lascia senza parole" e che, nel caso venisse confermata, la carriera cinematografica di Jafar Panahi dovrebbe ormai essere considerata definitivamente conclusa.
Ma la sentenza che lo ha ora colpito colpisce tutta la cittadinanza e la cultura del suo paese. Colpisce tutto il mondo del cinema e tutti coloro che credono nell’importanza della libera voce dell’arte e dell’informazione. Colpisce tutti quanti noi che crediamo nel diritto insopprimibile al pensiero e alla manifestazione del pensiero, che crediamo nel diritto di tutti i cittadini del nostro pianeta a costruire un mondo libero da gabbie fisiche e spirituali.
Come ha efficacemente dichiarato il regista Antonio de Palo, "La dura condanna nei confronti Jafar Panahi è prima di tutto una questione universale. La privazione del linguaggio, l’impossibilità derivante del poter dire, del poter manifestare il proprio sentimento, è per un artista una condanna a morte. La questione di Panahi è universale proprio perché impedisce l’espressione di un punto di vista sociale utile alla comprensione di un mondo culturale arido, impenetrabile". (http://www.molfettalive.it). Per difendere Panhai dalla "morte civile" occorrerà, pertanto, una nuova grande e veemente mobilitazione internazionale, ancora più vigorosa di quanto verificatosi in passato.
Hamid Ziarati, sul Fatto Quotidiano (23 dicembre) ha scritto: "Parlando con Panahi al telefono mi ritrovo a parlare a un amico angosciato per il suo futuro, incredulo per il suo presente e fiero del proprio passato. Mi dice che se il mondo vuole fare qualcosa per tutti i cineasti iraniani deve agire ora o mai più, perché hanno condannato non solo lui ma tutta la cinematografia iraniana, e se il verdetto verrà confermato fra un mese per lui – incapace di chiedere clemenza, visto che non ha commesso nessun reato, e la Repubblica Islamica incapace di concedere clemenza visto che non ne ha mai avuta per nessuno – sarà la fine".
Per il momento, a muoversi è soprattutto il mondo del cinema francese. Thierry Fremaux, a capo del festival di Cannes, ha dichiarato la propria disponibilità per la creazione di un comitato di sostegno al regista iraniano. Per il suo rilascio si stanno muovendo anche il direttore della Cineteca francese, Serge Toubiana, e il presidente della stessa, Costa-Gavras, il regista Bertrand Tavernier e il filosofo Bernard-Henri Levy (già impegnato nella campagna per la liberazione di Sakineh). Ma qualcosa, fortunatamente, si sta muovendo anche in casa nostra. L’associazione '100Autori' ha infatti chiesto al governo italiano di intervenire presso le autorità iraniane. "Esprimiamo il nostro profondo sconcerto e dolore - dice il comunicato dell'associazione - per ciò che sta accadendo a Panahi, condannato a sei anni di carcere e a 20 anni di interdizione dal cinema del suo paese per reati di opinione, peraltro senza poter avere contatti con la stampa".
"Non permetteremo - prosegue il documento - che questa palese ingiustizia ai danni di un nostro collega, finisca sotto silenzio, tanto più nella consapevolezza che altri cineasti, anche più giovani e meno noti, da tempo subiscono, in Iran come in altri paesi, altrettanta violenza (Mohamed Rasoulof tra questi)". "Invitiamo, dunque, tutti, gente di cinema e semplici cittadini, a firmare la petizione che la Cinemateque francaise ha organizzato online per chiedere la liberazione di Jafar Panahi, sicuri che in tanti riusciremo a ottenere che il nostro collega sia nuovamente un cittadino libero, come uomo e come cineasta".
Riportiamo qui di seguito il testo della petizione e il link relativo, certi che saremo in tanti a voler dare il nostro contributo personale.
Nous apprenons avec colère et inquiétude le jugement du Tribunal de la République Islamique à Téhéran, condamnant très lourdement le cinéaste iranien Jafar Panahi. La sentence : six ans de prison ferme, vingt ans d'interdiction d'écrire et de réaliser des films, de donner des interviews aux médias, de quitter le territoire et d'entrer en relation avec des organisations culturelles étrangères.
Un autre cinéaste, Mohammad Rassoulov, a également été condamné à six ans de prison. Jafar Panahi et Mohammad Rassoulov vont rejoindre les nombreux prisonniers qui croupissent en prison en Iran, dans un état de détresse totale. Certains font la grève de la faim, d'autres sont gravement malades.
Que reproche le pouvoir iranien à Jafar Panahi ? D'avoir conspiré contre son pays et mené une campagne hostile au régime iranien. La vérité est que Jafar Panahi est innocent et que son seul crime est de vouloir continuer d'exercer librement son métier de cinéaste en Iran. Depuis plusieurs mois le pouvoir iranien a mis en place contre lui une véritable machine de guerre visant à le détruire, à l'enfermer en le contraignant à se taire.
Jafar Panahi est cinéaste et ses films ont été montrés dans le monde entier. Invité par les plus grands festivals de cinéma (Cannes, Venise, Berlin), il est aujourd'hui empêché de poursuivre son œuvre de cinéaste. La lourde condamnation qui le frappe le prive de liberté, l'empêche physiquement et moralement d'exercer son travail de cinéaste. Il doit désormais se taire, s'interdire tout contact avec ses collègues cinéastes en Iran et dans le monde entier.
A travers cette condamnation qui frappe Jafar Panahi, c'est tout le cinéma iranien qui est manifestement visé.
Cette condamnation nous révolte et nous scandalise. Aussi, appelons-nous cinéastes, acteurs et actrices, scénaristes et producteurs, tous les professionnels du cinéma ainsi que tous les hommes et femmes épris de liberté et pour qui les droits de l'homme sont une chose fondamentale, à se joindre à nous pour exiger la levée de cette condamnation.
ENGLISH VERSION
We have just learnt, with great anger and concern, about the judgement of the Court of the Islamic Republic in Teheran, heavily condemning Iranian filmmaker Jafar Panahi.
The sentence: six years of imprisonment without remission, accompanied by a ban of twenty years on writing and making films, giving interviews to the press, leaving the territory, or communicating with foreign cultural organisations.
Another filmmaker, Mohammad Rassoulov, has been likewise sentenced to six years in prison. Jafar Panahi and Mohammad Rassoulov are going to join the many prisoners now rotting in jail in Iran in a state of total distress. Some are on hunger strikes, while others are gravely ill.
What does the Iranian government reproach Jafar Panahi with? Having conspired against his country and carried out a campaign hostile to the Iranian regime.
The truth is that Jafar Panahi is innocent and his only crime is wishing to continue to freely exercise his profession as a filmmaker in Iran. Over the last few months the Iranian government has put into place against him nothing short of a machine of war in order to destroy him, while locking him up to silence him.
Jafar Panahi is a renowned filmmaker and his films have been shown all over the world. Invited by the greatest film festivals in the world (Cannes, Venice, Berlin), he is today prevented from pursuing his work as a filmmaker. The heavy sentence inflicted upon Jafar deprives him of his freedom, while preventing him both physically and morally from carrying out his work as a filmmaker. Henceforth, he must remain silent, refrain from any and all contact with his fellow filmmakers both in Iran and anywhere else in the world.
Through this sentence inflicted upon Jafar Panahi, it is manifestly all of Iranian cinema which is targeted.
This sentence both revolts and scandalises us. So, let us call upon all filmmakers, actors and actresses, screenwriters and producers, all motion-picture professionals as well as every man and woman who loves freedom and for whom human rights are fundamental, to join us in demanding the lifting of this sentence.
http://www.ipetitions.com/petition/solidarite-jafar-panahi