domenica 29 marzo 2009

DOLOROSO APPELLO DELL'ASSOCIAZIONE RIFUGIATI POLITICI PER SALVARE LA VITA DELLA GIORNALISTA IRANO-AMERICANA SABBERI


Nella foto: il corpo del blogger iraniano ucciso sotto la tortura come si testimoniano i segni di maltrattamenti sulla testa

DOPO LA PUBBLICAZIONE DELLA FOTO DEL CADAVERE DEL BLOGGER, DOLOROSO APPELLO PER SALVARE LA VITA DELLA GIORNALISTA IRANO-AMERICANA DETENUTA NEL CARCERE DI EVIN
IL BLOGGER IRANIANO UCCISO SOTTO TORTURA E NON PER IL SUICIDIO!


Alcune giorni fa, quando diedi la notizia della morte del blogger iraniano Amir mir Sayyaf avevo rivelato una notizia pervenutami attraverso i miei canali interni, secondo cui il regime fondamentalista di Ahmadinejad aveva intrapreso una nuova iniziativa repressiva contro i prigionieri politici detenuti nelle famigerati prigioni iraniane: applicazione delle misure disumane e al di sopra di qualsiasi sopportazione fisica e morale contro i prigionieri politici e di opinione onde ridurre le loro resistenze e indurli a suicidarsi oppure dichiararne l’intenzione.
Dopo una tale dichiarazione pubblica di intenzione del suicidio rientra in campo la macchina della morte che esegue il resto e applica in pieno la sentenza della morte rilasciata dal capo supremo del regime dei mullah Ali Khamenei. Ecco perché lancio un urgente appello a favore della giornalista Sabberi perché rischia veramente di fare la fine del blogger Mir Sayyaf, arrestato per aver oltraggiato il capo supremo del regime Ali Khamenei. Pochi giorni prima di essere ucciso sotto la tortura, Sayyaf aveva dichiarato l’intenzione di togliersi la vita.
Secondo le testimonianze dei compagni di cella del blogger ucciso, di cui mi è pervenuta una foto del cadavere pieno di lividi e tumefazioni e rotture delle parti del cranio, quando Mir Sayyaf è stato portato nella clinica del carcere di Evin era fisicamente debole ma esteticamente sano e integro, con un battito cardiaco attorno a 50 e la pressione sanguigna bassissima. Bastava applicare, secondo un medico-detenuto che lo ha accompagnato nella clinica, fare un lavaggio gastrico e qualche medicina per alzare l’attività cardiaca. Ma nulla è stato fatto, anzi è stato espulso questo medico dalla stanza e maltrattato e condotto nella sua cella. Da questo momento in poi il blogger viene affidato nelle mani dei torturatori che lo sottopongono alle più barbarie torture e lo uccidono sotto i calci e pugni. Secondo le testimonianze del fratello, la testa di Mir Sayyaf era piena di lividi, e l’orecchio sinistro perdeva il sangue e al di sopra si notava una frattura nonché il naso pieno di sangue. I familiari del blogger hanno portato il cadavere alla medicina legale della città di Kahrizak e dopo 4 ore l’hanno ripreso senza il referto del medico legale. Attualmente i familiari di Mir Sayyaf hanno denunciato i responsabili del carcere di Evin. Ma si sa che è una battaglia persa perché sia la medicina legale che la magistratura sono entrambi nelle mani della macchina della morte del leader Khamenei. Alcuni mesi fa incontrai a Roma un medico legale iraniano che aveva deciso di espatriare per i rischi che correva nel suo lavoro. Mi raccontava che gli capitava spesso che doveva preparare delle relazioni false sulle persone uccise sotto la tortura! Secondo questo medico chiunque si rifiutava di obbedire alle direttive del responsabile del settore della medicina legale avrebbe fatto sicuramente la fine del morto. Come, secondo i suoi racconti, fu capitato ad alcuni suoi colleghi che avrebbero rifiutato di firmare delle relazioni non vere!
Anche nel caso del blogger Mir Sayyaf sicuramente il referto della medicina legale sarà redatto dal responsabile del carcere di Evin e firmato del medicolegale di turno.
A questo punto lancio un appello doloroso per sensibilizzare il mondo dei mass-media e politico italiano sui seri rischi che corrono i prigionieri politici iraniani che affollano le carceri iraniane e in particolare a favore della giornalista irano-americana Sabberi che di recente in una telefonata al padre ha dichiarato serie intenzioni di porre fine alla sua vita. Dichiaro che questa tattica del regime è venuta dopo le forti pressioni internazionali grazie alle quali i mullah hanno apparentemente escluso i prigionieri politici dalla pena capitale, ma allo stesso tempo hanno introdotto questa disumana iniziativa che secondo i racconti ricevuti dall’interno dell’Iran è mille volte peggio della fucilazione. Al soggetto vengono applicate dure misure restrittive quali “la bara”,”la gabbia”, “corpo appeso al soffitto con le mani legate da dietro”,” docce fredde dopo le frustate”,” fucilazioni finte”,” calcio”,” violenza sessuale”,” shock elettrico” , “assistere alla tortura applicata contro i figli, marito, moglie, madre, padre”ecc…
Chiedo a chiunque le questo appello di scrivere al ministro degli esteri italiano, Franco frattini chiedendo il suo diretto intervento a favore della giornalista Sabberi e di tutti i detenuti politici sottoposti alle più disumane misure restrittive.
Karimi Davood, presidente dell’Associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia
l'indirrizzo elettronico del ministero degli esteri a cui scrivere:
http://www.esteri.it/MAE/IT/Ministero/Servizi/Italiani/Sportello_Info/DomandeFrequenti/FAQRichiestaInfo.htm

 
AID : AGENZIA IRAN DEMOCRATICO