venerdì 21 maggio 2010

IRAN: DI LELLO (PSI), 'MANIFESTO - APPELLO' PER LIBERAZIONE REGISTA PANAHI


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"Apprendiamo che il regista iraniano Jafar Panahi, rinchiuso in carcere in Iran, ha iniziato lo sciopero della fame per protestare contro la propria condizione di ‘prigioniero politico'".
Lo ha dichiarato Marco Di Lello, Coordinatore della segreteria nazionale del Partito
socialista italiano.
"La notizia, giunta mentre è in corso di svolgimento il Festival del Cinema di Cannes - continua Di Lello - si aggiunge a una lunga serie di notizie tragiche a cui il governo iraniano ci ha abituati. Esprimiamo dunque, ancora e con forza, la nostra indignazione per la barbarie con cui si colpiscono gli oppositori politici in Iran e lanciamo un 'manifesto - appello' per la liberazione del regista Panahi, disponibile sul sito del Psi www.partitosocialista.it e che invitiamo a sottoscrivere". Tra i primi firmatari dell'appello, oltre a cominciare dal segreterio del partito, Riccardo Nencini, e a intellettuali ed esponenti politici socialisti, ci sono già Luca Sofri, Michele Placido, Marco Travaglio, Massimo Scaparro, Vincenzo Mollica.

'Manifesto - appello' per la liberazione di Jafar Panahi

In nome della libera espressione culturale, artistica e democratica, chiediamo a tutti i cittadini, alle associazioni, alla società civile e all'intero mondo intellettuale italiano di sottoscrivere il presente 'manifesto - appello' di solidarietà per il rilascio immeditato del regista Jafar Panahi, ingiustamente detenuto in carcere in Iran per motivazioni politiche.

Da oltre 30 anni, il regime fondamentalista islamico di Teheran nega ogni diritto di espressione, di libertà e di critica reprimendo con la forza ogni voce di dissidenza laica nei confronti di un potere assoluto e ideologico, che ha assunto la religione come mero strumento finalizzato al controllo sociale, politico e persino psichico di milioni di persone.

Il progresso del pensiero democratico è sostenuto innanzitutto dalla resistenza pacifica di uomini e donne in difesa della libertà di espressione artistica, culturale, sociale ed economica. In tale delicata situazione risulta più che mai necessario sviluppare a livello globale la solidarietà di tutto il mondo civile, politico e intellettuale in difesa della vera arte e della più autentica cultura, affinché si affermi un giorno, in ogni parte del mondo, la vittoria del pensiero più libero e aperto e la forza stessa della più autentica indignazione civile e morale verso tutti i regimi assolutistici e dispotici, contro ogni forma di repressione oscurantista, fisica o psicologica, irrazionale o basata sull'interpretazione arbitraria di princìpi e valori.
Iran/ Panahi dal carcere:"Non mangio né bevo da domenica mattina"

16:15 - ESTERI- 19 MAG 2010



"Mi hanno maltrattato e minacciato, ecco le mie ultime volontà"
Roma, 19 mag. (Apcom) - La notizia era rimbalzata da Cannes, dove ieri Juliette Binoche non aveva saputo trattenere le lacrime: Jafar Panahi, regista iraniano arrestato lo scorso marzo per il suo sostegno al movimento riformista, è da ormai quattro giorni in sciopero della fame. La conferma è arrivata con un messaggio dello stesso Panahi, pubblicato con il consenso dei suoi familiari su "La Regle du jeu", rivista diretta dal filosofo e giornalista francese Bernard-Henri Levy. "Con la presente dichiaro i maltrattamenti subiti nella prigione di Evin", ha scritto Panahi, "sabato 15 maggio 2010 le guardie della prigione sono entrate all'improvviso nella nostra cella n.56. Hanno portato via me e i miei compagni di cella, ci hanno spogliati e tenuti al freddo per un'ora e mezzo". Panahi prosegue la sua denuncia: "Domenica mattina mi hanno portato nella sala di interrogatorio e mi hanno accusato di aver filmato la mia cella, cosa completamente falsa. In seguito, hanno minacciato di imprigionare la mia famiglia a Evin e di maltrattare mia figlia in una prigione senza sicurezza nella città di Rejayi Shahr". Poi, il racconto dello sciopero della fame: "Non ho mangiato né bevuto nulla da domenica mattina, e dichiaro che se le mie volontà non saranno rispettate, continuerò senza bere né mangiare. Non voglio essere un topo da laboratorio, vittima dei loro giochi insani, minacciato e torturato psicologicamente". Il regista iraniano chiede di poter "contattare e vedere la mia famiglia, e l'assicurazione totale della loro sicurezza", il "diritto di avere un avvocato, dopo 77 giorni di carcere", una "libertà incondizionata fino al giorno del mio giudizio e del verdetto finale". Infine, Panahi giura sul cinema "a cui credo", che "non smetterò il mio sciopero finché le mie volontà non saranno esaudite", e dichiara la sua ultima volontà: "Che le mie spoglie siano rese alla mia famiglia e che essa possa seppellirmi dove desidera"

 
AID : AGENZIA IRAN DEMOCRATICO