AVRAHAM B. YEHOSHUA SMENTISCE LA GIORNALISTA DELLA STAMPA DI TORINO
Nella foto: famoso scritore israeliano Avraham Yehoshua
Con grande piacere ho trovato sul sito della Stampa di Torino la lettera di smentita dello scrittore israeliano che chiarisce alcuni punti assai importanti della sua chiacherata telefonica di un mese fa con la famosa giornalista multispecializzata in questioni islamiche e iraniane della Stampa di Torino. Non si sa perchè il contenuto di una chiacherata telefonica deve aspettare un mese per essere resa pubblica! Forse si stava cercando il momento più opportuno per buttarla fuori e agitare le acque del mare già agitata del medioriente?
In ogni caso sono molto soddisfatto della lettera dello scrittore Yehoshua che ha chiarito i punti cardini del suo pensiero trasmesso e pubblicato in modo intenzioso e storto. 24/9/2008
Grazie Yehoshua
Pubblico in seguito la lettera dello scrittore israeliano.
karimi davood
Israele-Iran chi spegne la miccia
AVRAHAM B. YEHOSHUA
Con mio grande rammarico, nel resoconto fatto da Farian Sabahi (La Stampa di lunedì) di una conversazione telefonica intercorsa fra di noi circa un mese fa, ci sono alcuni errori. Non ho mai detto che l’Iran non è un pericolo per Israele. Ho detto invece che l’Iran è un pericolo non solo per Israele, il che fa una bella differenza. In effetti, durante tutta la conversazione, ho ripetuto e insistito sul fatto che la produzione della bomba atomica da parte dell’Iran costituisce un problema per tutta la zona del Golfo e per il Medio Oriente, e che potrebbe diventare anche un problema nel contesto dei rapporti fra il mondo islamico estremista e il resto del mondo. Per questo sono contrario a che Israele, il mio Paese – nonostante sia quello più direttamente e principalmente minacciato – si assuma il compito di un intervento militare tanto complesso come la distruzione delle centrali nucleari iraniane, rischiando con ciò una grave, violenta reazione.
Se, dopo la conquista dell’Iraq da parte degli Stati Uniti, l’Iran ha davvero timore che la discutibile dottrina formulata da Bush in merito alla «ricostruzione dei popoli» possa metterlo di fronte al rischio di un’invasione americana mossa allo scopo di cambiare il suo regime, se questa fosse la ragione per cui l’Iran sta sviluppando il suo programma nucleare, in tal caso toccherebbe alla comunità internazionale dare all’Iran concrete garanzie che le cose non stanno così. A condizione, ovviamente, che l’Iran interrompa il suo programma di armamento nucleare. Non ho mai detto che gli Stati Uniti hanno già invaso altri Paesi del Medio Oriente, oltre all’Iraq.
In breve, quello dell’Iran è un problema internazionale, e non tocca a Israele risolverlo per conto del resto del mondo. Da questo punto di vista, le interviste rilasciate da Barack Obama offrono un’ottima disamina della questione: per un verso l’umiliazione concreta delle sanzioni internazionali imposte all’Iran, ma per l’altro anche la proposta di avvio di un dialogo altrettanto concreto fra Stati Uniti e Iran. Benché molti siano portati a un paragone automatico fra la Germania nazista e l’Iran khomeinista, io ancora penso che ci siano molte differenze. Perché l’Iran è consapevole che se attaccasse Israele, potrebbe confrontarsi con una reazione di ordine atomico. Perciò non si deve aver premura di accendere una miccia così temibile; si tratta invece di optare per sistemi più morbidi, più semplici, che possano risolvere o quanto meno mitigare il problema nucleare dell’Iran.