venerdì 31 dicembre 2010

Iran: la lettera dello scultore Reza Olia all’On. Frattini sull’impiccagione di Ali Saremi membro dei Mojahedin del Popolo



Venerdì 31 Dicembre 2010 11:44
Al Ministro degli Affari Esteri On. Franco Frattini
PC. Senatore Renato Schifani presidente del Senato della Repubblica
PC. On. Gianfranco Fini presidente della Camera dei Deputati

Egregio Signor Ministro,
Mi rivolgo a lei per la drammatica situazione del popolo iraniano, proprio oggi martedi 28 dicembre. Il cittadino Mojahed Ali Saremi che per anni ha subito il carcere e le torture medioevale del regime di Ahmadinejad, e’ stato impiccato nel famigerato carcere di Evin.

Il nostro centro esprime per ennesimo volta sdegno per il genocidio del popolo iraniano, inoltre chiede a lei Sig. Ministro invece di ricevere come ha fatto appena un mese fa il vice di Ahmadinejad il noto massacratore del popolo iraniano di interrompere qualsiasi rapporto diplomatico con questo regime terrorista.

In relazione di visita del ministro della cultura iraniana al suo pari italiano On. Bondi di alcune settimane fa, il popolo iraniano ha diritto di sapere quale l’obietivo di tutta questa via vai, mentre intellettuali, artisti, studenti e docenti universitari sono rinchiusi nel carcere.

Sig. Ministro,
Uno dei cardine della costituzione italiano e’ basato sui valori democratici ed umani ed antifascista, continuare ad avere rapporto di amicizia e compiacenza con questo regime significa calpestare questi valori della costituzione italiana i piu elementari diritti del popolo iraniano.

Il popolo iraniano non restera’ a guardare di fronte a tanta negligenza e sara’ costretto a denunciare formalmente ogni forma di collaborazione con questo regime alle autorita’ internazionali.

Distinti saluti
Reponsabile del Centro di Informazione degli Artisti ed Intellettuali Progressisti Itaniani in Italia
Lo scultore Reza Olia

Iran: arrestato fratello prigioniero politico impiccato giorni scorsi


Nella foto Ali Sarami insieme al figlio



Le autorità iraniane hanno arrestato il fratello di un prigioniero politico condannato a morte nei giorni scorsi





(Aki) - Le autorità iraniane hanno arrestato il fratello di un prigioniero politico condannato a morte nei giorni scorsi. Ali Saremi, 62enne membro dei Mujaheddin del Popolo è stato impiccato il 28 dicembre dopo anni di carcere.

Il fratello, Mohammad-Reza Saremi, èstato arrestato su ordine del Ministero dell'Intelligence per aver mostrato nella vetrina del suo negozio delle foto per commemorare il fratello morto. Intanto la famiglia ha fatto sapere che le autorità hanno respinto la richiesta per la restituzione del corpo del figlio finito su patibolo.
Saremi era stato condannato a morte dal Tribunale della Rivoluzione di Teheran con l'accusa di attentare alla sicurezza nazionale per la sua adesione al movimento di opposizione e di essere un Mohareb (nemico di Allah e dell'Islam)

BUON ANNO 2011!

mercoledì 29 dicembre 2010

FERMIAMO IMPICCAGIONE DEI PRIGIONIERI POLITICI IN IRAN





CONDANNIAMO FERMAMENTE LE RECENTI IMPICCAGIONI DEI PRIGIONIERI POLITICI IRANIANI AVVENUTE ALL'ALBA DI IERI NEL CARCERE DI EVIN A TEHERAN.
PER PROTESTARE CONTRO LA NUOVA ONDATA DI ESECUZIONI, ASSOCIAZIONE RIFUGIATI POLITICI IRANIANI, DOMANI, GIOVEDI, SCENDERA' IN PIAZZA A FIANCO DI ALTRE COMUNITA' IRANIANE PER RIBADIRE LA SUA FERMA OPPOSIZIONE E CONDANNA CONTRO IL REGIME BARBARO E DITTATORIALE DEI MULLAH.
INVITIAMO TUTTI A PARTECIPARE A QUESTA MANIFESTAZIONE PER ESPRIMERE LA LORO VICINANZA E SOLIDARIETA' AI FAMILIARI DI DUE PRIGIONIERI POLITICI IMPICCATI IERI A TEHERAN E PER CONDANNARE LA POLITICA DELLA REPRESSIONE E DEL TERRORISMO DEL REGIME DI AHMADINEJAD CHE STA METTENDO AL SERIO RISCHIO LA STABILITA' E LA PACE DEL MONDO INTERO.

DAVOOD KARIMI PRESIDENTE DELL'ASSOCIAZIONE RIFUGIATI POLITICI IRANIANI RESIDENTI IN ITALIA


Iran: un impiccato come spia di Israele
28 dicembre, 13:05
TEHERAN - Un iraniano condannato per spionaggio in favore di Israele è stato impiccato stamane nel carcere di Evin, a Teheran. Lo ha reso noto la Procura della capitale iraniana, aggiungendo che nella stessa prigione sempre oggi è stato giustiziato un altro uomo, riconosciuto colpevole di appartenenza ai Mujaheddin del Popolo, la maggiore organizzazione di opposizione armata al regime iraniano. In un comunicato della Procura citato dall'agenzia ufficiale Irna, si afferma che la "spia" di Israele, Ali-Akbar Siadat.... Nel 2008 era stato impiccato in Iran un imprenditore, Ali Ashtari, riconosciuto anch'egli colpevole di avere spiato per Israele, Paese al quale la Repubblica islamica nega il diritto all'esistenza e di cui il presidente Mahmud Ahmadinejad ha più volte profetizzato l'imminente scomparsa. L'altro impiccato di oggi ad Evin si chiamava Ali Saremi ed era stato condannato alla pena capitale dopo essere stato riconosciuto colpevole di Moharebeh (Guerra contro Dio) e propaganda contro il sistema islamico di governo in Iran per avere militato nelle file dei Mujaheddin del Popolo fin dal 1982. Anche Saremi era stato arrestato nel 2008.

martedì 28 dicembre 2010

Political prisoner Ali Sarami hanged after 24 years incarceration



Tuesday, 28 December 2010 08:48


NCRI - Ali Sarami, 63, member of the People’s Mojahedin Organization of Iran (PMOI), was hanged at dawn on Tuesday, December 28, 2010, after 24 years of incarceration under the clerical and Shah’s rule.

Since the beginning of the clerical rule, Sarami was arrested four times. The last time he was arrested was in August 2007 during a ceremony marking the anniversary of massacre of political prisoners. After the Ashura uprising in December 2009, he was sentenced to death.



Mrs. Maryam Rajavi, President-elect of the Iranian Resistance, offered her condolences to his family, especially to his son, Akbar, in Camp Ashraf. She said that Ali’s execution highlighted the Iranian regime’s fear of the PMOI and the Iranian Resistance and it was the regime’s way of taking revenge following its repeated failures to plot against Ashraf, which is standing firm and steadfast. She added that this great crime only reflects the regime’s inability and frustration in face of the resolute Iranian youths and members of PMOI who are determined to overthrow the clerical rule and establish freedom and the rule of people in Iran.

The regime’s so called Revolutionary Prosecutor described Sarami’s charge as “publicity activities against the sacred rule of Islamic Republic.” He wrote: “He visited Ashraf and during that he received necessary trainings and returned to the country… and eventually he was arrested in August 2007 for his repeated activities and participation in counter revolutionary ceremonies and gatherings in support of PMOI and dispatching reports to this grouplet (PMOI). During a search in his house some CDs, films, pictures from PMOI and hand written organizational documents linked to the grouplet were found and confiscated.”

The henchmen of the regime subjected Sarami to the most brutal torture and pressures until his last days in a bid to break his resistance, but despite all his ailments and intolerable prison conditions, he stood firm on the ideal of freedom and liberation for the people of Iran and did not yield.

When receiving his death sentence he said: "They cannot frighten me and my freedom-loving compatriots by execution and hanging... The only reason for such sentences is their fear of their own unstable state".

Following Ali Sarami's execution, his daughter was arrested by the regime's henchmen this morning outside Evin Prison in Tehran.

Secretariat of the National Council of Resistance of Iran
December 28, 201

lunedì 27 dicembre 2010

Regista iraniano Panahi condannato: una sentenza che colpisce tutti noi


stamattina alle 9 su Rai Uno di Michele Cucuzza parlerò della condanna a sei anni del regista popolare iraniano Jafar Panahi!



di Roberto Fantini (flipnews.org)

Quando viene repressa la libertà di espressione, perché si tenta di dar voce a un dissenso con la propria arte, il mondo civile non può restare in silenzio. Il Tribunale della Repubblica Islamica di Teheran ha recentemente condannato il noto regista cinematografico a 5 anni di reclusione, in quanto ritenuto appartenente ad un'"organizzazione illegale a scopo di sovvertire lo Stato", e ad un altro anno per "attività di propaganda lesive dell’immagine della Repubblica Islamica". Inoltre, è stato condannato al divieto di "dirigere film di ogni tipo, di scrivere sceneggiature, di concedere interviste alla stampa nazionale e internazionale", nonché di "recarsi all’estero se non per motivi di salute o pellegrinaggio alla Mecca dietro una cauzione da stabilire".
Jafar Panahi, affermatosi per la prima volta, a livello internazionale, nel 1995, con il lungometraggio "Il palloncino bianco", ha vinto, nel 1997, il Pardo d'Oro a Locarno con il film "Lo Specchio", dedicato alla difficile condizione femminile nel proprio paese, tema affrontato anche con "Il Cerchio" che gli valse, nel 2000, il Leone d'Oro a Venezia. Nel 2003, a Cannes ha ricevuto il premio nella sezione 'Un certain regard' con il film "L'Oro rosso".

E’, inoltre, membro del Consiglio nazionale della pace in Iran, un gruppo nato nel luglio 2008 su iniziativa del Centro per la difesa dei diritti dell'uomo, organizzazione non governativa fondata dal premio Nobel Shirin Ebadi e da altri importanti avvocati. Il Consiglio nazionale della pace conta 85 rappresentanti di diversi gruppi sociali, etnie e professioni ed ha per obiettivo quello di rafforzare le basi per la pace, impedire ogni attacco militare, abolire le sanzioni imposte e bloccare quelle future, mettendo fine alla situazione di ‘Né guerra, Né pace’.

Jafar Panahi era già stato arrestato nel luglio del 2009, durante la manifestazione al cimitero di Teheran per ricordare la morte di Neda Agha Soltan, la giovane donna uccisa durante una manifestazione post elettorale. In seguito, era stato rilasciato, ma gli era stato vietato di lasciare il paese e, di conseguenza, impedito di recarsi al festival cinematografico di Cannes, dove, dal 12 al 23 maggio 2010, avrebbe dovuto far parte della giuria.

Panahi era stato poi arrestato all’inizio di marzo, nella sua abitazione a Teheran insieme a diverse altre persone, tra cui il regista Rasoulof (colpito anch’esso, ora, da analoga condanna). Alcune settimane dopo, il ministro della Cultura e dell'orientamento islamico dichiarò che il regista era stato arrestato per avere tentato di girare un film antigovernativo sulle discusse elezioni presidenziali del 2009.

Jafar Panahi, impegnatosi in uno sciopero della fame, e sostenuto da una viva mobilitazione da parte del mondo del cinema, era stato rilasciato il 25 maggio, dietro cauzione. Alla notizia della grave condanna, il giornalista iraniano Ahmad Rafat, sul sito di Articolo21, ha amaramente commentato che siamo di fronte ad una sentenza che ci "lascia senza parole" e che, nel caso venisse confermata, la carriera cinematografica di Jafar Panahi dovrebbe ormai essere considerata definitivamente conclusa.

Ma la sentenza che lo ha ora colpito colpisce tutta la cittadinanza e la cultura del suo paese. Colpisce tutto il mondo del cinema e tutti coloro che credono nell’importanza della libera voce dell’arte e dell’informazione. Colpisce tutti quanti noi che crediamo nel diritto insopprimibile al pensiero e alla manifestazione del pensiero, che crediamo nel diritto di tutti i cittadini del nostro pianeta a costruire un mondo libero da gabbie fisiche e spirituali.
Come ha efficacemente dichiarato il regista Antonio de Palo, "La dura condanna nei confronti Jafar Panahi è prima di tutto una questione universale. La privazione del linguaggio, l’impossibilità derivante del poter dire, del poter manifestare il proprio sentimento, è per un artista una condanna a morte. La questione di Panahi è universale proprio perché impedisce l’espressione di un punto di vista sociale utile alla comprensione di un mondo culturale arido, impenetrabile". (http://www.molfettalive.it). Per difendere Panhai dalla "morte civile" occorrerà, pertanto, una nuova grande e veemente mobilitazione internazionale, ancora più vigorosa di quanto verificatosi in passato.

Hamid Ziarati, sul Fatto Quotidiano (23 dicembre) ha scritto: "Parlando con Panahi al telefono mi ritrovo a parlare a un amico angosciato per il suo futuro, incredulo per il suo presente e fiero del proprio passato. Mi dice che se il mondo vuole fare qualcosa per tutti i cineasti iraniani deve agire ora o mai più, perché hanno condannato non solo lui ma tutta la cinematografia iraniana, e se il verdetto verrà confermato fra un mese per lui – incapace di chiedere clemenza, visto che non ha commesso nessun reato, e la Repubblica Islamica incapace di concedere clemenza visto che non ne ha mai avuta per nessuno – sarà la fine".

Per il momento, a muoversi è soprattutto il mondo del cinema francese. Thierry Fremaux, a capo del festival di Cannes, ha dichiarato la propria disponibilità per la creazione di un comitato di sostegno al regista iraniano. Per il suo rilascio si stanno muovendo anche il direttore della Cineteca francese, Serge Toubiana, e il presidente della stessa, Costa-Gavras, il regista Bertrand Tavernier e il filosofo Bernard-Henri Levy (già impegnato nella campagna per la liberazione di Sakineh). Ma qualcosa, fortunatamente, si sta muovendo anche in casa nostra. L’associazione '100Autori' ha infatti chiesto al governo italiano di intervenire presso le autorità iraniane. "Esprimiamo il nostro profondo sconcerto e dolore - dice il comunicato dell'associazione - per ciò che sta accadendo a Panahi, condannato a sei anni di carcere e a 20 anni di interdizione dal cinema del suo paese per reati di opinione, peraltro senza poter avere contatti con la stampa".

"Non permetteremo - prosegue il documento - che questa palese ingiustizia ai danni di un nostro collega, finisca sotto silenzio, tanto più nella consapevolezza che altri cineasti, anche più giovani e meno noti, da tempo subiscono, in Iran come in altri paesi, altrettanta violenza (Mohamed Rasoulof tra questi)". "Invitiamo, dunque, tutti, gente di cinema e semplici cittadini, a firmare la petizione che la Cinemateque francaise ha organizzato online per chiedere la liberazione di Jafar Panahi, sicuri che in tanti riusciremo a ottenere che il nostro collega sia nuovamente un cittadino libero, come uomo e come cineasta".

Riportiamo qui di seguito il testo della petizione e il link relativo, certi che saremo in tanti a voler dare il nostro contributo personale.
Nous apprenons avec colère et inquiétude le jugement du Tribunal de la République Islamique à Téhéran, condamnant très lourdement le cinéaste iranien Jafar Panahi. La sentence : six ans de prison ferme, vingt ans d'interdiction d'écrire et de réaliser des films, de donner des interviews aux médias, de quitter le territoire et d'entrer en relation avec des organisations culturelles étrangères.
Un autre cinéaste, Mohammad Rassoulov, a également été condamné à six ans de prison. Jafar Panahi et Mohammad Rassoulov vont rejoindre les nombreux prisonniers qui croupissent en prison en Iran, dans un état de détresse totale. Certains font la grève de la faim, d'autres sont gravement malades.
Que reproche le pouvoir iranien à Jafar Panahi ? D'avoir conspiré contre son pays et mené une campagne hostile au régime iranien. La vérité est que Jafar Panahi est innocent et que son seul crime est de vouloir continuer d'exercer librement son métier de cinéaste en Iran. Depuis plusieurs mois le pouvoir iranien a mis en place contre lui une véritable machine de guerre visant à le détruire, à l'enfermer en le contraignant à se taire.
Jafar Panahi est cinéaste et ses films ont été montrés dans le monde entier. Invité par les plus grands festivals de cinéma (Cannes, Venise, Berlin), il est aujourd'hui empêché de poursuivre son œuvre de cinéaste. La lourde condamnation qui le frappe le prive de liberté, l'empêche physiquement et moralement d'exercer son travail de cinéaste. Il doit désormais se taire, s'interdire tout contact avec ses collègues cinéastes en Iran et dans le monde entier.
A travers cette condamnation qui frappe Jafar Panahi, c'est tout le cinéma iranien qui est manifestement visé.
Cette condamnation nous révolte et nous scandalise. Aussi, appelons-nous cinéastes, acteurs et actrices, scénaristes et producteurs, tous les professionnels du cinéma ainsi que tous les hommes et femmes épris de liberté et pour qui les droits de l'homme sont une chose fondamentale, à se joindre à nous pour exiger la levée de cette condamnation.
ENGLISH VERSION
We have just learnt, with great anger and concern, about the judgement of the Court of the Islamic Republic in Teheran, heavily condemning Iranian filmmaker Jafar Panahi.
The sentence: six years of imprisonment without remission, accompanied by a ban of twenty years on writing and making films, giving interviews to the press, leaving the territory, or communicating with foreign cultural organisations.
Another filmmaker, Mohammad Rassoulov, has been likewise sentenced to six years in prison. Jafar Panahi and Mohammad Rassoulov are going to join the many prisoners now rotting in jail in Iran in a state of total distress. Some are on hunger strikes, while others are gravely ill.
What does the Iranian government reproach Jafar Panahi with? Having conspired against his country and carried out a campaign hostile to the Iranian regime.
The truth is that Jafar Panahi is innocent and his only crime is wishing to continue to freely exercise his profession as a filmmaker in Iran. Over the last few months the Iranian government has put into place against him nothing short of a machine of war in order to destroy him, while locking him up to silence him.
Jafar Panahi is a renowned filmmaker and his films have been shown all over the world. Invited by the greatest film festivals in the world (Cannes, Venice, Berlin), he is today prevented from pursuing his work as a filmmaker. The heavy sentence inflicted upon Jafar deprives him of his freedom, while preventing him both physically and morally from carrying out his work as a filmmaker. Henceforth, he must remain silent, refrain from any and all contact with his fellow filmmakers both in Iran and anywhere else in the world.
Through this sentence inflicted upon Jafar Panahi, it is manifestly all of Iranian cinema which is targeted.
This sentence both revolts and scandalises us. So, let us call upon all filmmakers, actors and actresses, screenwriters and producers, all motion-picture professionals as well as every man and woman who loves freedom and for whom human rights are fundamental, to join us in demanding the lifting of this sentence.

http://www.ipetitions.com/petition/solidarite-jafar-panahi

domenica 26 dicembre 2010

SOSPESA L'IMPICCAGIONE DEL PRIGIONIERO POLITICO KURDO HABIBOLLAH LATIFI


Secondo le informazioni diffuse stamattina dal sito Iranpressnews, grazie alle pressioni interni ed internazionali per la sospensione dell'impiccagione di Habibollah Latifi, i suoi familiari sono riusciti ad incontrarlo in carcere e di ricevere delle garanzie da parte del direttore sulla sospensione della pena.
Secondo le informazioni attendibili giuntemi dall'Iran, la città di Sanandaj vive in un momento molto teso e delicato e le forze di sicurezza hanno chiuso tutti gli accessi alla città controllando una per una tutte le persone che sono dirette in città , dove è detenuto Habibollah Latifi, studente della facoltà di ingegneria industriale.

sabato 25 dicembre 2010

I NOSTRI MIGLIORI AUGURI CON UN CONCERTO TENUTOSI NEL CAMPO DI ASHRAF


Colgo occasione per esprimere i nostri auguri per il Natale e per le prossime festività con una canzone della resistenza iraniana, " messaggero della libertà', eseguita da parte delle ragazze e dei ragazzi, residenti nel campo di Ashraf.

22 DICEMBRE: CONFERENZA INTERNAZIONALE DELLA RESISTENZA IRANIANA A PARIGI




Intervento dell'ex sindaco di New York Roudy Giuliani




I NOSTRI MIGLIORI AUGURI PER IL SANTO NATALE E PER ANNO NUOVO 2011

Care amiche e cari amici
Desidero esprimerti a nome del popolo iraniano i nostri migliori auguri per il Santo Natale e per anno nuovo 2011 sperando che il prossimo "Natale" si registri come il primo Natale dell'aurora della libertà del popolo iraniano e di pace per tutti i popoli del mondo.
con affetto e simpatia ringrazio tutti coloro che ci hanno sostenuto in questa direzione. cordiali saluti
davood karimi

martedì 14 dicembre 2010

SAKINEH: EX AVVOCATO, IL MARITO VOLEVA FARLA PROSTITUIRE


Roma, 14 dic. - Sakineh, la donna condannata a morte in Iran, partecipo' all'omicidio del marito per difendere il suo onore: il coniuge, infatti, aveva cercato piu' volte di farla prostituire. A rivelare questo particolare inedito e' Mohmmad Mostafaei, ex legale di Sakineh, giunto a Roma per un incontro organizzato da Amnesty International. 'Sakineh lo ha addormentato - conclude l'ex avvocato - poi il parente del coniuge e' arrivato e lo ha ucciso con sette scariche elettriche' .

lunedì 13 dicembre 2010

"Tecnologia illegale per l'Iran"



Como, coinvolte tre aziende

13 dicembre 2010 Cronaca Commenta

Bonate Sopra, la sede della Gfm (Foto by angelini K1)
COMO - Tre anni dopo il blocco in dogana di un carico di materiali sospetti destinati all'Iran, la Procura della Repubblica chiude il cerchio su una indagine lunga e complessa che coinvolge i vertici di tre aziende, la Green Power Technology di Potenza, la Global Service di Chiasso e la Gfm Group di Bonate Sopra (Bg), società che si occupa di compravendita di materiali e apparecchiature per centrali elettriche. Gli indagati sono i titolari della Gfm, quelli della Global e della Green Power. I reati contestati sono due, molto diversi. L'ufficio del sostituto procuratore Mariano Fadda ipotizza una serie di false fatturazioni compilate per giustificare una movimentazione di capitali verso la Svizzera e, soprattutto, la presunta violazione di una decreto legge del 2003 che, nel pieno della guerra ad Al Qaeda innescata dopo l'11 settembre, subordinava il commercio internazionale di materiale con un duplice potenziale utilizzo (bellico e civile) a una autorizzazione ministeriale che nel caso in questione non c'era. La vicenda ruota tutta attorno al sequestro di un carico di turbine in superlega, 2240 chili di apparecchiature meccaniche fermate a Chiasso nel mese di aprile del 2007, e destinate alla Mapna International, azienda di Stato iraniana. Le prime perplessità dell'Agenzia delle dogane derivavano dalla strana triangolazione cui il carico risultava sottoposto: la Gfm di Bonate aveva venduto le turbine per 12mila euro (prezzo denunciato in uscita dallo Stato) alla Global International Service di Chiasso. In realtà, secondo la polizia giudiziaria - e a questo punto anche secondo la Procura - si era trattato di una sponda fittizia architettata per giustificare una doppia contabilizzazione necessaria a spostare "legittimamente" denaro in Ticino: non si spiegherebbe diversamente perché la Gfm il 16 aprile del 2007 venda la merce a 12mila euro, per poi riacquistarla a 500mila dalla Svizzera solo cinque giorni dopo. Doganieri e finanzieri identificarono anche l'esportatore e l'importatore, la Green Power Technology di Potenza e la Metal Wreck Engeneering, quest'ultima emittente della maxi fattura che spostò oltre confine l'importante partita di denaro. A corroborare le ipotesi dell'accusa, che si appresta a chiedere il rinvio a giudizio degli indagati, c'è anche una consulenza tecnica secondo la quale, pur non potendosi adoperare per realizzare la temutissima atomica, le turbine destinate all'Iran potevano tranquillamente essere utilizzate a fini bellici, motivo per il quale serviva l'autorizzazione prevista del decreto del 2003. Gli indagati hano sempre respinto le accuse, sostenendo che no si trattava di materiale con utilizzo bellico.

Sakineh: lettera-appello di oltre 80 tra star di Hollywood, premi Nobel e politici

Londra, 13 dic. - (Adnkronos/Aki) - "Sakineh Mohammadi Ashtiani ha sofferto abbastanza". Cosi' si apre la lettera-appello in cui oltre 80 tra star di Hollywood, premi Nobel e politici chiedono al presidente della Repubblica Islamica, Mahmoud Ahmadinejad e alla Guida Suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, la liberazione dell'iraniana condannata a morte per adulterio.

La lettera, pubblicata sul sito web del quotidiano britannico 'The Times', porta le firme di Robert Redford, Colin Firth, Mia Farrow e Robert De Niro, oltre a quelle dei due premi Nobel per la letteratura Wole Soyinka e V. S. Naipaul, di Sting, del leader dei laburisti britannici, Ed Miliband, e dell'ex ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner. I firmatari dell'appello chiedono anche il rilascio dell'avvocato e del figlio di Sakineh, arrestati nei mesi scorsi insieme a due reporter tedeschi.

13/12/2010

sabato 11 dicembre 2010

SAKINEH: CARFAGNA, GRANDE DELUSIONE APPRENDERE DI LIBERAZIONE NON VERA

(ASCA) - Milano, 10 dic - Per il governo italiano ''e' stata una grande delusione apprendere dagli organi di informazione dell'Iran che pare non sia vera la liberazione di Sakineh''.

Cosi' il ministro per le Pari Opportunita', Mara Carfagna, ha espresso 'lo stato d'animo' del governo di fronte alla falsa notizia della liberazione della donna iraniana.

L'auspicio di tutti, ha aggiunto la Carfagna parlando a margine della sottoscrizione di un accordo di cooperazione santaria, e' che ''questa donna venga liberata quanto prima.

L'Italia - ha concluso - e' stata in prima linea per l'appello alle autorita' iraniane''.

SAKINEH: REGISTA GHOBADI A TORINO, IN IRAN MIGLIAIA COME LEI


(AGI) - Torino, 11 dic. - In Iran ci sono migliaia di Sakineh: "migliaia di donne i cui diritti non vengono rispettati e di cui pero' non si parla". Cosi', Bahman Ghobadi, tra i giovani cineasti piu' rappresentativi della 'rivoluzione verde' che si oppone al regime di Teheran, oggi a Torino risponde alle domande dei giornalisti sul caso Sakineh. "Mi dispiace che in Occidente si parli sono di Sakineh -spiega Ghobadi- perche' ci sono tante vittime. Sakineh e' la superficie del problema, ma noi dobbiamo cambiare le cose dalla radice, non solo in modo superficiale. Se Sakineh non sara' lapidata, la situazione delle donne in Iran non cambiera'. Sono sempre vittime. In Iran c'e' tanta gente che soffre anche per questioni politiche".
Ghobadi e' nel capoluogo piemontese in occasione di Sottodiciotto Filmfestival che gli dedica una Personale curata da Marco Dalla Gassa e Fabrizio Colamartino. Ghobadi, che a gennaio iniziera' le riprese del suo nuovo film, e' autore di 'Il tempo dei cavalli ubriachi', Camera d'Or a Cannes nel 2000, e del recente 'I gatti persiani', rivolta in musica anti-regime. "In Iran ogni giorno sono calpestati i diritti delle donne - sottolinea Ghobadi - ma si focalizza l'attenzione solo su Sakineh. Si vede Sakineh e non si vede la situazione generale". (AGI) To1/Gav

Iran: legge taglione, sara' accecato

(ANSA) - TEHERAN, 11 DIC - Un uomo e' stato condannato in Iran a essere accecato a entrambi gli occhi con l'acido in base alla legge del taglione, per avere fatto lo stesso al marito della sua amante. Lo riferisce la stampa. La vittima, il 25enne Ali Reza, ha chiesto e ottenuto dai giudici l'applicazione della Qesas, termine arabo che sta a indicare appunto la legge dell'occhio per occhio. Intanto il regime ha arrestato il quarto giornalista del maggiore quotidiano riformista iraniano, Sharq.

manifestazione a Roma contro il regime dei mullah

Domani a Roma, dalle 10 alle 12, in piazza della Repubblica manifestazione contro il regime misogni e fondamentalista dei mullah e per la solidarietà con il popolo iraniano!

venerdì 10 dicembre 2010

UN PEZZO DELLA MUSICA PERSIANA DEL MAESTRO TAHERZADEH

Buona visione a tutti

Iran: Sakineh non è libera, Frattini: “gravissima macchinazione”


Una “gravissima macchinazione”, l’ha definita il ministro degli esteri italiano Franco Frattini: la finta liberazione di Sakineh, una specie di gioco sadico da parte iraniana per sottolineare le presunte confessioni della donna.

Ieri sera rimbalzava in tutto il mondo la notizia della sua liberazione: era stata fotografata a casa sua, con il figlio.

E invece no, ha fatto sapere ore dopo la tv iraniana in lingua inglese: Sakineh Ashtiani non è stata liberata. Era a casa sua, sì, ma solo per ricostruire le modalità dell’assassinio del marito, un delitto che la donna avrebbe confessato, oltre all’adulterio.

La sua condanna alla lapidazione aveva scosso il mondo intero: ovunque in Europa e negli USA si sono tenute manifestazioni per la sua scarcerazione e per la cancellazione dal codice penale iraniano della pena di morte per lapidazione. Più volte era stato detto che la pena era stata eseguita, e invece la donna è ancora viva. Ma è ancora in carcere, pare.

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giovedì 2 dicembre 2010

Iran/ Avvocato racconta ultimi istanti dell'amante del calciatore



Roma, 2 dic. (Apcom) - Il figlio l'ha aiutata a morire, mentre il suo ex amante ha assistito in silenzio alla sua impiccagione. Così è morta Shahla Jahed, amante dell'ex star della nazionale di calcio iraniana Nasser Mohammad Khan, condannata per l'omicidio della moglie del calciatore. Nei suoi ultimi istanti di vita la donna ha pregato, poi è scoppiata a piangere. "Shahla continuava a piangere. Non ha detto nulla. Mi sono fatto avanti e le ho detto di dire qualcosa, ma lei ha solo pianto - ha raccontato al Times il suo avvocato, Abdolsamad Khorramshahi - la famiglia della vittima ha dato il via libera all'esecuzione solo all'ultimo minuto. Tutti i presenti avevano chiesto di perdonarla, ma la famiglia non ha accettato. C'era anche Nasser Mohammad Khan e non ha detto nulla". Stando a quanto riferito dai media iraniani, i parenti della donna hanno cercato per un'ora di convincere la famiglia della vittima, Laleh Saharkhizan, ma senza successo. Davanti alla madre in lacrime, il figlio si è fatto avanti e ha rovesciato la sedia su cui poggiava i piedi. La donna è morta ieri mattina poco prima dell'alba nel carcere di Evin, dopo otto anni di carcere e tre rinvii della condanna a morte. Diversi giudizi avevano evidenziato la debolezza dell'impianto accusatorio, basato sulla sola confessione della donna. La condanna era stata confermata in appello lo scorso anno.

LE NOSTRE PROFONDE CONDOGLIANZE ALLA FAMIGLIA DI SHAHLA JAHED


Associazione donne democratiche insieme all'Associazione Giovani iraniani e Associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia condannano fermamente l'impiccagione della signora Shahla Jahed esprimendo le loro profonde condoglianze alla sua famiglia e a tutti coloro che hanno fatto di tutto pur salvarla dagli artigli del regime barbaro e fondamentalista dei mullah. Questo atto di violenza del regime di Ahmadinejad dimostra ancora una volta che l'unica via di uscita da questo sistema di repressione clericale è quella indicata dalla signora Maryam Rajavi, presidente della resistenza iraniana cioè la terza via: cambiamento democratico per mano del popolo iraniano.
Associazione donne democratiche iraniane
Associazione Giovani iraniani
Associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia

venerdì 26 novembre 2010

Iraq/ Appello europarlamento per garanzia protezione campo Ashraf


E' sottoposto ad assedio spietato autorità irachene


Strasburgo (Francia), 25 nov. (Apcom) - Il Parlamento europeo ha chiesto al capo della diplomazia dell'Unione europea, Catherine Ashton, "di ingiungere alle Nazioni Unite di fornire d'urgenza una protezione agli oppositori iraniani in esilio dal campo di Ashraf" in Iraq, sottoposto secondo loro a un "assedio spietato" da parte delle autorità irachene.
Circa 3.500 simpatizzanti del Consiglio nazionale della resistenza iraniana (Cnri), gruppo di opposizione al regime di Teheran in esilio, sono radunati in questo campo, situato 80 chilometri a nord di Baghdad. Il campo era stato assegnato dall'ex presidente Saddam Hussein ai Mujaheddin del popolo, la principale componente del Cnri, per portarli a combattere con lui il regime iraniano. Ma nel 2003, con la caduta di Saddam Hussein, questi oppositori sono stati disarmati dalle forze americane. Gli Stati Uniti hanno allora trasferito il controllo del campo alle forze di sicurezza irachene, i cui responsabili intrattengono ottime relazioni con Teheran. "Le forze degli Stati Uniti e delle Nazioni Unite si sono ritirate dal campo di Ashraf e i suoi residenti sono ormai alla mercè degli attacchi", si è lamentato l'europarlamento in una "dichiarazione scritta" firmata da 378 deputati.

giovedì 25 novembre 2010

PRIGIONIERA IN IRAN DI ROXANA SABERI



Prigioniera in Iran di Roxana Saberi

GIOVEDÌ 25 NOVEMBRE 2010 12:33

di Elena Romanello

Dopo poco più di un anno dalla sua disavventura arriva nelle librerie italiane la testimonianza di Roxana Saberi, la giornalista irano americana arrestata per spionaggio dal governo di Teheran e rilasciata dopo cento giorni di carcere duro nel temibile Evin in seguito alle pressioni internazionali e all'interessamento della sua famiglia e del suo fidanzato, il regista Bahman Gobadi, diventato famoso con il film "I gatti persiani" sui giovani di Teheran.
"Prigioniera in Iran", edito dalla Newton Compton con come slogan "la drammatica storia di una donna colpevole di essere libera" è un instant book appassionante e asciutto, senza compiacimenti violenti, che fotografa una situazione tipica di un regime dittatoriale, quella dell'incarceramento di una persona innocente accusata di crimini che non ha commesso, derivati dall'atteggiamento paranoico di un governo che teme tutto e tutti come nemico. Roxana Saberi racconta la sua odissea, comprese le oppressioni psicologiche, quali quella di denunciare degli innocenti che aveva intervistato per il suo libro sull'Iran di oggi, non ancora uscito, per essere lei stessa assolta.

Un racconto interessante dove, a differenza di altri libri contro il regime di Teheran scritti da donne, come il celeberrimo "Mai senza mia figlia" di Betty Mahmoody, non c'è tanto l'odio verso una cultura e un Paese in generale, in quanto musulmano, ma verso un regime dittatoriale che opprime la parte migliore della popolazione, la stessa con cui Roxana Saberi si è confrontata fuori e dentro il carcere, e alla quale sente di appartenere visto che è figlia di un iraniano naturalizzato americano, sposato a sua volta con una giapponese diventata statunitense.
Per rivivere una storia recente sullo sfondo della Storia di un Paese in cui sono ancora troppi i nodi al pettine per quello che riguardano i diritti umani e la libertà individuale.
"Prigioniera in Iran" di Roxana Saberi, traduzione di Lucilla Rodinò, Newton Compton, 14 euro e 90.

L'Iran con l'atomica imiterà il regime di Kim

Di Fiamma Nirenstein
Il Giornale, 25 novembre 2010

Guardate bene la Corea del Nord volgendo il cannocchiale verso il futuro, e vedrete Teheran. Guardate i tormenti dei dissidenti nordcoreani e vedrete la lapidazione delle donne iraniane, considerate la determinazione nordcoreana nell’imporre al mondo il suo regime nazista con lo spauracchio della bomba atomica e vedrete chiaro il programma di Ahmadinejad.
Forse la più spaventevole testimonianza che nel mondo contemporaneo sia dato ascoltare è quella di un sopravvissuto al campo di concentramento nordcoreano: chi scrive ne ha avuto l’occasione, e qui si dirà soltanto che la storia di torture, di uccisioni, di fame (spiace assai ricordarlo) fino all’antropofagia dentro le famiglie dei prigionieri, sono altrettante indicazioni di quanto quel regime basi la sua sopravvivenza sul terrore.

Il totalitarismo di quel tipo, però, sa di non piacere, di avere dei nemici che lo vogliono morto perché lo considerano pericoloso. Ed ecco la sua assicurazione sulla vita: la bomba atomica. Quando ce l’hai puoi fare quello che ti pare e uscirne solo con qualche parolina di biasimo. In Corea del Sud il bilancio è ormai di quattro morti, di cui due civili, e di diciotto feriti, le esplosioni sono state veri atti di guerra: ma Ban Ki Moon si limita a essere «molto preoccupato», Obama sostiene che «l’incidente è grave», tutti e due chiedono «alle parti», mentre si sa benissimo che l’unica parte aggressiva è quella del Nord, di «agire con moderazione»; la Germania pure è «preoccupata» e il Giappone «si prepara per qualsiasi eventualità». Tutti si preoccupano, ma dalle reazioni del mondo il regime di Pyongyang capisce che si tratta di una preoccupazione che somiglia alla paura e che è per questo che i toni sono morbidi; il Consiglio di Sicurezza per ora non si muove e di fatto la Corea del Sud viene abbandonata a se stessa con tante raccomandazioni di stare calma.

È la bomba atomica, stupido. Un giorno questo accadrà anche con l’Iran, il giorno in cui il regime degli ayatollah avrà pronte le sue testate atomiche puntate su Israele, sull’Europa e oltre. L’Iran spesso reclama alcune isole del Golfo Persico e con la bomba atomica il Golfo intero risveglierà i suoi appetiti; l’Iraq, il naturale nemico dell’Iran, tremerà di paura a rischio continuo di invasione, mentre l’Arabia Saudita che sarà certamente «molto preoccupata», tuttavia non scenderà in campo e si limiterà ad accelerare gli sforzi per diventare quanto prima un Paese nucleare a sua volta. Lo stesso farà, a ogni buon conto, l’Egitto, anch’esso Paese sunnita, e la Giordania, ma senza far rumore, per non irritare gli ayatollah atomici. E Israele avrà per vicini i rappresentanti degli iraniani sia a sud che a nord. Gli Hezbollah potranno usare i loro missili senza paura della risposta israeliana, e anche Hamas, a sud, mirerà su Tel Aviv senza temere l’esercito israeliano, adagiata su un tappeto persiano fatto di neutroni.

Non è un caso che Pyongyang e Teheran vadano d’accordo, unite in quello che giustamente viene chiamato l’asse del male: la loro natura totalitaria le rende aggressive e pazzoidi. Per loro non funziona la teoria detta “MAD” quella Mutual Assured Destruction, che trattene gli USA e l’URSS da colpirsi. La loro natura stessa, i loro passionali culti li rendono di fatto adoratori della violenza, fino alla distruzione del mondo.

mercoledì 24 novembre 2010

IRAN: ONU PREOCCUPATO, STOP A REPRESSIONE DIFENSORI DIRITTI UMANI

23-11-10


(ASCA) - Bruxelles, 23 nov - L'Alto commissario per i Diritti Umani dell'Onu, Navi Pillay, esprime preoccupazione per il destino dei difensori dei diritti umani in Iran, in particolare per Nasrin Sotoudeh, eminente avvocato dei diritti umani coinvolta nella difesa di casi di alto profilo, arrestata il 4 settembre scorso e da quel momento reclusa in isolamento poiche' accusata di reati contro la sicurezza nazionale.

''Avvicinandoci al 10 dicembre, Giornata internazionale dei diritti umani, l'attenzione del mondo si concentrera' sulle situazioni in cui gli attivisti dei diritti umani sono privati della liberta' di manifestare'', spiega l'Alto commissario, la quale si dice ''molto preoccupata che il caso di Nasrin Sotoudeh costituisca parte di una piu' ampia repressione, e che la situazione dei difensori dei diritti umani in Iran stia diventando sempre piu' difficile. Esorto le autorita' iraniane a riesaminarne urgentemente il caso e ad accelerarne il rilascio''.

Il 13 novembre 2010, cinque avvocati sono stati arrestati a Tehran, due dei quali successivamente rilasciati, mentre si ritiene che gli altri tre siano ancora sotto custodia cautelare. Nei mesi scorsi sono stati arrestati o condannati alcuni membri di altre organizzazioni, singoli avvocati, attivisti e studenti appartenenti al Comitato per la difesa dei prigionieri politici in Iran e al Comitato reporter sui diritti umani. Pillay esorta le autorita' iraniane a riesaminare anche questi casi. ''Le liberta' di parola e di assemblea sono sancite dal diritto internazionale e, cosa ancora piu' importante, sono iscritte nel Patto internazionale sui diritti civili e politici, un trattato giuridicamente vincolante ratificato anche dall'Iran'', afferma ancora l'Alto commissario Onu.

In particolare, il 1 e il 2 dicembre l'Ohchr terra' un incontro di natura giudiziaria con oltre trenta giudici e avvocati iraniani su questioni relative al diritto a un processo equo e al trattamento dei detenuti. All'incontro parteciperanno esperti e giudici internazionali per condividere norme internazionalmente riconosciute ed esperienze sulle modalita' di tutela legale dei diritti umani.

''Si tratta di un'opportunita' importante per il diretto coinvolgimento dei giudici iraniani su questioni di importanza fondamentale e per la promozione delle norme internazionali riguardanti la gestione della giustizia'', conclude Pillay. Il tema per la Giornata dei diritti umani del 10 dicembre e' ''Azione dei difensori dei diritti umani per combattere la discriminazione''.

Cinema: proiezione di Persepolis a sostegno dei diritti umani in Iran

Roma, 24 nov. - (Adnkronos) - Il Gruppo Italia 221 di Amnesty International organizza lunedi' 6 dicembre alle 19.30 - al Cineforum Detour Cine la proiezione del film d'animazione Persepolis di Vincent Paronnaud e Marjane Satrapi. Tratto dal fumetto autobiografico della Satrapi, narra vent'anni di vita di una donna iraniana, fra l'''occidentalizzazione'' voluta dallo Scia' e la successiva dittatura religiosa fondamentalista di Khomeini. Introdurra' Zahra Toufigh Asri, mediatrice interculturale e interprete iraniana. L'iniziativa e' a sostegno dei diritti umani nell'Iran, e in particolare della lotta per la vita di Sakineh Mohammadi Ashtiani.

SOLIDARIETA' INTERNAZIONALI CON IL POPOLO IRANIANO

Bologna, 24 nov. - (Adnkronos) - Il gruppo Pd in Regione Emilia Romagna (prima firmataria Palma Costi) ha presentato una risoluzione che invita la Giunta a chiedere al Governo e al Parlamento italiani di farsi promotori in Europa di una iniziativa per la liberazione immediata dei detenuti politici e di tutti gli avvocati per i diritti umani che si trovano in stato di arresto in Iran.?La risoluzione ricorda che la comunita' internazionale e associazioni come Amnesty International esprimono profonda preoccupazione per l'abuso dei poteri giudiziari da parte delle autorita' iraniane al fine di colpire i difensori dei diritti umani e gli attivisti civili.

Il documento sollecita inoltre alla Giunta a chiedere, tramite l'ambasciata iraniana in Italia, che siano date garanzie per il rientro in patria del Premio Nobel Shirin Ebadi. La risoluzione ricorda ancora che Shirin Ebadi ha potuto raccontare il suo esilio nella recente visita a Bologna in occasione della presentazione, patrocinata dalla Regione Emilia Romagna, del Repertorio regionale delle imprese femminili e che la stessa si e' battuta anche contro la condanna a morte di Sakineh, subendo la confisca della casa, della pensione e del patrimonio familiare, oltre al sequestro di tutti i premi, incluso il Nobel e la Legion d'Onore.

Il documento cita anche il caso dell'avvocatessa Nasrin Sotoudeh, impegnata nella difesa dei minori condannati alla pena di morte, dei prigionieri di coscienza e di Shirin Ebadi, che e' stata arrestata il 4 settembre scorso con l'accusa di propaganda contro lo Stato e di associazione finalizzata ad attentare alla sicurezza nazionale. Nasrin Sotoudeh e' l'ultima di un numero elevato di avvocati, soprattutto donne, arrestati e imprigionati dopo le elezioni presidenziali dello scorso anno: Mohammad Olyaeifard, Mohammad Seifzadeh, Sara Sabbaghian, Maryam Kian Ersi, Maryam Karbasi, Rosa Gharachorloo (professoressa di diritto all'Universita' di Teheran).

lunedì 22 novembre 2010

Pallavolo: donne calabria giocano per Sakineh


ANSA.it > Altri Sport > News
Iniiziativa squadra Reggina. atlete felici
22 novembre, 14:30

manifesto in favore di Sakineh e contro la pena di morte durante la veglia per Sakineh davanti alla sede romana del Parlamento europeo per difendere il diritto alla vita dell'iraniana condannata a morte in Iran
di Alessandro Sgherri

CINQUEFRONDI (REGGIO CALABRIA) - Vivono lontane migliaia di chilometri dall'Iran e da Sakineh, la donna condannata alla lapidazione per adulterio, con sentenza poi sospesa, e ora sotto processo per l'omicidio del marito. Ma nonostante questo si sentono a lei vicine come donne. Ed e' per questo che dall'inizio della stagione portano impresso sulle loro maglie il nome della donna iraniana, facendosi portatrici in tutti i palazzetti in cui giocano di un messaggio di speranza. Sono le pallavoliste dalla Golem, squadra di B2 di Cinquefrondi, piccolo centro della provincia reggina, che dall'inizio del campionato guida la classifica. Da quando la vicenda di Sakineh e' diventata di pubblico dominio, l'hanno fatta propria e cosi', quando la societa' ha proposto loro di fare qualcosa per quella donna, loro hanno risposto in modo entusiastico accettando con orgoglio di portare il suo nome sulle maglie. ''Volevamo fare qualcosa - spiega il presidente, Mario Ceruso - per sensibilizzare quante piu' persone a questa vicenda e cosi' abbiamo pensato di stampare il nome di Sakineh sulle maglie. Le ragazze sono state entusiaste ed hanno condiviso subito questa iniziativa. E' una vicenda che riguarda i diritti umani e non si poteva fare finta di non vedere o ignorare tutto''. L'iniziativa, alla quale ha dedicato un servizio anche la Tgr Calabria, ovviamente, non passa inosservata tra le atlete delle altre squadre che chiedono e si informano del perche' di quel nome stampato sul fronte della maglia da gioco della atlete della Golem. ''Loro chiedono - dice Ceruso - e noi rispondiamo che riteniamo giusto fare questo per diffondere quanto piu' possibile, anche nel nostro mondo, quello dello sport, un messaggio di speranza''. Tutte concordi le ragazze nel dirsi felici di poter dare un contributo, seppure piccolo, a diffondere in giro per la Calabria e la Sicilia la vicenda di Sakineh. ''Quando siamo state informate dell'iniziativa - dice una delle atlete - l'abbiamo subito sposata con piacere. Siamo donne anche noi ed e' bello portare sulle maglie il nome di una donna che rappresenta molto sul piano civile e sociale. Lo sport e' anche questo''.

CAMPAGNA CONTRO PENA DI MORTE

martedì 16 novembre 2010

Iran, Sakineh in tv: sono una peccatrice



Dubbi sull'identità della donna. Mostrati anche il figlio e l'avvocato
16 novembre, 10:16


TEHERAN - Sakineh Mohammadi-Ashtiani, la donna già condannata alla lapidazione per adulterio in Iran con sentenza ora sospesa, suo figlio e il suo avvocato, arrestati il mese scorso, sono stati mostrati in un programma della televisione iraniana in cui hanno fatto alcune 'confessioni'.

"Sono una peccatrice", ha detto una donna con il volto reso irroconoscibile, presentata come la stessa Sakineh. Il figlio, Sajjad Ghaderzadeh, ha ammesso di avere detto "menzogne" alla stampa straniera quando ha affermato che sua madre era stata torturata in carcere, e ha aggiunto di averlo fatto su consiglio dell'avvocato Javid Hutan-Kian. Quest'ultimo ha anch'egli 'confessato' questa circostanza.

Anche due cittadini tedeschi arrestati in ottobre in Iran mentre intervistavano il figlio e l'avvocato di Sakineh Mohammadi-Ashtiani, sono stati fatti apparire alla televisione di Stato iraniana in un programma in cui hanno 'confessato' di avere commesso un errore perché ingannati da una organizzazione contro la pena capitale con sede in Germania.

I volti dei due, che secondo la stampa tedesca sono giornalisti, una notizia però non confermata né dall'Iran né dalla Germania, sono stati mostrati sullo schermo, ma non sono stati resi noti i loro nomi......

venerdì 5 novembre 2010

Iran: ong, attivista Sotudeh in gravi condizioni per sciopero fame


Esteri | 05/11/2010 | ore 11.14 »
Iran: ong, attivista Sotudeh in gravi condizioni per sciopero fame

New York, 5 nov. - (Adnkronos/Aki) - Nasrin Sotudeh, avvocato e attivista iraniana per i diritti umani, arrestata a settembre con l'accusa di agire contro l'interesse nazionale, versa in gravi condizioni di salute dopo che ha deciso nei giorni scorsi di avviare uno sciopero della fame nel carcere di Evin. E' quanto afferma la International Campaign for Human Rights in Iran (Ichri), con sede a New York, che ha rivolto un appello all'Onu affinche' prenda posizione sul caso.

Citando il marito della Sotudeh, Reza Khandan, la portavoce di Ichri, Hadi Ghaemi, ha spiegato che l'attivista ha iniziato da giorni uno sciopero della fame e ha perso molto peso. Segni di malattia sarebbero evidenti anche sulla sua pelle, che si sarebbe fatta piu' scura. Alla donna sarebbe stato concesso di vedere i suoi due figli solo ieri, per la prima volta dall'arresto.

Secondo Ichri, alla Sotudeh non e' ancora stata data la possibilita' di incontrare il suo avvocato e si troverebbe rinchiusa in una cella in regime di isolamento. La Ghaemi ha chiesto all'Alto commissario Onu per i diritti umani, Navanethem Pillay, di contattare le autorita' iraniane per risolvere il caso. L'avvocatessa ha difeso in passato numerosi attivisti e oppositori, tra cui il Premio Nobel Shirin Ebadi. Il suo processo dovrebbe aprirsi il 15 novembre.

“È tuo il mio ultimo respiro?”



Nella foto il regista del film Claudio-Serughetti
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Il documentario sui 5.619 condannati a morte nel mondo Al Festival di Roma oggi arriva il film di Claudio Serughetti, in collaborazione con 'Nessuno tocchi Caino'. La "classifica" delle esecuzioni vede al primo posto la Cina (5.000 condanne), seguita dall’Iran, Iraq e Stati UnitiClaudio Serughetti, regista de "E' il tuo ultimo respiro?"Non solo glamour, star e passerelle: sul Festival del film di Roma il 3 novembre piomba la morte. Non quella fasulla del cinema horror ma quella vera dei 5.619 esseri umani giustiziati nel mondo solo nell’ultimo anno. E di quelli che attendono l’esecuzione: come l’iraniana Sakineh, la cui vita è data giornalmente per spacciata, e le centinaia di sconosciuti clamorosamente o silenziosamente condannati alla pena capitale in paesi civili quali gli Stati Uniti o il Giappone.

S’intitola È tuo il mio ultimo respiro? il documentario con il quale Claudio Serughetti, giovane e poliedrico regista (è anche pittore e musicista) invita a riflettere sull’uso dell’omicidio di stato come forma di punizione ritenuta giusta e congrua da 43 paesi dei quali la maggioranza (36) sono retti da dittature o regimi illiberali. Lo fa in collaborazione con Nessuno tocchi Caino (l’organizzazione del partito radicale il cui principale obiettivo è l’attuazione della moratoria universale della pena di morte e, più in generale, la lotta contro la tortura) e attraverso le testimonianze di intellettuali, artisti, religiosi impegnati su questo fronte: da Peter Gabriel a Bernardo Bertolucci, da Marco Bellocchio a Dario Fo ad Adolfo Pérez Esquivel. E poi, autentico pugno nello stomaco, ci sono i filmati e le immagini degli ultimi istanti di vita dei condannati: volti che nella diversità delle etnie si assomigliano tutti, perché identico è il terrore negli occhi di chi sta per essere strappato alla vita.

Elisabetta Zamparutti, tesoriera di Nessuno tocchi Caino, snocciola dati e primati: in testa agli omicidi di stato è la Cina, con circa 5.000 esecuzioni, seguita dall’Iran con 402, l’Iraq con 77, gli Stati Uniti con 52. Ma non si sa nulla del Giappone, paese dove le esecuzioni vengono tenute nascoste. Tanto che Oliviero Toscani, autore di una memorabile campagna pubblicitaria per Benetton che aveva come testimonial proprio i condannati a morte nei penitenziari americani, arriva a “preferire” le pubbliche impiccagioni di piazza in Cina, riprese perfino dai cellulari, al silenzio totale che avvolge quelle in Giappone, coperte anche dalle famiglie dei condannati per le quali avere un parente giustiziato è un’onta insopportabile.

Ci sono altri numeri, però, più consolanti: i paesi che hanno abolito totalmente o parzialmente (cioè con una moratoria) la pena di morte sono ormai 154. E nel paese più “civile” dove ancora si applica la pena capitale, cioè gli Stati Uniti, la maggioranza della popolazione (58 per cento) si dichiara oggi a favore di una moratoria. Un cambiamento di rotta motivato dai molti errori giudiziari che hanno portato alla morte persone innocenti: gli oltre 100 casi documentati finora grazie a nuove tecniche d’indagine scientifiche hanno profondamente scosso l’opinione pubblica americana.

Non tutti gli intervistati sono da sempre abolizionisti. Padre Alex Zanotelli, il missionario comboniano ispiratore e fondatore di tanti movimenti pacifisti, si confessa «convertito» alla battaglia contro la pena di morte. Per molti anni, infatti, ha appoggiato la lotta armata degli africani contro il colonialismo. Fino a che, a metà degli anni Ottanta, «riflettendo bene, connettendo le varie problematiche, soprattutto quelle legate alla fame e alle armi, ho cominciato a rimettere in discussione la lotta armata e sono tornato alle radici cristiane: a Gesù, colui che ha inventato la nonviolenza».

Altri, come Dario Fo, il terrore di essere giustiziato l’hanno provato personalmente: «Durante l’ultima guerra sono stato disertore: se mi prendevano rischiavo la fucilazione» racconta il premio Nobel. «È stato allora che ho imparato il valore della vita. La pena di morte non è giustizia, è solo vendetta».

Fuori dal coro, come sempre, Massimo Fini, critico con la campagna contro la condanna di Sakineh: una campagna, a suo dire, politica contro uno stato e una religione, l’Islam, nel mirino degli Usa. A questo proposito, molto interessanti sono le opinioni di due intervistati di religione musulmana: Ahmad Gianpiero Vincenzo, presidente degli intellettuali musulmani italiani, e Mohsen Melliti, regista di origini tunisine esiliato in Italia e oggi cittadino italiano.

Anche Ahmad Vincenzo critica la campagna contro l’esecuzione di Sakineh, accusata di adulterio e dell’omicidio del marito, sostenendo che si è posto dolosamente l’accento sulla matrice religiosa della condanna, mentre l’Islam non c’entra nulla. Per corroborare la sua tesi Ahmad Vincenzo ricorda che, secondo il Corano, l’adulterio è punito con la morte solo se provato da quattro testimoni oculari, cosa palesemente impossibile. Sakineh, dunque, sarebbe stata condannata per motivi politici, non religiosi. Lo stesso Vincenzo ammette però che per l’Islam l’omicidio e la rapina comportano la pena capitale. E su questo ha buon gioco Mohsen Melliti quando osserva: «Il Corano prevede la pena di morte, ma è un testo scritto nel 640! I tempi sono cambiati e i musulmani devono trovare il coraggio di tenerne conto e andare avanti riformandolo». D’altra parte, come ricorda padre Zanotelli, «nella prima edizione del catechismo italiano c’era ancora la pena di morte. Adesso, nella nuova edizione è stato finalmente tolto. Ci voleva tanto?».

mercoledì 3 novembre 2010

Sakineh/ Dilma: La lapidazione è un atto di barbarie


Nella foto la signora Dilma Roussef, nuovo presidente brasiliano
ESTERI
Il presidente eletto del Brasile si schiera con la donna iraniana

Brasilia, 3 nov. (Ap) - Anche Dilma Roussef, il presidente eletto del Brasile, che entrerà in carica il prossimo 1 gennaio, si schiera a difesa di Sakineh Mohammadi Ashtiani, la donna iraniana condannata a morte per adulterio dalle autorità di Teheran, che rischia la lapidazione. Dilma ha definito una "barbarie" l'eventuale esecuzione della donna, ma non ha specificato cosa intende fare riguardo a questa vicenda quando assumerà i pieni poteri.
Fonti brasiliane hanno detto che il Brasile ha cercato di usare i rapporti cordiali intrattenuti con Teheran per cercare di influenzare le autorità iraniane su questo caso. Lo scorso agosto il Brasile si era offerto di accogliere la donna ma l'Iran aveva respinto la proposta.

Contro l’esecuzione di Sakineh candele accese e rose a Roma Un centinaio di candele accese a Roma e decine di rose posate sulla sua foto per dire n






Un centinaio di candele accese a Roma e decine di rose posate sulla sua foto per dire no all’esecuzione di Sakineh. Cosi’ una ventina di persone, con al collo il cartello ‘Siamo tutti Sakineh, per i diritti umani e contro la pena di morte’, hanno manifestato questo pomeriggio davanti l’ufficio per l’Italia del Parlamento europeo. Tra loro l’eurodeputata Roberta Angelilli e il consigliere della Regione Lazio Isabella Rauti. ”Sakineh e’ il simbolo di un paese in cui i diritti sono stati negati da un regime – ha detto il presidente dell’associazione Rifugiati politici iraniani in Italia, Davood Karimi – non dobbiamo abbassare le guardia senno il governo iraniano riuscira’ nel suo piano maligno”. ”Vogliamo che il regime Teheran dica no alla pena di morte – ha detto Angelillli – su questo l’Unione europea e l’Italia non abbasseranno mai la guardia. Queste non sono ingerenze, come le ha definite il governo iraniano, noi vogliamo che siano rispettati i diritti dell’uomo”.

SAKINEH: SARKOZY, SE IRAN LE TOCCA UN CAPELLO FINE DEL DIALOGO







(AGI) - Parigi, 3 nov. - Telefonata minatoria del presidente francese, Nicolas Sarkozy, alle autorita' iraniane sul caso Sakineh. Secondo quanto ha riportato dal filosofo Bernard-Henri Levy, personalmente impegnato nella vicenda, Sarkozy infatti avrebbe chiamato direttamente Teheran dichiarando senza mezzi termini che "se verra' toccato un solo capello a Sakineh cio' interromperebbe 'ipso facto' il dialogo in corso". Un messaggio, ha commentato Levy che ha avuto ieri un colloquio con il capo dell'Eliseo "che e' passato e sembra che sia stato anche ascoltato". Per Sarkozy quello della donna condannata alla lapidazione sarebbe diventato "un caso personale". Il presidente si sarebbe anche detto soddisfatto dei risultati della mobilitazione internazionale che ha portato a un rinvio della condanna.

"Sakineh sarà giustiziata oggi". All'auditorium contro la pena di morte


di Redazione (31/10/2010)
"Sakineh Mohammadi Ashtiani sarà giustiziata oggi". E' quanto riferisce il sito del Comitato internazionale contro la lapidazione. La Roma civile del cinema dirà no alla pena di morte contro Sakineh e contro chiunque. Sempre, comunque, dovunque e oggi, mercoledì 3 novembre (ore 12 presso Auditorium Parco della Musica) la Provincia di Roma, l’Associazione Articolo 21, Nessuno Tocchi Caino, Cinecittà Luce con la collaborazione di Amnesty International, e altre associazioni in rappresentanza del mondo del Cinema, della Cultura e della Società civile, presenteranno il film di Claudio Serughetti "È tuo il mio ultimo respiro?". Ne parleranno al termine della proiezione Nicola Zingaretti, Francesco Giro, Giuseppe Giulietti, Sergio D’Elia, Luciano Sovena, Oliviero Toscani. Lo Moro: " Appello alle parlamentari, chiediamo unite di salvare la vita di Sakineh" / Conversazione con Claudio Serughetti, autore di "E' tuo il mio ultimo respiro?"- di Michele Cervo

MANIFESTAZIONE PER SAKINEH DI FRONTE ALLA SEDE ITALIANA DEL PARLAMENTO EUROPEO

Grazie all'Officina Futura ed al'On.Roberta Angelilli ieri sera è stata svolta una piccola manifestazione-fiaccolata di fronte alla sede romana del Parlamento Europeo in via 4 novembre a cui hanno partecipato il vice presidente del parlamento europeo, on. Angelilli, signora Jessica De Napoli dirigente della quarta circoscrizione di Roma, signora Sholeh Shahrzad, presidente dell'associazione donne democratiche iraniane, signora Elizabetta Rauti, consigliera della Regione Lazio, signora Azar Karimi, presidente dell'associazione giovani iraniani e il sottoscritto davood karimi.
Grazie On. Angelilli e grazie Jessica!













martedì 2 novembre 2010

Agenzia ‘Iran democratico’: “Comunità internazionale si mobiliti subito per Sakineh


”Sakineh Mohammadi Ashtiani, detenuta nel braccio della morte dal 2006 e condannata alla lapidazione per adulterio, potrebbe essere uccisa domani. La notizia è arrivata ieri pomeriggio a Karimi Davood, presidente dell’associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia, ed è stata immediatamente rilanciata dal suo blog e dalle agenzie di stampa. Una svolta drammatica che ha mobilitato la comunità internazionale e che in queste ore vede svolgersi numerose manifestazioni, inclusa quella prevista a Roma davanti alla sede dell’Ufficio del Parlamento europeo.

Intanto il figlio di Sakineh, Sajjad Qaderzadeh, e il suo avvocato, Javid Hutan, arrestati l’11 ottobre scorso, rimangono in carcere.

“Nel documento che ci è pervenuto l’esecuzione non è fissata con chiarezza per la giornata di domani”, puntualizza Karimi Davood dell’agenzia Iran democratico, che ha appreso della sua esistenza da una fonte riservata presso l’ufficio giudiziario di Tabriz, la cittadina nord occidentale dove la donna è detenuta. “Tuttavia si legge che l’autorità religiosa, e dunque lo stesso Khamenei, non rilasceranno il figlio e l’avvocato di Sakineh fino all’applicazione della sentenza. Per questa ragione e visto che Teheran non può trattenere a lungo e senza giustificazione il difensore, ho la certezza che l’esecuzione sia imminente”.

Il mondo della politica intanto si è mobilitato a sostegno di Sakineh e della sospensione della sua esecuzione in difesa dei diritti umani e contro la pena di morte. Piero Fassino ha chiesto al “governo italiano e all’Unione Europea di attivarsi in ogni sede e in ogni direzione per salvare la vita della giovane donna”, Franco Frattini e Mara Carfagna hanno diramato un comunicato congiunto per ribadire “l’impegno dell’Italia, non solo del governo, ma anche del Parlamento e dell’opinione pubblica, per evitare la pena di morte – ovunque e contro chiunque essa venga decretata – in quanto punizione lesiva della dignità umana in un comunicato”.

In attesa delle reazioni delle autorità alle pressioni internazionali, si mobilitano le associazioni dei rifugiati politici iraniani, le donne democratiche iraniane, i giovani iraniani in Italia e molti esponenti politici. “E’ rimasto poco tempo”, aggiunge Karimi. “Le fonti riservate da Tabriz sono certe che il governo intenda agire con un’azione immediata. Da ieri, poi, non abbiamo ricevuto alcuna smentita. Per questo chiediamo che la comunità internazionale agisca con la massima tempestività”. Ma Teheran sarà sensibile alle pressioni dell’Unione? “Se Sakineh fino a oggi è stata risparmiata”, prosegue con fermezza Karimi, “è perché l’Europa ha esercitato una pressione forte sul regime che dipende dai suoi stati membri per la sua sopravvivenza economica e commerciale. Sul piano della reputazione internazionale l’Iran è molto fragile”. Karimi, attivista politico e commerciante residente in Italia da 31 anni, si è sempre battuto a difesa delle donne iraniane. “Sakineh, condannata per adulterio e dunque alla lapidazione come prevede la legge khomeinista, non è passata inosservata a differenza di tante altre giovani e madri impiccate per altri reati, dall’uxoricidio al furto. Nella sua vicenda sono emerse molte incongruenze. E’ accusata di avere ucciso il marito, ma so per certo che era vittima di ripetute violenze. Lei, come tutte le altre donne in balìa del regime, è sorella e amica”. In tutta Europa le ong a difesa dei diritti civili e contro la pena di morte si stanno mobilitando per Sakineh, nella speranza che la clessidra si fermi per tempo dinanzi alle pressioni internazionali.

Iran: Isaberlla Rauti, condanna Sakineh non deve essere eseguita




Cronaca | 02/11/2010 | ore 15.56 »
Roma, 2 nov. - (Adnkronos) - Isabella Rauti, membro dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale del Lazio ha aderito alla veglia di questa sera davanti alla sede di Roma del Parlamento europeo per fermare l'esecuzione della condanna a morte di Sakineh Mohammadi Ashtiani. "Anche se continuano a giungere notizie discordanti - ha detto Isabella Rauti all'ADNKRONOS - da una parte l'annuncio dell'esecuzione di domani dato da un'autorevole agenzia e dall'altro il ministro degli Esteri Frattini che non ha avuto riscontri in tal senso, rilaceremo manifestazioni per chiedere che la condanna non venga eseguita. E ancora domani in Consiglio Regionale presentero' una mozione proprio in questa stessa direzione".

"La vicenda di Sakineh - ha aggiunto Isabella Rauti che ha sottoscritto l'appello in favore di Sakineh lanciato da Aki Adnkronos International - e' la dimostrazione della continua negazione dei diritti umani fondamentali in atto in Iran. Gli alti e i bassi, i chiaro scuri che hanno caratterizzato e caratterizzano tutta questa vicenda mostrano la chiusura che l'Iran ha nei confronti del resto del mondo e della sua opinione pubblica, in particolare proprio sui diritti umani. Nessun paese puo' chiudersi in se stesso e nascondere le violazioni nel mondo di internet e della globalizzazione. L'Italia deve continuare il suo impegno diplomatico ed istituzionale a difesa dei diritti fondamentali nel mondo".

 
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