ANNUNCIATE VENTI NUOVE ESECUZIONI
Venti esecuzioni capitali annunciate per i prossimi giorni, sei delle quali come punizione per degli uomini accusati di aver avuto rapporti sessuali.
TEHERAN - Nella Repubblica teocratica Iraniana sempre meno libertà e sempre più oppressione e violazione dei diritti umani. Martedì Ali Reza Jamshidi, portavoce dell’Autorità Giudiziaria iraniana, ha annunciato che nei prossimi giorni saranno eseguite una ventina di condanne a morte, sei delle quali riguardanti uomini accusati di rapporti omosessuali. In Iran infatti le relazioni omosessuali sono punite con la morte e i sei gay saranno giustiziati per aver commesso il reato “Lavat” (letteralmente “sodomia”, “perversione”).
Dopo un colloquio avuto con il giornalista Ahmad Rafat, che lavora per un’importante agenzia di stampa internazionale, il segretario dell’Arcigay di Firenze Matteo Pegoraro ha reso noto che “sono in corso tentativi di contatto con diversi gruppi e comunità omosessuali del territorio iraniano, per riuscire ad avere i nomi e cognomi dei condannati, ma la situazione è più critica del previsto. Rafat mi ha infatti informato che il responsabile del comitato studentesco di Teheran - finora un buon contatto - è stato anche lui arrestato, nella giornata di lunedì 9 luglio”. Jamshidi aveva infatti confermato durante la conferenza stampa di martedì mattina l’arresto di 18 leader del movimento studentesco, affermando tuttavia che "nessun arrestato al Politecnico Amir Kabir era un vero studente".
Un folto gruppo di intellettuali italiani e stranieri sta in questi momenti redigendo un appello, sottoscritto da grandi personaggi della cultura e della lotta a favore dei diritti umani a livello internazionale, per chiedere clemenza al presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad, recentemente riconosciuto da Human Rights Watch come uno dei principali campioni dell'omofobia. Arcigay Firenze “Il Giglio Rosa”, che sta al momento gestendo i contatti con le diverse organizzazioni umanitarie, chiede che il Governo Italiano intervenga ufficialmente con le sue massime rappresentanze per impedire che altre vite umane innocenti vengano distrutte dalla violenza e dall’odio omofobico, e spera che la comunità LGBT (lesbica, gay, bisessuale, transgender) nazionale e internazionale non intraprenda, nell’immediato, azioni di dura protesta presso le Ambasciate iraniane, tentando invece la via del dialogo interculturale e creando o collaborando alla sottoscrizione di un appello di clemenza verso i condannati diretto al presidente Mahmud Ahmadinejad. “E’ una strada mai percorsa” dichiara l’artista e storico Roberto Malini “che rispetto alla protesta, che non ha portato, nel passato, risultati costruttivi, vuole cercare il contatto e il dialogo diretto con chi ordina queste esecuzioni, impegnando tutte le forze e le risorse in una battaglia unanime per la civiltà. Perché, prima di ogni condanna, la nostra priorità è la salvaguardia della vita umana”.
Gli arresti di persone considerate pericolose per il regime, soprattutto studenti, nel paese si vanno moltiplicando, e notizie di retate e arresti con accuse di omosessualità erano già uscite dal paese in maggio. Articolo21 rivela che da giovedì scorso non si hanno più notizie di Abbas Hakimzadeh, dirigente dell’associazione islamica degli studenti universitari e leader del movimento studentesco per la democrazia, che è stato arrestato nella sua casa di Teheran e anche la libertà di stampa è sempre più compromessa. (Roberto Taddeucci)