mercoledì 6 gennaio 2010

Iran - Da Roma la sfida delle donne iraniane. "La dittatura sta per finire"


Nella foto, Azar Karimi, presidente dell'associazione giovani iraniani

Di Patrizia Notarnicola

Affariitaliani.it,
Mercoledí 06.01.2010

Madre e figlia, due donne che lottano per la stessa causa da Roma. Shahrzad Sholeh è rifugiata politica in Italia, da dove continua a battersi per la libertà del suo popolo con suo marito, Davood Karimi, presidente dell'Associazione Rifugiati Politici Iraniani in Italia. Azar l'Iran non l'ha mai visto, ma sogna di andarci presto. In una rinnovata atmosfera di libertà. E come loro migliaia di donne nelle piazze di Teheran sfidano i cecchini per la democrazia.

Azar Karimi ha 23 anni, è nata a Roma, studia giurisprudenza e l'Iran non l'ha mai visto, eppure ogni giorno sogna di andarci. E' il paese da cui 30 anni fa, sotto la dittatura dello Scià Reza Pahlavi, sono fuggiti i suoi genitori, oggi rifugiati politici in Italia. E' il paese in cui, dallo 12 giugno scorso, quando c'è stata la contestatissima rielezione presidenziale di Ahmadinejad, migliaia di suoi coetanei stanno animando le piazze di Teheran e di altre città contro "i dittatori". E' il paese per il quale Asha lotta organizzando manifestazioni, conferenze, dimostrazioni, insieme all'Associazione dei Giovani Iraniani in Italia, di cui è diventata presidente. E' preoccupata ma nello stesso tempo felice perché "siamo arrivati finalmente ad un punto cruciale per la storia iraniana. C'è la speranza che la dittatura finisca al più presto" dice ad Affaritaliani.it.

Sua madre Shahrzad, presdiente dell'Associazione delle Donne democratiche in Italia, qui ha una vita felice, perché "c'è libertà" spiega ad Affaritaliani.it. Aveva più o meno la sua stessa età quando ha cominciato a fare attività politica in Iran. Quando nel 1976 la monarchia cominciò a vacillare, fu una delle tante donne che si unirono al movimento anti-Scià. Accanto ai Mojahedin ed i loro simpatizzanti fu tra le prime a partecipare alla lotta per la libertà per i prigionieri politici. Rischiava il carcere. "Ed una volta entrati in carcere - racconta- nessuno sapeva se sarebbe uscito".

Ma anche dopo la caduta dello Scià, ben presto gli iraniani si resero conto che nulla era cambiato. Il 7 marzo 1979, meno di un mese dopo la caduta della monarchia, Khomeini ordinò l'imposizione del codice di abbigliamento obbligatorio per le donne negli uffici e nei luoghi pubblici. Le donne iraniane lo sfidarono e tennero una grande dimostrazione a Tehran l'8 marzo, il giorno della festa della donna. "La repressione dura da più di 30 anni- spiega Shahrzad - Dopo l'ultima falsa elezione, la gente non ce l'ha fatta più. E' stato il pretesto per uscire dalle case e dire basta. Le accuse di brogli si sono trasformate in occasione per manifestare contro un regime repressivo, oppressivo e autoritario".

Sharzad e Azar, due donne, madre e figlia che oggi dall'Italia lottano per la stessa causa: denunciano gli arresti e le uccisioni in Iran, chiedono il rilascio dei prigionieri politici (impossibile stabilire con esattezza il numero), sono convinte che la resistenza del popolo iraniano farà cadere il regime, per il quale le donne valgono metà degli uomini, non hanno diritti di proprietà, hanno poche possibilità di lavorare e sono obbligate a coprire i loro corpi per non "corrompere uomini virtuosi e morigerati".

Donne come Neda Soltani, volto e simbolo della Rivoluzione verde, colpita a morte dai cecchini durante una manifestazione. I suoi ultimi istanti di vita, ripresi da un telefonino, hanno fatto il giro del mondo tramite You Tube e i siti di informazione.

Ed è una donna anche il presidente del Consiglio Nazionale della Resistenza iraniana, Maryam Rajavi, esule e rifugiata politica a Parigi dal 1982 a causa della repressione khomenista. Anche Maryam, laureata in ingegneria metallurgica all'università di tecnologia di Teheran, ha iniziato la sua attività politica contro lo Scià già negli anni '70 ed è diventata rapidamente una dirigente del movimento dei Mojahedin del popolo, un'organizzazione musulmana, democratica e nazionalistica che mirava all'instaurazione di un governo democratico, pluralistico e laico in Iran. Nel 1980 si è presentata alle elezioni legislative a Teheran ottenendo più di 250.000 voti.

"Le ragazze giovani, le donne e le signore anziane con la loro sorprendente presenza in prima linea, garantiscono il progresso della rivolta, nei confronti di un regime che sta giungendo al capolinea e sempre di più alla resa dei conti. Il popolo iraniano è ancor di più pronto per tutti i giorni della rivolta da qui alla vittoria finale" ha detto da Parigi la Rajavi. Ne sono convinte anche Azar e Sharzad, che dall'Italia chiedono ai Governi occidentali di non appoggiare il regime o, quanto meno di rimanere neutrali: il popolo iraniano - dicono- ha bisogno di questo aiuto dell'Occidente perché sta morendo sotto la dittatura del regime iraniano".

LA PROPOSTA. L'Associazione rifugiati politici iraniani si rivolge a tutti i partiti e le organizzazioni politiche italiane per proporre l'oganizzazione di una grande manifestazione di protesta di fronte all'ambasciata del regime dei mullah contro il massacro del popolo iraniano e per la solidarietà con le donne e gli uomini che sacrificano le loro vite per portare la libertà e la democrazia in Iran.

 
AID : AGENZIA IRAN DEMOCRATICO