Ieri la resistenza iraniana, grazie alla collaborazione dell'Associazione Nessuno Tocchi Caino e Il Comitato Italiano Helsinki ha organizzato a Roma due importanti appuntamenti sulla violazione dei diritti umani in Iran. Il primo è stato alla sala Marini della Camera dei Deputati in cui hanno partecipato numerosi deputati di vari schieramenti politici. Il secondo appuntamento è stato al teatro Capranica che ha visto la partecipazione di numerose associazioni e personalità politiche iraniane e italiane. Qui sotto riporto una breve relazione scritto da Aldo Torchiaro e pubblicato sull'Opinione.it
karimi davood
La resistenza iraniana incontra la politica. Della Vedova: “Ha ragione Kouchner, apriamo gli occhi”
Il regime di Teheran è la vera minaccia
I militanti del Pmoi denunciano il pericolo dell’Iran e la brutalità della repressione. E i vertici del centro-sinistra disertano l’evento
Aldo TorchiaroCosa succede in Iran? Tutto e niente. Di tutto, perché a chiedere libertà e democrazia a Teheran si finisce ogni giorno impiccati. Niente, perché per il mondo il problema non esiste. Non si pone, semplicemente. E non bastano i numeri a far cambiare idea ai più: da quando Ahmadinejad è diventato presidente nel giugno del 2005, si sono verificate 500 impiccagioni, con un ritmo crescente. Dal gennaio 2007 ad oggi hanno avuto luogo 251 esecuzioni, di cui quasi 150 concentrate nel mese di giugno. Accusandoli di essere trafficanti di droga o criminali efferati, i tribunali del regime condannano a morte i dissidenti che non si piegano alla dittatura sciita dei Mullah. I Mujahedin del Popolo Iraniano, principale gruppo di opposizione ad Ahmadinejad, decimati in patria grazie ad un trattamento particolare (impiccagione nelle principali piazze delle grandi città) stanno cercando di promuovere all’estero, da New York a Parigi, passando per Roma, occasioni di dibattito. La politica italiana ha deciso di aprire il dossier ricevendo ieri, presso la sala conferenze della Camera dei Deputati, numerosi esponenti della resistenza iraniana in clandestinità. Uomini e donne, quest’ultime in gran numero, che per una volta hanno mostrato il loro volto con coraggio e si sono riuniti a Roma, davanti a quindici parlamentari di entrambe gli schieramenti, per chiedere un primo impegno alle autorità italiane: rivedere la lista delle organizzazioni terroristiche e ripristinare la giusta misura, smettendo di considerare il Pmoi, organizzazione iraniana per la laicità e la democrazia, come una “organizzazione terroristica”. Antonio Stango, radicale di Nessuno Tocchi Caino e rappresentante del comitato italiano Helsinki per i diritti umani, si fa portavoce di questa battaglia da anni. “Come è stato possibile che per anni si sia accettato un ricatto di questo tipo, inserendo partiti dell’opposizione democratica pacifica e nonviolenta nel novero delle organizzazioni terroristiche?”, si chiede. Gli amici dei Mullah sono nei gangli della politica europea, evidentemente, e contano su complicità influenti nelle istituzioni e nei governi. Mariane Rajavi, presidente del comitato per la resistenza iraniana, vive a Parigi dove ha riunito nelle scorse settimane cinquantamila persone intorno ad un evento politico senza precedenti: il primo raduno internazionale di tutte le opposizioni. Il video del suo discorso fa il suo effetto, proiettato nella sala della Camera, davanti a parlamentari e giornalisti. Una donna che parla a viso aperto di parità dei diritti tra uomini e donne, laicità, disarmo, libero mercato, amicizia con gli Stati Uniti come futuro possibile per Teheran. Una Bhutto iraniana, Mariane Rajavi, sconosciuta ai più, protetta da imponenti misure di sicurezza, minacciata ogni giorno di morte dagli emissari del regime che la pedinano nella stessa Parigi. La sua portavoce italiana, Taraneh Davaran, è una donna minuta ma non meno coraggiosa, che mattone su mattone ha costruito con la politica italiana un ponte non facile, attraversando il fiume impetuoso degli affari, delle complicità, delle minacce del regime iraniano. Guarda i deputati seduti davanti a lei con occhi nerissimi e vispi. “C’è qualcuno di voi che non sa di cosa parlo, quando dico che l’Iran esporta il terrorismo?”, grida. “C’è qualcuno di voi che non si rende conto di come a Teheran si stia fabbricando non una, ma tante bombe atomiche?” E poi chiede: “Fino a che punto si può trattare con Hitler?”. La platea è attonita, qualcuno quasi realizza lì per lì di trovarsi di fronte ad un’emergenza senza precedenti. Stefania Craxi, parlamentare azzurra e presidente della Giovane Italia, le va incontro: “Vedo con piacere e con ammirazione che l’opposizione sta alzando la testa e so quanto questo costi in termini umani. Ma la libertà è una condizione essenziale dell’essere umano, non è un valore che qualcuno può pensare di barattare per ragioni economiche. La maggioranza di centrosinistra, presente in sala, schiera qualche parlamentare per fare numero, ma non sembra aver colto la natura dell’incontro. C’è Leoluca Orlando, ultimamente in quota all’Italia dei Valori, c’è quel che rimane del Psdi nella persona del segretario Giorgio Carta, c’è Acerbo di Rifondazione, Pettinari di Sinistra Democratica e Raffaello De Brasi della Quercia. Ma non a caso nessuna figura di peso istituzionale. Sottolineato: non per caso. E allora spetta ad Elisabetta Gardini invogliare le due parti della politica italiana a lavorare insieme stendendo un accordo di supporto congiunto alla resistenza iraniana. E ancora: è Beatrice Lorenzin, presidente di Forza Italia Giovani, che raccoglie più applausi a scena aperta, lanciando il progetto di gemellaggio a distanza tra studenti italiani ed iraniani. Tira le somme Benedetto Della Vedova, Riformatori Liberali: “Ahmadinejad è un leader pericoloso per il mondo, non solo per gli iraniani. Dobbiamo aiutare la resistenza iraniana come possiamo, dall’esterno e dall’interno. Ma come?” si chiede. E citando il raduno parigino degli iraniani democratici, ricorda le parole del ministro degli esteri francese: “Sono rimasto molto colpito dalle parole di un ministro dello spessore di Bernard Kouchner, quando dice che un attacco militare all’Iran deve essere messo in agenda”. La sala segue come un sol uomo, non vola una mosca. “Non che io ritenga che domani si debba bombardare Teheran, ma temo che il peggio possa arrivare, anzi – conclude Della Vedova – stia per arrivare. Perché non abbiamo a che fare con un buontempone che le spara grosse, ma con un pericoloso criminale messo a capo di uno Stato potente. E quindi è meglio aprire troppo gli occhi che non aprirli affatto”.