giovedì 28 giugno 2007

Iran-Italia: Commissione esteri della Camera


La Commissione Esteri della Camera dei Deputati ha approvato il 14 giugno ’07 all’unanimità una risoluzione in cui si chiede al governo italiano di attivarsi in sede di Consiglio dell’Unione Europea per il pieno rispetto della sentenza del Tribunale di Prima Istanza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee (causa T-228/02) del 12 dicembre 2006. Questa sentenza ha annullato la Decisione del Consiglio europeo del 21 dicembre 2005 di mantenere nella lista delle organizzazioni terroristiche l’Organizzazione dei Mojahedin del Popolo Iraniano ( PMOI ), poiché ha constatato che «la decisione impugnata non è motivata e che è stata adottata nell’ambito di un procedimento durante il quale non sono stati rispettati i diritti della difesa della ricorrente PMOI.
Su pressante invito della Corte rivolta all’Ue di presentare i documenti in base a cui si accusano i Mojahedin del popolo, i difensori del Consiglio europeo non sono stati in grado di fornire alla Corte alcuna prova. Il cinismo politico dell’Ue nell’inserire la PMOI nella lista nera trapela dal fatto che mentre il 30 gennaio 2007 chiede ai difensori dei Mojahedin del popolo di presentare le loro argomentazioni entro 30 giorni, a metà febbraio, prima della scadenza, il Consiglio dell’Unione europea esprime la decisione di tenere comunque la PMOI nella lista.
L’Europa strizzava l’occhio al “moderato” Khatami; l’Italia, primo paese occidentale ad accoglierlo, stendeva il tappeto rosso ai suoi piedi. Khatami, figura assai debole e per la Costituzione della Repubblica islamica gestore marginale del potere, non si tirava dietro nel sorridere all’estero, mentre in Iran mostrava il suo ossequio verso il vero detentore del potere e i denti verso gli studenti che contestavano lui e tutto il regime. Era appunto l’estate del ’99 quando su ordine del “moderato” Khatami vennero insanguinate le pacifiche manifestazioni degli studenti a Teheran.
In tutti questi anni l’Europa, priva di una politica estera, trovava il modo di rapportarsi con il regime dittatoriale al potere in Iran, inventando neologismi: dialogo critico, dialogo costruttivo …
Il frutto della politica fallimentare di condiscendenza dell’Europa verso uno dei regimi più sanguinari è l’attuale presidente dei mullà Ahmadinejad.
La politica di condiscendenza verso un regime non riformabile mette in pericolo tutto il Medio Oriente. L’inserimento dei Mojahedin del popolo nella lista significa sangue e repressione per gli iraniani. Molti membri e simpatizzanti dei Mojahedin nell’Occidente democratico devono nascondere la loro opinione, o pagare il prezzo di una profonda ingiustizia.
La PMOI, nata nel 1965, è dal 1985 guidata a tutti i livelli solo da donne. L’ultima volta che i Mojahedin del popolo hanno potuto partecipare alle elezioni in Iran, nel 1980, hanno preso milioni di voti e, nonostante i giganteschi brogli, arrivarono secondi dopo il partito al potere. Gli iraniani da più di secolo si battono per la democrazia. “Esportare la democrazia” di per sé è risibile e semplicistico ma nel caso dell’Iran è anni luce lontano dalla realtà sociale del paese.
Un Iran democratico è senz’altro molto più prosperoso e questo anche dal punto di vista economico conviene all’Europa che, schiacciata dalla crisi economica, un po’ persa nel labirinto della globalizzazione, non riesce ad avere una politica illuminata, calpestando le sue basi culturali. Eppure l’Europa confonde il dialogo con la condiscendenza proprio con un regime dittatoriale e teocratico. Mentre il popolo iraniano è l’unico a maggioranza mussulmana che non è per niente né integralista né contro l’Occidente. Trascurare questo, oltre ad essere molto superficiale, è assai pericoloso. Mettere gli iraniani che amano la libertà e chiedono democrazia nelle tasche del governante despota di turno non avrà futuro.
Scritto dall'Ing. Ismail Mohaddess, Portavoce dell’Associazione dei laureati iraniani in Italia

 
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