FERMIAMO IL BOIA IN IRAN
Sciopero della fame dei detenuti iraniani contro la pena di morte
Fonte: Articolo21
di Ahmad Rafat*
Oggi 5 settembre, in Iran, 21 persone sono state impiccate a Mashad e a Shiraz. Oggi 5 settembre, a Sanandaj, i due giornalisti curdi condannati a morte lo scorso 17 luglio, hanno accolto l’invito a sospendere, dopo 54 giorni, lo sciopero della fame e proseguire con altri mezzi la loro battaglia per la giustizia. Oggi 5 settembre, 26 detenuti iraniani, in diverse carceri del paese, in un’azione senza precedenti, hanno annunciato uno sciopero della fame di tre giorni, a partire da venerdì 7 settembre, per protestare contro la nuova ondata di esecuzioni che ha sconvolto il paese e per l’abolizione della pena di morte. Oggi 5 settembre, il premier Romano Prodi, e i presidenti delle commissioni esteri della Camera e del Senato, hanno ricevuto a Roma Saiid Jalili, vice ministro degli Esteri della Repubblica Islamica. Oggi 5 settembre, il ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, ha espresso a Gerusalemme, durante un incontro con il premier israeliano Ehud Barak, la sua preoccupazione per gli sviluppi del programma nucleare iraniano. Oggi 5 settembre, qualcuno avrà espresso la propria preoccupazione anche per l’esecuzione di 21 persone, non tutti trafficanti e assassini, impiccati a Shiraz e Mashad? Oggi 5 settembre, qualcuno avrà ricordato al vice Ministro iraniano, in visita a Roma, che l’Italia e gli italiani sono contrari alla pena di morte e si battono per la moratoria internazionale? Nei comunicati della Camera, del Senato e di Palazzo Chigi, non abbiamo riscontrato nessun cenno che ci rassicuri sul fatto che il nostro governo, e le nostre istituzioni, abbiano espresso la loro preoccupazione per la sorte di Adnan Hassanpour e Hiwa Boutimar, e i tanti altri in attesa di essere impiccati per ordine dei tribunali iraniani. Gli iraniani, sono ancora convinti che l’opinione pubblica internazionale e soprattutto quella occidentale creda nei valori come la sacralità della vita umana e i diritti umani. I 26 detenuti che invitano i loro compagni di cella nelle carceri della Repubblica Islamica a lottare per l’abolizione della pena di morte, non esitano a definirci la loro unica speranza. “ I nostri sguardi- scrivono- sono rivolti a voi, uomini che credete nei valori come democrazia e libertà, solo voi uomini liberi e associazioni che si battono per i diritti umani nel mondo, potete salvarci, non lasciateci soli, non abbandonateci, sosteneteci perché nessun essere umano, nessun giovane e adolescente sia più impiccato, perché la vita è sacra”. A questi uomini coraggiosi, che nemmeno la durezza del carcere è riuscita a privare del loro coraggio, una risposta la dobbiamo. Lo impone la nostra coscienza.