mercoledì 2 gennaio 2008

INTERVISTA ESCLUSIVA DI LIMES CON MARYAM RAJAVI, PRESIDENTE DEL CONSIGLIO NAZIONALE DELLA RESISTENZA IRANIANA




Un altro Iran è possibile
di Fausta Speranza
Conversazione con Maryam Rajavi, presidente del Consiglio nazionale della resistenza iraniana. Le differenze fra Iran e Iraq. C'è un'alternativa alla politica delle concessioni e all'intervento militare: la svolta democratica.
Scenari di un Iran post-mullah.
vedi anche sommario e copertina del quaderno speciale: Iran guerra o pace
Aziende italiane e olandesi sono per il regime iraniano “persone molto amiche per il trasferimento di materiali proibiti in Iran”. E’ una delle denunce provenienti dalla resistenza al regime dei mullah, presentate l’8 novembre 2007 ai parlamentari britannici negli uffici di Westminster a Londra. L’iniziativa è del Consiglio nazionale della resistenza iraniana (Cnri), e si basa su un presunto documento riservato del regime di Ahmadi-Nejad che sarebbe stato segretamente portato all’estero da una fonte della resistenza stessa. A sostenerlo è il responsabile per le relazioni esterne del Cnri a Londra, Hossein Habedini, che fa nomi e cognomi: le italiane Troy e Tesco, le olandesi Royal Boskalis e Royal Haskonig, la cinese Zmpc. L’anello di congiunzione in Iran sarebbe la Khatam ol-Anbia Construction Garrison, braccio economico del ministero della Difesa.
La principale richiesta del Cnri all’Europa è di adottare le stesse sanzioni decise dagli Stati Uniti il 25 ottobre scorso e cancellare dalla lista nera delle organizzazioni terroristiche i Mujahidin del popolo iraniano (Pmoi), nucleo di resistenza che opera sul campo in Iran. Gli Stati Uniti hanno sanzionato il Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche (Irgc) e la sua unità extraterritoriale, conosciuta come Qods Force; nove altre entità affiliate all’Irgc, con i loro capi; tre importanti banche iraniane. Il Cnri è stato creato nel 1981 e ha sede a Parigi e Londra. Il suo fondatore è Massud Rajavi. Per motivi di sicurezza non è dato sapere dove si trovi. La presidente è una donna, Maryam Rajavi, che Limes ha intervistato.

LIMES: E’ favorevole a un attacco militare americano all’Iran

RAJAVI: La soluzione alla crisi iraniana non è né la politica delle concessioni al regime dei mullah, sostenuta negli ultimi due decenni dall’Occidente in generale e dall’Unione Europea in particolare, né la guerra e l’intervento militare straniero. Come ho detto anche al Parlamento europeo e al Consiglio d’Europa, esiste una terza opzione, l’unica percorribile: una svolta democratica nel paese grazie al sostegno al popolo iraniano e alla resistenza organizzata. La politica delle concessioni, basata su interessi economici di vita breve, su contratti lucrativi con i mullah, ha avuto dirette e terribili conseguenze: ha esasperato l’oppressione in Iran, ha spinto Teheran a cercare di dotarsi di armi nucleari, all’esportazione del fondamentalismo nel Medio Oriente e nel mondo, al punto di coinvolgere l’Europa stessa.

LIMES: E’ possibile che la guerra rafforzi il potere di Ahmadi-Nejad?

RAJAVI: Questa idea è frutto della propaganda del regime, interessato alla continuazione della politica delle concessioni. Un regime estremamente isolato e disprezzato all’interno dell’Iran. Solo l’estate scorsa abbiamo assistito a più di tremila manifestazioni o atti di protesta antigovernativi su tutto il territorio. Malgrado brutali repressioni e ripetuti arresti, studenti universitari hanno proseguito per parecchie settimane le loro dimostrazioni. Il 25 e il 26 giugno, nelle proteste per i razionamenti del gas, a Teheran e in molte altre città ci sono state rivolte di giovani e di gente comune. Secondo i funzionari del regime, un terzo degli impianti di gas del paese è stato danneggiato dalla resistenza popolare. La situazione è così esplosiva che negli ultimi mesi diversi giovani sono stati impiccati alle gru nelle piazze principali per spargere il terrore. In questa situazione il tallone di Achille del regime è il popolo iraniano e il suo movimento organizzato di resistenza: su questo bisogna contare. Far credere che rifiutare la politica delle concessioni sia uguale ad essere d’accordo con la guerra degli stranieri contro l’Iran è parte della propaganda dei mullah.

LIMES: Che cosa pensa succederà in Iran in caso di attacco americano?

RAJAVI: Non possiamo ragionare su situazioni ipotetiche. E' cruciale evitare che si arrivi a quel punto. La realtà è che nel 2005 Khamenei ha nominato Ahmadi-Nejad presidente del regime islamico e che tale regime ha dichiarato guerra al popolo iraniano e alla comunità internazionale. Da allora, i pasdaran, braccio operativo dei mullah, hanno preso il controllo degli organi chiave del regime. Un controllo che diventa sempre più serrato. Oltre al presidente stesso e al primo vicepresidente, vengono dal bacino dei Guardiani della rivoluzione più di venti membri del gabinetto di Ahmadi-Nejad, dieci governatori di provincia, il capo e sei membri del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale, i capi della radio e della televisione di Stato, il 70% dei viceministri, 25mila funzionari di medio livello del governo e 80 parlamentari. Allo stesso tempo, i Guardiani della rivoluzione hanno preso il controllo dell’economia iraniana. Controllano petrolio e gas, ma anche il 30% delle esportazioni non energetiche e il 57% delle importazioni. Fa tutto parte del consolidamento del fascismo religioso che governa il nostro paese da due anni. Di qui anche il tentativo di ottenere armi nucleari, oltre a quello di controllare l’Iraq. Il punto è quale reazione può essere appropriata da parte dell’Occidente. Finora la risposta è stata inadeguata e il tempo corre in fretta.

LIMES: L’Iran può diventare come l’Iraq?

RAJAVI :L’Iran è molto differente dall’Iraq. E’ vero che il nostro paese sta sviluppando il nucleare: secondo le nostre informazioni fra due anni disporrà di armi nucleari. E’ inconfutabile che il regime si stia intromettendo in Iraq: sappiamo per certo che in un’area della provincia irachena di Maysan uomini del regime iraniano addestrano gli iracheni all’uso di armi e materiale esplosivo. C’è una zona nei pressi di Teheran dove ci sono tre aziende che producono mine da strada per l’Iraq. Ben 32mila iracheni sono sulla busta paga del regime iraniano. Ma in Iran -a differenza dell'Iraq di Saddam- c’è un'alternativa al regime ben visibile: è il Consiglio nazionale della resistenza iraniana. Una coalizione di forze democratiche che si oppongono al regime, con uno specifico programma per il futuro del paese. Il Cnri agisce come un Parlamento in esilio e include un vasto spettro di forze collettive e individuali, inclusi esponenti di varie minoranze etniche e religiose. E’ pronto, dopo la caduta dei mullah, a guidare il paese con metodi democratici, restando in carica sei mesi per poi lasciare il campo a un governo eletto dal popolo. L’organizzazione dei Mujahidin del popolo gode di largo consenso all’interno dell’Iran. La stragrande maggioranza delle 120mila persone perseguitate dal regime perché sostenevano la causa dei diritti umani e della democrazia negli ultimi 25 anni appartiene a questa organizzazione. In occasione del più grande raduno della resistenza, svoltosi a Parigi il 30 giugno scorso, abbiamo contato più di 50mila partecipanti. Dunque, ci sono tutti gli elementi per arrivare ad una svolta democratica. Ma l’Occidente deve adottare una politica ferma e decisa nei confronti dell’Iran. Deve imporre immediate e estese sanzioni su armi, tecnologie, petrolio, commercio, diplomazia. Deve rimuovere i Mujahidin del popolo dalla lista delle organizzazioni terroristiche, come hanno fatto il 25 ottobre scorso gli Stati Uniti e – torno a ripetere – assicurare sostegno morale e logistico alla resistenza iraniana.I paesi europei, compresa l’Italia, non hanno ancora abbandonato la politica delle concessioni. Continuarla significa preparare il terreno ad una catastrofe. E’ tempo di svegliarsi e guardare in faccia questa realtà.

LIMES: In caso di conflitto, l’Iran potrebbe dividersi su basi etniche?

RAJAVI: In Iran la linea di demarcazione non è basata sulle divisioni etniche. Il punto è l’accettazione o meno del regime dei mullah. La stragrande maggioranza degli iraniani concorda sul fatto che la legge clericale e il fascismo religioso devono essere abbattuti e sostituiti con la democrazia e con uno Stato di diritto. Questo è esattamente ciò che il Cnri persegue. Ricordiamo che nel Consiglio sono rappresentate varie minoranze, inclusi azeri, curdi, arabi e altri. LIMES Come immagina il suo paese dopo la caduta dei mullah?RAJAVI Innanzitutto con un governo provvisorio che getti le basi per libere elezioni e un’assemblea costituente in sei mesi. Il voto popolare sarà l’unico arbitro. Io vedo un nuovo Iran, una società libera e avanzata, in cui saranno aboliti la pena di morte, i tribunali reazionari, le pene medievali, in cui ci sarà un governo basato sulla separazione tra religione e Stato. Finirà l’èra delle esecuzioni e delle torture, della discriminazione contro diverse fedi, finirà l’imposizione del velo e l’intrusione dello Stato nella vita privata dei cittadini; finirà l’èra dell’asservimento e dell’oppressione delle donne. Le donne devono ottenere l’uguaglianza rispetto agli uomini in tutti gli ambiti della legge. Posso dire che nel Consiglio della resistenza oltre la metà siamo donne. Sarà un paese in cui i giovani non saranno più umiliati nelle loro energie e creatività ma saranno arbitri del loro destino. Con tanto talento e tante potenzialità, il popolo iraniano non soffrirà più di povertà, fame e privazioni.

 
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