mercoledì 17 dicembre 2008

ARGENTINA SEQUESTRA UN PALAZZO DI PROPRIETA' IRANIANA


Nella foto: il palazzo, centro ebraico di assistenza di Buenos Aires, colpito dai terroristi iraniani

Secondo quanto ha diffuso l'agenzia Reuter, il governo argentino, per risarcire i familiari delle vittime dell'attentato terroristico del 1994 contro la sede dell'ufficio di assistenza agli ebrei(Amia), dove morirono più di 85 persone, ha sequestrato un palazzo di proprietà iraniana. Il palazzo è di proprietà di un noto diplomatico di nome Mohsen Rabani, responsabile culturale dell'ambasciata iraniana a Buenos Aires, che da parte della magistratura argentina fu riconosciuto colpevole dell'attentato ed attualmente è perseguitato dall'Interpol. Questo palazzo si trova nel quartiere Florista ed è composto da 6 unità commerciali. Il governo argentino ha dichiarato che intende vendere il palazzo e con il ricavato risarcire i familiari delle vittime dell'attentato del 1994. Va ricordato che per questo attentato terroristico la magistratura argentina, dopo anni di indagini ha riconosciuto colpvole il regime iraniano e ha spiccato 4 mandati di cattura internazionale contro i dirigenti di Teheran tra cui lo stesso leader supremo Ali Khaamenei, Rafsanjani, Velayati e Ali Fallahian
Al riguardo riporto un articolo scritto dal collega Guido Olimpio:

LA PISTA IRANIANA
Quei finti diplomatici dietro la strage di Buenos Aires
Dossier dell' opposizione sull' attentato del 1994 contro l' Associazione ebraica. Crisi tra Teheran e la Gran Bretagna dopo il fermo dell' ex ambasciatore

L' Iran richiama il suo ambasciatore da Londra e a Teheran sconosciuti aprono il fuoco contro la sede diplomatica britannica, subito chiusa per motivi di sicurezza. Uno scontro legato all' arresto, avvenuto qualche settimana fa in Inghilterra di Hadi Suleymanpour, ex ambasciatore iraniano in Argentina accusato di aver avuto un ruolo nell' attentato contro l' Amia, l' Associazione ebraica di Buenos Aires nel luglio 1994 (85 morti). Un altro diplomatico khomeinista, Saied Baghban, è stato invece fermato in Belgio. Per gli argentini il funzionario, che è in realtà un membro della polizia segreta, conosce molti particolari sull' intrigo. E sviluppi clamorosi potrebbero seguire nei prossimi giorni in quanto, dopo anni di silenzio, stanno emergendo nuovi elementi sul massacro. La decisione di colpire l' Amia - secondo una ricostruzione del «Consiglio Nazionale della resistenza iraniana», gruppo d' opposizione agli ayatollah - è stata presa dai vertici della teocrazia. E' il 14 agosto del 1993, l' allora presidente Hashemi Rafsanjani convoca Ahmad Vahidi, responsabile della Forza Qods, apparato clandestino dei guardiani dalle rivoluzione. Saranno gli uomini dell' unità ad eseguire il piano guidati da Ahmed Reza Asghari, ufficiale dei pasdaran che lavora sotto copertura in Argentina con la carica di terzo segretario d' ambasciata. Alla missione partecipano numerosi agenti dell' intelligence e miliziani della «Qods». Evitano contatti diretti con l' ambasciata iraniana, usano come paravento «L' ufficio per la costruzione» e delegazioni commerciali. Due elementi dell' apparato logistico della «Qods», Kamal Za' re e Karim Zadeh, si infiltrano per tre mesi in Argentina. Hanno il compito - affermano gli esuli iraniani - di studiare l' attentato e di sorvegliare l' Amia. Ma non sono soli. I servizi segreti iraniani infatti operano su piste parallele. Altri quattro 007 sono distaccati all' esecuzione del piano: l' addetto consolare Nowzari, in realtà ufficiale dei Guardiani; l' addetto commerciale, Zaanganeh, legato all' Hezbollah libanese; l' ex parlamentare Alì Akbar Parvaresh; l' addetto culturale, il mullah Rabbani, anello di congiunzione con gli estremisti islamici presenti a Buenos Aires. Tra questi un argentino convertito, lo sheikh Abdul Karim, che vanta studi coranici nella città santa di Qom. I terroristi usano come base d' appoggio la «Triplice frontiera», la zona al confine tra Paraguay, Argentina e Brasile. Nella città paraguaiana di Ciudad del Este, gli emissari iraniani contano su complicità e finanziamenti. E' in quest' area, affermano gli oppositori nel loro dossier, che l' ambasciatore Suleymanpour compie un rapido viaggio alla vigilia dell' attacco. Probabilmente per preparare vie di fuga e nascondigli per chi dovrà condurre la fase finale dell' operazione. Quindi si reca a Teheran dove viene ricevuto dal ministro degli Esteri dell' epoca Alì Akbar Velayati. Per la resistenza iraniana è il momento chiave: la Forza Qods ha luce verde, l' autorizzazione viene dalla guida suprema, l' ayatollah Khamenei.
Olimpio Guido

 
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