"Odio Ahmadinejad"
Iran, gli studenti si ribellano al regime:
Fonte: Occidentale.it
di Luca Meneghel
20 Dicembre 2008
"Morte al dittatore", i giovani iraniani contro i mullah
Per vedere il breve filmato della protesta degli studenti clikkare su questo link:
http://www.loccidentale.it/articolo/studenti+contro+il+regime:+ecco+le+immagini.0063426
In Europa siamo ormai assuefatti alle proteste studentesche. Da Roma a Parigi – passando per i violenti scontri di Atene – cortei di studenti riempiono spesso le pagine di cronaca. Garantite dalla Costituzione, le manifestazioni rappresentano una comune (e democratica) espressione di dissenso. Ma le dimostrazioni di piazza e le altre svariate forme di protesta degli studenti europei sono per lo più frutto di ribellismo post adolescenziale, eterodiretto e (im)motivato da quelle presunte cause che a partire dal ’68 hanno già ampiamente dimostrato tutta la loro inconsistenza, foriere solo di nefaste conseguenze.
Di tutt’altro significato e importanza sono invece le proteste che interessano parte degli studenti iraniani: singoli coraggiosi o raccolti in gruppi più numerosi, i dissidenti universitari sono accomunati da un vero desiderio di libertà e democrazia contro l’oppressione ormai trentennale del regime khomeinista. E a sostegno delle loro iniziative – con grande disappunto della mullocrazia al potere – accorre il medium più democratico che ci sia: Internet, capace di diffondere in tutto il mondo quello che i media nazionali vorrebbero nascondere.
A rilanciare in Occidente il caso più clamoroso degli ultimi mesi è stato il Wall Street Journal. "Nell'era digitale", commenta il quotidiano finanziario americano, "siamo in grado di vedere più a fondo" nel mondo delle proteste studentesche: fonte diretta della notizia, in questo caso, è YouTube. Il documento in questione è stato registrato il 9 ottobre nell'aula magna dell'Università di Shiraz: fondato nel 1946, con oltre 13.000 studenti iscritti, oggi è uno dei maggiori atenei pubblici del paese. Il video si apre con uno studente che prende la parola di fronte allo speaker del parlamento – ed ex-negoziatore per la questione nucleare – Ali Larijani, ospite d'onore ad un incontro con gli universitari. E l'approccio è ben diverso da quello dei colleghi che lo hanno preceduto: "Io non le farò una domanda, in quanto non la riconosco come legittimo speaker del parlamento", attacca lo studente, "così come non riconosco la legittimità del parlamento stesso".
La sala comincia a vociare: da un lato i basiji (gli studenti a favore del regime), dall'altro i contestatori dello status quo. Ma l'oratore non si ferma qui: dopo aver ricordato l'eliminazione dei candidati d'opposizione nel corso delle passate elezioni, il ragazzo cerca di elencare ad un attonito Larijani le tre cose che più odia. Primo, "il Presidente Ahmadinejad", secondo "la sua ipocrisia": ma i basiji, a questo punto, riescono ad interrompere la contestazione a suon di urla e slogan. E qui finisce anche il video: "Non conosciamo il nome del ragazzo e quello che gli è successo dopo il 9 ottobre", scrive il "Wall Street Journal", "secondo alcuni iraniani è stato arrestato, secondo altro è sparito dalla circolazione". Resta comunque una prova di grandissimo coraggio: per amore della libertà, lo studente senza nome ha insultato il regime guardandolo direttamente negli occhi. Un atto di eroismo potenzialmente mortale.
Ma il caso segnalato dal "Wall Street Journal" non è una meteora: dopo le repressioni di sei anni fa, la dissidenza studentesca non accenna a diminuire. Teheran, Shiraz, Hamedan: le immagini delle manifestazioni, con tanto di slogan e striscioni "all'europea", riempiono molti canali di YouTube. L'ultimo caso degno di nota risale al 7 dicembre, quando gli universitari hanno celebrato l'annuale "Giornata dello Studente" in ricordo di tre manifestanti uccisi dal governo iraniano nel 1953. Una ricorrenza che al regime ha creato non pochi problemi: migliaia di studenti sono giunti nella capitale da ogni parte del paese, manifestando per la libertà accademica e il rispetto dei diritti umani. Ma anche, ha dichiarato un contestatore a Radio Farda, contro "Ahmadinejad, la Guida Suprema dell'Iran che non accetta le critiche, la repressione delle attività politiche degli studenti universitari e la censura sulla stampa": in altre parole, contro un regime spietato.
Nonostante la manifestazione sia stata posticipata di un giorno – la "Giornata dello Studente", infatti, cade tradizionalmente il 6 dicembre – proprio per evitare attriti, all'Università di Teheran si sono registrati scontri con le forze dell'ordine. Secondo l'Irna, l'agenzia di stampa ufficiale del regime, responsabile dei disordini e dei danni alle strutture dell'Ateneo sarebbe un non meglio precisato "gruppo secessionista"; un'altra agenzia vicina al regime parla invece di anarchici ed estremisti. Diversa la versione dei testimoni e dei protagonisti: a contestare il regime e a forzare il blocco della sicurezza – secondo quanto riportato da Reuters ed altre agenzie – sarebbero stati in realtà centinaia di giovani, e non certo un piccolo gruppo di esagitati. In ogni caso, il regime non è riuscito a silenziare l'accaduto, vista la sua portata, e anche le televisioni hanno trasmesso le immagini delle proteste anti-regime. Due giorni dopo, gli universitari di Teheran hanno replicato le contestazioni.
La domanda che gli analisti si pongono è quanto tali manifestazioni possano incidere sull'equilibrio del regime. Sul "New York Post" – in un articolo pubblicato in italiano dall’Occidentale – il giornalista iraninano Amir Taheri scrive che "molti dei gruppi interni ed esterni all'establishment vedono questa nuova campagna come un'opportunità per un rimpasto nel governo o per aprire la via a un cambiamento di regime". Le speranze sono tante, ma i soli studenti "non sono nella posizione di poter fornire l'energia necessaria a un cambiamento significativo": al loro fianco si rende necessario l'ausilio di altri strati sociali. Ma chi potrebbe affiancare gli studenti nella lotta contro il regime? Forse i protagonisti dell'economia iraniana, colpiti dalla crisi internazionale e dalla (disastrosa) gestione finanziaria messa in campo dal governo Ahmadinejad. Le stesse frange della popolazione, insomma, che stanno mettendo a repentaglio la rielezione dell'attuale Presidente in occasione delle ormai prossime elezioni politiche.
Quel che è certo è che tanto Ahmadinejad quanto l'ayatollah Khamenei sono consapevoli dei rischi comportati dalle crescenti voci di dissenso. Non è un caso, infatti, che il tour elettorale dell'attuale Presidente sia stato accompagnato da una vera e propria campagna contro Internet: obiettivo dichiarato, quello di "difendere la comunità dai nemici che usano il web per cercare di invadere la nostra identità religiosa". Tradotto in pratica, nella seconda metà dell'anno l'Iran ha oscurato 5 milioni di siti accusati di diffondere materiale "immorale e antisociale": a questo bisogna aggiungere poi la diminuzione di velocità di navigazione – imposta nel 2006 per contrastare il download di video e canzoni occidentali – e la stretta contro i blogger, spesso arrestati con l'accusa di spionaggio.
Tornando infine alle manifestazioni studentesche, la risposta del regime è venuta dall'Ayatollah Khamenei in persona. Dopo le proteste del 7 e del 9 dicembre, la Guida Suprema dell'Iran si è recata in visita all'Università della Scienza e della Tecnologia di Teheran per parlare agli studenti. Tema dell'incontro, ciò che gli studenti rappresentano per il governo: una risorsa per lo sviluppo tecnologico e scientifico del paese, certo, ma anche una forza per proteggere "la reale identità del sistema islamico" contro "le cospirazioni nemiche". I bravi universitari iraniani – nello spirito della Rivoluzione Islamica – non dovrebbero dunque protestare contro il regime interno, quanto piuttosto contro i nemici storici del paese: Stati Uniti e Israele in testa. Un chiaro tentativo, quello dell'Ayatollah, per riportare le università iraniane sulla "retta via": per Ahmadinejad e Khamenei, episodi come quelli di ottobre e dicembre non dovrebbero più ripetersi. Fortunatamente, però, molti studenti non sembrano pensarla così.