martedì 21 settembre 2010

Festival di Venezia: La padella o la brace



Ricevo e volentieri pubblico questo articolo, firmato da uno dei più famosi studiosi persiani del cinema italiano: Dott. Jamshid Ashough



Si è svolto il sessantasettesimo festival. La relazione tra età e maturità del festival è inversamente proporzionale: più passano gli anni, meno maturità dimostra. Oramai si è persa la capacità di far notare il pensiero e l’intelletto dell’uomo d’oggi, il cinema fa fatica ad andare avanti se non a colpi di scena.
E’ giunto il momento di riflettere sul serio sul il futuro del cinema, bisogna cambiare la qualità, il vocabolario, le parole, bisogna distinguere che il “comico” è diverso da “chi fa ridere”. Magari c’è la necessità di dividere ogni Festival in due concorsi diversi: Cinema C (Cinema), cioè chi fa il cinema sul serio e Cinema D (dossier). Continuando a portare avanti il Festival in questa maniera, sicuramente non ci saranno mai più veri registi a presentare la propria fatica, perché sanno perfettamente che i premi sono già assegnati prima del Ciak iniziale del concorso. Film senza creatività. Che invenzione ci vuole per girare un film sugli Ebrei, Musulmani, Palestinesi, Cinesi, le guerre ecc? Certo, si tratta senza dubbio di questioni di grande importanza sociale, ma non adatte a concorrere per un premio cinematografico. In passato i grandi registi giravano film in armonia con loro vita e loro ideali ma oggi è tutto diverso.
Il regista iraniano Abbas Kiarostami non ha avuto la dignità neanche per una volta di prendere una posizione a favore della propria gente, anzi, è stato bravo solo a portare acqua verso il mulino del regime dittatoriale di Khamenei e Ahmadinejad. Una volta questi registi non avevano possibilità di far ingresso ad un festival però oggi occupano un posto prestigioso in giuria. Ecco perché il cinema fallisce, non esiste più la lealtà.
Alla fine una domanda mi sorge spontanea: quale cineasta serio darebbe un premio cinematografico a Michael Moore come avvenuto a Cannes? Questa non è un’offesa per il Cinema?
Forse con questo festival il cinema comincia una nuova metamorfosi, cioè dalla padella alla brace, e comincia l’era dei “figli di chi” a vincere i festival. Tarantino, presidente della giuria del 67esimo festival aveva detto: “Avere un amico in giuria è la cosa peggiore che può capitare, perché per quanto ti voglia sostenere, sarà troppo imbarazzato e non oserà farlo”. Ma sarà vero? Comunque come si dice: tutto fa brodo, la vincitrice aveva un po’ di Coppola (il padre), un po’ di Tarantino ( ex fidanzato), un po’ l’origine italiana. Un po’ di qua e un po’ di là, insieme sono riusciti a tagliare la testa al Festival.
Ai film manca intelletto, manca il pensiero sociale. Anche i film vincitori di tutti festival degli ultimi anni non erano completamente la copia delle vere e profonde questioni sociali e dell’uomo con un unico scopo: far perdere la vera identità dei problemi. Ecco perché vincono.
Tra le righe iniziali avevo criticato i film sulla Palestina ed Israele ed ecc…ma ora che è finito il festival di Venezia credo che forse è meglio restare nella padella.
Dr. Dr. Jamshid Ashough
15.09.2010

 
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